Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-07-2011) 18-11-2011, n. 42580

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

-1- A.G., medico pediatra in servizio presso l’ospedale "Sandro Pertini" di Roma, è stato tratto a giudizio per rispondere del delitto di cui all’art. 590 cod. pen., per avere, nella predetta qualità, cagionato al piccolo paziente A. S. lesioni personali consistenti in deficit nEurologico con indebolimento permanente dell’organo della prensione, a carico dell’arto destro, e della favella.

Secondo l’accusa, l’imputato, per colpa consistita in imprudenza, in particolare per avere dimesso il paziente senza eseguire un esame ecocardiografico che avrebbe chiarito il sospetto clinico della patologia di coartazione aortica con associato DIV, di cui lo stesso era affetto, ha causato l’insorgere di uno stato di shock e di ipossigenazione che ha determinato un grave quadro clinico rilevato in occasione di un successivo ricovero d’urgenza presso altro ospedale.

-2- Il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, con sentenza del 18 febbraio 2010, ha affermato la responsabilità dell’imputato e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto all’aggravante contestata, lo ha condannato alla pena di tre mesi di reclusione, dichiarata sospesa condizionalmente, nonchè al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, in favore delle costituite parti civili, alle quali ha liquidato una provvisionale di Euro 20.000,00. 2a) Il giudice del merito ha ricostruito lo svolgimento dei fatti oggetto del processo nei seguenti termini.

Il (OMISSIS), S.P., ricoverata presso l’ospedale "Pertini" – divisione pediatrica nido-dava alla luce il figlio S. A., assistita, nelle fasi del parto ed in quelle successive, dall’imputato. Immediatamente dopo il parto, l’indice di Apgar (che rappresenta l’insieme dei parametri essenziali di vitalità e benessere) segnalava 10/10, cioè valori ottimali che dimostravano le ottime condizioni di salute del neonato.

Il 6 ottobre veniva rilevato un soffio sistolico definito in cartella, dallo stesso A., "discreto" e da sottoporre a controllo.

Il 7 ottobre la Dott.ssa F., altro medico del reparto, annotava che il soffio, pur persistente, si era decisamente ridotto ed aggiungeva l’annotazione "polsi femorali" accompagnata da un punto interrogativo ("polsi femorali?"). Annotazione il cui significato la F. ha chiarito, durante l’esame dibattimentale, nel senso che il punto interrogativo stava ad indicare che la stessa non aveva percepito i polsi femorali.

L’8 ottobre altra visita segnalava un soffio sistolico di 3/6.

Il 9 ottobre la visita del neonato registrava un soffio sistolico di 2/6. Dovendosi procedere alla dimissione, si effettuava una visita che dava atto della normalità dei parametri vitali, inclusa la presenza di polsi femorali e disponeva una consulenza cardiologica mediante ecocardiogramma. Tale visita, eseguita dal dott. S., dava atto della presenza di "difetto del setto interventricolare muscolare apicale con moderato shunt-dx" e precisava che non era stato possibile valutare l’aorta discendente per il pianto del bambino, per cui si consigliava una rivalutazione pre dimissione. Il bambino veniva dimesso nella stessa giornata con la prescrizione di un rientro il giorno dopo (10 ottobre) per eseguire ecocardiografia e con ulteriore annotazione nella cartella clinica, alla voce prescrizioni alla dimissione; "rientra domani per eseguire ecocardiogramma".

Sosterrà in seguito l’imputato, in sede di esame dibattimentale, di avere contattato il dott. S. e di avere preso con lui accordi -venendo tuttavia smentito dal collega – perchè il bambino fosse ricondotto in ospedale il giorno successivo per eseguire detto accertamento; preciserà di essere stato poi contattato dallo stesso S. che gli aveva comunicato di non potere eseguire l’esame il giorno fissato per altri impegni e gli consigliava di dare alla madre il numero del telefono cellulare di tale " C.", un infermiere, per prendere un altro appuntamento. Di tale infermiere e di un numero telefonico, ha aggiunto il giudicante, vi era traccia nella cartella clinica alla voce "altri controlli".

Il 13 ottobre, nel pomeriggio, il piccolo A. veniva ricoverato d’urgenza, in stato di shock e cianosi diffusa presso l’ospedale "(OMISSIS)" con diagnosi di "coartazione aortica".

