Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 03-11-2011) 21-11-2011, n. 42895 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.D. ricorre, a mezzo del suo difensore avverso la sentenza 9 dicembre 2010 della Corte di appello Reggio Calabria (che, in parziale riforma della sentenza 28 gennaio 2010 del Tribunale di Palmi, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ha ridotto la pena per reati in tema di stupefacenti ad anni 3 di reclusione ed Euro 15 mila di multa), deducendo vizi e violazioni nella motivazione della decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) le conformi decisioni dei giudici di merito in punto di responsabilità del ricorrente.

La corte distrettuale ha ribadito la colpevolezza del L., richiamandosi alla motivazione sul punto del G.U.P., e valutando ed argomentando altresì sulle indicazioni critiche svolte nell’atto di appello, oggi sostanzialmente ripetute nel ricorso per Cassazione sotto il profilo del vizio di motivazione.

1.1) i motivi d’appello sulla sola imputazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73 e la decisione della corte distrettuale.

La difesa del L., nell’atto di appello, ha lamentato che il primo giudice: non abbia esaminato le corpose e dettagliate dichiarazioni rese dalle zie dell’imputato, G. e M., al fine di escludere l’attendibilità della S.; abbia travisato il comportamento della madre dell’imputato ed abbia erroneamente affermato il tentativo del L. di sviare le indagini; abbia valorizzato la presenza dei mozziconi all’interno della casa rurale, abbia del pari erroneamente considerato la finale destinazione a terzi dello stupefacente rinvenuto nell’abitazione di residenza.

La corte distrettuale, in risposta a tale complesso di notazioni critiche, ha a sua volta osservato:

a) che risultano essere state al contrario esaminate con attenzione le predette dichiarazioni (dettagliatamente riportate a pag. 6 della sentenza), valutate di minore attendibilità soggettiva (v. pag. 11 della sentenza) ed inconciliabili con quanto accertato dai militari in ordine al sostanziale abbandono del terreno circostante la casa rurale, definito nel verbale di ispezione dei luoghi come "completamente incolto", ed allo stato della stessa casetta che "presentava, sugli arredi interni, una evidente coltre di polvere e ragnatele" (cfr. pag. 10 della sentenza), rilevando, altresì, come nel citato verbale di ispezione, ove è contenuta una accurata descrizione dei luoghi, non si faccia alcuna menzione della presenza del congelatore all’interno della casetta riferita da C. G.;

b) che con eguale accuratezza sono state soppesate le ragioni per le quali sono state considerate pienamente attendibili le dichiarazioni della S., dichiarazioni precise, coerenti e dotate di riscontri esterni, anche in relazione al momento nel quale le predette dichiarazioni sono state rese ("non ancora inquinato dalla esigenza di coprire o scagionare il congiunto dalle conseguenze negative dell’attività di polizia svoltasi a suo carico", v. pag. 11 della sentenza);

c) che, quanto alla circostanza che "invitata dai Carabinieri ad accompagnarli sul fondo sito in c.da San Pietro, la C. non vi si portasse direttamente, ma si recasse con la pattuglia presso l’abitazione della madre S.. per recuperare le chiavi che la S. stessa, in quel frangente, confermava trovarsi nel consueto nascondiglio (sotto il lavatoio posto all’esterno del casolare), ben noto alla figlia e al nipote che abitualmente vi si recavano", trattasi di dato che non mina affatto l’attendibilità della S., attesa la ragionevole con visibilità della spiegazione offerta dal Gup (v. pag. 11 e 12 della sentenza);

d) che, quanto al comportamento tenuto dal L. in occasione dell’attività di polizia giudiziaria, esso, alla luce del materiale probatorio esistente a carico dell’imputato, ha come unica possibilità quello di essere interpretabile come preciso tentativo di sviamento delle indagini, al fine di impedire la conoscenza della piena disponibilità dei luoghi di custodia dello stupefacente;

e) che in tale quadro non è decisiva la circostanza del rinvenimento nella ceneriera posta nel soggiorno della casa rurale di mozziconi di sigaretta di marca Marlboro dello stesso tipo di quelle utilizzate dal L. (al quale veniva per l’appunto sequestrato un pacchetto di sigarette di quella specifica marca), considerato che comunque che nel casolare era stato rinvenuto un accendino simile agli altri due trovati in possesso del L.;

f) che, per quanto riguarda la censura sulla destinazione allo spaccio, anche della sostanza stupefacente rinvenuta nella camera da letto del L., è stato lo stesso imputato nel colloquio del 6.10.2009, ad escludere, a domanda della madre, di essere mai stato dedito al "fumo". 2.) i motivi di ricorso e le ragioni della decisione della Corte di legittimità.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della presenza nella decisione della corte distrettuale di una inammissibile motivazione "per relationem", priva di argomentazioni idonee a far comprendere l’iter logico della decisione di colpevolezza.

