Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-05-2012, n. 8768 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Livorno ha respinto l’opposizione allo stato passivo del fallimento della Pegaso s.r.l. proposta dagli avv.ti S. L., P.M.N. ed L.E., che lamentavano l’ammissione solo parziale di loro crediti derivanti dall’attività professionale svolta in favore della società fallita e di altri soggetti in due cause di opposizione a decreti ingiuntivi, iscritte ai nn. 1588 e 1589 del ruolo del 2006. Ha ritenuto che, quanto al secondo procedimento, gli opponenti avessero diritto – detratto l’acconto percepito – ad Euro 6.234,00, comprensivi di IVA e CPA, escludendosi quanto richiesto per la difesa dell’altra parte assistita unitamente alla società fallita, e, quanto al primo procedimento, a complessivi Euro 10.199,00, detratto, anche in questo caso, l’acconto percepito ed escluso quanto richiesto per la difesa delle altre parti. Poichè tali importi erano inferiori a quelli già ammessi al passivo, l’opposizione non poteva essere accolta.

I professionisti interessati hanno quindi proposto ricorso per cassazione con sei motivi di censura. La curatela fallimentare non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. – Va esaminata per prima la censura, mossa con il quarto motivo di ricorso (contrassegnato dalla lett. d), di genericità e apoditticità della liquidazione dei compensi operata dal Tribunale nonostante la produzione, da parte dei ricorrenti, di dettagliate parcelle per importi assai superiori, riprodotte nel ricorso per cassazione.

1.1. – La censura è fondata.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in presenza di una nota spese specifica della parte vittoriosa, il giudice non può limitarsi a una globale determinazione, in misure inferiori a quelle esposte, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione della eliminazione o della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire la verifica, in sede di impugnazione, della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe (ex multis, Cass. 12741/2001, 21325/2005, 2254/2007).

Tale principio, affermato con riferimento alla liquidazione delle spese del giudizio, all’esito dello stesso, in favore della parte vittoriosa, trova applicazione, per identità di ratio, anche nel caso – quale quello che ci occupa – di liquidazione in favore del professionista ed a carico del cliente.

A detto principio non si è attenuto il Tribunale di Livorno, che, pur in presenza di parcelle dettagliate, ha liquidato somme inferiori senza alcuna motivazione.

2. – L’accoglimento della predetta censura assorbe tutte le altre.

3. – Il provvedimento impugnato va pertanto cassato con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale, attenendosi al principio di diritto sopra enunciato, motiverà la liquidazione delle spettanze dei professionisti e provvederà anche sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Livorno in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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