CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 maggio 2011, n. 11715 Tributi – Dichiarazione di provvista estera – Soggetti obbligati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

T.P. (che il difensore ha, in udienza, dichiarato deceduto nelle more del presente giudizio di legittimità) e M.M. proposero separati ricorsi avverso l’avviso, con il quale l’Ufficio, ai sensi del art. 4, comma 2, dei medesimo Decreto, consistente nell’aver, nel 1991, movimentato ingenti somme di denaro, creando disponibilità finanziarie all’estero senza provvedere a dichiararle nel mod. 740, quadro "RW".

A fondamento dei ricorsi, i contribuenti negavano di aver avuto il possesso delle somme oggetto dell’accertamento, essendo queste state movimentate nell’interesse della T.P.L. s.p.a., di cui erano, rispettivamente, amministratore delegato e condirettore generale, l’uno, consigliere di amministrazione, condirettore generale e responsabile del settore finanziario, l’altro.

L’adita commissione tributaria accolse i ricorsi, con decisioni, che, in esito agli appelli dell’Agenzia, furono confermate, previa riunione, dalla commissione regionale.

Nei suoi tratti salienti, la decisione dei giudici di appello risulta così testualmente motivata: "… la norma che impone la dichiarazione presuppone "la detenzione" di investimenti all’estero ovvero di Attività estere di natura finanziaria: orbene al Collegio sembra che la parola detenzione debba intendersi come sinonimo di possesso nel senso che non può esserci detenzione se non c’è piena effettiva disponibilità personale … . Nel caso che ci occupa appare evidente anche dai documenti in atti … che i sigg. T. e M. avevano si la disponibilità delle somme trasferite all’estero ma non a titolo personale bensì soltanto in quanto amministratori della società T.P.L. e nell’interesse esclusivo della società, tanto vero che tali somme costituivano fondi gestiti, attraverso società estere riconducibili allei T.P.L. s.p.a.. D’altro canto, nessun elemento soggettivo suffraga la tesi dell’Ufficio secondo la quale gli appellanti agivano per loro conto e distraevano somme dalle cause societarie sfruttando la loro posizione dominante in senso alla società".

Avverso la decisione di appello, Ministero ed Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso per cassazione in due motivi. Gli intimati si sono costituiti senza nulla contraddire.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, Ministero ed Agenzia – deducendo "violazione e falsa applicazione del L. n. 227 del 1990, riguarda, non solo l’intestatario formale e il beneficiario effettivo di investimenti o attività di natura finanziaria all’estero, ma anche, tenuto conto della ratio della previsione normativa, colui che, all’estero, abbia la disponibilità di fatto di somme di danaro non proprie, con il compito fiduciario di trasferirle all’effettivo beneficiario.

Con il secondo motivo di ricorso, Ministero ed Agenzia – deducendo "violazione e falsa applicazione del L. n. 227 del 1990, riguarda comunque tutti coloro che hanno disponibilità di fatto e possibilità di movimentazione di risorse finanziarie all’estero.

1 due motivi di ricorso (che per la stretta connessione possono essere congiuntamente esaminati) sono fondati.

Invero la giurisprudenza di questa Corte si è costantemente espressa (del resto in piena aderenza a la lettera della legge, che, non a caso, pone quale presupposto della sanzione la mera "detenzione" di investimenti all’estero) nel senso che l’obbligo di dichiarazione di cui al 9320/03).

Alla stregua delle considerazioni che precedono (ed atteso che nel giudizio di cassazione non opera l’Istituto dell’interruzione del processo per gli eventi previsti dall’12581/04, 5626/02) s’impone l’accoglimento del ricorso.

Non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, va decisa nel merito, con i rigetto dei ricorsi introduttivi dei resistenti;

Per la natura della controversia e tutte le implicazioni della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito e la condanna dei resistenti, in base al criterio della soccombenza, alla refusione alla controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo dei resistenti; compensa le spese dei. gradi di. merito e condanna i resistenti alla refusione alla controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 12.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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