Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-11-2011) 21-11-2011, n. 42903

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Procuratore della Repubblica di Napoli D.D.A. ricorre avverso l’ordinanza 16 marzo 2011 del Tribunale del riesame di Napoli, che ha annullato il decreto di sequestro preventivo 10 febbraio 2011 del G.I.P. del Tribunale di Napoli (ordinando la restituzione dei beni vincolati agli aventi diritto, indagati L.P.D., G. B. e D.C., nonchè terzi interessati D.L.C., D.G., D.M. e V.C.) deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

Il 10 febbraio 2011 il G.I.P. del Tribunale di Napoli disponeva il sequestro preventivo dei beni mobili ed immobili di proprietà di D.C. o, comunque, allo stesso riconducibili, dei contratti assicurativi e dei rapporti bancari intestati al predetto, ai suoi familiari od a società a lui riconducibili, nonchè del patrimonio sociale, delle quote societarie e dei beni strumentali d’azienda appartenenti alle società sempre a lui riconducibili.

In particolare il vincolo reale era assunto sul presupposto della sussistenza del fumus del delitto di riciclaggio, aggravato dalla finalità di agevolazione dell’attività del sodalizio camorristico facente capo a B.F. (fattispecie per la quale D.C. risulta indagato), e della ricorrenza delle condizioni per far luogo al sequestro dei beni menzionati, in funzione della loro successiva confisca, disciplinata dalle norme di cui al L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, art. 648 quater c.p. e art. 321 c.p.p., comma 2.

Avverso tale provvedimento hanno proposto richieste di riesame i difensori degli indagati L.P.D., G.B. e D. C. e dei terzi interessati D.L.C., D.G., D.M. e V.C., con gravame che il Tribunale del riesame ha ritenuto fondati e ha accolto.

Il Tribunale del riesame ha infatti ritenuto:

1) che la prima condotta di reinvestimento, posta in essere dal prevenuto, risale ad un’epoca in cui la fattispecie delittuosa di cui trattasi non era di fatto configurabile, stante la vigenza, illo tempore, del testo introdotto dalla L. n. 55 del 1990, che, nell’indicare quali delitti presupposti esclusivamente la rapina aggravata, l’estorsione aggravata, il sequestro di persona a scopo di estorsione e la produzione od il traffico di sostanze stupefacenti, conferiva all’illecito, con tutta evidenza, una portata meno ampia di quella attuale, non abbracciando le condotte di reimpiego dei proventi scaturenti, come nel caso in oggetto, da delitti diversi dai quattro espressamente enumerati;

2) che, per ciò che attiene alle ulteriori e successive condotte riciclatone, indicate comunque in modo assai generico nel corpo dell’imputazione provvisoria, non vi sono elementi concreti da cui desumere la sussistenza del fumus delle contestate condotte riciclatorie successive, pur aderendo alla più rigoroso giurisprudenza in proposito (si cita: Cass. pen. sez. 2^, 34511/09 Rv. 246561, imp. Raggio);

3) che, nella specie, non risultano esperite specifiche attività investigative, valide per dimostrare che D.C. sia stato, anche in epoca successiva all’acquisto del fondo ubicato in (OMISSIS), il reinvestitore degli utili che sono stati conseguiti da B.F. nello svolgimento delle sue plurime attività criminose e che l’imponente patrimonio mobiliare ed immobiliare, facente capo al predetto ricorrente sia frutto di singole e ben determinate condotte riciclatone;

4) che sul punto vi è una mera ipotesi degli investigatori, sfornita di riscontri concreti, la quale, sulla base dell’iniziale atto di reimpiego delle provviste fornite dal B., indiziariamente dimostrato, hanno supposto che il soggetto che se ne rese autore ebbe poi a reinvestire, sempre in qualità di "longa manus del malavitoso", i frutti prodotti dall’immobile (neanche quantificati e comunque verosimilmente non esorbitanti) in maniera così produttiva da dar luogo alla creazione del consistente compendio patrimoniale di fatto vincolato;

5) che tale ipotesi investigativa non è suffragata da alcun elemento concreto, ove si consideri che nessuno dei collaboratori di giustizia ha fatto esplicito riferimento ai reinvestimenti successivi, con i quali si suppone sia stato creato il patrimonio aggredito, e che non si traggono spunti utili al riguardo neanche dall’estesa attività captativa concretamente svolta;

6) che, anzi, proprio l’intercettazione ambientale utilizzata darebbe conferma del fatto che l’attività riciclatoria svolta dal D. abbia riguardato il mero fondo agricolo di (OMISSIS), dimostrandolo la circostanza che, nell’occasione, il B., momentaneamente bisognoso di danaro liquido, ascriveva alla formale titolarità del predetto solo tale bene, del quale, per l’effetto, chiedeva contezza.

