Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-05-2012, n. 8766 Intermediazione finanziaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L.P. ha chiesto al Tribunale di Brescia la dichiarazione di nullità, invalidità o inefficacia di alcune operazioni di investimento in valori mobiliari compiute nel 2000 su indicazione di funzionari dell’istituto di credito San Paolo IMI s.p.a. perchè effettuate in violazione di norme del T.U.F. e di norme regolamentari emanate dalla Consob. L’attore ha chiesto la condanna dell’Istituto al risarcimento del danno pari alle perdite subite corrispondente a 184.605,00 Euro.

2. Si è costituito l’Istituto eccependo il suo difetto di legittimazione e contestando di aver operato scorrettamente nel rapporto di consulenza all’investimento in valori mobiliari.

3. Il Tribunale di Brescia ha ritenuto fondata l’eccezione di difetto di legittimazione relativamente all’azione di nullità, annullamento o inefficacia dei contratti di investimento intercorsi con altra società del gruppo (San Paolo IMI Asset Management) mentre ha ritenuto esistente la legittimazione relativamente alle domande di risarcimento ma ha rilevato, da una parte, il difetto di prova sulla correttezza e esaustività dell’informazione e sulla posizione di conflitto di interesse in cui versava la Banca e, d’altra parte, la insussistenza della prova, che incombeva al L., sul nesso di causalità fra le violazioni denunciate e il danno subito. Il Tribunale ha invece accolto la domanda di annullamento dell’acquisto di obbligazioni Parmalat in relazione alla posizione di conflitto di interessi dell’Istituto, senza però accogliere la domanda di risarcimento danni sempre in considerazione dell’assenza della prova del nesso causale tra violazione e danno.

4. Ha proposto appello il L. e appello incidentale l’Istituto San Paolo IMI. L’appellante principale ha rilevato che la violazione delle norme di comportamento da parte dell’intermediario finanziario comporta comunque l’annullamento dell’operazione e ha lamentato la mancata pronuncia di risoluzione dei contratti di intermediazione (ovvero dell’unico contratto quadro di intermediazione). Ha inoltre contestato che non vi fosse la prova del nesso causale fra violazioni e danno trattandosi di prova in re ipsa e ha rilevato come non fosse stata accertata, in sede di stipulazione del contratto-quadro di intermediazione finanziaria, la violazione dell’obbligo di cui all’art. 28 del regolamento CONSOB che prescrive all’intermediario di accertarsi del grado di esperienza in materia finanziaria del cliente.

5. L’istituto bancario, con il suo appello incidentale, ha censurato la decisione di annullamento, ex art. 1394 c.c., del contratto di acquisto di obbligazioni Parmalat rilevando che tale azione, che non poteva ritenersi proposta tempestivamente dal L., era comunque infondata per l’inesistenza di una posizione di conflitto di interessi con l’investitore.

6. La Corte di appello di Brescia ha accolto l’appello incidentale e respinto quello principale.

7. Ricorre per cassazione L.P. che deduce otto motivi di impugnazione. Si difende con controricorso Intesa San Paolo s.p.a. società incorporante Sanpaolo Imi s.p.a..

8. Le parti depositano memorie difensive.

Motivi della decisione

9. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1321, 1703, 1754 c.c., nonchè del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 1, 21, 23, in relazione al rapporto intervenuto fra le parti relativamente agli investimenti nei Fondi comuni e nella gestione patrimoniale ( art. 360 c.p.c., n. 3). Secondo il ricorrente nel caso in esame deve ritenersi stipulato un contratto di investimento in strumenti finanziari tra investitore e intermediario con la conseguente legittimazione passiva del San Paolo IMI in relazione alle domande di nullità, annullamento o risoluzione di tale contratto.

10. Il motivo è infondato. Come già è stato rilevato dai giudici di merito le domande proposte in primo grado dal ricorrente e dirette all’accertamento dell’invalidità contrattuale hanno investito le negoziazioni sulle singole operazioni di investimento. Correttamente i giudici di merito hanno pertanto rilevato il difetto di legittimazione della Intesa Sanpaolo s.p.a. e della sua dante causa in quanto i contratti di investimento sono intervenuti con le società titolari dei fondi di investimento.

11. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 99 c.p.c., e degli artt. 2907, 1453, 1458 c.c., e dei principi generali che disciplinano l’individuazione della domanda nonchè falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.. Il ricorrente contesta l’affermazione della Corte di appello secondo cui in primo grado non fu proposta alcuna domanda di risoluzione del contratto di intermediazione. Rileva infatti che sin dalla proposizione del giudizio di primo grado aveva chiaramente indicato gli inadempimenti contestati all’intermediario e affermato che a causa di tali inadempimenti derivava l’invalidità delle operazioni di investimento e il diritto alla restituzione delle somme investite.

Il ricorrente contesta pertanto che non fosse stata validamente e tempestivamente proposta una domanda di risoluzione dei contratti di investimento intervenuti fra le parti.

12. La stessa parte ricorrente riconosce di non aver proposto esplicitamente, in primo grado, una domanda di nullità, annullamento o risoluzione del contratto quadro di intermediazione intercorso con Intesa San Paolo e con la sua dante causa ma lamenta che i giudici del merito non abbiano interpretato la domanda al di là del mero contenuto testuale al fine di rilevare l’implicita proposizione di un’azione di invalidità del contratto quadro.

13. La Corte rileva che l’interpretazione della domanda compiuta dal giudice d’appello costituisce accertamento di merito, che può essere sindacato unicamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Anche a volere ritenere, per mera ipotesi, che questa preclusione sia superabile, nel caso in esame, in quanto la censura, mossa alla sentenza della Corte di appello, si presenterebbe manifestamente rivolta contro la sua motivazione, relativa alla interpretazione della domanda proposta in primo grado, non vi sarebbe comunque margine per l’accoglimento del ricorso dato che la motivazione sul punto della sentenza della Corte di appello si presenta del tutto esaustiva e priva di incongruenze logiche.

14. Infatti la Corte di appello ha rilevato correttamente quanto segue: " L.P. in primo grado non ha chiesto la risoluzione del contratto di intermediazione, onde la domanda relativa alla risoluzione del contratto quadro è inammissibile perchè nuova. Tale domanda non può ritenersi implicitamente contenuta in quella di risoluzione delle singole operazioni contrattuali, peraltro proposta nella memoria di replica dell’attore, atteso che di domanda implicita può parlarsi quando la domanda espressa presupponga quella implicita, o quando la domanda abbia un contenuto più ampio di quella implicita e soprattutto in quanto non vi è omogeneità tra la domanda di risoluzione del singolo contratto di investimento mobiliare e la domanda di risoluzione del contratto quadro di intermediazione. In altri termini un’istanza non espressa può ritenersi implicitamente formulata se in rapporto di connessione con il petitum e la causa petendi (Cass. 3012/2010) ma nel caso di specie il petitum risarcitorio era espressamente collegato alla violazione, da parte dell’intermediario, degli obblighi di informazione del cliente, di porlo in grado di valutare la natura, i rischi e le implicazioni delle singole operazioni, limitatamente a specifiche operazioni realizzate, onde non può ritenersi implicitamente esteso alla risoluzione del contratto di intermediazione finanziaria, in esecuzione del quale le singole operazioni censurate, erano state realizzate". 15. Con il terzo motivo di ricorso si deduce,ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione degli artt. 100, 112, 345 c.p.c. in relazione alla negata sussistenza degli inadempimenti degli obblighi comportamentali (conflitto di interessi, obblighi informativi, inadeguatezza delle operazioni al profilo del cliente) relativamente agli investimenti nei fondi comuni e nella gestione patrimoniale.

16. La Corte di appello, secondo il ricorrente, ha deciso sul punto ritenendo che tale questione costituisse l’oggetto dell’appello incidentale condizionato ma il ricorrente ritiene che l’inadempimento agli obblighi posti dagli artt. 27, 28 e 29 del regolamento CONSOB, affermata dal giudice di primo grado, non sia stata oggetto di alcuna censura in sede di appello incidentale condizionato all’accoglimento totale o parziale di quello principale. Contesta pertanto, come ultrapetizioni, le affermazioni della Corte di appello relative alla avvenuta comunicazione della posizione di conflitto di interesse dell’intermediaria, per quanto riguarda gli investimenti nei fondi e nella gestione patrimoniale, così come tutte le altre affermazioni relative all’assunzione personale della responsabilità di tali operazioni da parte del cliente.

17. Il motivo è infondato sia perchè, come ha evidenziato la difesa della controricorrente, non coglie la reale portata dell’affermazione della sentenza di primo grado relativa all’inadempimento degli obblighi informativi e valutativi, sia, e preliminarmente, perchè non tiene conto delle conclusioni prospettate alla Corte di appello dalla Intesa Sanpaolo s.p.a. che hanno investito tutta la decisione di primo grado subordinatamente al riesame nel merito della controversia. Non può infatti attribuirsi alcun rilievo preclusivo alla circostanza per cui la Intesa Sanpaolo abbia richiesto, solo nel paragrafo delle conclusioni "in via di merito e in via di appello incidentale condizionato", di riformare la sentenza del Tribunale di Brescia nella parte in cui ha statuito che "non è emerso che, nelle occasioni per cui è causa, gli addetti abbiano conseguentemente ed espressamente affrontato il problema dell’adeguatezza delle singole operazioni, nè quello del conflitto di interessi, nè che sia stata chiarita al cliente la qualità e la incidenza percentuale dei titoli compresi nelle varie gestioni" e ha quindi concluso che, "anche alla luce delle dichiarazioni dei testi, manca la prova di una informazione completa". Tale richiesta di riforma è infatti condizionata al rigetto di quella, logicamente preliminare, di riesaminare e riformare la decisione di primo grado relativamente all’affermazione della legittimazione della Intesa Sanpaolo a contraddire rispetto alla domanda con la quale l’attore aveva chiesto che, in ogni caso, la banca convenuta venisse condannata al risarcimento del danno conseguente alle perdite da lui subite.

18. E’ quindi manifestamente infondata la deduzione di ultrapetizione perchè la Corte di appello ha preso nuovamente in esame il comportamento della Intesa Sanpaolo dopo aver affermato che il Tribunale aveva ritenuto, correttamente, la legittimazione passiva in ordine alla domanda risarcitoria.

19. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. a e b e dell’art. 28 comma 1 lettera a) del regolamento Consob n. 11522/1998 in relazione a tutti gli investimenti nei fondi comuni ( art. 360 c.p.c. , n. 3). Il ricorrente ritiene che la sentenza impugnata abbia violato la norma regolamentare CONSOB perchè ha ritenuto adempiuto l’obbligo di accertamento dell’esperienza finanziaria dell’investitore sulla sola base di una dichiarazione di rifiuto a fornire indicazioni resa ben dopo l’inizio della prestazione dei servizi di investimento.

20. Il motivo che pone evidentemente una implicita richiesta di riesame del merito della decisione può essere esaminato in relazione alla congruità della motivazione della Corte di appello sul punto.

La Corte territoriale ha affermato che la violazione degli obblighi informativi (e valutativi) gravanti sull’intermediario non è idonea a far ritenere la produzione di un danno in re ipsa ma piuttosto a costituire una presunzione di astensione dall’investimento correlato, qualora l’obbligo informativo fosse stato correttamente assolto. Da questa premessa la Corte di appello muove nella sua ricostruzione del rapporto fra il L. e la Intesa Sanpaolo, per come esso emerge dalle risultanze istruttorie. Da tale ricostruzione può dedursi anche un giudizio di adeguatezza della valutazione del profilo soggettivo dell’investitore già al momento della instaurazione del rapporto (ovvero della stipulazione del contratto quadro). Peraltro la deduzione del ricorrente circa la mancata richiesta di informazioni al cliente al momento della sottoscrizione del contratto quadro è priva di qualsiasi autosufficienza ed è contestata dalla difesa di Intesa Sanpaolo che cita la sottoscrizione del L. della esplicita dichiarazione contenuta nel contratto quadro del 13 novembre 1997 secondo cui l’Istituto aveva fornito l’avvertenza che le informazioni domandate e rifiutate dall’investitore erano richieste esclusivamente per curare al meglio il suo interesse.

Conseguentemente il motivo deve ritenersi infondato.

21. Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. a e b e art. 23, u.c., in relazione alla sussistenza dell’ inadempimento dell’obbligo informativo specifico di cui all’art. 28 comma 2 del regolamento Consob n. 11522/1998 in relazione a tutte le operazioni di causa ( art. 360 c.p.c., n. 3). Secondo il ricorrente la sentenza impugnata ha deciso sulla base di una interpretazione assolutamente erronea, e contraria al contenuto protettivo delle norme citate, in tema di adempimento degli obblighi informativi da parte dell’intermediario e di onere probatorio gravante su di esso. Essa ha infatti avvalorato circostanze non rilevanti o non esaustive del prescritto adempimento (e cioè il fatto che il cliente si consigliava con terzi estranei alla Banca e abbia discusso con il direttore della filiale della natura e della convenienza degli investimenti che venivano consigliati) e ha mandato esente l’intermediario dall’assolvimento dell’onere probatorio su tale circostanza essenziale.

22. Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. a e b, e dell’art. 29 del regolamento Consob n. 11522/1998 in relazione a tutti gli investimenti di causa ( art. 360 c.p.c., n. 3). Il ricorrente rileva che la Corte di appello non ha valutato, coerentemente alle prescrizioni delle norme citate, il comportamento dell’intermediario al fine di verificare l’adempimento del dovere di avvertire e sconsigliare l’investitore circa l’inadeguatezza della operazione e di non eseguirla senza una autorizzazione scritta e consapevole del rischio assunto. In particolare rileva la mancata informazione sulla conoscenza degli investimenti finanziari da parte del cliente e la genericità dell’avviso sulla inadeguatezza dell’investimento peraltro non sottoscritto specificamente dal cliente.

23. Con il settimo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. a, b e c e dell’art. 27 del regolamento Consob n. 11522/1998 in relazione al conflitto di interesse sussistente per tutti gli investimenti di causa ( art. 360 c.p.c., n. 3). Il ricorrente ritiene errate le affermazioni della Corte di appello circa l’inesistenza di una posizione di conflitto di interessi relativamente all’acquisto di obbligazioni Parmalat perchè l’intermediario finanziario è portatore di un interesse in conflitto con quello del cliente quando esegue un ordine di borsa vendendo al cliente in "contropartita diretta" titoli che si trovano nel suo portafoglio. Ritiene inoltre che la Corte di appello abbia erroneamente considerato come correttamente eseguito l’obbligo informativo circa l’esistenza del conflitto di interessa relativamente agli investimenti sui fondi e la gestione patrimoniale azionaria dato che l’avvertenza risultante agli atti non precisa l’estensione e la natura del conflitto, non è chiaramente percepibile graficamente e non è stata oggetto di specifica sottoscrizione.

24. Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1 e degli artt. 27 e 29 del regolamento Consob n. 11522/1998 (nella formulazione vigente all’epoca delle operazioni) e degli artt. 2697, 2727 in relazione alla prova del nesso di causalità tra gli inadempimenti e il danno relativamente agli investimenti nei fondi comuni e nella gestione ( art. 360 c.p.c., n. 3). Il ricorrente rileva che in base al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. c), nella specie ricorreva l’obbligo per l’intermediario di astenersi dalle operazioni richieste in assenza di una esplicita autorizzazione scritta idonea a superare la posizione di conflitto di interessi con il cliente. Di fronte alla violazione di tale obbligo di astensione la Corte di appello avrebbe dovuto considerare in re ipsa la prova del nesso causale dei danni provocati dal compimento delle operazioni di investimento e avrebbe dovuto condannare l’intermediario al risarcimento dei danni corrispondenti alla perdita subita dal cliente. Parimenti in conseguenza dell’inesatto adempimento degli obblighi informativi circa la inadeguatezza degli investimenti la Corte di appello avrebbe dovuto considerare provati i danni subiti dal cliente e consistenti nel minor valore conseguito rispetto a investimenti adeguati alle sue esigenze.

25. Gli ultimi quattro motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto pur muovendo tutti da censure interpretative sulla normativa applicabile al rapporto di investimento finanziario intercorso fra le parti, contestano sostanzialmente la decisione di merito della Corte di appello in particolare per ciò che concerne la valutazione delle prove. Occorre muovere quindi dalla motivazione della Corte di appello per evidenziare alcuni punti essenziali che hanno sorretto la decisione al fine di metterli in rapporto con le opzioni interpretative del ricorrente nonchè al fine di verificare la congruità ed esaustività della valutazione del materiale probatorio.

26. La Corte di appello ha riscontrato l’adempimento del dovere di informazione sul conflitto di interesse esistente quanto alle operazioni di investimento in fondi azionari e gestione patrimoniale facenti capo a società del gruppo Sanpaolo. Ha riscontrato, come si è detto, la sottoscrizione del L. della dichiarazione di rifiuto a fornire informazioni sull’esperienza in materia finanziaria in sede di conclusione del contratto di investimento nella gestione patrimoniale. Infine ha rilevato la segnalazione di inadeguatezza risultante dai contratti di investimento nei fondi azionari.

27. La Corte di appello ha ritenuto che anche un’eventuale carente assolvimento degli obblighi informativi non sarebbe stato idoneo a costituire una presunzione di attribuibilità causale degli investimenti al difetto di informazione. Ha rilevato infatti, a tale proposito, che le qualità soggettive dell’investitore fossero idonee a provare la sua piena consapevolezza sul contenuto ed i rischi delle operazioni concluse. Si tratta – ha affermato la Corte bresciana – di un risparmiatore consapevole e informato, avvezzo ad investimenti finanziari, che frequentava assiduamente la banca e i suoi consulenti e aveva deciso di disinvestire precedenti acquisti obbligazionari proprio perchè attratto dalla maggiore redditività, in quel preciso momento storico, del mercato azionario, tanto da acquistare quote del Fondo Azionario Europa in due diversi momenti, a distanza di nove mesi l’uno dall’altro e per rilevanti importi (L. 357.000.000 il 28 gennaio 2000 e circa L. 150.000.000 il 30 ottobre 2000) dopo aver potuto valutare la bontà dell’investimento, in quell’arco temporale.

Ha inoltre rilevato la Corte di appello che dalle deposizioni testimoniali è emerso che il L. si consigliava con terzi estranei alla banca di sua fiducia e poi discuteva con i consulenti finanziari della stessa i tipi di investimento in funzione delle sue aspettative che seguiva con attenzione l’andamento dei propri investimenti dimostrando conoscenza delle nozioni finanziarie indispensabili e che, dalle stesse dichiarazioni in sede di interrogatorio formale del L. risultava che egli discuteva con il direttore della filiale sulla natura e convenienza degli investimenti che gli venivano consigliati cosi come della vendita delle obbligazioni in dollari già nel suo portafoglio e della decisione di investire nei fondi proprio perchè 1amministrati dalla banca.

28. Secondo la valutazione della Corte di appella, basata sui dati di comune conoscenza relativi all’andamento del mercato finanziario, le perdite subite dal L. sui fondi azionari e sulla gestione patrimoniale non sono riconducibili a caratteristiche specifiche di quel tipo di investimento ma alla scelta di vendere i prodotti proprio appena dopo l’evento eccezionale e imprevedibile dell’attentato dell’11 settembre 2001 cui segui lo sconvolgimento dei mercati finanziari. Allo stesso modo l’acquisto di obbligazioni Parmalat, secondo la Corte di appello, non può essere considerata un’operazione inadeguata al profilo di investitore del L., trattandosi di investitore che privilegiava il settore obbligazionario e di obbligazione che non presentava margini di rischio particolari. Conclude pertanto la Corte di appello che il tempo trascorso tra l’acquisto e il default della Parmalat, verificatosi tre anni dopo, quasi all’improvviso e senza tangibili avvisaglie della situazione economica della società emittente, se non nelle ultime settimane precedenti il dicembre 2003, esclude il nesso causale tra il difetto di più precise e puntuali informazioni e la perdita del capitale.

29. Secondo la Corte di appello infine non ricorre l’ipotesi del conflitto di interessi quanto all’acquisto delle obbligazioni Parmalat trattandosi di titoli emessi da società estranea al gruppo, normalmente negoziate a un tasso in linea con quello di mercato e con un rating non particolarmente speculativo e non vi è alcuna prova che la società rappresentante abbia perseguito interessi propri incompatibili con quelli del rappresentato. Dalla documentazione in atti risulta infatti – ha rilevato la Corte di appello – che il Sanpaolo aveva acquistato in data 23 novembre 2000 dalla Caboto Holding SIM, e quindi sul mercato, una sostanziosa quantità di obbligazioni Parmalat (1.000.000 al prezzo di 96.65) e in data 27 novembre aveva rivenduto al L. una piccola parte (valore nominale di 21.000 Euro) al prezzo di 97.25, la qualcosa non dimostra affatto un conflitto di interessi tra la banca e il cliente, rientrando nella normalità un minimo di oscillazione di prezzo e non essendo contestata all’epoca la solvibilità della Parmalat cosicchè non risulta provato che la banca abbia venduto le obbligazioni per scaricare sul cliente un possibile andamento negativo o addirittura le conseguenze di un default che all’epoca era del tutto imprevedibile.

30. Se queste sono le valutazioni del materiale istruttorio compiute dalla Corte territoriale che hanno sorretto la decisione occorre rilevare in primo luogo che vi è stata una forte attenzione del giudice di appello al contesto della relazione fra banca e cliente in cui è stata inquadrata la valutazione della prova documentale attinente all’assolvimento degli obblighi informativi prescritti dalla normativa di settore. Si tratta di una opzione valutativa e interpretativa che può ritenersi conforme alla ratio legis della normativa protettiva del risparmiatore il cui intento è proprio quello di consentirgli una scelta informata e consapevole degli investimenti che egli intende effettuare.

