Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-05-2012, n. 8747

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Linea Pack srl con atto notificato il 17.3.1998 proponeva opposizione ai provvedimento monitorio con il quale il Pretore di Ravenna, sede distaccata di Lugo in data 31.1.98 le aveva ingiunto il pagamento della somma di L. 5.939.087 in favore dell’istante Cartiera Conselice srl a titolo di saldo del corrispettivo della merce (carta per imballaggi) di cui a n. 2 fatture allegate al ricorso.

La società opponente sosteneva di non dover alcuna somma rilevando che parte della merce di cui alla prima fattura si era rivelata affetta da vizi tanto che era stata ritirata dalla Cartiera; anche la mercè successivamente consegnata era si scarsa qualità e presentava dei vizi (fori che in corso di lavorazione lasciavano passare l’inchiostro e sporcavano la stampante) da essa tempestivamente denunciati alla società che era stata invitata a prendere visione della carta fornita. Chiedeva quindi la revoca del provvedimento monitorio opposto e nel contempo spiegava domanda riconvenzionale con la quale chiedeva la condanna di controparte al risarcimento dei danni anche per il mancato guadagno. Si costituiva la Cartiera Conselice e chiedeva il rigetto dell’impugnazione, contestando che la carta fornita presentasse vizi; essa infatti aveva fornito alla Linea Pack merce avente la caratteristiche richieste dal cliente, per cui non poteva ritenersi responsabile per eventuali difficoltà insorte nel suo utilizzo in ragione delle specifiche esigenze dell’acquirente, che questi però non aveva palesate all’atto della conclusione del contratto.

A seguito dell’espletata istruttoria (escussione dei testi e produzione di documenti) il giudice di primo grado, con sentenza del 4.12.2003, rigettava l’opposizione, condannando l’opponente al pagamento della metà delle spese processuali. Secondo il tribunale spettava all’acquirente , attesa la genericità dell’ordine, provare che la mercè consegnata fosse inidonea all’uso domandato per difetto di produzione e non per mancata considerazione della sua oggettiva inidoneità rispetto all’utilizzo effettuato.

La sentenza veniva appellata dalla soc. Lineapack lamentando tra l’altro che il primo giudice non aveva applicato i principi in materia di onere della prova, considerato che, in presenza della dimostrazione del vizio, spettava alla venditrice provare l’asserita peculiarità delle lavorazioni. Resisteva al gravame la Cartiera Conselice e l’adita Corte d’Appello di Bologna con sentenza n. 338 depos. in data 10.3.2009 rigettava l’appello, condannando l’appellante alle spese del grado. Sosteneva la Corte che gli inconvenienti lamentati dalla Lineapack erano stati provati dai testi escussi ed erano da questa riconducibili a vizi intrinseci alla mercè acquistata, laddove la Cartiera li addebitava a speciali tecniche di lavorazione praticate dall’acquirente, che avrebbero richiesto una carta con diverse caratteristiche. Nell’impossibilità di svolgere accertamenti sulla mercè fornita (perchè non più esistente) l’esistenza di siffatti vizi doveva essere provata dall’acquirente (la Lineapack), che nella fattispecie non aveva assolto a tale specifico onere probatorio (che cioè i vizi e le anomalie erano insiste nelle merce stessa e non derivavano dalle lavorazioni praticate) e comunque sussisteva al riguardo un’incertezza obiettiva.

Avverso la predetta pronuncia, Lineapack srl ricorre per cassazione sulla base di 3 mezzi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; la società intimata resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1490, 1497 e 2697 c.c.. Deduce che l’onere probatorio relativo all’esistenza dei vizi o mancanza di qualità essenziali della cosa compravenduta grava sul venditore; questi deve provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione e quindi di avere fornito la merce immuni da vizi ovvero conforme sotto il profilo qualitativo all’ordine ricevuto, "ridondando per l’effetto a danno del venditore l’eventuale incertezza in ordine alle cause degli inconvenienti riscontrati dei beni medesimi"; nella fattispecie in esame – osserva ancora il ricorrente – gli inconvenienti lamentati erano stati confermati dai testi escussi, per cui gravava sul venditore l’onere di provare di avere adempiuto esattamente alla propria obbligazione (fornitura di beni immune da vizi ovvero conformi all’ordine ricevuto).

