Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-05-2012, n. 8783

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La F.lli Costanzo s.p.a. in amministrazione straordinaria conveniva in giudizio la Castaldo s.p.a. e, premesso di essere stata dichiarata insolvente con sentenza del Tribunale di Catania del 2/3/1996 e di essere stata posta in amministrazione straordinaria con D.M. Industria, del Commercio e dell’Artigianato 26 marzo 1996, chiedeva dichiararsi inefficaci L. Fall., ex art. 67, comma 2, i pagamenti eseguiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di insolvenza, per complessive L. 1.060.822.035,e condannarsi la Castaldo alla restituzione di detto importo, oltre rivalutazione ed interessi.

La società attorea agiva in revocatoria anche in relazione ai propri debiti nei confronti della convenuta parzialmente estinti da pagamenti eseguiti in nome e per conto della F.lli Costanzo, da Proter s.r.l., per L. 255.725.116, e Zeutron s.r.l., per L. 237.000.000, che, prima dell’inizio della procedura concorsuale, si erano rivalse sulla stessa F.lli Costanzo, e che erano state a loro volta dichiarate insolventi con sentenze del Tribunale di Catania, rispettivamente del 21/3/96 e del 9/7/96, ed assoggettate alla procedura di amministrazione straordinaria, con i decreti del 9/5/96 e del 26/10/96, per cui dette società potevano esercitare le azioni di cui alla L. Fall., art. 64 e art. 67, comma 2 in relazione ai pagamenti dalle stesse effettuate.

Deduceva infine la F.lli Costanzo in a.s. che la Castaldo conosceva lo stato di insolvenza della F.lli Costanzo, sia a ragione dei numerosissimi protesti a carico della stessa sia perchè la stampa aveva dato grande risalto alla crisi del gruppo.

La Proter e la Zeutron, in caso di reiezione della domanda della F.lli Costanzo in a.s., in subordine, esercitavano l’azione L. Fall., ex art. 64 e art. 67, comma 2. La convenuta si costituiva, eccepiva l’incompatibilità con il diritto comunitario della domanda, non essendo ancora iniziata la fase liquidatoria, eccepiva la prescrizione e, nel merito, contestava la sussistenza del requisito soggettivo, l’inammissibilità delle azioni proposte da Proter e Zeutron e la mancanza di prova in ordine all’esercizio dell’azione di rivalsa. Con sentenza del 20/5/05, il Tribunale rigettava le eccezioni di inammissibilità della domanda e di prescrizione, dichiarava l’inefficacia dei pagamenti effettuati dalla F.lli Costanzo nei confronti della Castaldo per complessive L. 1.060.822.035 e condannava la convenuta alla restituzione della somma di Euro 547.868,86, oltre interessi dalla domanda al saldo; rigettava la domanda della Castaldo in relazione ai pagamenti eseguiti da Proter e Zeutron, nonchè le domande avanzate da dette due società.

Interponeva appello la Castaldo, eccependo l’inammissibilità della revocatoria per incompatibilità con il diritto comunitario;

riproponeva l’eccezione di prescrizione; eccepiva l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 106 per violazione dell’art. 111 Cost., e della L. n. 273 del 2002, art. 7 nella parte in cui proroga l’applicazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 106 per violazione degli artt. 3, 41 e 76 Cost.; contestava la sussistenza del requisito soggettivo, e si doleva della compensazione delle spese con le società Proter e Zeutron, le cui domande erano state rigettate perchè inammissibili ed infondate.

Le appellate contestavano i motivi d’appello; chiedevano la correzione dell’errore materiale della sentenza laddove aveva disposto la restituzione della somma di Euro 547.868,86 in favore della "curatela" invece che della F.lli Costanzo ed in via di appello incidentale, chiedevano l’accoglimento della domanda di revocatoria del pagamento del terzo; in subordine, l’accoglimento della domanda L. Fall., ex art. 67 proposta da Proter e Zeutron; si dolevano della liquidazione delle spese di lite al di sotto dei minimi tariffari ed instavano per l’ammissione della prova per testi dedotta in primo grado.

