Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-11-2011) 21-11-2011, n. 42909

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il 16/10/2006 il Tribunale di Milano riteneva M.D., recidivo reiterato, colpevole dei reati a lui ascritti, fra cui quello (di cui al capo 1) ex art. 416 c.p., comma 1, commesso negli anni 1997 e 1998. Il 21/05/2010 la Corte di Appello confermava la responsabilità del M. per il detto reato associativo, con rideterminazione della pena in anni quattro e mesi quattro, dichiarando estinti per prescrizione gli altri reati. Con sentenza del 03.05.2011 la Corte di cassazione, Sez. 2, dichiarava inammissibile il ricorso proposto dal M..

Con ricorso straordinario per cassazione ex art. 625 bis c.p.p. la difesa ha rappresentato;

– di avere nel ricorso proposto avverso la sentenza di appello correttamente dedotto la prescrizione del reato contestato intervenuta prima della sentenza;

– che la Suprema Corte è incorsa nell’errore percettivo di non rilevare che per il reato associativo era decorso il termine massimo di prescrizione di anni dieci e mesi sei (pena edittale massima di anni sette, aumentata della metà per la recidiva reiterata).

Tanto premesso, il ricorrente ha chiesto la correzione dell’errore denunciato, con ogni conseguenziale statuizione.

Il ricorso è palesemente infondato.

In primo luogo, infatti, si osserva che, contrariamente a quanto assume il ricorrente, nel ricorso proposto a suo tempo avverso la sentenza della Corte d’appello non risulta dedotta l’intervenuta prescrizione del reato. Ciò, in presenza di una declaratoria di inammissibilità del ricorso, precludeva comunque alla Corte di legittimità la rilevazione d’ufficio dell’eventuale prescrizione (Cass. SS.UU. 23428/2005). In secondo luogo e in ogni caso, poi, il computo del termine di prescrizione effettuato dal ricorrente sulla base del regime introdotto dalla L. n. 251 del 2005 è errato, in quanto non tiene conto dell’aumento di due terzi previsto dal novellato art. 161 c.p., comma 2, per i recidivi reiterati, che fa salire di sette anni il termine base di anni dieci e mesi sei.

All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che, in relazione ai motivi della inammissibilità, si stima equo determinare in Euro 1500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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