Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-05-2012, n. 8775 Revocatoria fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 24 marzo 2003 il fallimento Chimica LARIO s.r.l. conveniva dinanzi al Tribunale di Lecco la Banca Intesa s.p.a. per ottenere la revoca, L. Fall., ex art. 67, comma 2, dei versamenti eseguiti dalla società in bonis sul proprio conto corrente, per complessivi Euro 237.323,96, nel periodo sospetto.

Costituitasi ritualmente, la banca resisteva alla domanda.

Con sentenza 9 settembre 2005 il Tribunale di Lecco, ritenuta l’assenza di prova della conoscenza dello stato di insolvenza, rigettava la domanda, con compensazione delle spese di giudizio.

In accoglimento del successivo gravame, la Corte d’appello di Milano con sentenza 19 ottobre 2010 dichiarava inefficaci le rimesse impugnate e per l’effetto condannava l’Intesa San Paolo s.p.a. al pagamento della somma di Euro 237.323,96, oltre gli interessi legali dalla domanda, ed alla rifusione le spese del doppio grado di giudizio.

Motivava:

– che a partire dal marzo 2000 diversi istituti bancari avevano revocato le linee di credito in precedenza concesse alla Chimica Lario: iniziative, che la Banca Intesa certamente non poteva ignorare, sulla base delle informazioni desumibili dalla centrale rischi della Banca d’Italia;

– che altri sintomi dell’insolvenza erano costituiti dall’elevato numero di protesti cambiari elevati a partire dal novembre 2000, emergenti dalla visura dei bollettini ufficiali, nonchè dalla revoca, da parte della stessa Banca Intesa, della facoltà di emettere assegni bancari da parte del presidente del consiglio di amministrazione della Chimica Lario s.r.l. e dalla morosità di quest’ultima nel pagamento di rate del mutuo fondiario, come confermato in sede testimoniale dall’allora direttore della filiale;

– che, inoltre, a seguito dell’invio al notaio di taluni titoli di credito per l’elevazione del protesto, la Chimica Lario s.r.l. si era premunita di recuperare tali effetti, pagandoli con assegni circolari;

– che tale quadro presuntivo non era smentito dall’analisi del bilancio effettuata dal consulente tecnico d’ufficio che, seppur non metteva in risalto una situazione di insolvenza irreversibile, tuttavia dava atto di uno stato di illiquidità finanziaria;

– che infine non vi era prova di un accordo intercorso tra la Banca e la società volto a consentire, con le rimesse in questione, operazioni bilanciate.

Avverso la sentenza, notificata l’8 novembre 2010 l’Intesa San Paolo s.p.a. proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi e notificato il 5 gennaio 2011.

Deduceva:

1) la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e della L. Fall., art. 67, nonchè la carenza di motivazione nell’accoglimento della domanda nonostante il difetto di prova della scientia decoctionis;

2) la violazione di legge ed il vizio di motivazione per difetto di prova della conoscenza effettiva, e non solo potenziale, dello stato di insolvenza;

3) la carenza di motivazione sull’esistenza dell’elemento psicologico della conoscenza dello stato di insolvenza;

4) la violazione degli artt. 1852, 1856, 1719 cod. civ. e della L. Fall., art. 67, nonchè l’illogicità della motivazione nell’assoggettamento a revoca fallimentare delle cosiddette operazioni bilanciate;

5) la carenza di motivazione nel mancato rilievo dell’irrevocabilità dei giroconti riguardanti anticipazioni su fatture.

Resisteva con controricorso la curatela del fallimento Chimica Lario s.r.l..

Entrambe le parti depositavano memoria illustrativa ex art. 378 cod. proc. civ..

All’udienza del 7 marzo 2012 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Con i primi due motivi, da esaminare congiuntamente per affinità di contenuto, l’Intesa SanPaolo s.p.a. deduce la violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine alla prova della scientia decoctionis.

Il motivo è inammissibile, sia perchè non contesta tutti gli elementi sintomatici del dissesto che la corte territoriale ha ritenuto presuntivamente conosciuti dalla banca, sia perchè tende ad una difforme valutazione delle risultanze istruttorie, avente natura di merito, che non può trovare ingresso in questa sede: richiamando il contenuto di deposizioni testimoniali e valutazioni del consulente tecnico d’ufficio insuscettibili di riesame dal giudice di legittimità. In realtà, la corte territoriale non ha accertato la mera conoscibilità potenziale ed astratta, bensì la conoscenza concreta dello stato di insolvenza, sulla base di presunzioni gravi precise e concordanti, insuscettibili di nuovo sindacato diretto.

Con il terzo motivo si censura la carenza di motivazione sull’esistenza dell’elemento psicologico.

Il motivo è inammissibile, risolvendosi in una generica contestazione dell’accertamento della corte territoriale, volta a negare carattere sintomatico alla revoca, da parte della stessa banca, dell’autorizzazione ad emettere assegni al legale rappresentante della società e alla morosità di una rata di mutuo fondiario: contestazione, avente ancora una volta natura di merito e, come tale, estranea ai limiti del giudizio di legittimità.

Con il quarto motivo l’Intesa Sanpaolo s.p.a. denunzia la violazione di legge, nonchè l’illogicità della motivazione sull’esclusione della natura bilanciata delle rimesse, che le avrebbe rese insuscettibili di revoca.

Il motivo è infondato.

In materia di revocatoria fallimentare, la banca che eccepisca la natura non solutoria della rimessa sul conto corrente bancario dell’imprenditore poi fallito, integrante in realtà un’operazione bilanciata, ha l’onere di dimostrare l’esistenza di accordi con il cliente, opponibili alla curatela, che assegnino alla rimessa la funzione, non già di rientro nell’esposizione debitoria, bensì di creazione di apposita provvista per un’operazione speculare a debito, di pagamento in favore di terzi o di prelievo da parte del cliente (Cass., sez. 1, 9 novembre 2007, n. 23.393).

E’ vero che tali accordi sono a forma libera e possono discendere anche da fatti concludenti (Cass., sez. 1, 26 gennaio 2011, n. 1834);

tuttavia, non basta ad inficiare di violazione di legge o di carenza di motivazione l’accertamento negativo dell’esistenza di tali accordi l’allegazione di una prassi consuetudinaria che non sia fondata su dati contabili precisi, ignorati o illogicamente interpretati dalla corte territoriale. La mera affermazione generica di tale accordo tacito, ricollegata ad una deposizione testimoniale che inammissibilmente si vorrebbe riesaminata dalla corte di legittimità, non vale, per contro, a confortare la censura dedotta.

Con l’ultimo motivo viene dedotta la carenza di motivazione nel mancato rilievo dell’irrevocabilità dei giroconti riguardanti anticipazioni su fatture.

Il motivo è inammissibile.

Premesso che sono suscettibili di revocatola fallimentare gli accreditamenti in forma di rimesse e giroconti dal conto anticipi al conto corrente ordinario, allorchè siano stati utilizzati per ridurre lo scoperto dell’unico conto operativo (Cass., sez. 1, 20 giugno 2011 n. 13.449), si osserva come la sentenza impugnata non menzioni affatto queste operazioni, di cui la censura in esame non precisa l’entità, nè lamenta l’omessa valutazione, tramite il richiamo di uno specifico atto difensivo che si assuma ignorato dal giudice di merito. In questo senso, quindi, il motivo è anche privo di autosufficienza.

Il ricorso è dunque infondato e deve essere respinto, con la conseguente condanna alla rifusione le spese processuali, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e dei numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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