Cons. Stato Sez. III, Sent., 23-12-2011, n. 6811

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con deliberazione di Giunta 20 dicembre 2002, n.1761, la Regione Lazio ha previsto per l’anno 2003 un budget unico regionale di euro 176.111.000,00 dedicato al finanziamento delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogate ai residenti nella Regione dalle strutture private provvisoriamente accreditate.

Al superamento del budget si sarebbe applicata la regressione tariffaria nella misura unica corrispondente alla percentuale di superamento del budget stesso.

Con nota 26 aprile 2004 il Dipartimento sociale della Regione – Direzione regionale S.S.R. ha reso nota la produzione complessiva del comparto nell’anno 2003 che, risultata pari ad euro 190.510.485,00, comportava il superamento del budget programmato, ed ha conseguentemente disposto una regressione tariffaria dell’8,9 % sulle prestazioni ambulatoriali eseguite.

Avverso gli anzidetti provvedimenti gli odierni appellanti hanno proposto impugnazione dinanzi al TAR Lazio.

Con sentenza 4 marzo 2005, n.1668 il TAR Lazio, Sez. III, ha dichiarato il ricorso irricevibile con riferimento a tutte le odierne appellanti, escluso il "Laboratorio di Analisi T. V. s.r.l.", essendo provato che i ricorrenti hanno avuto piena conoscenza della delibera impugnata (delibera G. R. n.1761/2002) nel marzo 2003, mentre il ricorso è stato notificato il 30.6.2004, e tenuto conto che la nota del 26.4.2004 è solo atto applicativo; ha poi respinto il ricorso con riferimento all’anzidetto Laboratorio, avendo ritenuto infondati i motivi di gravame dedotti.

Con l’odierno atto di appello la sentenza del TAR è stata impugnata per i seguenti motivi:

1)il Direttore regionale del Dipartimento sociale della Regione non era competente in ordine alla adozione dell’atto 26.4.2004;

2)il meccanismo della modulazione tariffaria è misura abusivamente introdotta dalla Regione, priva di qualunque supporto legislativo; esso inoltre è stato attuato in violazione del "divieto di retroattività" in quanto la Regione pretende di pagare importi ridotti, per le prestazioni eseguite nell’anno 2003, sulla base di una decisione che reca la data del 26.4.2004, e che è stata notificata agli istanti solo ai primi di maggio 2004;

3)l’autorizzazione per l’accreditamento relativo all’anno 2003, sottoscritta dagli interessati, la quale prevedeva la comunicazione della entità della regressione entro il termine del 30.4.2004, deve considerarsi nulla in quanto "imposta" dalla Regione;

4)è illegittima la Circolare 26.2.2003 che ha previsto tale autorizzazione;

5)la Regione non può pretendere di addossare una parte della spesa sanitaria sugli operatori privati che operano in regime di accreditamento;

67)la regressione operata con i provvedimenti impugnati non riguarda le istituzioni pubbliche, ed è perciò discriminatoria; essa impedisce anche le più elementari previsioni circa la gestione delle proprie aziende, dal momento che rende incerto l’ammontare dei corrispettivi;

8)la regressione avrebbe dovuto essere calcolata in funzione dell’eventuale superamento del tetto assegnato a ciascuna struttura, e non del superamento del complessivo budget di spesa;

9)la Regione non ha dato comunicazione ai soggetti interessati dell’avvio del procedimento;

10)non è dato comprendere in quale misura sia avvenuto il superamento del budget e ad opera di quali Laboratori, né viene offerto alcun elemento che consenta di verificare l’esattezza dei dati finali.

Si è costituita in giudizio la Regione la quale ha opposto la tardività del ricorso introduttivo per tutte le odierne appellanti ad eccezione del Laboratorio di Analisi T. V., e quanto a detto laboratorio ha richiamato le motivazioni addotte nella sentenza di primo grado a fondamento del rigetto.

Con successive memorie difensive le parti appellanti hanno ribadito le tesi difensive dell’atto di appello, insistendo particolarmente sulla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento e sulla tardiva fissazione del budget; hanno anche confutato la tesi della irricevibilità del ricorso introduttivo sostenendo che la delibera di Giunta 1761/2002, pur preannunciando la regressione tariffaria, non la determinava concretamente, sì che la nota del 26.4.2004 non può essere considerata meramente applicativa.