La doglianza non è fondata.

Occorre precisare che "in tema di azioni di garanzia per i vizi della cosa venduta, l’onere della prova dei difetti e delle eventuali conseguenze dannosa, nonchè dell’esistenza del nesso causale fra i primi e le seconde, fa carico al compratore che faccia valere la garanzia, mentre la prova liberatoria della mancanza di colpa incombente al venditore opera soltanto quando la controparte abbia preventivamente dimostrato l’effettiva sussistenza della sua denunciata inadempienza" (Cass. n. 8963 del 10/09/1998; Cass. Cass. n. 13695 del 12/06/2007).

Ciò premesso, nel caso di specie il compratore doveva dimostrare non solo l’esistenza dei difetti lamentati ma anche il rapporto causale tra tali vizi e la mercè fornita dalla Cartiera Conselice, secondo la quale, come si è visto, gli inconvenienti in questione erano invece riconducibili solo all’uso improprio della carta fornita in conformità delle richieste del cliente, che nell’ordinaria, non aveva segnalato specifiche esigenze d’impiego. Il primo giudice aveva al riguardo puntualmente osservato che "a fronte della prova che la cartiera aveva consegnato merce corrispondente all’ordine ricevuto e della deduzione d’imputabilità dello stesso compratore della genericità dell’ordine, spettava a quest’ultimo dimostrare che le caratteristiche della mercè consegnata erano inidonee all’uso domandato per difetto di produzione e non per mancata considerazione della sua oggettiva inidoneità rispetto all’utilizzo effettuato".

Con il 2 motivo l’esponente denunziando il vizio di motivazione, deduce che erroneamente la corte territoriale ha ritenuto che i vizi lamentati dalla Lineapack non erano stati provati, in tal modo male interpretando le emergenze processuali, disattendo in specie le risultanze dell’istruttoria testimoniale, che aveva invece confermato che la carta fornita dalla Cartiera di Conselice era affetta da difetti.

Anche con il 3 motivo la ricorrente insiste sul vizio di motivazione della sentenza in relazione alla mancata ammissione di ctu e della prova testimoniale in ordine al fatto controverso sollecitata solo con l’atto di citazione in appello.

Le predette doglianze congiuntamente esaminate sono prive di pregio.

Va precisato in premessa che i giudici di merito hanno ritenuto inidonee le dichiarazioni dei testi a smentire l’assunto della venditrice secondo cui la carta possedeva lo standard di qualità "ordinario" e circa il comprovato utilizzo da parte di altri clienti di tale materiale, in parte ritirato presso la stessa Cartiera Lneapack. La Corte distrettuale ha poi puntualmente spiegato perchè non aveva ritenuto disporre accertamenti istruttori ulteriori in ordine alla causa degli inconvenienti, precisando che, "come emerso nell’attività istruttoria espletata, l’acquirente non era rimasta in possesso, neppure parzialmente della merce, avendola in parte utilizzata e in parte riconsegnata al venditore".

In definitiva Secondo il Collegio i denunziati vizi motivazionali introducono unicamente questioni di fatto tendenti ad una rivalutazione del merito, che in quanto tali postulano un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quanto ritenuto il giudice. E’ noto invero che l’unico sindacato riservato al giudice di legittimità è quello sulla congruenza della relativa motivazione, che, però nella fattispecie appare corretta ed immune da vizi logici; infatti tutte le circostanze indicate dalla ricorrente sono passate al vaglio critico del giudicante, che le ha adeguatamente valutate sotto il profilo della correttezza logica e giuridica. (Cass. S.U. 11.06.1998 n. 5802; Cass. n. 9368 del 21/04/2006). In conclusione il ricorso dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per esborso, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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