La Corte d’appello, con sentenza 3/12/2009, ha disposto la correzione dell’errore materiale come richiesta dalle appellate appellanti incidentali; ha respinto l’appello principale e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, ha liquidato le spese del primo grado in Euro 9221,64, di cui Euro 221,64 per spese, Euro 2000,00 per diritti, Euro 7.000,00 per onorario oltre spese generali e cpa; ha rigettato gli ulteriori motivi dell’appello incidentale, ed ha condannato la Castaldo al pagamento delle spese di lite a favore delle appellate, appellanti incidentali.

Nello specifico, la Corte catanese, respinto il primo motivo dell’appello principale, ha ritenuto: 1) irrilevante la questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 279 del 1999, art. 106 e della L. n. 273 del 2002, art. 7;

2)correttamente respinta l’eccezione di prescrizione, per decorrere la stessa dalla data di nomina del commissario governativo, ovvero dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, ex art. 2935 c.c. e nel caso la nomina era stata fatta il 26/3/96 e l’atto di citazione era stata notificato il 20/3/2001;

3) infondato il rilievo relativo alla scientia decoctionis, ritenendo inidonea ad escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo la dimensione asseritamente familiare dell’impresa, mentre la circostanza che la transazione fosse subordinata "all’approvazione da parte degli Istituti di Credito della proposta di ristrutturazione della posizione del Gruppo Costanzo e dell’erogazione entro il 28/2/1995 della nuova finanza" non escludeva, anzi confermava la conoscenza dello stato di crisi della F.lli Costanzo, e la continuazione dei rapporti costituiva dato neutro;

4) corretta infine la statuizione sulle spese. La Corte del merito ha respinto la domanda proposta in via di appello incidentale, rilevando che anche a seguire l’orientamento prevalente che ammette la revocatoria anche quando il terzo abbia esercitato la rivalsa prima del fallimento del debitore liberato, nel caso non era stata fornita la prova del fruttuoso esperimento della rivalsa; inammissibile è stata a riguardo ritenuta la prova per testi dedotta in primo grado e riproposta in appello, siccome implicante valutazioni e generica, non contenendo alcun elemento sul credito posto in compensazione,sia infine perchè il teste avrebbe dovuto rispondere sulle risultanze delle scritture contabili non opponibili all’amministratore straordinario, che agendo in revocatoria assume la qualità di terzo.

Corretta è stata ritenuta la reiezione della revocatoria proposta da Zeuton e Proter, che ammettendo di avere esercitato la rivalsa, avevano riconosciuto che alle stesse non era derivato alcun impoverimento dal pagamento effettuato alla Castaldo.

La Corte del merito ha corretto l’errore materiale contenuto nel dispositivo e riliquidato le spese del primo grado, inferiori ai minimi.

Ricorre per cassazione la F.lli Costanzo in a.s., sulla base di due motivi.

La Castaldo ha depositato controricorso con ricorso incidentale affidato a tre motivi, notificato anche a Proter e Zeutron. La F.lli Costanzo in a.s. ha depositato controricorso a ricorso incidentale.

Proter s.r.l. e Zeutron s.p.a. non hanno svolto difese.

Castaldo e F.lli Costanzo hanno depositato le memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo del ricorso principale, la F.lli Costanzo in a.s. denuncia violazione della L. Fall., art. 67, comma 2, nella parte in cui la sentenza impugnata ha violato la regola secondo cui la revocatoria fallimentare del pagamento del terzo è ammissibile ogni qualvolta il solvens abbia fruttuosamente esercitato la propria rivalsa prima del fallimento del debitore dallo stesso liberato.

