Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-05-2012, n. 8739

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 26/7/2001 M.T., proprietaria di un giardino e di un appartamento al primo piano con accesso dall’androne del civico (OMISSIS), conveniva in giudizio C.A.M., proprietaria dell’immobile sito al piano terra contraddistinto con il civico (OMISSIS) della stessa (OMISSIS) e ne chiedeva la condanna a chiudere la porta che da accesso ai locali di proprietà della convenuta dall’androne del civico (OMISSIS).

La C. eccepiva la prescrizione del diritto e spiegava domanda riconvenzionale per il riconoscimento dell’usucapione della comproprietà dell’androne sul quale si apriva la porta ovvero della servitù di passaggio sullo stesso androne.

Il Tribunale di Trani con sentenza del 31 Marzo 2007 rigettava la domanda attrice e accertava l’usucapione, da parte della convenuta e nei confronti della proprietaria M., della servitù di passaggio attraverso l’androne del civico n. (OMISSIS) nonchè l’estinzione degli obblighi di chiusura del passaggio assunti dai danti causa della convenuta con gli atti notarili del 14/3/1964 e dell’8/5/1984.

La Corte di appello di Bari, invece, con sentenza del 13/8/2010, sull’appello dell’attrice, ne accoglieva la domanda e, rigettando la domanda di usucapione, dichiarava l’inesistenza del diritto di passaggio della convenuta dall’androne di (OMISSIS) alla sua unità immobiliare in (OMISSIS) e, per l’effetto, ne ordinava la chiusura.

La Corte di appello rilevava:

che la servitù di passaggio, pur in precedenza costituita, si era estinta per confusione alla data della morte di D.G.C., avvenuta in data 21/3/1944, perchè la proprietà del fondo servente (l’androne) e la proprietà del fondo dominante (il civico (OMISSIS)) si erano riunite nell’unica persona dell’erede testamentario;

– che l’ulteriore termine ventennale per l’usucapione non era maturato perchè con atto di interruzione della prescrizione del 14/3/1964 la proprietaria del fondo (il civico n. (OMISSIS)) che si avvaleva del passaggio, riconosceva ai comproprietari del civico n. (OMISSIS) il diritto di chiudere l’accesso alla loro proprietà (nell’androne del civico (OMISSIS));

che era pure impedito il maturarsi di ulteriore termine ventennale in conseguenza di analogo atto di interruzione della prescrizione intervenuto l’8/5/1984, seguito dall’azione giudiziaria di cui all’odierno processo promossa con citazione del 26/7/2001; – che non era provata la comproprietà dell’androne da parte della convenuta il cui immobile, comunque, non era intercluso, potendo avere accesso alla via pubblica dalla porta finestra del suo civico n. (OMISSIS);

che, quindi, la convenuta non aveva titolo per mantenere il passaggio sul fondo altrui ed era tenuta a chiuderlo con modalità che dovevano essere stabilite dal giudice dell’esecuzione in mancanza di spontaneo adeguamento alla statuizione.

C.A.M. propone ricorso affidato a sette motivi;

resiste con controricorso M.T. che propone ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo; al ricorso incidentale replica con controricorso la C. che inoltre deposita memoria; il difensore della C. ha depositato in udienza osservazioni scritte per confutare le conclusioni del Procuratore Generale.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 342 e 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., perchè la Corte di Appello non ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità del motivo di impugnazione relativo all’applicabilità della prescrizione agli obblighi sanciti dal rogito del 1924 e per avere violato il giudicato interno formatosi sul punto.

Il motivo si sostanzia nell’affermazione per la quale la statuizione del primo giudice circa l’intervenuta prescrizione decennale degli obblighi di chiusura della porta di accesso all’androne, assunti con la scrittura di cui al rogito del 1924 e rinnovato in data 14/3/1964 e in data 8/5/1984 non aveva formato oggetto di specifica impugnazione; di conseguenza, secondo la ricorrente, si sarebbe formato un giudicato, erroneamente non rilevato dal giudice di appello, circa l’estinzione per prescrizione del diritto fatto valere dall’attrice.

