T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 24-12-2011, n. 10184 Deliberazioni d’urgenza assunte dalla Giunta municipale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Premette il ricorrente di essere proprietario di un appezzamento di terreno in Loria (TV), sul quale il medesimo ha realizzato un fabbricato ad uso residenziale.

Premesso un iter ricostruttivo in ordine alle vicende che hanno caratterizzato la definizione progettuale del percorso della Superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta, rileva parte ricorrente come il tracciato dell’arteria, per come risultante dalla progettazione definitiva (la cui approvazione forma, appunto, oggetto di impugnazione) verrebbe ad incidere sulla proprietà di cui sopra, posizionandosi a brevissima distanza dalla propria abitazione.

In ragione del pregiudizio lamentato per effetto del posizionamento dell’opera infrastrutturale di che trattasi, deduce il sig. Z. i seguenti motivi di ricorso, quanto ai decreti nn. 40191 del 31 luglio 2009 e 46973 del 9 luglio 2010 del Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché all’O.P.C.M. 15 agosto 2009 n. 3802:

1) Violazione di legge: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225 sotto molteplici profili. Eccesso di potere per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta e violazione del principio di proporzionalità.

Lamenta in primo luogo parte ricorrente che il progetto definitivo dell’arteria viaria non sia stato approvato dal CIPE, ma dal Commissario delegato: in proposito rilevandosi come, nella fattispecie non sarebbero stati sussistenti i presupposti per la dichiarazione dello stato emergenziale.

La nomina del Commissario è stata effettuata a seguito dell’adozione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2009, concernente la dichiarazione dello stato d’emergenza, fino al 31 luglio 2010 determinatasi nel settore del traffico e della mobilità "nel territorio dei comuni di Treviso e Vicenza".

Dal confronto di tali due provvedimenti emergerebbe una evidente discordanza legata alla delimitazione del territorio nell’ambito del quale è destinata ad operare l’emergenza, posto che:

a) il D.P.C.M. 31 luglio 2009 concerne la "dichiarazione dello stato di emergenza" nel territorio dei comuni di Treviso e Vicenza;

b) l’O.P.C.M. n. 3802 del 15 agosto 2009, che dovrebbe costituire mera attuazione degli interventi già disposti con il D.P.C.M. 31 luglio 2009, concerne un territorio molto più ampio, che abbraccia le "province di Treviso e Vicenza".

Di conseguenza, poiché I’OPCM 3802/2009, con la quale è stato nominato il Commissario delegato, non può ampliare la materia dell’emergenza già stabilita con D.P.C.M. 31 luglio 2009, il Commissario stesso non avrebbe i poteri attribuitigli con riferimento alla procedura di cui si tratta, né, tanto meno, avrebbe potuto approvare il progetto definitivo.

Si dimostrerebbe, per l’effetto, violato l’art. 5 della legge n. 225/1992, assumendosi l’illegittimità dell’OPCM 3802/2009 per incompetenza, oltre che per eccesso di potere sotto forma di contraddittorietà e difetto dei presupposti; invalidità che inficerebbero in via derivata anche il decreto n. 10 del 20 settembre 2010, con il quale è stato approvato il progetto definitivo, oltre che tutti gli atti e provvedimenti adottati dal Commissario Delegato suddetto.

2) Violazione di legge: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225 sotto ulteriori profili. Eccesso di potere per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta e violazione del principio di proporzionalità.

I provvedimenti in contestazione (in particolare il D.P.C.M. 31 luglio 2009, nonché l’O.P.C.M. 3802/2009) sarebbero inoltre stati adottati senza che ne sussistessero i presupposti di fatto e di diritto, considerato che, alla data di adozione degli stessi, le condizioni del traffico e della mobilità nel territorio interessato non presentavano gli aspetti necessari e sufficienti per legittimare la dichiarazione dello "stato di emergenza".

