Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-11-2011) 21-11-2011, n. 42897 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

F.M. e A.Z. ricorrono avverso la sentenza 9 luglio 2010 della Corte di appello di Lecce (che ha confermato la sentenza 14 gennaio 2010 del G.U.P. presso il Tribunale di Lecce, di condanna ciascuno alla pena di anni 7 di reclusione ed Euro 40 mila di multa, per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 ed art. 80, comma 2 per la detenzione a fini di spaccio di kg. 126, 73 di marijuana – in (OMISSIS)), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

M.F. e Z.A., cittadini albanesi, sono stati giudicati in primo grado con rito abbreviato per il reato di cui al D.P.R. 309 del 1990, art. 73, comma 1, ed art. 80, comma 2, perchè, in concorso tra loro, trasportavano, importavano e detenevano sul territorio dello Stato una quantità ingente di sostanza stupefacente del tipo marijuana (per un peso complessivo di kg. 145,30 ed un numero totale di dosi commerciali pari a 247.345 circa).

Con sentenza 14 gennaio 2010 il G.U.P. presso il Tribunale di Lecce li ha dichiarati colpevoli del reato loro ascritto, con riferimento al quantitativo ingente di sostanza stupefacente del tipo marijuana del peso di kg. 126,763", e li ha condannati, con la diminuente per il rito, alla pena di anni 7 di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa ciascuno.

Con separati appelli la difesa del M. e quella del T. hanno formulato analoghe richieste in via principale e gradata, e cioè: di assoluzione per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste, anche ai sensi dell’art. 530 c.c., art. 2 c.p.p.;

di esclusione della contestata aggravante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80; di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con valutazione di prevalenza e quantomeno di equivalenza; di riduzione della pena irrogata.

La corte distrettuale, con la sentenza impugnata, ha ritenuto insostenibile in radice la tesi difensiva della semplice qualità di immigrati clandestini dei ricorrenti ed ha loro attribuito la responsabilità per i capi di imputazione loro contestati.

Per la gravata sentenza il compendio accusatorio ha retto alle argomentazioni che sostanziano gli atti di gravame, ed in particolare alla meramente prospettata "intenzione" degli imputati di trasferirsi in Italia per ivi vivere e lavorare onestamente.

Inoltre, la circostanza che, in particolare, il M. avesse avuto una concreta prospettiva lavorativa (in ragione della segnalata richiesta di nulla osta al lavoro subordinato, avanzata nell’agosto 2009 da un imprenditore agricolo locale in favore del prevenuto), per la Corte di appello non esclude che egli -di fatto poi entrato clandestinamente in Italia- avesse poi comunque deciso di prestarsi come corriere, come anche il T., ad una ben più remunerativa attività di narcotraffico.

Nello specifico poi, proprio l’entità del carico, ed il fatto che furono proprio i prevenuti (corrieri-depositari dello stupefacente in precedenza sbarcato in loco) ad essere incaricati di sorvegliarlo e custodirlo sino all’arrivo di chi doveva prelevarlo, manifesta per la corte distrettuale come gli imputati fossero considerati persone di "fiducia" e, quindi, anche ben inseriti in quella illecita attività, certamente organizzata e di livello internazionale.

In conclusione, per la corte distrettuale, si tratta di fatti pacificamente attribuibili agli accusati ed oggettivamente gravi in quanto la condotta posta in essere dal due imputati va certamente riferita ad un contesto di criminalità organizzata internazionale, l’unico nell’ambito del quale è possibile immaginare il trasporto via mare e l’ingresso in Italia di un così elevato quantitativo di stupefacente, evidentemente destinato all’ulteriore smercio nei territorio del nostro Stato." Il ricorso di M. e le ragioni della decisione della Corte di legittimità.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotto vizio di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà della giustificazione sull’affermazione di responsabilità che, secondo il ricorrente avrebbe avuto riguardo a "kg 145, 30 di marijuana ed un numero totale di dosi commerciali pari a 247.345 circa".

In particolare il ricorrente lamenta il collegamento fatto in sentenza tra presenza degli imputati -nascosti- ed il rinvenimento, nei pressi, dei borsoni e delle buste di plastica (asciutti) contenenti lo stupefacente, in un luogo considerato una delle mete preferite dagli scafisti, e quindi attribuibile ad altre persone, diverse dagli accusati i quali avevano lo zaino e gli indumenti ivi contenuti bagnati.

Da ciò l’ipotesi che lo stupefacente fosse stato ivi collocato da persone diverse.