1.1 Il motivo è manifestamente infondato: la Corte di Appello ha pronunciato sulla riconvenzionale di usucapione della servitù di passaggio escludendo che la C. potesse esercitare il diritto di passaggio sulla proprietà della M., correttamente valutando gli atti interruttivi della prescrizione, costituiti dal riconoscimento dei diritti della proprietaria M., quali atti idonei ad interrompere l’usucapione della servitù di passaggio e, in conseguenza dell’esclusione di ogni diritto sull’androne da parte della C. e della pienezza del diritto di proprietà della M., ha imposto alla prima la chiusura del varco in precedenza solo tollerato.

Ciò premesso, appare evidente che, nel momento in cui l’appellante rivendica il suo diritto a non subire la servitù e deduce che viene in rilievo non già un diritto obbligatorio, ma un diritto reale del quale chiede tutela, non deve aggiungere altro per censurare l’affermazione del primo giudice circa la prescrizione di un preteso diritto di natura obbligatoria e non reale avente come oggetto la chiusura del varco di accesso, posto che il diritto di pretendere la chiusura della porta di accesso era semplicemente inerente e consequenziale all’oggetto alla protezione del diritto reale.

Ne discende che non sussiste il lamentato difetto di specificità del motivo di appello e non sussiste un giudicato sulla prescrizione di un diritto obbligatorio, essendo stato fatto valere un diritto reale non soggetto alla prescrizione decennale; d’altra parte, che l’attrice si qualificasse proprietaria dell’androne è reso evidente dalla sentenza di appello e dalla stessa domanda riconvenzionale di usucapione della servitù di passaggio o della comproprietà, formulata dalla convenuta proprio nei confronti dell’attrice e avente ad oggetto l’androne.

2. Con il secondo motivo la C. deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale la M. censurava la pronuncia di prescrizione degli obblighi (di chiusura della porta di collegamento con l’androne) assunti con il rogito notarile del 1924. 2.1 Il motivo è infondato per il motivo già espresso sub 1.1., per il quale si è ritenuto che fosse in contestazione non già un diritto obbligatorio quanto un diritto reale e, quindi, del tutto coerentemente, la Corte di Appello non aveva motivo di aggiungere che mancava il presupposto per la prescrizione del diritto obbligatorio;

il motivo è, comunque, inammissibile per carenza di interesse perchè l’appellata non ha interesse ad una pronuncia su un motivo di appello formulato dall’appellante, posto che il presupposto per l’interesse a ricorrere è la soccombenza che non si verifica in caso di omessa pronuncia su una domanda di controparte (Cass. 11/10/1996 n. 8905).

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione in ordine all’individuazione del termine di prescrizione del diritto invocato dall’appellante: il giudice di appello non avrebbe spiegato perchè gli obblighi di fare sanciti nel rogito notarile sopra richiamato non si siano prescritti nel termine decennale nè avrebbe specificato se avessero natura obbligatoria o reale.

3.1 Il motivo è manifestamente infondato in quanto il giudice di appello si è espresso chiaramente qualificando la pretesa come espressione di un diritto dominicale (v. pag. 7 della sentenza "Tale volontà attributiva del diritto al suo proprietario è palese nel caso in esame atteso l’esplicito richiamo, nel rogito del 1964…al diritto dominicale sottolineatura dell’estensore di far cessare il passaggio con la chiusura della porta di accesso all’androne" e alla successiva pagina 8 dove qualifica l’atto di interruzione della prescrizione (costituito dal riconoscimento del diritto di chiudere il passaggio) di cui al rogito 8/5/1984 (formato dopo il ventennio oltre il quale poteva maturare l’usucapione della servitù di passaggio) come atto di rinuncia tacita all’usucapione della servitù di passaggio.

4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione degli artt. 1072 e 1253 c.c., perchè la Corte territoriale non avrebbe considerato che con l’estinzione, per confusione, della servitù di passaggio alla data del 21/3/1944 (essendosi riunite la proprietà del fondo dominante e quella del fondo servente), si era estinto per lo stesso motivo (riunione della qualità di debitore e creditore della prestazione) anche l’obbligo di chiusura della porta di accesso all’androne così che i successivi atti interruttivi della prescrizione del diritto alla chiusura del varco dovevano ritenersi nulli in quanto privi di causa, mancando il diritto che si intendeva non far prescrivere.

