Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-05-2012, n. 8748

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato 24 febbraio 1999 il sig. G. M., sul presupposto di aver acquistato il (OMISSIS) un’automobile tipo Opel Vectra diesel sport TDI dalla Autoimport s.p.a. di (OMISSIS), concessionaria della Opel Italia s.p.a. al prezzo di L. 35.000.000 (interamente pagato) e che il giorno stesso dell’acquisto aveva constatato difetti di funzionamento della stessa (tanto che fu necessario sottoporla ad interventi presso l’officina della stessa concessionaria), venendole riconsegnata il 12 giugno 1998 con una sopravvenuta percorrenza di 120 Km (ragion per cui aveva richiesto la sostituzione del veicolo, senza, però, alcun esito), dopo aver provveduto a denunciare i vizi riscontrati (invocando la garanzia di buon funzionamento), conveniva dinanzi alla Pretura di Roma le predette Opel Italia s.p.a. e Autoimport s.p.a. chiedendo che, previa dichiarazione di risoluzione del contratto di compravendita, la citata Opel Italia s.p.a. venisse condannata a restituirgli il prezzo pagato, nonchè al risarcimento dei danni per la svalutazione dell’automobile, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Nella costituzione di entrambe le convenute, all’esito dell’esperita istruzione probatoria. Il Tribunale di Roma (nel quale era confluita la soppressa Pretura a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 51 del 1998), con sentenza n. 23302 del 2002, previo rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla Opel Italia s.p.a., accoglieva la domanda principale con la dichiarazione di risoluzione del contratto di compravendita e la conseguente condanna della stessa Opel Italia s.p.a. al pagamento, in favore dell’attore, della somma di L. 40.000.000, comprensiva del danno liquidato nella misura di L. 5.000.000, oltre che delle spese giudiziali. Interposto gravame da parte della Opel Italia s.p.a., la Corte di appello di Roma, nella costituzione delle parti appellate, con sentenza n. 2245 del 2005 (depositata il 19 maggio 2005), in accoglimento dell’appello ed in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava la Opel Italia s.p.a. carente di legittimazione passiva rispetto alla domanda di restituzione del prezzo pagato dal G. e rigettava ogni altra domanda proposta da quest’ultimo nei confronti di entrambe le società convenute in primo grado; condannava, altresì, il G., alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio in favore della Opel Italia s.p.a. e le compensava integralmente con riferimento al rapporto processuale instauratosi tra lo stesso G. e l’altra società Autoimport.

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il G.M., articolato in due motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimata General Motors Italia s.r.l.

(succeduta alla Opel Italia s.p.a.), mentre l’altra intimata Autoimport s.p.a. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione

1. Il collegio rileva, innanzitutto, l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità pertardività del ricorso proposta nell’interesse della controricorrente, poichè il ricorso, a fronte dell’avvenuta pubblicazione della sentenza impugnata in data 19 maggio 2005, risulta consegnato (essendo questo – come è noto – il momento discretivo da valutare per il perfezionamento della notifica nei confronti del notificante) all’ufficiale giudiziario per la notificazione (per come si desume dalla nota cronologica apposta in calce allo stesso) il 4 luglio 2006 e, quindi, entro il limite massimo di un anno e 46 giorni previsto dall’art. 327 c.p.c. (nel testo "ratione temporis" applicabile nella specie), ivi compreso il termine per la sospensione feriale di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 1. 2. Con il primo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione dell’art. 345 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) sul presupposto dell’assunta novità della domanda di carenza di legittimazione passiva formulata dall’Opel Italia s.p.a. solo in sede di appello. In particolare, con tale doglianza. Il G. ha chiesto a questa Corte di statuire sul se l’Opel Italia s.p.a. avesse violato o meno il divieto di cui all’art. 345 c.p.c. di proporre nuove domande in appello, con la formulazione, per la prima volta con l’atto di appello, dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva non dedotta in primo grado da una parte che aveva accettato il pieno contraddittorio sulle domande di merito svolte nel primo grado di giudizio nei suoi confronti.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Per come prospettato dalla controricorrente la sentenza in questa sede impugnata è stata fondata dalla Corte di appello capitolina su plurime ragioni della decisione. Infatti, in primo luogo risulta accolto il primo motivo di appello inerente la dedotta carenza di "legitimatio ad causam" (che l’attuale ricorrente ha ritenuto trattarsi domanda nuova); in secondo luogo, il giudice di secondo grado ha ravvisato anche la fondatezza del secondo motivo di appello inerente all’assunta inesistenza e, comunque, inidoneità dei vizi indicati dal G. a giustificare la risoluzione della compravendita; in terzo luogo, il giudice di seconda istanza ha respinto la domanda risarcitoria proposta dal G. connessa al vizio di funzionamento del veicolo oggetto di compravendita originariamente accertato; in quarto luogo, la Corte territoriale ha pronunciato la condanna alle spese del G. in favore dell’appellante Opel Italia s.p.a..

