Cons. Stato Sez. III, Sent., 23-12-2011, n. 6808 Libertà di circolazione e soggiorno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- L’appello può essere deciso, sussistendone i presupposti, con sentenza in forma semplificata, ai sensi degli articoli 60 e 74 del c.p.a., nella Camera di Consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare.

2.- Il sig. A. M. aveva impugnato davanti al T.A.R. per la Calabria, Sede di Catanzaro, il provvedimento con il quale il Questore di Cosenza, il 13 gennaio 2010, aveva disposto nei suoi confronti il divieto, per un periodo di anni cinque, di "accedere nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive di tipo calcistico, comprese le partite amichevoli e quelle disputate dalla nazionale italiana nonché per lo stesso periodo di tempo, di accedere negli spazi adiacenti alle medesime strutture sportive e in tutti gli altri luoghi interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime".

Il provvedimento era stato adottato a seguito dei tafferugli che si erano verificati durante una partita, del campionato di calcio del girone A di Promozione, fra le squadre A.C. Cetraro e Torretta di Crucoli, a seguito dei quali il sig. M., rivelatosi fra i più aggressivi, era stato fermato da militari della Stazione Carabinieri di Belvedere Marittimo (CS).

3.- Il T.A.R. per la Calabria, Sede di Catanzaro, con sentenza della Sezione I, n. 301 del 2011 ha respinto il suo ricorso.

Il sig. M. appella ora tale sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

In particolare sostiene che il giudice di primo grado non ha considerato che il provvedimento era stato adottato in assenza di una preventiva denuncia all’autorità giudiziaria e che un procedimento penale era stato invece avviato nei confronti del signor Occhiuzzi Carmine che doveva ritenersi l’unico vero responsabile dei fatti violenti accaduti. Insiste quindi il sig. M. nel sostenere che il provvedimento è stato determinato da un travisamento dei fatti, in quanto frutto di un clamoroso scambio di persona, ed è comunque abnorme nella durata massima di cinque anni del divieto inflitto.

4.- L’appello risulta tuttavia infondato.

Si deve, al riguardo, ricordare che l’art. 6, comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, stabilisce che, nei confronti delle persone che risultano "denunciate o condannate" per taluno dei reati elencati nella prima parte dello stesso comma "ovvero per aver preso parte attiva a episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche specificamente indicate nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime".

La prima parte di tale disposizione prevede, quindi, l’emanazione di una inibitoria all’accesso nei luoghi dove si svolgono le competizione sportive, a seguito di una denuncia o di una condanna per i reati ivi indicati. Nella seconda parte l’indicata diposizione consente invece all’Autorità di pubblica sicurezza di inibire l’accesso nei luoghi dove si svolgono le competizione sportive quando ciò risulti necessario al fine di scongiurare il ripetersi di episodi di violenza che potrebbero arrecare danno al regolare svolgimento delle manifestazioni sportive e creare pericolo per la sicurezza e l’incolumità pubblica nei luoghi in cui le competizioni hanno luogo.

4.1.- Il legislatore ha quindi emanato una disposizione che eleva la soglia di prevenzione in considerazione della rilevanza sociale dei comportamenti di natura violenta tenuti in occasione di manifestazioni sportive alle quali possono partecipare anche molte migliaia di persone.

Per questo l’art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, considera rilevanti non solo il compimento di atti di violenza, e quindi di atti che hanno prodotto un danno all’integrità delle cose o all’incolumità delle persone, ma anche la semplice partecipazione attiva ad episodi di violenza.

Con la conseguenza che il Daspo può essere irrogato anche nei confronti di chi ha "incitato, inneggiato o indotto alla violenza" in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

4.2.- La giurisprudenza ha affermato, in proposito, che la misura del divieto di accesso agli impianti sportivi può essere disposta non solo nel caso di accertata lesione, ma in caso di pericolo di lesione dell’ordine pubblico, come accade nel caso di condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo. Ne consegue che il divieto di accesso negli stadi non richiede un oggettivo ed accertato fatto specifico di violenza, essendo sufficiente che il soggetto, anche sulla base dei suoi precedenti, non dia affidamento di tenere una condotta scevra dalla partecipazione ad ulteriori episodi di violenza.

Tale misura si connota di un’ampia discrezionalità, in considerazione della sua finalità di tutela dell’ordine pubblico, e non può essere censurata se congruamente motivata con riferimento a specifiche circostanze di fatto che l’hanno determinata (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2572 del 2 maggio 2011).

5.- Nella fattispecie, tenuto conto della vicenda nella quale è stato coinvolto l’appellante signor M., che risulta chiaramente descritta negli atti di polizia depositati, la scelta del Questore di Cosenza di inibire allo stesso, per un periodo di anni cinque, di "accedere nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive di tipo calcistico", non si configura, come affermato dal giudice di primo grado, manifestamente irragionevole. Né la misura risulta sproporzionata.

Risulta infatti accertato che l’appellante ha assunto atteggiamenti gravemente provocatori nei confronti della tifoseria della squadra avversaria, determinando la violenta reazione degli stessi con il conseguente intervento dei Carabinieri che solo faticosamente sono riusciti a dividere i contendenti, procedendo poi alla identificazione degli stessi e alla denuncia per quelli che si erano macchiati anche di reati.

Inoltre, come giustamente ricordato dal giudice di primo grado, risultavano a carico dell’appellante numerosi precedenti specifici per lesioni personali, minaccia aggravata, rissa sugli spalti e turbativa di competizioni agonistiche. Il signor M. risultava inoltre già sottoposto a Daspo e, per aver ciò nonostante partecipato ad una competizione sportiva, era stato anche denunciato all’A.G.

6.- Il signor M. insiste, anche in appello, nel lamentare un travisamento dei fatti ed afferma essersi verificato uno scambio di persona con un tifoso della squadra avversaria, tale Occhiuzzi Carmine, denunciato per quanto accaduto in occasione della stessa partita di calcio.

Ma le accertate responsabilità del signor Occhiuzzi, e l’applicazione anche nei suoi confronti di misure interdittive, non escludono le responsabilità anche dell’appellante per i fatti accaduti, che chiaramente risultano provate dagli atti di causa.

7.- Alla luce di tali circostanze il provvedimento impugnato, come affermato dal T.A.R., risulta esente dalle censure sollevate.

Né il provvedimento appare irragionevole nella durata tenuto conto che già in passato, come si è evidenziato, l’appellante si era reso responsabile di comportamenti in contrasto con i valori che la citata disposizione di legge vuole salvaguardare.

8.- Per le esposte ragioni l’appello deve essere respinto.

Considerata la sostanziale mancanza, nel giudizio di appello, di atti difensivi dell’amministrazione, si dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione fra le parti delle spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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