4.1 Il motivo è manifestamente infondato perchè il giudice di appello ha ritenuto che l’obbligo di chiusura della porta derivasse direttamente dall’esclusione di una servitù di passaggio sul fondo e che gli obblighi di chiusura fossero meramente consequenziali al riconoscimento del diritto di proprietà libero da servitù. 5. Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il giudice di appello si sarebbe pronunciato negando l’esistenza di una servitù, mentre non era stata proposta un’azione negatoria servitutis, ma un’azione confessoria servitutis in quanto l’attore aveva agito a tutela di una supposta servitù a favore della sua proprietà individuale (il giardino e l’appartamento al primo piano) e non a tutela dalla proprietà dell’androne attraverso il quale è esercitato il passaggio.

5.1 Il motivo è infondato perchè, essendo stata fondatamente contestata l’usucapione della servitù di passaggio attraverso l’androne di proprietà dell’attrice, il giudice di appello ha correttamente escluso che la C. potesse mantenere il diritto di passaggio attraverso l’androne; a quel punto il tema della negatoria servitutis diventava speculare (e implicitamente ricompreso) rispetto all’actio confessoria servitutis della C. e apparteneva al tema decidendum proprio perchè introdotto dalla stessa C. che, così, imponeva la giudice di pronunciarsi sull’esistenza della servitù di passaggio e, proprio decidendo sulla confessoria servitutis della C., il giudice di appello ha dichiarato che " C.A. non ha diritto di mantenere il passaggio che dall’androne di (OMISSIS) porta all’unità immobiliare di (OMISSIS) e per l’effetto ne ordina la chiusura…".

Per completezza di motivazione occorre ancora osservare che la chiusura del varco era stata altresì specificamente richiesta dalla M. e quindi l’accoglimento di tale domanda non integra extrapetizione, ma diventa una conseguenza obbligata dalla decisione che esclude l’esistenza di una servitù di passaggio e una semplice modalità per realizzare la liberazione del fondo dalla inesistente servitù reclamata dalla C..

6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2697 e 1079 c.c., perchè il giudice di appello avrebbe violato il principio per il quale chi agisce in confessoria servitutis ha l’onere di provare il suo diritto dovendosi altrimenti presumere che il fondo pretesamente servente sia libero da pesi e limitazioni, mentre la Corte di appello avrebbe trascurato di addossare alla M. l’onere di provare il titolo costitutivo della supposta servitù e avrebbe onerato la convenuta della prova di un diritto di passaggio.

6.1 Il motivo è infondato: la convenuta in riconvenzionale aveva chiesto l’accertamento della servitù di passaggio o del diritto di comproprietà sull’androne e per tale motivo era onerata della relativa prova, mentre la proprietaria dell’androne (la M.) non era onerata della prova della libertà del suo fondo da pesi e limitazioni.

7. Con il settimo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1073 c.c. (estinzione della servitù per la prescrizione ventennale) e 2946 c.c. (termine decennale per la prescrizione ordinaria) perchè il giudice di appello avrebbe erroneamente applicato la prescrizione ventennale, prevista per l’estinzione della servitù ad un rapporto obbligatorio, per il quale avrebbe dovuto, invece, applicare la prescrizione decennale; nel motivo di ribadisce che nel rogito del 1924 non era prevista una servitù, ma un semplice obbligo.

7.1 Il motivo è inammissibile in quanto totalmente avulso dalla ratio decìdendì della sentenza, per la quale l’accesso doveva essere chiuso (con le modalità già concordate negli atti) non perchè esisteva un rapporto obbligatorio che ne imponesse la chiusura, ma perchè, al contrario, il fondo dell’attrice non poteva essere gravato della servitù di passaggio e la sua chiusura costituiva attuazione dello ius excludendi del proprietario.

8. Con il ricorso incidentale condizionalo la M. ha censurato la sentenza di nella parte in cui, in violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., si afferma (in motivazione) che la servitù a favore di cui al rogito notarile del 1924 si era estinta, mentre nessuno aveva chiesto un pronuncia di estinzione, nè il fatto estintivo era provato.

9 Il ricorso principale per le ragioni sovra esposte deve essere rigettato; il ricorso incidentale condizionato resta assorbito; le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale;

condanna la ricorrente a pagare alla controricorrente le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *