Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-11-2011) 21-11-2011, n. 42898

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palermo, con sentenza emessa in data 10 dicembre 2010, dichiarò A. P. colpevole del reato di concorso in estorsione aggravata ( artt. 110 e 629 cod. pen., in relazione all’art. 528 cod. pen., commi 2 n. 3, e D.L. n. 152 del 1991, art. 7 conv. in L. n. 203 del 2991), ritenendo la continuazione con il reato associativo (art. 416 bis cod. pen.), già giudicato con sentenza della corte d’appello di Palermo, e lo condannò alla pena complessiva di nove anni e sei mesi di reclusione ed Euro 2.000 di multa, oltre alla pena accessoria (sette anni e due mesi di reclusione ed Euro 2.000 di multa per l’estorsione, con la riduzione per il rito abbreviato; pena aumentata di due anni e quattro mesi di reclusione per il reato già giudicato).

2. Contro la sentenza della Corte d’appello, che ha confermato la decisione di primo grado, ricorre per cassazione il difensore del P., che deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione della sentenza ( art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b) ed e)) in ordine:

a) alla sussistenza della responsabilità per il delitto di estorsione, per violazione dei criteri di valutazione della prova per quanto concerne l’attendibilità delle dichiarazioni della parte offesa C.C.A., che avevano costituito oggetto specifico dei motivi d’appello;

b) al trattamento sanzionatorio applicato all’imputato, senza tenere in considerazione il percorso riabilitativo avviato dall’imputato a seguito della precedente condanna per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen.;

c) all’aumento di pena effettuato a titolo di continuazione, dovendosi ritenere più grave il delitto associativo, in forza delle contestate aggravanti.

Con atto depositato il 18 ottobre 2011, sono stati dedotti come motivi nuovi:

d) la violazione dell’art. 63 cod. pen., comma 4, in ordine all’aumento di pena inflitto per l’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 629 cpv. cod. pen. e per quella di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7. e) La violazione del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 e art. 442 c.p.p., in relazione al calcolo, rispettivamente, dell’aumento e della diminuzione di pena.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo è inammissibile. Sotto la rubrica dell’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e del vizio di motivazione della sentenza, in realtà il ricorrente censura la valutazione probatoria, con riferimento all’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa, valutazione che la sentenza impugnata ha giustificato con motivazione giuridicamente corretta e indenne da vizi logici, rispondendo ai rilievi essenziali formulati dall’appellante, sicchè la sentenza non appare censurabile ex art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b) ed e).

2. Il motivo sub c) è inammissibile ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 3, giacchè la prospettata violazioni di legge non fu dedotta con i motivi d’appello, che si limitarono a censurare la giurisprudenza in tema di compatibilità tra l’aggravante di cui sul D.L. n. 152 del 1991, art. 7 e il delitto di associazione mafiosa aggravato, questione peraltro risolta da tempo dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a sezioni unite (Cass. Sez. U, n. 10 del 28/03/2001, Rv. 218377, Cinalli).

3. Il motivo sub b) va esaminato unitamente ai correlati motivi nuovi, che si riferiscono, nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 167 disp. att. c.p.p., al trattamento sanzionatorio.

Non può prendersi in esame la censura di omessa considerazione del percorso riabilitativo avviato dall’imputato a seguito della precedente condanna per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen., nè quella relativa alla ritenuta maggiore gravità della contestata estorsione rispetto al delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen., questioni neppure prospettate al giudice d’appello.

Merita, invece, accoglimento la dedotta violazione dell’art. 63 cod. pen., comma 4, secondo cui se concorrono più circostanze aggravanti ad affetto speciale, si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave, con possibilità per il giudice di aumentarla.

Nel caso in esame il Tribunale, con conferma del giudice di appello, ha proceduto a due separati e autonomi aumenti di pena per ciascuna delle aggravanti contestate, determinando così una pena illegale.

S’impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo, che dovrà procedere a nuovo giudizio limitatamente alla determinazione della pena, rimanendo assorbiti i censurati errori di calcolo, dedotti con il motivo di cui alla lett. e) sopra indicata.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena e rinvia per nuova determinazione ad altra sezione della corte d’appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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