Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 20-10-2011) 21-11-2011, n. 42938 Prova penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– che con l’impugnata sentenza, per quanto ancora d’interesse, in riforma della pronuncia assolutoria con la formula "il fatto non sussiste" adottata dal giudice di primo grado, la corte d’appello di Roma ritenne G.L. responsabile del reato di falso in titoli di credito per avere, secondo l’accusa, compilato, facendo quindi uso, un assegno bancario dell’importo di Euro 20.000, tratto sul conto corrente della LU.MO s.r.l., apponendovi la firma apocrifa di C.F., amministratore di detta società, deceduto nello stesso giorno;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, sostenendo che indebitamente la corte territoriale avrebbe ritenuto sufficiente a costituire prova certa della penale responsabilità dell’imputato medesimo il solo risultato della disposta perizia grafica, pur essendo stata questa effettuata su di una copia fotostatica e non sull’originale dell’assegno in questione; – che la stessa difesa ha poi fatto pervenire memoria ad ulteriore sostegno delle proprie tesi.

Motivi della decisione

– che l’assunto contenuto nel ricorso, secondo il quale la mancata effettuazione della perizia grafologica sull’originale dell’assegno sarebbe di per sè causa di inaffidabilità delle conclusioni raggiunte dai periti non può essere condiviso, atteso che nessuna norma impone che la perizia grafologica su di un documento sospettato di falsità debba necessariamente svolgersi sull’originale e non su di una copia fotostatica (in tal senso, del resto, già risulta essersi espressa Cass. 5, 3 luglio – 3 agosto 1979, Fortunati, RV 142720, mai contraddetta da altre successive); nè sembra potersi attribuire decisivo rilievo, in favore del ricorrente, al precedente giurisprudenziale citato nel ricorso, costituito dalla sentenza della seconda sezione civile di questa Corte, 27 gennaio 2009 n. 1903, RV 606317, secondo cui "Nel giudizio promosso per la declaratoria di nullità di un testamento olografo per non autenticità della sottoscrizione apposta dal testatore, l’esame grafologico deve necessariamente compiersi sull’originale del documento, poichè soltanto in questo possono rinvenirsi quegli elementi la cui peculiarità consente di risalire, con elevato grado di probabilità, al reale autore della sottoscrizione"; principio, questo, che non può essere automaticamente trasferito dal settore civile al settore penale, siccome prioritariamente basato (come risulta dalla motivazione di detta sentenza) sulla ritenuta fondatezza di una doglianza proponibile soltanto davanti al giudice civile, e cioè quella afferente l’avvenuta attribuzione ad una copia fotostatica dell’efficacia probatoria riconosciuta alla scrittura privata dall’art. 2702 c.c, in presenza – può qui aggiungersi – anche dell’art. 2712, secondo il quale le copie fotostatiche fanno piena prova soltanto a condizione che esse non vengano disconosciute da coloro nei cui confronti si voglia farle valere;

– che, tuttavia, l’impugnata sentenza appare ugualmente censurabile, laddove, pur non trascurando di prendere in considerazione il fatto che (come segnalato anche nel ricorso) i periti nominati dalla corte d’appello, nel ritenere certamente apocrifa la firma di traenza dell’assegno in questione, apparentemente vergata dal defunto C.F., avevano però espresso un giudizio di mera possibilità circa la riconducibilità di detta sottoscrizione alla mano dell’imputato, ha ritenuto che da ciò non potesse derivare dubbio alcuno sulla colpevolezza di quest’ultimo, per il solo fatto che egli aveva invece dichiarato che il titolo gli era stato consegnato, già munito di firma di traenza, dal C., con l’incarico di provvedere, dopo la sua morte, a completarlo, monetizzarlo e trasferirne l’importo (come poi avvenuto) alla giovane moglie dello stesso C. (nei cui confronti gli altri familiari ed eredi di costui avevano mostrato avversione), e che lo stesso imputato era stato certamente l’autore delle restanti parti dell’assegno; al che va però obiettato che tale passaggio argomentativo, per un verso, attribuisce indebito rilievo ad un elemento, e cioè quello costituito dall’avvenuto riempimento delle restanti parti dell’assegno ad opera dell’imputato, pacificamente ammesso da quest’ultimo e perfettamente congruente con la versione dei fatti da lui fornita; per altro verso, finisce, in buona sostanza, per far derivare il giudizio di penale responsabilità dell’imputato non solo e non tanto dall’avvenuta acquisizione di una prova positiva della sua colpevolezza (quale invece avrebbe potuto essere la certa, e non ipotetica attribuzione alla sua mano della sottoscrizione dell’assegno), ma anche e soprattutto dalla ritenuta non rispondenza al vero di un particolare della suddetta versione dei fatti (per il resto non tacciata nè – sembra – tacciabile di totale implausibilità), costituito dalla asserita presenza della firma di traenza del C. già all’atto in cui questi gli aveva consegnato l’assegno; particolare che il ricorrente (non tenuto, ovviamente, nella sua veste di imputato, a dire la verità) ben avrebbe potuto "inventarsi" anche per coprire responsabilità altrui;

– che l’impugnata sentenza deve quindi essere annullata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della corte d’appello di Roma, la quale, in assoluta libertà di valutazione degli elementi di fatto acquisiti o che ritenesse di dover acquisire, dovrà tuttavia aver cura, ove ritenga di confermare la precedente statuizione, di non incorrere nuovamente nel segnalato vizio di motivazione.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della corte d’appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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