1.2.- Con il secondo motivo, la ricorrente si duole di vizi di motivazione: la parte, con la memoria ex art. 184 c.p.c., ha dedotto prova per testi, ritualmente riproposta in appello, ed ha prodotto due documenti (23 – mastrino di sottoconto F.lli Costanzo – Proter, 24, mastrino di sottoconto F.lli Costanzo – Zeutron), da esibire ai testi, riprodotti in ricorso; la Corte del merito sul punto ha reso motivazione illogica ed errata, atteso che la prova verte su fatti, la genericità è destinata ad essere superata dall’esibizione dei mastrini, è errato l’argomento della inopponibilità delle scritture contabili all’amministratore straordinario ed inoltre, la prova non era affidata all’art. 2710 c.c., ma era per intero offerta a mezzo della prova testimoniale.

2.1.- Con il primo motivo del ricorso incidentale, la Castaldo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 95 del 1979, art. 1 sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, della L. Fall., art. 203, del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 106 e della L. Fall., art. 67, comma 2, per incompatibilità con le norme comunitarie, ai sensi dell’art. 87 del Trattato CE; violazione e falsa applicazione della L. n. 273 del 2002, art. 7 in relazione alla L. Fall., art. 67, comma 2; insufficiente ed illogica motivazione su punto decisivo della controversia. La revocatoria fallimentare è connessa alla funzione liquidatoria-satisfattiva e mal si concilia con la procedura che è preordinata alla gestione dell’impresa nel suo auspicabile reinserimento nel mercato; la Corte del merito ha omesso di motivare su tale profilo di inammissibilità e sugli altri sollevati in appello.

2.2.- Con il secondo motivo, la Castaldo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2934 c.c. e dell’art. 2935 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo: il decreto di nomina del commissario data al 26/3/96, la notifica della citazione è del 26 marzo 2006 e non del 20 marzo 2006, ed è stata quindi effettuata a termine scaduto (25 marzo).

2.3.- Con il terzo motivo, la Castaldo denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 2 e dell’art. 2901 c.c.;

omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo: gli indici valutati dalla Corte del merito sono inidonei a provare la scientia; la presenza di protesti cambiar non costituisce prova, al più mero indizio, e gli altri elementi presuntivi potevano essere letti in maniera diversa; manca la "logica concatenazione di eventi e condotte", ossia tutti quei fattori che, contestualizzati in un determinato periodo storico, non possono logicamente che far presupporre la conoscenza effettiva e diretta dello stato di crisi non reversibile della controparte.

3.1. – I ricorsi principale ed incidentale vanno riuniti, ex art. 335 c.p.c..

Vanno valutati prioritariamente i tre motivi del ricorso incidentale, in quanto logicamente preliminari rispetto al ricorso principale.

Il primo motivo è infondato.

Premesso che la Castaldo ha articolato il motivo sul rilievo della astratta incompatibilità con il diritto comunitario della revocatoria nella procedura di amministrazione straordinaria prevista dalla L. n. 95 del 1979, senza lamentare l’omesso esame di specifici elementi di fatto idonei a provare che la procedura avesse beneficiato di vantaggi configurabili come aiuto di Stato, va richiamato l’orientamento di questa Corte, come espresso nella pronuncia 12313/07( e vedi in senso conforme, le successive 16994/07 e 16049/09), la cui massima è nei seguenti termini: "Essendo la revocatoria fallimentare normalmente esercitabile nel corso delle procedure fallimentari, nessun carattere "selettivo", configurabile come aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 (già art. 92) del Trattato CE, può essere ravvisato allorchè l’azione revocatoria sia esercitata nell’ambito dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, come regolata dalla L. 3 aprile 1979, n. 95 (di conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 gennaio 1979, n. 26), senza che abbia a tal fine alcun significato la distinzione tra fase conservativa e fase liquidatoria (onde ricavarne che l’azione revocatoria non comporta aiuti alle imprese sotto il profilo di un finanziamento forzoso unicamente ove esercitata nella seconda fase), atteso che l’azione revocatoria, anche quando esercitata durante la fase conservativa, è diretta a produrre risorse da destinare alla espropriazione forzata a fini satisfattori, di tutela degli interessi dei creditori, non rilevando d’altra parte che il bene recuperato con l’azione revocatoria non sia destinato immediatamente alla liquidazione ed al riparto tra i creditori, essendo sufficiente che esso concorra con gli altri beni a determinare il patrimonio ripartibile al termine del tentativo di risanamento".