Alla pubblica udienza del 28.10.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Va preliminarmente rilevato che la sentenza di primo grado ha statuito la tardività del ricorso introduttivo relativamente a taluni dei Laboratori oggi appellanti, per i quali era stata comprovata la acquisita conoscenza della delibera regionale impugnata già nel mese di marzo 2003, sì che l’impugnativa risultava proposta ben oltre il rituale termine di sessanta giorni.

Con riferimento agli anzidetti soggetti deve essere confermata la predetta statuizione di tardività dovendosi condividere l’assunto del primo giudice secondo cui nella fattispecie in esame la lesione degli interessi dei ricorrenti si è concretata con la anzidetta delibera regionale, mentre la nota regionale recante la data del 26.4.2004, anch’essa gravata in primo grado, costituisce mero atto applicativo.

2. L’appello in esame è comunque infondato nel merito.

2.1. Con una serie di motivi che contestano il meccanismo della regressione tariffaria nelle sue linee generali si è sostenuto:

che tale meccanismo sarebbe privo di un supporto legislativo;

che esso ha l’effetto di addossare indebitamente una parte della spesa sanitaria sugli istituti privati che operano in regime di accreditamento;

che, non ponendo limiti alla spesa nei confronti delle strutture pubbliche, realizza una evidente disparità di trattamento a danno delle strutture private.

Siffatti motivi sono privi di pregio.

Come è stato ripetutamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, e ricordato anche nella sentenza del TAR, costituisce principio cardine della normativa vigente in materia di assistenza del Servizio Sanitario Nazionale quello del necessario contenimento della spesa entro i limiti del fondo predeterminato, e ciò alla stregua di quanto disposto dall’art.32, comma 8, legge 27 dicembre 1997, n.449, intitolata "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica".

Il sistema di regressione tariffaria delle prestazioni che eccedono il tetto massimo prefissato è pertanto considerato espressione del potere autoritativo di fissazione dei tetti di spesa e di controllo pubblicistico della spesa sanitaria in funzione di tutela della finanza pubblica affidata alla Regione (in tal senso Cons. St., sez.III, 13 aprile 2011, n.2290).

Né può parlarsi di "discriminazione" o "disparità di trattamento" in relazione al fatto che la regressione tariffaria operi nei confronti delle sole strutture private.

Al riguardo non può trascurarsi che, a differenza dei soggetti privati accreditati, i presidi sanitari pubblici hanno l’obbligo di rendere le prestazioni agli assistiti anche oltre il tetto di spesa preventivato (nei limiti ovviamente della loro capacità operativa), mentre le strutture private, pur prestando un servizio pubblico del tutto analogo, sono vincolate ad erogare le prestazioni sanitarie richieste unicamente nei limiti stabiliti negozialmente.

Da ciò la conseguenza che esse sono tenute a rispettare il budget assegnato.

Si aggiunga che accettando di operare nell’ambito del S.S.N. l’imprenditore privato opera una libera scelta e non può dunque dolersi dei vincoli che sono coessenziali al vigente ordinamento della sanità.

2.2. Anche le censure che si appuntano sulle determinazioni e sul procedimento della Regione per l’applicazione della regressione tariffaria relative all’anno 2003 non meritano di essere condivise.

Va anzitutto evidenziato che la fissazione del budget da parte della Regione è stata operata prima dell’inizio dell’anno con la delibera 20 dicembre 2002, n.1761, nella quale era detto che il budget fissato nella misura di euro 176.111.000,00 era stato determinato tenendo conto dell’"andamento della produzione del comparto privato accreditato negli anni 20002001 e primo semestre 2002", e corrispondeva esattamente alla produzione dell’anno 2001; ed era altresì specificato che nel caso di un suo superamento "verrà applicata la regressione tariffaria nella misura unica corrispondente alla percentuale di superamento del budget specifico di comparto".

Occorre aggiungere che nel corso del 2003 gli odierni appellanti avevano sottoscritto un apposito impegno con il quale dichiaravano di accettare il sistema di remunerazione e tutte le condizioni stabilite nella delibera regionale n.1761/2002, e dichiaravano altresì di essere a conoscenza e di accettare che "la definizione della remunerazione spettante…avvenga a consuntivo e sia comunicata ai soggetti erogatori entro il 30 aprile 2004".

