Cons. Stato Sez. III, Sent., 23-12-2011, n. 6807

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR Lazio il sig. P. E., titolare di un’impresa operante nel settore dell’allevamento degli animali, ha impugnato il decreto 19.5.2009, n.190 con il quale il Commissario di Governo per l’emergenza brucellosi negli allevamenti bufalini in provincia di Caserta e zone limitrofe, ha annullato il provvedimento che concedeva all’impresa l’indennizzo pari ad euro 169.946,41 per l’abbattimento di 209 capi bufalini.

Impugnava altresì l’informativa della Prefettura di Caserta relativa alla sussistenza, nei confronti del ricorrente, delle cause interdittive di cui all’art.4 d.lgs. 8 agosto 1994, n.490, che aveva determinato l’anzidetto annullamento.

A fondamento del gravame il ricorrente deduceva:

la inapplicabilità della normativa antimafia, trattandosi di "erogazione di un mero indennizzo volto non ad incentivare l’attività imprenditoriale, ma a compensare il sacrificio di un diritto nell’interesse della collettività per una esigenza sanitaria prioritaria";

la insussistenza dei presupposti per la interdittiva prefettizia.

2. Con sentenza 9 agosto 2010, n.30425 il TAR adito ha respinto il ricorso avendo ritenuto infondati i motivi dedotti.

Avverso tale pronuncia il P. ha interposto appello riproponendo sostanzialmente i motivi di censura già prospettati in primo grado.

3. Il ricorso è fondato.

Secondo la motivazione racchiusa nel provvedimento del Commissario di Governo oggetto di impugnativa la concessione degli indennizzi per l’emergenza brucellosi sarebbe subordinata alla acquisizione della informativa antimafia "in quanto gli indennizzi stessi rientrano tra le erogazioni indicate dall’art.10, lett. f), della legge 31 maggio 1965, n.575".

La materia del contendere verte dunque su quale sia la natura della erogazione concessa all’odierno ricorrente in dipendenza dell’abbattimento dei capi bufalini interessati dalla brucellosi, e se essa rientri tra le erogazioni per le quali il legislatore ha previsto, come condizione per la loro concessione, la assenza di cause interdittive; in particolare se la erogazione dei suddetti indennizzi rientri nel campo di applicazione del citato art. 10, lett. f), che richiede l’assenza di cause interdittive quando si tratti di "contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee per lo svolgimento di attività imprenditoriali".

4. Al riguardo il giudice di primo grado, muovendo dalla considerazione che la normativa antimafia ha funzione spiccatamente cautelare e preventiva e deve essere applicata in modo rigoroso, è pervenuto alla conclusione che il regime della erogazione di che trattasi non possa essere assimilato a quello avente causa puramente risarcitoria o comunque indennitaria (come invece sostiene il ricorrente), anche perché ai sensi della ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.3634/2007 detta erogazione è effettuata "nei limiti delle risorse" di cui all’art.7 della stessa ordinanza.

Una siffatta prospettazione non può essere condivisa.

5. Che la erogazione in questione abbia natura indennitaria, e come tale sia rapportata al "danno" patito dal soggetto cui appartengono i capi bufalini abbattuti a causa della brucellosi, non può essere contestato giacché è la stessa legge in tema di "bonifica sanitaria degli allevamenti dalla tubercolosi e dalla brucellosi" ( l. 9 giugno 1964, n.615) a configurare in questi termini la erogazione corrisposta per i capi abbattuti (così l’art.2, comma 4 e segg.).

Di corresponsione di "indennizzi" per i "danni" derivanti dall’abbattimento di capi bufalini si parla anche nella ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri soprarichiamata (cfr. art.1, 4° comma, lett. e) ed f)).

Non rileva in contrario la previsione che gli indennizzi in parola (in linea di principio rapportati al numero dei capi abbattuti con il concorso di altri criteri, come ad es. la circostanza che le carni siano o meno recuperabili per uso alimentare) saranno erogati "nei limiti delle risorse". Questa previsione costituisce un limite all’impegno finanziario assunto dalla p.A., ma non incide sulla natura dell’intervento. Del resto rientra nei princìpi generali in tema di "indennità" che il relativo ammontare possa essere legittimamente determinato in misura relativamente ridotta rispetto al danno subìto dall’avente titolo.

6. Attesa tale natura, gli indennizzi corrisposti dal Commissario di Governo non possono essere ricompresi tra i casi considerati dall’art. 10, lett. f). legge n.575/1965, i quali tutti si traducono in incentivi allo svolgimento della attività imprenditoriale, e dunque in interventi volti ad arricchire di risorse pubbliche la intrapresa privata, mentre nella fattispecie in esame l’"indennizzo" concesso è destinato a ristorare i proprietari dei capi bufalini abbattuti per i danni subiti, e più precisamente per compensare il sacrificio imposto autoritativamente al privato per far fronte ad una esigenza pubblica.

Non può dunque condividersi la tesi del primo giudice secondo cui la locuzione "…altre erogazioni dello stesso tipo" -che segue a "contributi, finanziamenti o mutui agevolati"- consentirebbe di ricomprendere nel campo di applicazione della interdittiva antimafia anche le somme elargite per l’abbattimento dei capi interessati dalla brucellosi.

Tale locuzione invero non può che riferirsi ad altre forme (comunque denominate) di contributi, finanziamenti o mutui di natura premiale, ovvero incentivante, e non certo a erogazioni emesse a titolo indennitario che -come quello in esame- hanno la funzione di costituire un parziale risarcimento per il soggetto che ha dovuto sopportare un danno per la salvaguardia di un interesse pubblico.

Diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, deve pertanto ritenersi illegittimo il provvedimento con il quale il Commissario governativo ha disposto l’annullamento del decreto che concedeva al ricorrente l’indennizzo per i capi bufalini abbattuti, in quanto adottato nell’erroneo presupposto che tra le erogazioni di denaro pubblico subordinate alla assenza di cause interdittive debba ricomprendersi anche la concessione di indennizzi come quelli oggetto del provvedimento impugnato.

7. Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello in esame deve essere accolto, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso introduttivo proposto dall’odierno appellante, con conseguente annullamento del decreto commissariale impugnato in primo grado.

8. Le ulteriori doglianze sono assorbite, in quanto, una volta ritenuta l’estraneità della vicenda alla normativa antimafia, la parte ricorrente non ha più un interesse diretto ed attuale a contestare il merito dell’atto interdittivo.

9. Sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali dei due gradi di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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