E specificamente, la pronuncia 16049/2009, richiamando la decisione sopra menzionata, nonchè le pronunce 21823/06 e 9177/08, ha affrontato l’argomento fondato sul postulato della scissione bifasica della procedura, che sembrerebbe avallato dall’art. 49 della Prodi bis, che, recepite le indicazioni della Commissione e della Corte di Giustizia, vieta infatti l’esercizio della revocatoria se la procedura si svolge nella forme della ristrutturazione, per evitare che l’imprenditore si avvantaggi di un mezzo che mira per sua connotazione ontologica a tutelare il ceto creditorio e non lo stesso imprenditore insolvente; e dalla L. Marzano, art. 6 di cui al D.L. n. 347 del 2003 – convertito in L. 24 febbraio 2004, n. 39 successivamente modificato dal D.L. n. 119 del 2004 convertito nella L. n. 166 del 2004, che ha consentito l’esercizio dell’azione nel caso di autorizzazione all’esecuzione del programma di ristrutturazione solo se si traduce in un vantaggio per i creditori.

Come argomentato nella pronuncia 16049/2009, le decisioni richiamate hanno svalutato la rilevanza della distinzione nelle fasi considerate in ragione della natura stessa dell’azione, che mira a fine satisfattorio, di tutela degli interessi dei creditori, che rappresenta sempre e comunque lo scopo ultimo della procedura;

poichè le finalità di risanamento e satisfattiva non corrispondono a due diversi periodi della procedura, potendo l’una intersecarsi nell’altra: poichè il programma di risanamento mira anch’esso a realizzare l’interesse dei creditori, ed ha dunque funzione satisfattiva; poichè l’azione rispetta la concorsualità, mirando ad assicurare risorse per estinguere le passività; in quanto lo stesso fallimento, nelle versione riformata, può chiudersi con l’estinzione totale dei debiti senza neppure esser preceduto da liquidazione. Del resto, l’introduzione della L. Marzano ha reso labile il confine tra le due fasi considerate, di cui peraltro già la dottrina aveva dubitato laddove aveva ritenuto non pacificamente preminente la funzione di risanamento nella stessa Legge Prodi anche dopo la modifica di cui alla Prodi bis. La stessa destinazione liquidatoria può manifestarsi anche prima, atteso che la conservazione dell’impresa può risultare destinata a tutelare le ragioni dei creditori aventi interesse all’alienazione di un complesso efficiente ed avviato, piuttosto che alla vendita delle parti disgregate.

Nello stesso fallimento disciplinato dal R.D. del 1942, l’azione revocatoria è esperibile anche in caso di esercizio provvisorio, dunque quando l’impresa è ancora in opera – come si osserva peraltro in dottrina, in caso di concordato fallimentare, il terzo assuntore può rendersi cessionario delle azioni revocatorie già intraprese dal curatore, e le prosegue anche se riammette l’impresa nel mercato;

il fallimento può anche chiudersi senza atti liquidativi se le risorse recuperate con le revocatorie consentono di soddisfare i creditori. Come ora concepito nello spirito della riforma di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006, secondo il manifesto intento del legislatore, il fallimento tende infine non più alla liquidazione dell’azienda, in quanto non è ispirato all’esigenza di espungere dal sistema economico e produttivo l’imprenditore che si è rivelato incapace, ma piuttosto, rinnegata la sua originaria ottica essenzialmente sanzionatoria, mira alla sua conservazione, se non proprio al risanamento della medesima impresa – è sufficiente all’uopo considerare il favor riservato al concordato preventivo -, prevedendo tra l’altro un forte depotenziamento della stessa azione revocatoria.