In relazione a tali atti di impegno si è escluso che potessero essere definiti quali "accordi contrattuali", e ne è stata messa in discussione la validità dal momento che sono stati predisposti interamente dalla Regione, e che i titolari dei Laboratori ricorrenti non sarebbero stati in grado di rifiutare la propria sottoscrizione. Ma al riguardo non può che ribadirsi come gli atti con i quali è stata prevista la regressione tariffaria costituiscano espressione di un potere previsto dalla legge, a fronte del quale l’autonomia delle parti private non poteva essere che quella di accettare o meno le condizioni stabilite dalla Regione.

Ciò posto, gli odierni appellanti non possono certo dolersi della gravità delle condizioni che ben conoscevano e che si erano impegnate ad accettare.

Non possono dunque dolersi se la regressione tariffaria a carico di ciascun Laboratorio sia stata determinata non già in funzione del superamento del tetto di spesa assegnato individualmente, bensì del superamento del complessivo budget di spesa regionale: il che ha comportato che il superamento di detto budget regionale sia stato redistribuito tra tutte le strutture accreditate, in eguale misura, senza tenere conto dell’effettivo ammontare delle prestazione erogate da ciascuno di essi.

Questo era infatti il meccanismo indicato nella delibera regionale n.1761/2002 e che gli odierni appellanti avevano accettato sottoscrivendo la "dichiarazione di adesione".

2.3. Ugualmente infondato è il motivo di gravame con il quale si deduce la tardività della determinazione regionale con cui è stato stabilito l’abbattimento delle tariffe.

In disparte la considerazione che tali determinazioni sono state adottate nei tempi previsti dalle "dichiarazioni di adesione", va osservato che la fissazione del tetto massimo di spesa per le prestazioni erogate dai privati in regime di accreditamento, per l’anno 2003, era stata effettuata anteriormente a detta annualità, e precisamente nel dicembre 2002, e che il budget stabilito teneva conto dell’"andamento della produzione del comparto privato accreditato negli anni 20002001 e primo semestre 2002", ed era determinato nella stessa misura del budget del 2001.

E’ dunque evidente che non è stato leso alcun affidamento dei titolari dei Laboratori, i quali ben potevano fare affidamento, per programmare la propria attività, ai limiti di spesa applicati nell’anno di riferimento (il 2001).

Né ci si può dolere se la concreta determinazione della percentuale della regressione tariffaria sia avvenuta nel corso dell’anno seguente (ed esattamente nell’aprile 2004) quando le prestazioni erano state già effettuate, essendo del tutto ovvio che la concreta attuazione della regressione non poteva che iniziare quando è emerso lo scarto tra il budget prefissato (176.111.000,00 euro) e la produzione complessiva del comparto (193.510.485,00 euro), ed è stato così possibile determinare la percentuale di abbattimento (dell’8,99%)

2.4. Con altri motivi di gravame gli appellanti ripropongono le censure di difetto di motivazione e di istruttoria, nell’assunto che non sarebbe dato comprendere il procedimento che ha condotto alla quantificazione della percentuale di abbattimento delle tariffe; e di incompetenza del "direttore regionale" che ha provveduto alla adozione della nota 26.4.2004 recante il prospetto delle remunerazioni spettanti ai soggetti accreditati.

Anche questi motivi sono privi di pregio.

Come ha già rilevato il giudice di prime cure, i dati racchiusi in detta nota non sono altro che il risultato di una mera operazione matematica, data dalla applicazione, alle prestazioni rese dalle strutture private, della percentuale di abbattimento determinata secondo i criteri già fissati nella delibera regionale 1761/2002.

E data la natura di atto meramente applicativo di determinazioni già assunte nella anzidetta delibera regionale, è palesemente infondata la censura di incompetenza con la quale gli appellanti sostengono che il potere di determinare la misura della regressione tariffaria spetterebbe solo al Consiglio o alla Giunta regionale.

2.5. Residua all’esame del Collegio il motivo attinente alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

Ma il motivo è palesemente infondato, dal momento che gli odierni appellanti hanno avuto conoscenza del procedimento di regressione tariffaria sin dal momento in cui hanno sottoscritto la dichiarazione con la quale accettavano il sistema di remunerazione e tutte le condizioni stabilite nella delibera regionale n.1761/2002 (ove era prevista la regressione tariffaria).

3. Per quanto precede l’appello in esame deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna tutti gli appellanti, in solido al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore della Regione, liquidandole nella misura di euro 8.000,00 (ottomila) oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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