In particolare si lamenta la mancata considerazione delle dichiarazioni delle zie del L., C.G. e M. contrastanti con quella della nonna S.P., male interpretate dal giudice di merito.

Con un secondo motivo si lamenta ancora vizio di motivazione per omessa valutazione delle critiche difensive formulate nell’appello, senza tener conto che il L. non era a conoscenza dei luoghi, diversi dall’abitazione, ove lo stupefacente era custodito.

Con un terzo motivo si prospetta vizio di motivazione e violazione di legge per l’errata valorizzazione della presenza dei mozziconi di sigarette nei pressi del rustico.

Con un quarto motivo si evidenzia ancora vizio di motivazione sulla attribuita destinazione a terzi dello stupefacente.

Nessuno dei quattro motivi merita accoglimento sia per la loro infondatezza, sia per l’inammissibilità delle critiche di merito formulate.

Invero per ciò che attiene al dedotto vizio di motivazione, a causa di una "inaccettabile motivazione per relationem", ferma la regola che deve ritenersi nulla per difetto assoluto di motivazione, a norma dell’art. 125 cod. proc. pen., comma3, la sentenza d’appello che riproduca, sostanzialmente alla lettera, la motivazione della decisione impugnata, trascurando di rispondere alle doglianze proposte dall’appellante nei confronti della sentenza di primo grado (cass. pen. Sez. 6, 12148/2009 Rv. 242811; sez. 6, 12540/2000 Rv.

218172), va ribadito che il richiamo od anche la trascrizione degli argomenti del primo giudice fatta dalla sentenza d’appello, non integra di per sè vizio di motivazione, ogniqualvolta, come nella specie, risulti l’iter logico seguito dal giudice del gravame attraverso il collegamento tra la specifica doglianza formulata dall’appellante ed il richiamo o la trascrizione dell’adeguata risposta che sul punto aveva già fornito il primo giudice, non potendosi pretendere che il giudice di appello modifichi o integri la motivazione, quando il primo giudice abbia già dato corretta ed adeguata risposta alle questioni sottopostegli e l’appellante si sia limitato a riproporre le medesime tematiche.

In definitiva delusione del dovere di motivazione con vanificazione del doppio grado di giurisdizione si realizza soltanto quando il giudice di secondo grado limita ed esaurisce il suo compito nella mera ritrascrizione della decisione impugnata, omettendo qualsiasi collegamento con le doglianze formulate dall’appellante (cfr. ex plurimis: Cass. pen. sez.6^, 12540/2000 Rv.218172; precedenti conformi: sez. 5^, 9686/87, 7700/1974 Rv. 128321).

Venendo quindi al caso di specie, va rilevato che, a fronte di una decisione di primo grado, completa ed approfondita, con risposte adeguate e corrette alle deduzioni delle parti, il giudice di appello, per dare esauriente risposta alle censure mosse nell’atto di gravame, bene e legittimamente si è potuto riferire alle medesime argomentazioni -logiche ed ineccepibili- del primo giudice, tanto più che la motivazione deve essere concisa e riguardare gli aspetti "nuovi" o contraddittori o effettivamente mal valutati (Cass. Penale sez. 3^, 27300/04, 14 maggio-17 giugno 2004 Giovinazzo).

Corretta quindi l’argomentazione della corte distrettuale, anche in relazione al richiamo alle precedenti valutazioni del primo giudice, si tratta ora di esaminare se ricorrano gli altri vizi prospettati nel ricorso.

Orbene, le critiche intese ad evidenziare la scorretta interpretazione da parte dei giudici di merito delle dichiarazioni delle zie del L., nel contrasto con quelle della nonna; la pretesa ignoranza dei luoghi ove la droga era custodita; l’erronea affermata destinazione a terzi dello stupefacente, involgono profili di mero fatto non deducibili in questa sede.

Si tratta all’evidenza di doglianze finalizzate ad ottenere una non consentita rivalutazione degli esiti probatori, nei termini quali pesati ed analiticamente argomentati dai giudici di merito, e che si risolvono nella sostanziale ed inaccettabile richiesta di rivisitazione degli elementi di fatto, posti a base della ragionevole decisione della Corte distrettuale, la quale, proprio perchè logicamente sostenuta e adeguatamente correlata ai dati probatori, non può essere censurata sotto il profilo della possibile prospettazione di una diversa e, per il ricorrente, più favorevole valutazione delle emergenze processuali (cfr. in termini ex plurimis:

Cass. Penale sez. 2^, 15077/2007, Toffolo).

In ogni caso, quanto al rilievo del terzo motivo di gravame, va evidenziato che contrariamente all’assunto difensivo, la Corte di appello ha testualmente definito come "non decisiva" la circostanza del rinvenimento delle "cicche di sigaretta Marlboro" ed ha quindi recuperato i profili di colpevolezza del L. da ben altri dati probatori.

Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonchè apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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