L’accertamento ecocardiografico segnalava "arteria polmonare tronco dilatata, aorta ascendente di dimensioni ridotte con probabile coartazione aortica. Non dotto arterioso". La diagnosi era di una "coartazione istmica dell’aorta, DIV muscolare apicale, stenosi sottoaortica moderata, DIA. Polsi periferici (radiali e femorali) iposfigmici, paziente in gravissime condizioni generali".

Il 19 ottobre il piccolo A. veniva dimesso, dopo essere stato sottoposto ad intervento di coartectomia, in buone condizioni generali.

2b) In tali termini ricostruiti i fatti, il tribunale ha affermato la responsabilità dell’ A., la cui condotta ha ritenuto caratterizzata da grave imprudenza e negligenza. In particolare, è stato addebitato all’imputato di non avere preso nella dovuta considerazione taluni sintomi indicativi del pericolo di una coartazione aortica, costituiti, non solo dal soffio sistolico, ma anche dai dati dei polsi femorali, che non garantivano la necessaria tranquillità in considerazione della loro mancata percezione da parte della dott.ssa F., in occasione della visita del 7 ottobre; ciò che costituiva segnale ulteriore della patologia successivamente accertata. Il soffio sistolico, dunque, ed il dato quantomeno equivoco dei polsi femorali avrebbero dovuto metter sull’avviso l’imputato ed indiarlo, secondo il giudicante, ad approfondire la situazione clinica del neonato al fine di fugare ogni dubbio sull’origine sia del soffio sistolico che dei dati relativi ai polsi femorali.

Ulteriore, e più specifico addebito è stato rilevato nel mancato completamento degli esami che erano stati espressamente consigliati e che, se eseguiti, avrebbero fugato ogni dubbio.

La mancata esecuzione di tali esami ha impedito, secondo il tribunale, una tempestiva diagnosi ed ha consentito la progressione della grave patologia che, priva di controlli e degli interventi terapeutici occorrenti (nel caso di specie di un intervento chirurgico risolutore), è giunto alle più gravi manifestazioni, che hanno posto il neonato in pericolo di vita e che hanno determinato le gravi conseguenze di natura neurologica sopra descritte.

In sostanza, il giudice del merito ha rilevato nella condotta del sanitario: imperizia, per non avere considerato i segni premonitori della patologia in atto e successivamente manifestatasi in maniera eclatante e pericolosa; negligenza ed imprudenza, per avere dimesso il bambino senza che venisse completato un esame fondamentale per valutare le condizioni dell’aorta, ed ancora, per non avere allertato la madre del piccolo, per non avere impartito puntuali, precise e cogenti disposizioni affinchè l’esame mancante ed il controllo del bambino fossero eseguiti nei giorni immediatamente successivi.

2c) In punto di nesso di causalità, il tribunale ha ripreso le obiezioni poste dalla difesa dell’imputato che: a) ha negato che le lesioni di natura nEurologica subite dal piccolo A. fossero diretta conseguenza delle condizioni di schock e di ipossigenazione in cui lo stesso è giunto all’ospedale "(OMISSIS)" a seguito del progredire della patologia di coartazione dell’aorta; 2) ha sostenuto che tali lesioni potessero essere state causate da altra patologia, in considerazione di alcune diagnosi prenatali che avevano indotto a sospettare di una possibile sindrome di Down; 3) ha rilevato che il danno neurologico avrebbe comportato una ridotta motilità dell’arco superiore destro, incompatibile con le lesioni accertate dalla risonanza magnetica cerebrale, che ha evidenziato lesioni in sede frontale destra, e quindi non congruenti con un deficit motorio incidente sulla stessa parte del corpo; 4) ha ancora rilevato che il tempo trascorso tra l’esame che ha rivelato la presenza delle lesioni (giugno 2004) e l’evento che si sostiene le avrebbe determinate (ottobre 2002) non consentiva di escludere che quelle lesioni fossero addebitatoli ad altra causa.

Su tali questioni, il giudicante ha anzitutto riassunto, richiamando l’esame reso dalla madre del piccolo A., le vicende verificatesi negli anni immediatamente successivi al ricovero al "(OMISSIS)" ed all’intervento di coartectomia colà eseguito nell’ottobre del 2002. La S. ha ricordato che il figlio, fin dall’età di quattro mesi e mezzo, aveva evidenziato, nel corso di visite pediatriche, un certo deficit nella mobilità dell’arto superiore destro; i medici avevano sostenuto che solo con una TAC si sarebbe potuto giungere a conclusioni certe sulla presenza o meno di lesioni cerebrali, detto esame, tuttavia, non avrebbe potuto esser eseguito prima dei due anni del bimbo, perchè fino a detta età la materia cerebrale è ancora in formazione. E dunque, al secondo anno di vita del bambino era stata eseguita la TAC che aveva evidenziato una lesione cerebrale. La risonanza magnetica dell’encefalo aveva evidenziato la presenza di cicatrici dovute a precedenti lesioni provocate dal mancato arrivo di ossigeno al cervello.

