Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-05-2012, n. 8785 Annullabilità del contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La controversia ha a oggetto l’azione revocatoria ordinaria esercitata dal Banco di Napoli nei confronti del suo debitore C. A., per la liquidazione dell’intero suo patrimonio immobiliare, attuata attraverso quattro atti pubblici. Uno di questi atti di trasferimento era stato stipulato a favore della sorella A.A. il 4 novembre 1994, dopo che il 2 novembre 1994 la banca attrice aveva rinunciato al suo intervento nella procedura immobiliare instaurata dal Credito Italiano nei confronti dello stesso A.C..

Il Tribunale di Taranto accolse la domanda.

2. Con sentenza 20 luglio 2010, la Corte d’appello di Lecce ha interamente confermato la decisione di primo grado. Ha osservato che il 27 luglio 1994 l’ A. C. aveva dichiarato per iscritto la sua volontà di chiudere la sua posizione debitoria con il pagamento di L. 65.000.000; con missiva 21 settembre 1994 il Banco di Napoli aveva espresso il suo consenso, e il 2 novembre 1994 aveva rinunciato all’intervento proposto nell’esecuzione in corso; la banca era però creditrice della società Coavin s.r.l., e dello stesso C. A. quale fideiussore di essa, della complessiva somma di L. 1.858.292.990; per procedere al recupero di tutte le somme dovute dalla società e dai fideiussori la banca aveva notificato un atto di precetto il 23 agosto 1994; la successiva notifica dell’atto di pignoramento immobiliare, tentata il 28 ottobre 1994, non era andata a buon fine, avendo il portiere dello stabile comunicato che l’ A. C. aveva trasferito la sua residenza in (OMISSIS). La corte ha ritenuto che la rinuncia della banca all’intervento nell’esecuzione immobiliare in corso, due giorni prima dell’atto di trasferimento, per un credito diverso, non escludesse l’animus nocendi del debitore, e che nella relazione di parentela fossero ravvisabili elementi per presumere che la beneficiaria sapesse di nuocere con l’acquisto alle ragioni creditorie.

3. Per la cassazione di questa sentenza ricorrono con separati ricorsi A.C. con atto affidato a due motivi, e A. A. con atto affidato a tre motivi, Intesa Sanpaolo spa resiste con separati controricorsi.

Tutte le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

4. I due ricorsi, proposti contro la medesima sentenza, devono essere riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

5. Con il primo motivo, il ricorrente A.C. denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione dell’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, che la signora A.A. potesse essere "a conoscenza quanto meno della grave situazione debitoria in cui versava il fratello". Ciò non sarebbe rilevabile da nessun elemento probatorio. La corte d’appello, in forza degli atti processuali a sua disposizione, avrebbe dovuto più correttamente ritenere non provato il consilium fraudis da parte dei germani A., non essendovi elementi sufficienti per presumere che l’odierno ricorrente avesse agito con frode nei confronti del banco creditore, nè che la signora A. A. fosse a conoscenza della situazione debitoria della Coavin s.c.a.r.l. e della garanzia prestata dal fratello, essendo invece a conoscenza che il giorno prima della stipulazione dell’atto di trasferimento oggetto di revocatoria il Banco di Napoli aveva rinunciato alla procedura esecutiva pendente a carico di A.C..

Con il secondo motivo si denuncia la contraddittoria motivazione della sentenza, non avendo la corte territoriale tenuto nella giusta considerazione la circostanza che il Banco di Napoli, il giorno prima della stipulazione dell’atto revocato, aveva rinunciato al suo intervento nella procedura esecutiva in danno di A.C..

6. Analogamente, la ricorrente A.A. denuncia, con il suo primo motivo, la violazione dell’art. 2901 c.c., perchè la revocazione era stata pronunciata in assenza della scientia damni e della participatio fraudis, come doveva ritenersi provato perchè il Banco di Napoli aveva dato il suo assenso all’estinzione della procedura esecutiva in corso contro A.C..

Con il secondo motivo si denuncia la violazione delle norme sostanziali in materia di prova per presunzioni, perchè, sebbene non fosse stata data la prova dell’esistenza degli elementi necessari per la revoca dell’atto di disposizione, il giudice di merito avrebbe ritenuto provata la simulazione e l’esistenza della scientia damni e della participatio fraudis in conformità a una mera presunzione soggettiva, perchè la ricorrente è la sorella del debitore.

Con il terzo motivo si denuncia il vizio di motivazione sull’esistenza degli stessi elementi, essendosi la corte territoriale basata esclusivamente su presunzioni semplici che mancano di gravità, precisione e concordanza.

7. I motivi così sintetizzati sono privi di fondamento. Non vi sono incongruenze logiche nel ragionamento posto a fondamento della decisione impugnata, nè si può contestare l’idoneità, sul piano dei comuni criteri di valutazione, degli elementi che hanno indotto la corte territoriale a ritenere l’acquirente partecipe al consilium fraudis in danno della debitrice. Nel concorso di elementi diversi, quali, da un lato, la rinuncia da parte della creditrice all’intervento in un’esecuzione in corso, e dall’altro collocazione temporale degli atti di disposizione a ridosso delle richieste della stessa creditrice, nonchè lo stretto rapporto di parentela tra il cedente e la cessionaria del bene immobile, il giudice di merito ha dato maggior peso a questi due rispetto al primo.

Al riguardo è da ricordare che il vizio d’ insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico -formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito. A questi soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Sez. un. 11 giugno 1998 n. 5802).

8. I ricorsi devono essere pertanto respinti. Le spese del giudizio di legittimità sono a carico dei ricorrenti, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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