Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-05-2012, n. 8782

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 20/2/2006, la Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce n. 2696 del 2003, di accoglimento della domanda proposta dal Fallimento Dagist s.r.l. nei confronti di Barbara s.r.l., avente ad oggetto la revoca L. Fall., ex art. 67, comma 1, n. 1, del contratto di vendita per scrittura privata del 9/11/1995, autenticata nelle firme dal notaio Mancuso, intervenuto tra le parti e relativo a cinque appartamenti e otto box auto, siti in (OMISSIS) e precisamente, 5 appartamenti e 8 box auto, concluso nel periodo sospetto, essendosi aperta la procedura con sentenza del 20 maggio 1996.

La Corte del merito ha ritenuto infondato l’unico complesso motivo di gravame, rilevando: 1) che solo l’atto di cui alla scrittura autenticata dal notaio Mancuso era stato trascritto, così da risultare opponibile al Fallimento, e non già il "compromesso" di vendita in data 16/3/1994, privo anche di data certa, che secondo l’appellante avrebbe dovuto ritenersi l’atto traslativo antecedente di oltre due anni alla dichiarazione di fallimento; 2) che l’incongruità del prezzo, implicitamente riconosciuta dalla stessa appellante che aveva strumentalmente e genericamente dedotto che la vendita era avvenuta in blocco "ad un prezzo perfettamente in linea con il mercato locale", era stata accertata dal Tribunale sulla base di oggettivi riscontri documentali e della convincente stima del valore di mercato in L. 565.852.000, operata dal C.T.U., a fronte del prezzo pattuito di L. 490.000.000, oltre iva, ridotto a L. 390.000.000 per effetto della nota di credito n. (OMISSIS), in relazione al quale era stato altresì accertato dal Tribunale il versamento da parte della Barbara a Dagist di sole L. 80.000.000 a mezzo di assegni circolari ed al Banco di Napoli, per l’estinzione dei ratei di mutui, della ulteriore somma di L. 76.911.121; 3) che non era stato assolto dall’appellante l’onere della prova della inscientia decoctionis, e d’altro canto, le incongrue condizioni imposte alla Dagist comprovavano implicitamente lo stato di insolvenza, formalmente conclamato con la presentazione dell’istanza di ammissione al concordato preventivo, pochi giorni dopo l’atto di vendita in oggetto, ed infine, lo strettissimo rapporto del legale rappresentante della Barbara con la Dagist, tanto da rivestire la qualità di procuratore speciale della stessa, nell’atto di vendita, induceva a ritenere che la prima conoscesse le gravissime condizioni finanziarie della venditrice.

Ricorre avverso detta pronuncia Barbara s.r.l., sulla base di due motivi.

Il Fallimento ha depositato controricorso.

La ricorrente ha depositato due memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione della norma processuale di cui all’art. 112 c.p.c., non avendo la Corte del merito deciso sulla domanda proposta in assoluto subordine in primo grado e reiterata in sede di gravame, di rifusione alla parte delle somme versate per la compravendita, pari ad Euro 163.681,53, oltre allo storno del mutuo accollato all’appellante, oltre rivalutazione ed interessi dalla data dell’acquisto, 16/3/1994. 1.2.- Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Secondo la società Barbara, la Corte del merito ha omesso di considerare l’esatta portata del contenuto del contratto sottoscritto dalle parti ritenendolo un preliminare, mentre invece lo stesso contiene la specifica volontà delle società rappresentate dal D. P.S.P. (Edil De. Pa ed Immobiliare Dagist) a vendere e la sinallagmatica volontà di M.R.G. ad acquistare "per sè o per società da denominarsi nell’atto di vendita notarile", ed è da considerare munito di data certa, in quanto accompagnato dal versamento di parte del prezzo con a/c di pari importo e dall’impegno all’accollo del cospicuo mutuo immobiliare; l’atto autenticato nelle firme dal notaio Mancuso del 9/11/95 altro non è se non la formalizzazione ad uso trascrizione del contratto di vendita già perfezionatosi il 16/3/1994, da cui l’improponibilità della domanda di revoca del Fallimento, risalendo l’atto di trasferimento a data anteriore al biennio. Avrebbe errato inoltre il Giudice del merito nel ritenere che non è mai stato trascritto l’atto del 16/3/94, mentre lo stesso è stato formalizzato il 9/11/05 e trascritto il 10/11/1995, come confermato dalla controparte nell’atto di citazione notificato il 2/11/96, ben prima della dichiarazione di fallimento della Dagist (20/5/96), rendendolo così opponibile al Fallimento.

Secondo la ricorrente, a tutto voler concedere, anche a ritenere proponibile la domanda, deve considerarsi che nel caso è avvenuta la vendita in blocco ad un prezzo in linea con il mercato locale tenuto conto degli accolli di mutuo: la Corte del merito, con una motivazione inesistente, posto che ribalta sulla deducente l’onere della motivazione, ha affermato che l’incongruità del prezzo è implicitamente riconosciuta ed ammessa dalla stessa appellante, mentre non è così.