Da tale ricostruzione dei fatti, il giudice del merito, ricordato che il piccolo A. era stato ricoverato all’ospedale " (OMISSIS)", il 13 ottobre 2002, in stato di shock e cianosi diffusa, è giunto alla conclusione, supportata dai pareri tecnici espressi dei consulenti del PM, che il danno cerebrale rilevato era diretta conseguenza della ipossia cerebrale subita dal bambino per effetto della coartazione aortica, non essendo stato rilevato nella storia clinica del paziente nessun altro fattore scatenante all’infuori dello shock subito il 13 ottobre per la coartazione aortica. Quanto alla circostanza che le ecografie cerebrali eseguite dopo l’intervento di coartectomia non avessero segnalato la presenza di lesioni, assenza ritenuta dalla difesa dell’imputato indicativa della mancanza di rapporto di causalità tra la lesione in seguito accertata e lo stato di shock e di cianosi in cui versava il bambino per la coartazione dell’aorta, il giudice di primo grado, ancora richiamando le consulenze tecniche in atti, ha rilevato: a) che già l’ecografia cerebrale del 14 ottobre 2002 aveva evidenziato una situazione di "ipercogenicità cerebrale", indicativa di una sofferenza cerebrale da edema; b) che il formarsi delle cicatrici conseguenti a pregresse lesioni, non è immediato, ma richiede del tempo; c) che gli esami ecografici eseguiti nell’immediatezza non avevano segnalato alcunchè perchè solo a distanza di tempo emergono le lesioni; d) che la risonanza magnetica aveva evidenziato un quadro tipico da sindrome; e) che tale sindrome era stata pacificamente accertata al momento dell’ingresso del piccolo A. al " (OMISSIS)", il 13 ottobre 2002; f) che la causa dell’ipossia era stata la coartazione aortica non diagnosticata tempestivamente e non trattata correttamente. Ha, quindi, concluso il giudicante nel senso che i risultati degli accertamenti eseguiti presso detto ospedale nei giorni immediatamente successivi all’intervento chirurgico, non rappresentavano evenienze tali da escludere il rapporto di causalità tra lo shock e lo stato di cianosi subiti il 13 ottobre dal bambino e le lesioni cerebrali rilevate nella risonanza magnetica eseguita nel 2004.

Quanto all’altro argomento difensivo che, attraverso il richiamo di alcune diagnosi prenatali, ha ipotizzato la presenza di una sindrome di Down, lo stesso giudice, ancora richiamando i pareri dei consulenti tecnici del PM, ha ritenuto di escludere che gli esiti della risonanza magnetica del 2004 potessero in qualche modo essere connessi a tale sindrome. La diagnosi prenatale, invero, una volta avvenuta la nascita e riscontrate le buone condizioni di motilità del bambino, non assume più alcun valore, mentre era stato lo stesso imputato a verificare e dare atto della piena motilità del bambino subito dopo la nascita; circostanze che escludono, secondo il tribunale, la presenza della sindrome in questione.

Ugualmente infondato è stato ritenuto l’ulteriore argomento rappresentato dalla incidenza del deficit motorio sulla stessa parte destra in cui sono state rilevate le lesioni. In proposito, il giudice del merito, ancora richiamando i pareri espressi dai consulenti del PM, ha, anzitutto, rilevato che la lesione è stata localizzata prevalentemente, non esclusivamente, nell’area destra, per cui l’obiezione sollevata è stata ritenuta non del tutto pertinente. Ha poi osservato che l’argomento proposto è errato perchè finisce con il confondere le lesioni causate dalla condotta dell’imputato con le conseguenze di quelle lesioni. La responsabilità del medico per le lesioni colpose rilevate sul bambino, invero, ha aggiunto lo stesso giudice, è data dalla presenza della lesione cerebrale e dal danno neurologico, a prescindere dal tipo di conseguenze arrecate in uno o in un altro distretto corporeo; elementi non rilevanti in punto di sussistenza o meno della lesione o della sua scaturigine dalla condotta colposa dell’imputato.

Irrilevante, infine, è stato ritenuto l’argomento che ha segnalato il notevole lasso di tempo trascorso tra l’esame che ha rivelato la presenza delle lesioni e l’evento che le avrebbe determinate, ipotizzando cause alternative in termini ritenuti del tutto generici.

Di qui l’affermazione di responsabilità dell’imputato.

-3- Su appello dallo stesso proposto, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 28 settembre 2010, in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere il reato contestato estinto per intervenuta prescrizione, con conferma delle statuizioni civili.

La corte territoriale, respinta un’eccezione di nullità del giudizio di primo grado, proposta per un’asserita mancata rinnovazione della citazione a giudizio dell’imputato, richiamata la sentenza di primo grado, ha ribadito che la lesione cerebrale riscontrata sul piccolo A. era conseguente alla condotta negligente ed imprudente dell’imputato.

Di qui la conferma della responsabilità e delle statuizioni civili.

-4- Avverso tale decisione propone ricorso, per il tramite del difensore, l’ A., che deduce:

A) Violazione di norme processuali e nullità di atti processuali che avrebbero determinato assenza di contraddittorio a causa dell’omessa rinnovazione, alla prima udienza di trattazione davanti al tribunale, del 3.10.2007, rinviata in via preliminare, della citazione dell’imputato 11 per la successiva udienza.

Osserva il ricorrente che all’udienza del 3.10.2007 il giudice, dichiarato l’imputato "LNC" (libero non comparso), ha preliminarmente rinviato la trattazione della causa all’udienza del 18.12.2007, senza disporre la rinnovazione della citazione dello stesso imputato.

Assente costui all’udienza di rinvio, e dichiarato contumace, le persone offese, S.P. e S.C., hanno rinnovato la costituzione di parte civile, le parti hanno poi formulato le rispettive richieste, in relazione alla quali il giudice ha provveduto con apposita ordinanza, prima di rinviare il procedimento ad altra udienza. Dopo una serie di rinvii preliminari, all’udienza dell’8.10.2008 l’imputato si è presentato; il relativo verbale ha dato atto di tale presenza e della revoca della contumacia.

All’udienza del 3.3.2009, presente l’imputato, le parti hanno richiamato le richieste formulate all’udienza del 18.12.2007 ed il procedimento ha preso, quindi definitivamente avvio.

Orbene, si sostiene nel ricorso che l’omessa rinnovazione della citazione dell’imputato per l’udienza del 18.12.2007, che ha rappresentato il passaggio del procedimento dalla fase degli atti preliminari a quella del dibattimento, avrebbe impedito la regolare costituzione del contraddittorio. Questo si sarebbe costituito solo all’udienza dell’8.10.2008, con l’intervento dell’imputato che tuttavia non avrebbe sanato le nullità degli atti verificatesi medio tempore. L’attestazione "LNC" riportata nel verbale del 3.10.2007, peraltro, rendeva incerta, a giudizio del ricorrente, la posizione processuale dell’imputato, poichè non idonea a sostenere che l’assenza di costui fosse stata conseguenza di una scelta volontaria.

Ulteriori incertezze nascerebbero dalle attestazioni riportate nei verbali delle udienze successive.

L’omessa citazione a giudizio avrebbe arrecato grave pregiudizio all’imputato che non si sarebbe potuto difendere nella fase degli atti preliminari, essendogli stato, ad esempio, precluso di depositare ulteriori liste testimoniali, di interloquire sull’azione civile, di sollecitare stragiudizialmente l’intervento volontario del responsabile civile. L’eccepita nullità, di carattere assoluto ed insanabile, non sanata dalla successiva presenza dell’imputato, travolgerebbe tutti gli atti del procedimento.

B) Violazione di norme processuali e costituzionali e vizio di motivazione della sentenza impugnata.

Dopo avere abbondantemente riportato i motivi d’appello articolati avverso la sentenza del giudice di primo grado -con i quali erano state mosse specifiche censure in tema di nesso di causalità tra le dimissioni del bambino dall’ospedale "(OMISSIS)" e l’evento ipossico, nonchè sull’esistenza delle lesioni cerebrali e sul nesso causale tra queste e la stessa ipossia – il ricorrente lamenta che la corte territoriale avrebbe del tutto ignorato tali censure, non avendo speso, sulle questioni poste all’esame della stessa, alcuna parola, sia pure per contrastare le tesi dell’imputato, peraltro confortate dai pareri espressi dal consulente di parte. Il mancato esame di tali questioni determinerebbe, a giudizio del ricorrente, la nullità della sentenza impugnata. Ciò anche ove volesse ritenersi di integrare la motivazione impugnata con quella della sentenza di primo grado, alla stregua dei principi affermati da questa Corte, secondo cui deve ritenersi mancante la motivazione della sentenza d’appello – nell’ipotesi in cui le decisioni del giudice di primo grado siano state specificamente censurate nell’atto d’impugnazione- che si limiti a riprodurre quelle stesse decisioni, manifestandovi la propria adesione con affermazioni apodittiche, senza dar conto degli specifici motivi d’impugnazione e senza argomentare circa la pertinenza o meno degli stessi.

