Cons. Stato Sez. III, Sent., 23-12-2011, n. 6803 Mansioni e funzioni Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Il dr. P., all’epoca dirigente sanitario di primo livello, aveva impugnato davanti al T.A.R. per il Lazio la nota con cui l’ASL di Frosinone aveva respinto la sua istanza volta ad ottenere il riconoscimento delle differenze retributive per le funzioni primariali svolte, a far data dal 22.11.1993, quale responsabile del Servizio di psichiatria territoriale del Centro di Salute Mentale di Cassino, a seguito del trasferimento in altra sede del precedente responsabile sanitario.

2.- Il T.A.R. per il Lazio, dopo aver disposto, con sentenza n. 3281 dell’8 aprile 2003, l’integrazione del contraddittorio anche nei confronti della Gestione liquidatoria dell’U.S.L. FR/10 e della Regione Lazio, con la successiva sentenza della Sezione I Bis n. 479 del 20 gennaio 2004 ha parzialmente accolto il ricorso.

Dopo aver rilevato che, in punto di fatto, risultava incontestato che "il ricorrente, aiuto corresponsabile ospedaliero, ha svolto le superiori mansioni primariali, rivestendo il medesimo l’unica figura subapicale assegnata al Centro di Salute Mentale di Cassino successivamente al 22 novembre 1993, in vacanza della relativa posizione apicale", in quanto da tale data "si era verificata la vacanza del posto esistente in pianta organica della posizione di primario del Servizio Territoriale di Salute Mentale di Cassino", il TAR ha quindi ritenuto che "spettano al dr. P. le differenze stipendiali per l’adeguamento degli emolumenti ricevuti alle funzioni primariali in concreto svolte in eccedenza ai primi sessanta giorni di legge, a decorrere dal 22 novembre 1993, e comunque non oltre sei mesi, quale limite indicato dal citato art. 121, D.P.R. 384/1990, applicabile al caso di specie".

3.- Il dr. P. ha appellato l’indicata sentenza sostenendone, con un unico articolato motivo, l’erroneità per non aver riconosciuto il suo diritto alle differenze stipendiali fino alla cessazione dall’incarico avvenuta in data 31 agosto 2000.

4.- L’appello deve essere accolto.

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha infatti, da tempo, affermato il principio che il trattamento retributivo corrispondente alle superiori mansioni primariali spetta all’aiuto ospedaliero anche quando l’incarico di sostituzione del primario si protragga oltre il termine massimo di sei mesi previsto dall’art. 121, comma 7, del D.P.R. n. 384 del 28.11.1990, dal momento che tale previsione normativa si limita a vietare il rinnovo dell’incarico alla scadenza del periodo massimo di sei mesi ma non preclude il riconoscimento della spettanza delle relative differenze retributive quando l’Amministrazione, contravvenendo a tale divieto, rinnovi invece l’incarico, o comunque permetta la prosecuzione dell’espletamento delle mansioni superiori anche oltre il tempo massimo previsto (fra le più recenti: Consiglio Stato, sez. V, n. 1406 del 4 marzo 2011; n. 3192 del 20 maggio 2010). Non è infatti configurabile l’ipotesi di una struttura sanitaria che rimanga priva dell’organo di vertice responsabile dell’attività esercitata nel suo ambito.

In conseguenza, ferma restando la non computabilità dei primi sessanta giorni (affermata anche dal giudice di primo grado), spettano all’appellante le differenze retributive per l’intero periodo di svolgimento delle superiori mansioni primariali che non gli siano state ancora remunerate e, quindi, anche per il periodo successivo a sei mesi.

5- Né si può aderire alla tesi della resistente ASL secondo cui le differenze retributive in questione non spetterebbero perché l’assunzione dell’incarico del dr. P. si era realizzata solo "nelle more dell’espletamento del concorso per la copertura del posto di Dirigente Sanitario di Neuropsichiatria per il Servizio di Salute Mentale di Cassino". Infatti non può assumere alcun rilievo, se le mansioni primariali sono state effettivamente svolte, la semplice pendenza della procedura concorsuale per la copertura del relativo posto. E nella fattispecie la ASL non ha anche precisato se e quando il predetto concorso sarebbe stato portato a termine.

6.- L’appello deve essere quindi accolto.

Si deve peraltro precisare che, come statuito nella sentenza di primo grado, l’Azienda sanitaria locale resistente deve ritenersi legittimata passiva solo per il periodo successivo al 31.12.1994 (per effetto della soppressione della U.S.L. FR/10), mentre per le somme eventualmente non ancora corrisposte per il periodo anteriore ne devono rispondere la Regione Lazio e la Gestione liquidatoria dell’U.S.L. FR/10 che, pur evocate in giudizio, non si sono costituite in appello.

Si deve poi anche precisare che, come eccepito dalla resistente ASL, l’oggetto di questo appello non può estendersi anche al periodo successivo alla proposizione (nel 1996) del ricorso di primo grado.

7.- Sulle differenze retributive spettanti sono dovuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria fino al soddisfo.

Dovrà in proposito farsi applicazione del principio, affermato da questo Consiglio di Stato con l’Adunanza Plenaria n. 3 del 15 giugno 1998, e ribadito con la recente Adunanza Plenaria n. 18 del 13 ottobre 2011, secondo cui, per i crediti retributivi dei dipendenti pubblici, gli interessi legali e la rivalutazione debbono essere calcolati separatamente sull’importo nominale del credito, escludendo sia il computo degli interessi e della rivalutazione monetaria sulla somma dovuta quale rivalutazione, sia il riconoscimento di ulteriori interessi e rivalutazione monetaria sulla somma dovuta a titolo di interessi. Gli interessi legali sono quindi dovuti sugli importi nominali dei singoli ratei, dalla data di maturazione di ciascun rateo e fino all’effettivo soddisfo, e le somme da liquidare a tale titolo devono essere calcolate sugli importi nominali dei singoli ratei, secondo i vari tassi in vigore alle relative scadenze, mentre la rivalutazione può essere accordata (con le stesse modalità di cui sopra) solo se non risulti già assorbita dagli interessi legali, ai sensi della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

8.- Le spese del grado di appello possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I Bis, n. 479 del 20 gennaio 2004, ordina alle amministrazioni intimate di provvedere alla liquidazione in favore dell’appellante dr. P. M. delle somme a lui spettanti, come indicato in motivazione.

Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese del grado di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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