Infine, conclude Barbara s.r.l., la Corte del merito ha insufficientemente motivato il convincimento sulla conoscenza dello stato di insolvenza, frutto di sue personalissime convinzioni, non supportate da elementi agli atti.

2.1.- Il primo motivo è infondato.

E’ opportuno premettere che il ricorso proposto dalla s.r.l. Barbara non è soggetto ratione temporis al disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., introdotto, con decorrenza dal 2/3/2006 dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 (abrogazione efficace nei confronti di pronunce pubblicate o depositate successivamente alla data di entrata in vigore di detta legge).

Ciò posto, si deve rilevare che essendo la domanda riconvenzionale della Barbara inammissibile, in quanto diretta ad ottenere la condanna del Fallimento al pagamento di un credito, in violazione della L. Fall., artt. 52 e 93 (come ritenuto tra le altre, nella pronuncia delle Sezioni unite, 23077 del 2004, e vedi anche la precedente pronuncia 21499/2004),l’omessa pronuncia, in quanto relativa a domanda inammissibile, non costituisce vizio della sentenza e non rileva nemmeno come motivo di ricorso per cassazione, in quanto alla proposizione di una tale domanda non consegue l’obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito (così le pronunce 12412/2006 e 2445/2010).

2.2.- Il secondo motivo è infondato.

Con la prima censura del motivo in oggetto, la ricorrente sostiene che la Corte del merito avrebbe omesso di considerare l’esatta portata della scrittura privata del 9/11/1995, qualificandola come mero preliminare, mentre la stessa contiene la specifica sinallagmatica volontà della parte venditrice a vendere e della parte acquirente ad acquistare per sè o per società da denominarsi nell’atto di vendita, così trasferendo la proprietà del bene, e deve considerarsi munita di data certa, in quanto accompagnata dal versamento di parte del prezzo con assegno circolare e dall’impegno all’accollo del mutuo, come poi avvenuto. Inoltre, poichè l’atto del 9/11/1995, autenticato nella firma dal notaio Mancuso, costituisce la mera formalizzazione ad uso trascrizione della vendita già perfezionatasi con l’atto del 16/3/1994, questo atto è da ritenersi opponibile alla Curatela, in forza della trascrizione dell’atto del 9/11/1995, da cui infine, la conseguenza della improponibilità della domanda di revocatoria, in quanto l’atto revocando deve ritenersi anteriore al biennio rispetto alla data del fallimento.

L’argomentazione della ricorrente è incentrata sulla valenza attribuita alla scrittura del 16/3/1994, quale atto definitivo di trasferimento della proprietà, e sulla natura della scrittura autenticata dal notaio Mancuso del 9/11/1995, che, ai fini della valutazione del vizio denunciato, costituisce invero il punto nodale della prospettazione della società.

Ciò posto, è agevole rilevare che la ricorrente, al fine di far valere la natura meramente formale "ad uso trascrizione del contratto di vendita già perfezionatosi tra le parti il precedente 16/3/1994" avrebbe dovuto dedurre e far risultare in ricorso la natura meramente riproduttiva del secondo atto; la ricorrente non ha invero esplicitamente dedotto che l’atto del 9/11/1995 fosse meramente riproduttivo della scrittura del 16/3/1994, ricorrendo alla indicazione alquanto generica della "formalizzazione"; ove peraltro si potesse attribuire a tale allegazione il significato proprio della "riproduzione", si dovrebbe in ogni caso concludere per la carenza del motivo sul piano dell’autosufficienza, non avendo la parte posto questa Corte nella condizione di verificare la sussistenza del requisito della decisività (sul principio, tra le tante, le pronunce 17915/2010, 13556/2006, 5479/2006), non avendo provveduto a specificare la sede in cui è rinvenibile il documento in oggetto, nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., n. 6, come novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, applicabile ratione temporis (sul principio, vedi la pronuncia delle sezioni unite, 7161/2010 e la successiva della sezione semplice, 17602/2011).

La specificità della fattispecie qui esaminata da ragione della diversità della stessa rispetto a quella esaminata da questa Corte nella pronuncia 25507/2007, nella quale si da espressamente conto che la Corte del merito aveva interpretato la scrittura privata del 16/3/1994 in senso conforme alla tesi difensiva della convenuta, ovvero quale atto definitivo di trasferimento, dando quindi valore di mero atto ripetuto alla scrittura autenticata da notaio.

Partendo da tale accertamento coperto da giudicato, questa Corte ha quindi concluso per l’opponibilità al fallimento secondo la L. Fall., art. 45 del primo atto, essendo il successivo privo di effettivo contenuto negoziale, e quindi inidoneo ad incidere sulla garanzia patrimoniale.

Infondate sono infine le censure relative alla congruità del prezzo pagato ed alla motivazione relativa al requisito soggettivo: la Corte del merito ha ampiamente e logicamente argomentato in relazione alla sproporzione di prezzo così come sul profilo soggettivo, fermo restando l’onere probatorio a carico della Barbara.

3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 3000,00, oltre Euro 200,00 per spese; oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, in data 17 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2012

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