In ogni caso, si sostiene ancora nel ricorso, ove non volesse rilevarsi la totale assenza di motivazione, dovrebbe ritenersene l’inadeguatezza in punto di sussistenza del nesso di causalità, non essendo stato dimostrato: a) che il completamento dell’esame strumentale sul tratto discendente dell’aorta avrebbe consentito di rilevare la patologia congenita di cui il bambino era affetto; b) che le lesioni neurologiche erano state conseguenza dell’evento ipossico e non essendo stata in alcun modo considerata la tesi difensiva secondo cui le predette lesioni avevano origine del tutto diversa da quella ipotizzata in tesi d’accusa. In definitiva, sostiene il ricorrente che non era stato accertato, con apprezzabile grado di credibilità scientifica e razionale, che non dimettendo il paziente, l’evento ipossico prima e le lesioni neurologiche dopo non si sarebbero verificate, mentre era stato trascurato l’esame di elementi significativi emergenti dalla cartelle cliniche dei due ospedali che avevano avuto in cura il paziente.

Analoghe carenze motivazionali vengono rilevate in punto di accertamento dell’elemento psicologico del reato;

C) Violazione di norme processuali e vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove sono state confermate le statuizioni civili della sentenza di primo grado.

Ancora una volta il ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia liquidato con poche battute le specifiche censure rivolte alla sentenza di primo grado con riguardo a dette statuizioni, impugnate, non solo ai fini della contestazione dell’affermata responsabilità penale, ma anche in via autonoma ai sensi dell’art. 574 cod. proc. pen., in particolare segnalando il vizio di ultrapetizione in cui era incorso il giudice di primo grado, che è pervenuto alla condanna generica dell’imputato al risarcimento del danno, laddove era stata avanzata richiesta di risarcimento dei soli danni morali; vizio che viene in questa sede riproposto.

Conclude il ricorrente, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata, senza o con rinvio, al giudice penale ovvero al giudice civile, con revoca della provvisionale disposta dal primo giudice.

Con memoria prodotta presso la cancelleria di questa Corte, l’imputato segnala l’opportunità di rimettere alle Sezioni Unite le questioni giuridiche evidenziate nel ricorso, oggetto di contrasto tra i giudici di legittimità.

Motivi della decisione

-1 – Il ricorso è infondato.

A) Con il primo dei motivi proposti, il ricorrente eccepisce, come già accennato, la nullità degli atti processuali relativi al giudizio di primo grado, e di quelli successivi, non essendo stato l’imputato, alla prima udienza di trattazione del 3.10.07, alla quale lo stesso era rimasto assente, citato a comparire alla successiva udienza del 18.12.07. Tale nullità, che il ricorrente ritiene assoluta ed insanabile, non sanata, in particolare, dalla successiva partecipazione dell’imputato al dibattimento, travolgerebbe tutti gli atti del procedimento.

Orbene, richiamato, nei termini più sopra descritti, l’iter processuale che ha caratterizzato l’avvio del dibattimento di primo grado, osserva la Corte che, se è vero che la mancata comparizione dell’imputato all’udienza del 3.10.07, benchè regolarmente citato, avrebbe dovuto indurre il giudice -che non ha accertato le ragioni dell’assenza ma si è limitato a prendere atto della mancata comparizione- a rinnovarne la citazione per la successiva udienza del 18 dicembre, è altresì vero che tale irregolarità, secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 25675/09), da luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio che deve essere immediatamente eccepita dalla parte, secondo quanto prevede l’art. 182 c.p.p., comma 2.

Nella specie, è accaduto che il difensore di fiducia, avv. Murano, pur presente all’udienza del 3 ottobre, nulla ha eccepito in ordine all’omessa rinnovazione della citazione a giudizio dell’imputato, nè ha eccepito alcunchè all’udienza di rinvio del 18 dicembre, nè alle successive, benchè regolarmente presente; nè ha eccepito alcunchè lo stesso imputato all’udienza dell’8 ottobre 2008, alla quale si è presentato ottenendo la revoca della contumacia dichiarata in una precedente udienza.