Sulla base di tali sei argomentazioni il Tribunale del riesame: ha coerentemente escluso il fumus del delitto di riciclaggio, oggetto di contestazione, accogliendo le richieste di riesame presentate nell’interesse degli indagati L.P.D., G.B. e D.C., nonchè dei terzi interessati D. L.C., D.G., D.M. e V.C.; ha conseguentemente annullato il provvedimento di sequestro preventivo disposto dal G.I.P. del Tribunale di Napoli con decreto del 10 febbraio 2011.

La parte pubblica ricorrente lamenta nella sua impugnazione che il Tribunale del riesame abbia fatto propria una interpretazione della datazione degli eventi, rilevanti ai fini del riciclaggio, privilegiando le indicazioni dei collaboratori di giustizia e senza tener conto che, avuto riguardo alla data dell’arresto del B. (18 dicembre 1993) la L. 9 agosto 1993 n. 328 era in vigore da oltre quattro mesi.

In relazione a ciò il momento di consumazione del primo trasferimento della somma, attuato attraverso la consegna a coloro che avrebbero poi, dopo la carcerazione, proceduto all’acquisto del terreno, si doveva radicare con sicurezza -secondo l’assunto della parte pubblica- in tempi immediatamente precedenti (si veda il testo della conversazione secondo cui aveva "lasciato 500 milioni" a loro, per poi "andare carcerato").

In particolare il Procuratore della Repubblica osserva ancora;

a) che l’ultima liberazione del B. risaliva al 10 febbraio 1992, e dunque il modesto lasso temporale in cui lo stesso risultava libero, il fatto che non aveva avuto modo di controllare l’investimento lasciando la somma in mani aliene, ed il contenuto della sua rivelazione stragiudiziale, implicava una immediata vicinanza tra la consegna di denaro e la scarcerazione, prossimità che non è stata minimamente considerata dal Tribunale;

b) che identica pretermissione riguardava il periodo in cui veniva realizzato l’investimento nell’acquisto del terreno da parte del D.C., fatto riferibile con certezza agli anni 1994-1995 (dati desunti anche dal provvedimento di sequestro e confisca del bene, operato dal Tribunale di Prevenzione), in un periodo di piena vigenza della nuova norma;

c) che la disponibilità della somma contante da parte del D. C. comportava la naturale confusione della stessa, attuandosi un primo riciclaggio (attuato mediante trasferimento della somma), cui seguiva un secondo momento di riciclaggio, attuato mediante il reimpiego della stessa nell’attività produttiva, il terreno generatore di frutti (il foraggio), servente il ciclo economico mafioso della produzione di latte, essendo destinato all’alimentazione delle bufale (vedi OCC genetica).

Il ricorso della parte pubblica non supera la soglia dell’ammissibilità.

Il ricorso della parte pubblica, tra due diverse letture delle emergenze processuali, tende ad accreditare in termini di maggior credibilità e ragionevolezza, il costrutto ipotetico che appare in linea e conforme all’assunto accusatorio.

Peraltro in tale operazione, che finisce con l’essere una rielaborazione degli esiti valutativi dei dati acquisiti, il ricorrente vuoi sostituire il proprio apprezzamento di parte (pubblica) delle risultanze processuali, alle diverse argomentazioni sviluppate dal giudice cautelare, così imponendo alla Corte un inammissibile giudizio sul merito dell’accusa e sul tema della affidabilità dei testi persone offese.

Operazione questa senza possibile utile esito, considerata la presenza di una decisione che, nel suo complesso, rende congrua giustificazione della diversa scelta operata, in punto di collocazione cronologica della vicenda.

Il controllo di legittimità esigibile da questa Corte è infatti circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia o meno rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, la cui contestuale ed integrata presenza rende l’atto insindacabile:

a) l’esposizione coerente e completa delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza, nel testo dell’esposizione, di illogicità evidenti ed idonee a creare insuperabili linee di incongruenza delle argomentazioni utilizzate rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr.: Cass. pen. sez. 4^, 2050/1996 Rv. 206104, Marseglia).

Per concludere, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se prospetta e sviluppa, in termini consequenziali, violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche – come avvenuto nella specie- quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti e/o che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass. pen. sez. 5^, 46124/2008 Rv.241997, Pagliaro Massime precedenti Vedi: N. 11 del 2000 Rv.

215828, N. 1786 del 2004 Rv. 227110, N. 22500 del 2007 Rv. 237012, N. 22500 del 2007 Rv. 237012).

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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