3.2.- Anche il secondo motivo è infondato.

Va a riguardo in primis superata l’eccezione di inammissibilità per novità, attesa la prospettazione dell’eccezione di prescrizione non più sotto il profilo della decorrenza dalla data di pubblicazione della sentenza dichiarativa dell’insolvenza, ma per il computo del termine, atteso che, come rilevato tra le ultime nella pronuncia 21752/2010, in tema di prescrizione estintiva, l’elemento costitutivo della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e la manifestazione della volontà di profittare dell’effetto ad essa ricollegato dall’ordinamento, mentre la determinazione della durata della predetta inerzia, al pari delle norme che la disciplinano, rappresenta una mera "quaestio juris", la cui identificazione spetta al potere-dovere del giudice, previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione.

Il motivo è peraltro infondato nel merito, atteso che, a tacere dal rilievo in fatto che il 25 marzo 2006 cadeva di domenica, il computo dei termini avviene ai sensi dell’art. 2963 c.c., comma 2, per cui va escluso "il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine e la prescrizione si verifica con lo spirare dell’ultimo istante del giorno finale": nel caso, la notifica della citazione del 26 marzo 2001 è valsa ad interrompere la prescrizione avuto riguardo al dies a quo del 26 marzo 1996. 3.3.- Il terzo motivo del ricorso incidentale è in parte infondato, in parte inammissibile: la Corte del merito ha evidenziato gli elementi indiziar fatti valere dalla F.lli Costanzo (molteplicità di protesti cambiar a carico della debitrice, notizie apparse sui giornali locali e nazionali, atto transattivo con cui veniva concesso abbattimento del 20% sulle obbligazioni inadempiute) e, partendo dal normale criterio di diligenza ed avvedutezza gravante sulla Castaldo come soggetto d’impresa, ha argomentato ampiamente in relazione alle deduzioni di detta società, intese a sminuire e contrastare gli elementi indiziari fatti valere dall’amministrazione straordinaria, escludendone la rilevanza.

La Corte del merito ha correttamente valutato la presenza dei protesti cambiari, atteso che, come sostenuto nella recente pronuncia 391/2010, "In materia di revocatoria fallimentare, i protesti cambiari (e, più in generale, di titoli di credito), in forza del loro carattere di anomalia rispetto al normale adempimento dei debiti d’impresa, potendo cagionare all’imprenditore la perdita del credito commerciale, s’inseriscono nel novero degli elementi rilevanti, in via indiziaria, agli effetti della prova presuntiva della "scientia decoctionis" da parte del terzo acquirente, sebbene si tratti di una presunzione semplice che, in quanto tale, deve formare oggetto di valutazione concreta e puntuale da parte del giudice di merito, da compiersi in applicazione del disposto degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. Pertanto, l’avvenuta pubblicazione di una pluralità di protesti a carico del fallito può costituire presunzione tale da esimere il curatore dall’onere della prova che gli stessi fossero concretamente noti al convenuto in revocatoria, su quest’ultimo risultando, in tal caso, traslato l’onere di dimostrare il contrario e senza che, tuttavia, ciò esima il giudicante dalla considerazione di rilevanza, caso per caso, del loro numero, qualità, ammontare, collocazione cronologica, luogo di pubblicazione oltre che dello "status" professionale della parte che avrebbe dovuto averne conoscenza." (così in massima).

Nel resto, la società Castaldo vorrebbe inammissibilmente operare una diversa interpretazione degli elementi probatori evidenziati dal Giudice del merito; come affermato, tra le altre, nella pronuncia 15489 del 2007, "Il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione; tali vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, mentre alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti." (conformi, le pronunce 23929/07 e 18119/08, tra le altre).

4.1.- I due motivi del ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente attesa la stretta connessione, sono fondati.