Ne consegue che l’eccepita nullità deve ritenersi sanata.

Fino all’udienza dell’8 ottobre, peraltro, nessun atto significativo era stato svolto, se non all’udienza del 18 dicembre, in occasione della quale si è proceduto alla rinnovazione della costituzione delle parti civili ed alla formulazione delle parti delle richieste di ammissione delle prove, accolte dal giudice; incombenti, tuttavia, rinnovati, dopo una serie di udienze interlocutorie, all’udienza del 3.3.09, presente l’imputato, a seguito del mutamento della persona fisica del giudice.

Nessun concreto pregiudizio del diritto di difesa dell’imputato si è, quindi, verificato.

Anche in ragione di ciò, la proposta censura si presenta infondata.

B) Inammissibile è il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata, sotto i profili della mancanza e della illogicità.

Del tutto legittimamente, invero, il giudice del gravame, in presenza di una causa di estinzione del reato (prescrizione), ed in mancanza di espressa rinuncia a fruirne da parte dell’imputato, ha limitato il proprio intervento alla verifica dell’assenza di ragioni che implicassero il ricorso all’art. 129 c.p.p., comma 2.

Lo stesso giudice, d’altra parte, non ha omesso di riesaminare la vicenda e, richiamata la sentenza di primo grado, ha ribadito che le gravi lesioni riscontrate nel piccolo paziente dovevano essere attribuite alla negligente ed imprudente condotta dell’imputato che, oltre a non avere preso nella dovuta considerazione i sintomi della coartazione aortica, non ha tenuto alcun conto del parere espresso da altri sanitari dell’ospedale che avevano sconsigliato la dimissione del bambino prima che fossero effettuati ulteriori accertamenti. Una condotta, quindi, giustamente ritenuta dai giudici del merito estremamente imprudente, chiaramente integrante gli estremi del delitto contestato, che ha determinato il progressivo aggravarsi delle condizioni del paziente fino a provocare le gravi conseguenze di natura neurologica di cui si detto.

Occorre, peraltro, ancora rilevare che, secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte, quando con il ricorso per cassazione si faccia valere il vizio di difetto o illogicità della motivazione ovvero quello di travisamento della prova, trova applicazione il principio, costantemente affermato dai giudici di legittimità, secondo cui, "in presenza di una causa di estinzione del reato (nella specie, prescrizione) non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata dal momento che il rinvio, da un lato, determinerebbe comunque per il giudice l’obbligo di dichiarare immediatamente la prescrizione, dall’altro, sarebbe incompatibile con l’obbligo dell’immediata declaratoria di proscioglimento (Cass. SU n. 35490/09 rv 244275 e Cass. nn. 14450/09 rv 244001, 40570/08, 24327/04). Ciò che ancor più vale nel caso, come di specie, di prescrizione già dichiarata dai giudici del merito e di ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza dichiarativa della stessa.

Argomento che ancor più ribadisce la inammissibilità del motivo proposto.

C) Infondato è anche l’ultimo motivo di ricorso concernente le statuizioni civili.

Deduce, in particolare, il ricorrente il vizio di ultrapetizione nel quale sarebbe incorso il giudice del merito, pervenuto alla condanna generica dell’imputato al risarcimento del danno laddove era stata proposta richiesta di risarcimento dei soli danni morali.

Orbene, ritiene la Corte che la doglianza sia infondata, ove si consideri che la decisione contestata, proprio perchè caratterizzata dalla genericità della condanna, non impegna in alcun modo la decisione del giudice civile, al quale spetterà di statuire il tipo di danno risarcibile e l’entità del risarcimento. Mentre la motivazione della sentenza impugnata, ancora con riguardo alle statuizioni civili, seppur particolarmente sintetica, si presenta tuttavia sufficiente, anche in considerazione dell’espresso richiamo alla sentenza di primo grado.

Deve, quindi, essere ribadita l’integrale a conferma delle statuizioni civili, alla stregua delle emergenze probatorie in atti dalle quali è emerso che il danno nEurologico rilevato nel piccolo A. è diretta conseguenza della condotta negligente ed imprudente dell’odierno ricorrente.

Non ritiene, infine, la Corte che sussistano ragioni per il rinvio degli atti alle Sezioni Unite di questa Corte.

– 2 – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese del presente di giudizio in favore delle parti civili, che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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