Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-09-2011) 21-11-2011, n. 42925

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Treviso, Sezione distaccata di Conegliano, giudice d’appello, ha confermato la sentenza emessa in data 10 luglio 2009 dal locale Giudice di pace, appellata da B.F., che l’aveva dichiarata responsabile del delitto di ingiurie, commesso il (OMISSIS).

Propone ricorso per cassazione l’imputata deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. Con il primo motivo lamenta la valutazione di attendibilità della teste D.T., madre della p.l. sia perchè non avrebbe potuto percepire con chiarezza, essendo affetta da ipoacusia, le espressioni che invece aveva a lei attribuito, sia perchè si trattava di testimone condizionato dal clima di tensione fra i due nuclei famigliari dovuti a pregresse questioni di natura condominiale. Per la ricorrente, che riporta nell’atto di impugnazione le emergenze processuali che dimostrerebbero il contrario, avrebbero errato i giudici del merito a ritenere quella testimonianza pienamente attendibile.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge con riferimento all’art. 599 c.p., per non aver ritenuto i giudici del merito che la grave situazione di tensione esistente fra le parti, dimostrata dal livore che avrebbe connotato le deposizioni della p.l. e della madre, potesse costituire quel fatto ingiusto idoneo a scriminare una reazione eventualmente ingiuriosa dettata dall’ira.

La p.c. ha depositato memoria con cui evidenzia l’inammissibilità del ricorso.

Il ricorso non è fondato, ai limiti dell’inammissibilità.

Il primo motivo è inammissibile in quanto tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Giudice di pace che dal Tribunale.

Nel caso in esame, difatti, entrambe le pronunce hanno ineccepibilmente osservato che la prova della responsabilità stava nelle testimonianze della persona offesa B. e della madre D. T., la cui credibilità è adeguatamente argomentata dai giudici del merito le cui sentenze ben possono essere valutate come un unico complesso motivazionale.

In particolare, il primo giudice ha analiticamente esaminato tutti i contributi testimoniali, compreso quello del marito della prevenuta, evidenziando come l’attenzione dello Z., e quindi anche della D.T., fosse stata attirata dalle urla che si avvertivano lungo scale dello stabile, con ciò dimostrandosi che il tono delle voci era elevato; ha riscontrato come l’ipoacusia della D.T. le rendesse difficile percepire frasi pronunciate a volume basso, mentre non aveva particolare incidenza quando il tono fosse più elevato.

L’ampia disamina delle emergenze istruttorie rende ragione della sinteticità con cui la motivazione del giudice d’appello ha ritenuto di dover confermare il giudizio di attendibilità delle prove dichiarative a carico dell’imputata, il cui ricorso, che pare risolversi nella riproposizione di argomenti difensivi adeguatamente presi in esame e confutati dalla sentenza impugnata, svolge considerazioni di fatto insuscettibili di valutazione in questa sede attingendo inammissibilmente a profili di merito, relativi alla valutazione delle risultanze processuali, a fronte di una motivazione sicuramente congrua ed idonea, poichè, come visto, i giudici del merito correttamente hanno fondato il giudizio di penale responsabilità sulle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, prudentemente valutate, secondo la pacifica regola di giudizio per cui tali dichiarazioni possono, anche da sole, sostenere un’affermazione di penale responsabilità, ove sottoposte ad un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva, non richiedendo necessariamente neppure riscontri esterni, quando non v’è ragione di dubitare della loro attendibilità (cfr., tra le altre, Cass. sez. 3A, 27.3.2003, n. 22848, RV. 225232).

Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede perchè nel momento del controllo di legittimità la Corte di cassazione non deve ripercorrere l’iter cognitivo e valutativo del giudice, ma deve limitarsi a verificare se questo sia sorretto da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e la giustificazione della decisione, data come valida la premessa in fatto, sia logica: sia insomma esauriente e plausibile. Nè possono condurre a diversa conclusione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., le indicazioni contenute nel ricorso sulla possibilità di leggere in modo difforme certuni risultati probatori, che non possono comunque essere considerate da questa Corte, alla cui funzione istituzionale è estranea la possibilità di sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito. Anche perchè non c’è elemento per quanto determinante, che possa essere letto fuori dal contesto probatorio in cui è inserito e soltanto i giudici di merito hanno la possibilità di valutare complessivamente ed esaurientemente tale contesto.

Privo di fondamento è poi il motivo concernente la pretesa applicabilità del disposto dell’art. 599 c.p..

Del tutto legittimamente difatti il giudice d’appello ha rilevato come non fosse emerso alcun atto ingiusto attribuibile al B. tale da giustificare un’immediata reazione irosa ed ingiuriosa da parte della prevenuta.

Risulta dalla sentenza di merito che i rapporti fra la famiglia Z. – Ba. e la famiglia del B. non erano in precedenza compromessi, come invece quelli della Ba. con altri condomini, mentre non potrebbe mai valutarsi come fatto ingiusto tale da giustificare una reazione violentemente ingiuriosa l’aver la madre della p.l. affermato di non aver mai firmato (o di essersi pentita di averlo fatto) presso il legale della Ba. un documento relativo alla questione insorta nel condominio circa la presenza di veneziane installate da altri condomini, oppure l’aver il B. chiaramente detto alla Ba., nell’occasione per cui si procede, di non voler a sua volta firmare per non entrare nella questione delle veneziane.

Sono comportamenti non graditi alla controparte e produttivi di rottura nei rapporti, ma non certo lesivi delle regole comunemente accettate nella civile convivenza, a fronte dei quali non può configurarsi una reazione giustificabile.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute in questo giudizio di legittimità dalla parte civile che liquida in Euro 1.340,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *