T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 23-12-2011, n. 10156

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

CONSIDERATO

– che con il ricorso in esame il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con cui l’Amministrazione comunale ha disposto l’intervenuta decadenza dall’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica del quale era assegnatario (sito in Roma, Via Adalberto n.7, scala H, interno 9);

– che il provvedimento di decadenza è basato sulla circostanza, accertata dall’Amministrazione mediante apposita istruttoria, che il ricorrente risulta – da documenti fiscali ufficiali – ancora coniugato con la moglie (non ostante abbia dichiarato al Comune di essere dalla stessa separato); e che quest’ultima possiede altri beni immobili, circostanza che esclude la sussistenza del requisito (necessario per ottenere e per conservare l’alloggio in questione) della c.d. "impossidenza" in capo al nucleo familiare;

– che l’Amministrazione si è regolarmente costituita in giudizio, eccependo l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto con vittoria di spese;

CONSIDERATO che con unico mezzo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt.11 e 12 della L. Reg. Lazio n.12 del 1999 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, contraddittorietà ed irragionevolezza, deducendo che la circostanza che egli abbia rappresentato, nella dichiarazione dei redditi, di essere ancora coniugato è irrilevante ed è comunque frutto di errore, sicchè illegittimamente l’Amministrazione comunale ne ha tratto la conclusione che il nucleo familiare fosse ancora omogeneo (e complessivamente titolare e fruitore di beni immobili e di una situazione patrimoniale incompatibile con l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica);

RITENUTO che la doglianza non meriti condivisione per le ragioni che si passa ad esporre.

Entrambi i coniugi (il ricorrente e la moglie) hanno dichiarato al Fisco, senza soluzione di continuità, di essere "coniugi", ponendo così in essere un comportamento (comunque) interruttivo, ai sensi dell’art.157 c.c., dello stato di separazione (e che ne fa formalmente cessare gli effetti).

La tesi della Difesa del ricorrente, che sostiene che le dichiarazioni nei confronti del Fisco sono state frutto di mero errore non è credibile, in quanto un errore di tal genere, dal quale il ricorrente ha ottenuto benefici fiscali, potrebbe giustificarsi se riferito all’anno successivo a quello della intervenuta separazione, ma non già se perpetrato – com’è avvenuto nella fattispecie – per anni.

In conclusione, posto che lo stesso ricorrente ha formalmente dichiarato ed ammesso, in un atto pubblico rivolto ad un’Amministrazione, di essere ancora in stato di coniugio – e che tale dichiarazione, confermata dall’altro coniuge, è comunque di per sé idonea ad interrompere gli effetti della separazione ed a ricostituire lo stato coniugale – il provvedimento dell’Amministrazione, che ha tenuto conto dell’intera consistenza del patrimonio del nucleo familiare, traendone le necessarie conseguenze (ai sensi dell’art.11, lett. "c", della L.Reg. Lazio n.12 del 1999), appare esente dalle censure mosse.

RITENUTO, in definitiva, che il ricorso vada respinto, ma che sussistono giuste ragioni per compensare le spese fra le parti;

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Compensa le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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