Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-05-2012, n. 8752

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Svolgimento del processo

1. – M.P. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Latina, sezione distaccata di Terracina, il figlio I. F., domandando la revoca per ingiuria grave, ex art. 801 cod. civ., dell’atto in data 3 agosto 1998, ai rogiti del notaio Morelli di Fondi, con cui gli aveva donato la piena proprietà di un fabbricato per civile abitazione alla Via (OMISSIS), con annessa circostante area scoperta, e la nuda proprietà di un confinante fabbricato rurale, riservandosene l’usufrutto.

L’adito Tribunale accolse la domanda, cosi motivando: "Il malanimo dell’odierno convenuto nei confronti della genitrice è risultato provato all’esito dell’istruzione come compiuta. Ed, infatti, i testimoni L.M. e I.L., nonostante il rapporto rispettivamente di coniugio e di filiazione con il convenuto, non hanno nascosto lo stato di tensione tra il figlio e la madre, odierna attrice, a cagione anche del litigio descritto in citazione e la cui gravità oggettiva (sfondamento della porta di separazione tra la villetta abitata dalla famiglia del convenuto e il rustico adibito ad abitazione dell’attrice) è stata accertata anche da agenti del Commissariato di pubblica sicurezza di Fondi (deposizione del teste D.), al pari della conseguente prostrazione dell’attrice, quale diretta conseguenza della reazione del figlio. Costei, infatti, per sottrarsi alle intemperanze di costui, nonostante la personale situazione di salute e l’età oramai avanzata, si è diretta a piedi, in ora tarda, al Commissariato di P.S., per denunciare il fatto e cercare protezione, come confermato anche dal teste I. C.. A completare il quadro probatorio è, infine, l’argomento di prova dato dalla mancata risposta all’interpello di I. F., oltre alla documentazione in atti e, segnatamente, la denuncia-querela in data 20 settembre 2000". 2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 10 gennaio 2006, la Corte d’appello di Roma ha accolto il gravame dello I. e, per l’effetto, ha accertato e dichiarato che non sussistono i presupposti di cui all’art. 801 cod. civ. per far luogo alla revocazione della donazione.

La Corte ha escluso la ravvisabilità, nel comportamento del donatario, della gravità dell’ingiuria, non essendo il fatto denunciato espressione di un sentimento di avversione nei confronti della donante tale da ripugnare alla coscienza collettiva e, perciò, suscettibile di dar luogo alla revocazione della donazione fattagli.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 23 giugno 2006, sulla base di due motivi. L’intimato non ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo della controversia, nonchè in relazione all’art. 232 cod. proc. civ. e, segnatamente, alla mancata ingiustificata comparizione del donatario I.F., convenuto in primo grado, a rendere il deferito interrogatorio formale.

Con esso ci si duole che la Corte del gravame abbia escluso che la completa aggressione, sia verbale che fisica, subita dalla M. costituisse grave attentato al patrimonio morale della donante. La ricorrente sostiene che non è affatto usuale e normalmente non capita affatto che "una persona anziana e gravemente malata sia costretta dall’insana ed irrefrenabile ira del figlio, I. F. – che, tra l’altro, attentava alla sua integrità fisica scagliandole contro una bastone che solo per quale che centimetro non colpiva alla testa la malcapitata -, a fuggire, in piena notte, dalla propria notte e cercare rifugio presso il locale Commissariato di P.S. cui giungeva, piano piano, a piedi visibilmente affaticata ed in forte stato di agitazione".

Avrebbe errato la Corte del gravame a far assurgere, come prova del difetto di malanimo dello I. nei confronti della donante, la mancata reiterazione nel tempo di tali fatti ad opera dello stesso I., senza considerare che il difetto di reiterazione è dovuto, nell’immediatezza dei fatti, a cause indipendenti dalla volontà del donatario (essendosi la M. rifugiata presso il Commissariato e poi presso l’altro figlio, I.C.), e, successivamente, alla pendenza del procedimento civile per revocazione e del procedimento penale conseguente alla presentazione della denuncia-querela. La Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che l’art. 801 cod. civ. parla di "ingiuria grave" al singolare, per cui basta ad integrarla un solo episodio, non essendo prevista la necessità di una reiterazione del comportamento ingiurioso nel tempo.