Orbene, alla stregua di tale rappresentazione del complesso delle pronunce adottate dalla Corte di appello, il G., con il primo motivo del ricorso, ha, in effetti, impugnato, quanto alle precisate statuizioni di merito, soltanto la prima riguardante la ritenuta carenza di legitimatio ad causam" in capo all’Opel Italia s.p.a. sotto il profilo della novità della domanda relativa a tale questione, deducendone, quindi, la sua inammissibilità in relazione al disposto dell’art. 345 c.p.c.. Il G. non ha, però, mosso alcuna censura alle altre due "rationes decidendi" della sentenza di appello (e, in particolare, alla seconda inerente il difetto di prova in ordine ai vizi afferenti il veicolo oggetto della vendita e all’insussistenza della qualità redibitoria degli stessi), sulla quale, invero, la Corte capitolina ha basato la sua complessiva statuizione in ordine alle questioni di merito dedotte in causa.

Pertanto, in aderenza all’orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 5902 del 2002 e Cass. n. 2273 del 2005), la censura, così limitatamente proposta, deve ritenersi inammissibile, poichè, appunto, qualora la sentenza di merito impugnata si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione secondo l’iter logico-giuridico seguito sul punto in questione nella sentenza impugnata, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, di taluna (o anche di una soltanto) di tali ragioni determina l’inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposto avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulle "rationes decidendi" non censurate (o sulla "ratio decidendi" non censurata), con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe pur sempre fondata su di esse.

Peraltro, quanto al motivo proposto, va ricordato che, sempre alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte, Cass. n. 6766 del 2001; Cass. n. 24457 del 2005 e Cass. n. 4796 del 2006), la "legitimatio ad causam", attiva e passiva (che si ricollega al principio di cui all’art. 81 c.p.c., inteso a prevenire una sentenza "inutiliter data"), è istituto processuale riferibile al soggetto che ha il potere di esercitare l’azione in giudizio ed a quello nei cui confronti tale azione può essere esercitata, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento (salvo il formarsi di un giudicato interno circa la coincidenza dell’attore o del convenuto con i soggetti destinatari della pronuncia richiesta secondo la norma che regola il rapporto dedotto in giudizio); da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito alcun esame d’ufficio, poichè la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha prospettato il vizio di contraddittorietà della motivazione della sentenza rispetto al dispositivo, poichè, mentre nella parte motiva la Corte territoriale aveva dichiarato la compensazione integrale delle spese fra tutte le parti, nel dispositivo era stata disposta la condanna alle spese a suo carico ed in favore dell’Opel Italia s.p.a., limitando la compensazione delle spese al solo rapporto processuale intercorso tra lo stesso F. e l’Autoimport s.p.a..

2.1. Questo motivo è infondato perchè, se è vero che, nella parte motiva della sentenza impugnata (cfr. pag. 12) si pone riferimento alla disposizione di integrale compensazione delle spese (senza alcuna ulteriore specificazione con riferimento ai plurimi rapporti processuali instauratisi) e nel dispositivo è contenuta la statuizione di condanna del G. al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio in favore della Opel Italia s.p.a. (con la sola limitazione della compensazione al rapporto processuale tra lo stesso G. e la Autoimport s.p.a.), appare logico sostenere, dal coordinamento tra motivazione e dispositivo ed in virtù delle complessive ragioni adottate a sostegno della prima, che il mancato riferimento alla condanna alle spese nella parte motiva a vantaggio della Opel Italia s.p.a. sia frutto di una mera omissione materiale.

Infatti, alla stregua dei motivi della decisione e, soprattutto, della ravvisata carenza di legittimazione passiva della Opel Italia s.p.a., appare evidente che la compensazione integrale cui fa riferimento la motivazione non poteva che rivolgersi al rapporto intercorso tra il G. e l’appellata Autoimport s.p.a., trattandosi dell’unica parte processuale alla quale, secondo il tenore delle domande prospettate dallo stesso G., sarebbe stato possibile muovere degli addebiti per i vizi dal medesimo fatti valere (tuttavia ritenuti non gravi) e richiamati dalla Corte di appello nel passo della motivazione quale motivo di compensazione delle spese, nel mentre appare altrettanto chiara la ritenuta totale soccombenza del G. nei confronti della Opel Italia s.p.a., con l’applicazione di tutte le conseguenze derivanti sul piano processuale, ivi compresa quella relativa alla condanna alle spese che ha trovato piena e corrispondente esplicitazione nel dispositivo (in tal senso rimanendo avvalorata l’ipotesi della mera omissione materiale della correlata pronuncia in motivazione).

3. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, il ricorso del G. deve essere integralmente respinto, con conseguente sua condanna – in quanto soccombente – al pagamento delle spese della presente fase, liquidate come in dispositivo, in favore della costituita General Motors Italia s.r.l.. Non bisogna adottare, invece, alcuna statuizione sulle spese in ordine al rapporto processuale tra lo stesso ricorrente e l’altra intimata Autoimport s.p.a., che non ha svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, in favore della controricorrente General Motors Italia s.r.l., che si liquidano in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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