31. In secondo luogo il riscontro del corretto adempimento dell’obbligo di avvertire e sconsigliare il risparmiatore dal compiere operazioni di investimento non adeguate al suo personale profilo di investitore è stato analogamente effettuato dalla corte territoriale con attenzione prevalente agli elementi emergenti dall’istruttoria orale pur in presenza di regolari segnalazioni scritte dell’inadeguatezza dell’operazione che sono state però, secondo il giudice di appello, disattese dal L. in piena consapevolezza del contenuto dei rischi assunti con il compimento delle operazioni e del profilo speculativo delle stesse. Si tratta anche qui di una linea valutativa e interpretativa condivisibile perchè in presenza di elementi – quali quelli riportati in precedenza – che attestano la consapevole propensione al rischio del L. e la sua capacità di comprendere tecnicamente contenuti e conseguenze dei suoi investimenti, la Corte ha ritenuto assolto il compito protettivo da parte dell’intermediario e quindi pienamente operante la libertà negoziale del risparmiatore.

32. In terzo luogo quanto alla verifica della esistenza e della neutralizzazione del conflitto di interessi la Corte di appello ha verificato non solo la esternazione dello stesso al risparmiatore e la sua espressa volontà di prescinderne ai fini dell’investimento ma anche le condizioni in cui si è verificato e che hanno prodotto l’affidamento del risparmiatore alle proposte dell’intermediario. Se ci si riferisce all’acquisto delle quote dei fondi azionari e all’investimento nella gestione patrimoniale, il riscontro positivo della Corte di merito, sulla consapevolezza del risparmiatore di compiere operazioni di investimento in situazione di conflitto di interesse con l’intermediario e, ciononostante, sulla sua valutazione positiva delle operazioni stesse si basa sull’acquisizione di prove testimoniali circa il contesto e le modalità in cui si è formato il consenso del risparmiatore. Da esse risulta la attenta preparazione della scelta che è consistita nel trasferimento dei risparmi da un assetto obbligazionario in dollari a uno azionario in valuta europea e ciò a seguito della verifica di una maggiore redditività del nuovo assetto e dall’opportunità di abbandonare almeno temporaneamente l’esposizione sulla moneta americana. La correttezza in sè di una tale strategia di investimento non è apparsa, motivatamente, condizionata dalla situazione di conflitto di interessi. La decisione di investire in fondi e gestioni facenti capo a società del gruppo dell’intermediario si giustificava, secondo le stesse dichiarazioni del L., con l’affidamento nutrito nelle capacità gestionali e nella solidità economica del gruppo di cui il L. era già cliente ed era fondato sul rapporto di stretta e competente consultazione con il personale e il direttore della filiale della banca.

33. Per quanto riguarda invece l’operazione di investimento in obbligazioni Parmalat, che la banca intermediaria ha venduto al L. su sua richiesta appare corretta la valutazione della Corte di appello incentrata sulla ricognizione della reale portata economica del potenziale conflitto di interessi derivante dall’acquisto delle obbligazioni da una società terza in quantità rilevantemente più consistente ma in epoca del tutto coeva all’acquisto del L.. Non si è trattato quindi – ha rilevato la Corte – di acquisto di obbligazioni provenienti dal portafoglio dell’intermediaria ma di una operazione di vendita in contropartita diretta con il cliente. La stessa posizione di acquirente della Intesa Sanpaolo di uno stock di obbligazioni molto più consistente e la relativa rilevanza quantitativa dell’acquisto da parte del L., a fronte del suo complessivo capitale investito in strumenti finanziari, è stata opportunamente valutata al fine di escludere la volontà della intermediaria di trasferire sul cliente prospettive debitorie o di esporlo a rischi non commisurati al suo profilo investitorio. Ne risulta una adeguata valutazione della situazione di potenziale conflitto di interesse perchè basata non su una astratta ricognizione dei ruoli rivestiti nell’operazione ma sulla concreta portata economica dell’eventuale conflitto che ha consentito di verificare la formazione contemporanea di due portafogli obbligazionari e quindi l’inesistenza di una situazione di conflitto di interesse.

34. Il ricorso va pertanto respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 7.200 di cui 200 per spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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