Contraddittoriamente la Corte territoriale, dopo avere correttamente affermato l’autonomia della fattispecie dell’ingiuria grave dal diritto penale, avrebbe ravvisato un’esimente della ingiuria grave nella successiva remissione di querela da parte della donante, manifestazione, questa, soltanto del perdono infinito della madre, nonostante il perdurante ed abnorme malanimo del figlio nei suoi confronti.

Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 801 cod. civ.) la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia ravvisato nell’aggressione, sia verbale che fisica, perpetrata dal donatario ai danni della madre donante, un’ingiuria grave, costituendo essa una condotta rivolta contro il patrimonio morale della donante in modo diretto (e la cui gravità sarebbe di oggettiva evidenza, come dimostrato dall’entità del fatto), ma anche, e soprattutto, manifestazione di un sentimento di avversione, che esprimerebbe ingratitudine verso la donante e che ripugnerebbe alla coscienza comune.

2. – I motivi – i quali, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

La Corte d’appello – premesso che non è inusuale che "fra persone legate da cosi stretti vincoli di parentela e che vivono in spazi così contigui possano verificarsi litigi e dissidi", i quali, "seppur riprovevoli, sono abbastanza diffusi nella prassi e non possono quindi ritenersi di gravità tale da ripugnare alla coscienza comune" – è giunta alla conclusione che l’episodio, verificatosi nella notte fra il 31 agosto ed il 1 settembre 2000, alla base della domanda giudiziale in esame (sfondamento, da parte del figlio donatario, a seguito di un diverbio, della porta dell’abitazione contigua ove viveva la madre donante, con urla da parte del primo di parole offensive all’indirizzo della madre e lancio in aria di un bastone di legno), "non appare di tale inaudita gravità da far luogo, solo per se stesso, alla revocazione della donazione di cui è causa".

La Corte territoriale – con logico e motivato apprezzamento delle risultanze di causa – ha rilevato che si è trattato "di un episodio isolato, che non risulta avere avuto reiterazioni nel tempo e la cui portata è stata ridimensionata dalle deposizioni rese nel giudizio di primo grado dai testi L.M. e I.L., rispettivamente moglie e figlia del donatario". L’accadimento è sorto "per futili motivi" (la donataria non aveva voluto far dormire i figli dell’appellante nella porzione di fabbricato di cui era usufruttuaria), mentre in passato si erano verificati "screzi" fra la donante ed il donatario, "dovuti essenzialmente all’atteggiamento della donante, che si intrometteva in questioni proprie della famiglia di suo figlio". La Corte del merito – al fine di escludere la connotazione di gravità oggettiva dell’episodio, risoltosi in uno scatto d’ira del donatario con violenza sulle cose, ma non trasceso in percosse o lesioni sulla persona della donante – ha anche attribuito valenza significativa al ritorno della donante, dopo un periodo di venti giorni circa passato presso un altro figlio, nel fabbricato contiguo a quello del donatario, dove alloggiava prima dell’episodio che aveva dato luogo alla presente causa, nonchè alla rimessione, da parte della stessa, della querela presentata nei confronti del figlio a seguito dell’episodio occorsole.

In sostanza, secondo la Corte territoriale, si è trattato di un comportamento privo di un elevato grado di offensività – anche in considerazione della personalità delle parti, dei rapporti tra le stesse intercorsi, dell’ambiente in cui il fatto si è svolto -, e pertanto non idoneo a disvelare un radicato senso di ostilità e ad interrompere ogni legame tra donante e donatario, come confermato dalla successiva ricomposizione.

Nel negare la riconducibilità del fatto denunciato nell’art. 801 cod. civ., il giudice di appello non si è discostato dall’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’ingiuria grave, necessaria per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, deve essere caratterizzata dalla manifestazione nel comportamento del donatario di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbe invece improntarne l’atteggiamento, e la stessa non può essere desunta da singoli decadimenti che, pur se di per sè sicuramente censurabili, per il contesto e la situazione oggettiva nel quale si sono vetrificati, non possono essere ricondotti ad espressione di quella profonda e radicata avversione verso il donante che costituisce il fondamento di tale revocazione (Cass., Sez. 2^, 5 aprile 2005, n. 7033; Cass., Sez. 2^, 24 giugno 2008, n. 17188).

Per il resto, le critiche della ricorrente, anche là dove denunciano il vizio di motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare la ricostruzione delle modalità soggettive ed oggettive dell’episodio compiuta dal giudice del merito con una valutazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici.

3. – Il ricorso è rigettato.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta, il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2012

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