Ipotesi non da escludere in relazione alla condotta dei giovani alla vista della Guardia di finanza, e neppure da escludere per effetto delle dichiarazioni incongruenti del ricorrente sulle modalità dello sbarco, rese possibili per la difficoltà di esprimersi in corretto italiano.

Quanto al merito si lamenta l’omessa motivazione sul concorso nel reato e sul ruolo svolto dal M. nella vicenda in ordine alla detenzione ed alla previa introduzione dello stupefacente nel territorio dello Stato.

Il primo motivo di censura è inammissibile. Nella specie, ci si trova di fronte a due sentenze, di primo e secondo grado, che concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, con una struttura motivazionale della sentenza di appello che si salda perfettamente con quella precedente si da costituire un unico complessivo corpo argomentativo, privo di lacune, considerato che la sentenza impugnata, ha dato comunque congrua e ragionevole giustificazione del finale giudizio di colpevolezza rispondendo puntualmente alle censure oggi nuovamente riproposte in punto di responsabilità.

In conclusione l’esito del giudizio di merito non può essere invalidato dalle prospettazioni alternative del ricorrente le quali si risolvono nel delineare una "mirata rilettura" di quegli elementi di fatto che sono stati posti a fondamento della decisione, nonchè nella autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perchè illustrati come maggiormente plausibili, oppure perchè assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta si è in concreto esplicata.

Il motivo quindi, nella palese verificata coerenza logico-giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata, va dichiarato inammissibile.

Con un secondo motivo si lamenta la sussistenza dell’aggravante speciale D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80, comma 2, considerato il principio attivo pari al 4,56%.

La doglianza è palesemente infondata. In tema di stupefacenti, ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, non possono di regola definirsi "ingenti" i quantitativi di droghe "pesanti" (ad es., eroina e cocaina) o "leggere" (ad es., hashish e marijuana) che, sulla base di una percentuale media di principio attivo per il tipo di sostanza, siano rispettivamente al di sotto dei limiti di due chilogrammi e cinquanta chilogrammi.

Nella specie quindi, la disponibilità, per l’immissione nel mercato, di stupefacente del tipo marijuana, per un peso complessivo di kg.

145,30 e per un numero totale di dosi commerciali pari a 247.345 circa, integra, al di là di ogni ragionevole dubbio ed in relazione ad un convergente doppio apprezzamento -quantitativo e qualitativo- l’azione esecutiva prevista e punita dagli artt. 73 e 80 d.p.r.

309/90 (Cass. pen. sez. 6, u.p. 15 novembre 42027/2010 Rv. 248740.

Conformi: N. 20119 del 2010 Rv. 247374, N. 20120 del 2010 Rv.

247375).

Con un terzo motivo si prospetta violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della loro prevalenza sull’aggravante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80.

Il motivo è inammissibile in quanto non considera nè argomenta sulle precise contrarie considerazioni dei giudici di merito e comunque esige dalla Corte di legittimità una diversa valutazione delle emergenze processuali.

Il ricorso di Z. e le ragioni della decisione della Corte di legittimità.

Con un primo motivo di impugnazione il difensore dello Z. deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della ricorrenza di indizi idonei a supportare una pronuncia di colpevolezza, tale non potendosi considerare la precipitosa fuga alla vista degli agenti e il rinvenimento della droga, occultata nella vegetazione, nelle "immediate adiacenze" del luogo di nascondimento degli imputati. In particolare si segnala che il modus operandi dei corrieri albanesi è ben diverso da quello accertato in capo agli imputati posto che notoriamente i primi non portano con sè indumenti e validi documenti di identità.

Con un secondo motivo si lamenta la sussistenza dell’aggravante speciale del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, attesi gli errori e le incompletezze di campionatura, di cui peraltro non è precisata l’esatta rilevanza ed il profilo causale idoneo ad escludere comunque l’ingente quantità dello stupefacente.

Sia il primo che il secondo motivo dello Z. ricalcano pedissequamente le critiche formulate dal correo e ne seguono pertanto l’esito di inammissibilità essendo dette doglianze finalizzate ad ottenere una non consentita rivalutazione delle prove in sede di giudizio di legittimità.

Va quindi per essi ribadita la conclusione di inammissibilità negli stessi termini dianzi argomentati per il secondo motivo del coimputato.

Entrambi i ricorsi vanno pertanto dichiarati inammissibili ed i ricorrente condannati al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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