Va in prima battuta disattesa l’eccezione preliminare sollevata dalla difesa della Castaldo, di difetto di legittimazione attiva e/o interesse ad agire della ricorrente principale, atteso che la F.lli Costanzo ha interesse a chiedere l’annullamento della pronuncia nella parte in cui ha rigettato l’azione revocatoria dalla stessa esercitata, anche se Proter e Zeutron non hanno inteso impugnare la pronuncia resa nei loro confronti, sussistendo tra le domande proposte dalle parti un mero cumulo obiettivo, tale per cui le stesse sono da ritenersi autonome.

Ciò posto, si deve rilevare che la Corte del merito, nel limitarsi ad "ipotizzare" l’adesione all’orientamento maggioritario della giurisprudenza, non ha correttamente reso adesione al principio, più volte espresso, secondo il quale, la revocatoria fallimentare del pagamento di debiti del fallito L. Fall., ex art. 67, è esperibile anche quando il pagamento sia stato effettuato da un terzo, purchè questi abbia pagato il debito con danaro dell’imprenditore poi fallito, ovvero con danaro proprio, sempre che, dopo aver pagato, abbia esercitato azione di rivalsa prima dell’apertura del fallimento (così le pronunce 9143/07, 142/03, 13479/02).

Ciò posto, si deve concludere per la fondatezza anche del secondo motivo.

Va in primis a riguardo ritenuta l’inammissibilità della prospettazione introdotta in memoria dalla f.lli Costanzo, intesa a far valere la non contestazione dell’esperimento della fruttuosa rivalsa, e quindi la non necessità della prova; in ogni caso, tale prospettazione sarebbe infondata, alla stregua della recentissima applicazione del principio come operata dalla pronuncia 10860/2011, secondo cui, l’onere di specifica contestazione, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 167 cod. proc. civ., deve essere inteso nel senso che, qualora i fatti costitutivi del diritto azionato (e nella specie, si trattava del riscatto agrario) siano individuati dalla legge, il convenuto ha l’onere di contestarli specificamente e non, genericamente, con una clausola di stile, per evitare che gli stessi siano ritenuti incontestati; solo in presenza di tale condizione, l’attore ha l’onere di provarli, restando così assicurato il principio del contraddittorio. E nel caso di specie la deduzione in fatto della F.lli Costanzo non ha ad oggetto elementi costitutivi predeterminati dalla legge. Nel merito, si deve ritenere l’ammissibilità della prova per testi dedotta dalla f.lli Costanzo, atteso che il capitolo non è generico nè comporta valutazioni non demandabili al teste, come ritenuto dalla Corte d’appello; il capo di prova ha invero ad oggetto non un pagamento, ma le circostanze di fatto (l’iscrizione nei conti è un fatto palesemente materiale) intese a provare che il credito di rivalsa del terzo solvens è stato estinto per compensazione con il maggior credito vantato dalla F.lli Costanzo verso il solvens, prima della dichiarazione di insolvenza; il capitolo di prova richiede l’esibizione al teste dei mastrini di sottoconto prodotti sub nn. 23 e 24, alla stregua dei quali il teste dovrà individuare gli specifici controcrediti portati in compensazione dei crediti di rivalsa.

E’ infine incongrua (oltre che errata, secondo l’orientamento seguito nelle pronunce 28299/05 e 5529/01) l’argomentazione della Corte d’appello sul fatto che il teste avrebbe dovuto rispondere sulle scritture contabili non opponibili all’amministrazione straordinaria in quanto terzo, atteso che la parte ha affidato la prova non alla regola dell’art. 2710 c.c., ma alla deduzione di prova testimoniale, prevedendo altresì che i testi facessero riferimento alle scritture prodotte, ai meri fini identificativi dei controcrediti.

La prova infine verte sulla circostanza decisiva della fruttuosa rivalsa da parte di Zeutron e Proter, ai fini della revocabilità del pagamento di detti terzi.

5.1.- Conclusivamente, accolto il ricorso principale, respinto l’incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi del ricorso accolto, ed il giudizio va rinviato, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione, che si atterrà ai principi sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, respinge il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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