Né i suddetti provvedimenti si sarebbero dati carico di chiarire in che modo e in quale misura l’adozione della normativa emergenziale avrebbe potuto risolvere o almeno attenuare la situazione alla quale intendeva far fronte, o comunque di motivare la necessità di uso e impiego di mezzi non ordinari per tale scopo.

E, d’altro canto, fino all’approvazione del progetto preliminare, era stata seguita la procedura ordinaria prevista dal D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, oltre che dal D.Lgs. 12 aprile 2006 n 163, essendo la S.P.V. inclusa nel "Programma delle opere Strategiche" previsto dalla legge 21 dicembre 2001 n. 443 (c.d. "legge obiettivo").

La dichiarazione dello stato di emergenza, quindi, si porrebbe in evidente contrasto con tali precedenti ed ineludibili atti di programmazione; soggiungendosi che l’opera di cui trattasi, in quanto infrastruttura strategica, è già sottoposta ad un regime normativo ad hoc proprio al fine di consentire una più celere approvazione del progetto.

Assume poi parte ricorrente che la stessa configurazione del tracciato viario, per come risultante dagli elaborati progettuali, sia carente sotto molteplici profili, segnatamente con riferimento all’inadeguato soddisfacimento delle esigenze connesse al decongestionamento del traffico veicolare nel Veneto pedemontano.

3) Violazione di legge: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225 sotto ulteriori profili. Eccesso di potere per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta e violazione del principio di proporzionalità.

La nomina dell’organismo commissariale di cui all’O.P.C.M. 3802/2009, sarebbe inoltre inficiata in relazione all’omessa indicazione dell’arco temporale di conferimento dei relativi, straordinari, poteri al medesimo delegati.

La connessa – e non temporalmente delimitata – possibilità di deroga al complesso di disposizioni indicate nell’ordinanza presidenziale consentirebbe – segnatamente con riferimento alle previsioni dettate dal Codice dei contratti di cui al D.Lgs. 163/2006 – la derogabilità anche di principi di diretta promanazione comunitaria, nonché di norme di carattere processuale, rispetto alla quale parte ricorrente denuncia l’illegittimità.

Quanto al decreto n. 10 del 20 settembre 2010 del Commissario Delegato per l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio delle province di Treviso e Vicenza, ai verbali da n. 1 a n. 6 del Comitato Tecnico Scientifico di cui all’art. 4 dell’O.P.C.M. n. 3802/2009, alla della nota prot. n. 34190417939 (551.1) del 10 giugno 2010, del Direttore Generale del Servizio IV – Tutela e Qualità del Paesaggio della Direzione Generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, vengono poi articolati i seguenti argomenti di censura:

4) Illegittimità derivata

Il decreto di approvazione del progetto definitivo sarebbe derivativamente inficiato in ragione dei profili di illegittimità denunciati a proposito delle determinazioni recanti dichiarazione dello stato emergenziale.

5) Violazione di legge: violazione dell’allegato XXI, artt. 8 e seguenti, del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163. Violazione degli artt. 161 e seguenti del D.Lgs. 163/2006. Violazione di legge, ovvero eccesso di potere per violazione dei principi generali di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa e violazione dell’O.P.C.M. 3802/2009. Eccesso di potere per illogicità ed incongruità manifesta. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Eccesso di potere per grave difetto di istruttoria e contraddittorietà manifesta.

Nel ribadire come la Pedemontana Veneta rientri fra le infrastrutture di interesse strategico, sottolinea parte ricorrente che il progetto definitivo dell’opera sia privo del complesso di relazioni per tale categoria di interventi prescritto nell’allegato XXI al D.Lgs. 163/2006: e, con esso, presenti carenze sotto il profilo dei necessari approfondimenti concernenti singoli aspetti realizzativi.

Al riguardo, viene sottolineato come nell’ambito del complesso di disposizioni suscettibili di derogabilità – secondo quanto indicato nell’O.P.C.M. 3802/2009 – non rientri il richiamato allegato XXI: peraltro assumendosi che nella realizzazione delle opere pubbliche sia inderogabile la presenza dei tre livelli di progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva.

6) Violazione di legge per violazione dei principi generali di efficienza e correttezza dell’operato della Pubblica Amministrazione: eccesso di potere per violazione di norme interne e contraddittorietà fra atti successivi. Eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifeste sotto ulteriore profilo. Violazione dell’art. 18 del D.Lgs. 20 agosto 2002 n. 190 e degli artt. 164, 165 e 166 del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163.

La consentita derogabilità, in capo al Commissario delegato, delle prescrizioni dettate dal C.I.P.E. in sede di approvazione del progetto preliminare della Pedemontana Veneta non sarebbe comunque adeguatamente motivata – anche con riferimento all’intervento di un Comitato tecnicoscientifico incaricato di valutare il rispetto delle prescrizioni progettuali preliminari – con riguardo a taluni aspetti specifici (quali la compatibilità acustica ed idraulica).

7) Violazione di legge per violazione dei principi generali di efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per illogicità ed incongruità manifesta. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di presupposti. Eccesso di potere per contrasto con precedenti determinazioni. Eccesso di potere per sviamento.

Lamenta poi parte ricorrente che il mancato rispetto della prescrizione CIPE relativa alla viabilità di collegamento con lo svincolo di Mussolente – Loria si riverberi sull’illegittimità del progetto definitivo, atteso che – lungi dall’individuare il tracciato della Superstrada in prossimità di terreni con destinazione urbanistica non conforme, il percorso della Pedemontana avrebbe potuto essere allocato in aree già destinate a viabilità dalla pianificazione dei Comuni di Loria e di Cassola.

8) Eccesso di potere per ingiustizia manifesta.

Lo spostamento dell’originario tracciato della Superstrada in prossimità della proprietà dell’odierno ricorrere, rispetto a pregresse indicazioni progettuali, conseguirebbe all’accoglimento delle osservazioni formulate dai proprietari di altra abitazione, realizzata nel 2005.

9) Violazione di legge. Violazione degli artt. 6 e seguenti del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152. Violazione dei principi generali emergenti dalle Direttive 1997/11/CE e 2003/105/CE. Violazione di legge per elusione di giudicato. Eccesso di potere per difetto di istruttoria nonché carenza e falsità dei presupposti.

Nello studio di impatto ambientale eseguito in occasione della progettazione preliminare dell’opera sarebbe mancata ogni considerazione delle opere inerenti al progettato casello di Loria: in proposito lamentandosi l’omessa valutazione della presenza di quest’ultimo sotto i profili dell’incidenza idrica, geologica, paesaggistica ed ecosistemica.

10) Violazione di legge. Violazione del principio in materia di partecipazione al procedimento, di cui sono espressione l’art. 166, comma 2, del D.Lgs. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà manifesta.

Ribadisce parte ricorrente i profili inficianti già denunciati con riferimento all’omessa considerazione della proposte alternative di tracciato dalla stessa addotte all’attenzione dell’Autorità decidente: in particolare sottolineandosi la carenza di alcun riscontro alle osservazioni presentate dai privati con riveniente vulnerazione del principio di effettiva del contraddittorio endoprocedimentale.

Con motivi aggiunti parte ricorrente ha impugnato:

– la nota prot. n. 307/52.00000100, in data 25 giugno 2009, del Presidente della Regione Veneto, avente ad oggetto "Superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta. Richiesta stato di emergenza";

– la nota prot. n. 519/CP.52.00000.200, in data 11 giugno 2010, del Presidente della Regione Veneto, avente ad oggetto "Superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta. Richiesta proroga stato di emergenza";

assumendone l’illegittimità sotto i seguenti profili:

1) Violazione di legge. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225. Violazione dell’art. 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria (in proposito richiamando le considerazioni già svolte con l’atto introduttivo del giudizio in ordine alla carenza dei presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza);

2) Violazione di legge. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225 sotto ulteriore profilo. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria (evidenziando la carenza motivazionale che inficerebbe le gravate note regionali);

3) Illegittimità derivata. Violazione di legge e/o falsa applicazione dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225 sotto ulteriore profilo. Eccesso di potere per carenza dei presupposti e di istruttoria (assumendo che la denunciata illegittimità delle note regionali impugnate riverberi conseguenze invalidanti sui decreti che hanno dichiarato lo stato di emergenza e di nomina del Commissario delegato).

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

Omogenee conclusioni sono state rassegnate dalla Provincia di Treviso, costituitasi in giudizio nella qualità di interventore ad adiuvandum.

L’Amministrazione statale, costituitasi in giudizio, ha invece contestato la fondatezza delle censure dedotte dalla parte ricorrente, conclusivamente insistendo per la reiezione del gravame.

Analoghe conclusioni sono state rassegnate da S.P.V. s.r.l.: la quale, con memoria depositata il 3 novembre 2011, ha eccepito l’irricevibilità del gravame in ragione della pregressa conoscenza, in capo alla parte ricorrente, del progetto definitivo rispetto alla data di pubblicazione del decreto commissariale approvativo di quest’ultimo.

Il rigetto dell’impugnativa è stato, inoltre, chiesto dall’Amministrazione regionale del Veneto, parimenti costituitasi in giudizio: la quale ha, ulteriormente, eccepito la tardività del gravame relativamente alla parte relativa all’impugnazione dell’O.P.C.M. 3802/2009 e del d.P.C.M. del 31 luglio 2009, concernente la dichiarazione dello stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio dei comuni di Treviso e Vicenza.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 23 novembre 2011.

Motivi della decisione

1. Va in primo luogo esclusa la fondatezza dell’eccezione di irricevibilità del gravame, formulata dalla Regione Veneto in ragione dell’affermata tardiva notificazione dell’impugnativa (in data 8 novembre 2010), a fronte della data di pubblicazione sia della O.P.C.M. n. 3802/2009 (intervenuta sulla G.U. della Repubblica Italiana il 22 agosto 2009), che del d.P.C.M. 31 luglio 2009 n. 40191, recante dichiarazione dello stato emergenziale (intervenuta in G.U.R.I. del 14 agosto 2009): atti, entrambi, gravati con il ricorso introduttivo.

Il radicamento dell’interesse alla sollecitazione del sindacato giurisdizionale (anche) con riferimento agli atti precedentemente indicati va, infatti, temporalmente collocato con riferimento all’adozione delle conseguenziali determinazioni (di approvazione del progetto definitivo dell’opera), dalla parte ricorrente tempestivamente gravate, la cui portata attuativa ha assunto valenza concretamente pregiudizievole per l’interesse (oppositivo) del quale la parte stessa assume di essere portatrice.

Se, quindi, l’immediata impugnazione del decreto presidenziale di declaratoria dello stato emergenziale e della successiva ordinanza di nomina dell’organismo commissariale avrebbe necessariamente indotto, in assenza (dell’impugnazione) delle successive determinazioni, l’inevitabile declaratoria di inammissibilità dell’impugnativa per carenza attuale di interesse, va invece, specularmente, affermato che proprio l’adozione degli atti approvativi di progetto, in quanto recante immediata attitudine lesiva per la posizione giuridica vantata dalla parte ricorrente, ha attribuito a quest’ultima posizione legittimante ai fini del reclamo, nell’adita sede giurisdizionale, anche dei presupposti atti precedentemente citati: conseguentemente dovendosi disattendere l’eccezione di che trattasi.

2. Né si rivela, altrimenti, favorevolmente apprezzabile l’eccezione di tardività del gravame formulata da Pedemontana Veneta s.r.l. in ragione della sostenuta pregressa conoscenza, in capo all’odierna parte ricorrente, della progettazione definitiva dell’opera.

È ben vero che, come sostenuto dalla suindicata parte intimata, la partecipazione endoprocedimentale consente di sostenere che il progetto definitivo, nelle sue parti asseritamente lesive rispetto alla posizione giuridica vantata dalla parte ricorrente, fosse da quest’ultima conosciuta in epoca antecedente rispetto al termine decadenziale operante ai fini della sollecitazione del sindacato giurisdizionale.

Ma è altrettanto vero – e tale circostanza assume dirimente valenza ai fini della reiezione dell’eccezione in rito all’esame – che l’approvazione del progetto definitivo è intervenuta con decreto commissariale del 20 settembre 2010, rispetto al quale il mezzo di tutela si rivela tempestivamente proposto: dovendosi rilevare come soltanto tale effusione provvedimentale abbia conferito all’elaborato progettuale non soltanto carattere di stabilità, ma anche attuale attitudine a dispiegare effetti giuridicamente rilevanti quanto alla definizione del tracciato viario della Superstrada.

In altri termini, la rilevanza giuridica della progettazione, ai fini della proponibilità dei consentiti mezzi di tutela, non può essere certo ricongiunta alla mera elaborazione di essa, ovvero alla conoscenza di singoli contenuti alla quale le parti private, pur (potenzialmente) interessate siano pervenute nel corso dell’iter procedimentale preordinato all’approvazione del progetto medesimo: a tale atto soltanto dovendo annettersi piena idoneità alla produzione di effetti potenzialmente lesivi, con conseguente decorrenza del connesso termine decadenziale per la proposizione del ricorso dalla data di pubblicazione e/o di legale conoscenza della determinazione commissariale approvativa.

3. Va poi esclusa la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del gravame, dedotta con riferimento al preteso difetto di legittimazione attiva del ricorrente in ragione della localizzazione del tracciato viario della Pedemontana.

Va al riguardo osservato che la giurisprudenza ha, invero condivisibilmente, ritenuto sussistente, anche sulla base del criterio della vicinitas, la legittimazione ad agire dei singoli per la tutela del bene ambiente, in particolare a tutela di interessi incisi da atti e comportamenti dell’Amministrazione che li ledono direttamente e personalmente, unitamente all’intera collettività che insiste sul territorio locale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2009 n. 3849 e sez. IV, 2 ottobre 2006 n. 5760).

L’orientamento ermeneutico del quale si è dato precedentemente conto postula la legittimazione ad agire sia dei singoli consociati, che della collettività insediata nel contesto geografico interessato dalla realizzazione di un’opera suscettibile di indurre un significativo impatto ambientale.

Alla stregua di tale principio, rileva il Collegio che, nella fattispecie all’esame, il fondamento legittimante della promossa azione, con riferimento alla configurazione dell’infrastruttura avverso la quale viene sollecitato l’esercizio del sindacato giurisdizionale, va con sicurezza ravvisato nella significativa incidenza dell’opera (non soltanto sulle proprietà limitrofe al tracciato stradale, ma anche sull’intera area da quest’ultimo attraversata), in quanto destinata a creare un considerevole incremento del traffico veicolare potenzialmente pregiudizievole non soltanto per le situazioni giuridiche di carattere dominicale, ma anche per gli interessi alla preservazione dell’equilibrio ambientale.

4. Quanto al merito delle esposte doglianze, va in primo luogo necessariamente affrontata la problematica relativa alla dichiarazione dello stato di emergenza, in relazione alla quale parte ricorrente sostiene la carenza dei necessari presupposti.

4.1 Il gravato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 31 luglio 2009 trova fondamento nell’art. 5 della legge 225 del 24 febbraio 1992.

La norma prevede che, al verificarsi di calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbano essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell’art. 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, deliberi lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi.

Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti.

Per l’attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell’art. 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, può emanare altresì ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose.

Le predette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri, qualora non siano di diretta sua emanazione.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell’art. 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per l’attuazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, può avvalersi di commissari delegati.

Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto della delega dell’incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio.

Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate.

4.2 Come sopra brevemente puntualizzato il quadro normativo di riferimento, merita condurre talune riflessioni in ordine alla configurazione dello stato "emergenziale" – e, quindi, al concreto atteggiarsi dei relativi presupposti individuativi – al fine di valutare la corretta esercitabilità dei poteri che la previsioni di legge precedentemente indicate pongono a disposizione dell’Autorità amministrativa.

4.2.1 La prima questione che viene in considerazione concerne la coniugabilità dei poteri extra ordinem di che trattasi con l’articolazione delle attribuzioni, costituzionalmente definita, fra Stato e soggetti dell’ordinamento a vocazione territoriale.

La Corte Costituzionale ha posto in evidenza che, con la legge 24 febbraio 1992 n. 225, il Legislatore statale "ha rinunciato ad un modello centralizzato per una organizzazione diffusa a carattere policentrico" (sentenze n. 129 del 2006 e n. 327 del 2003).

In tale prospettiva, le competenze e le relative responsabilità sono state ripartite tra i diversi livelli istituzionali di governo in relazione alle seguenti tipologie di eventi che possono venire in rilievo:

– eventi da fronteggiare mediante interventi attuabili dagli enti e dalle amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lettera a);

– eventi che impongono l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lettera b);

– calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità o estensione, richiedono mezzi e poteri straordinari (art. 2, comma 1, lettera c).

In particolare, lo Stato, sulla base di quanto previsto dall’art. 5 della legge 225/1992, ha una specifica competenza a disciplinare gli eventi di natura straordinaria di cui al citato art. 2, comma 1, lettera c).

Tale competenza si sostanzia nel potere del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, di deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi.

L’esercizio di questi poteri – come è stato specificato dalla normativa successivamente intervenuta – deve avvenire d’intesa con le Regioni interessate, sulla base di quanto disposto dall’art. 107 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997 n. 59), nonché dall’art. 5, comma 4bis, del decretolegge 7 settembre 2001 n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile) convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 novembre 2001, n. 401.

Per l’attuazione dei predetti interventi di emergenza possono essere adottate ordinanze – anche da parte dei Commissari delegati (art. 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992; sentenza n. 418 del 1992) – in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico (art. 5, comma 2, della stessa legge 225/1992).

Appare opportuno, inoltre, sottolineare che l’art. 107, comma 1, lettere b) e c), del D.Lgs. 112/1998 ha chiarito che tali funzioni hanno rilievo nazionale, data la sussistenza di esigenze di unitarietà, coordinamento e direzione, escludendo che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte della legge regionale (sentenza n. 82 del 2006).

La Corte Costituzionale ha anche avuto modo di rilevare che le previsioni contemplate nei richiamati articoli 5 della legge 225/1992 e 107 del D.Lgs. 112/1998 sono "espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicché deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione)" (sentenze nn. 82 del 2006 e 327 del 2003).

Lo Stato è, dunque, legittimato a regolamentare – in considerazione della peculiare connotazione che assumono i "principi fondamentali" quando sussistono ragioni di urgenza che giustificano l’intervento unitario del legislatore statale – gli eventi di natura straordinaria di cui all’art. 2, comma 1, lettera c), della stessa legge 225/1992, anche mediante l’adozione di specifiche ordinanze autorizzate a derogare, in presenza di determinati presupposti, alle stesse norme primarie.

Quanto sopra osservato non implica, tuttavia, che l’emergenza possa giustificare "un sacrificio illimitato dell’autonomia regionale": la salvaguardia delle attribuzioni legislative regionali viene garantita, infatti, attraverso la configurazione di un potere di ordinanza, eccezionalmente autorizzato dal Legislatore statale, ben definito nel contenuto, nei tempi e nelle modalità di esercizio (Corte Costituzionale, sentenze n. 127 del 1995 e n. 418 del 1992).

La legge 225/1992, in relazione ai profili indicati, risponde a queste esigenze, circoscrivendo il predetto potere in modo da non compromettere il nucleo essenziale delle attribuzioni regionali, attraverso il riconoscimento della sussistenza di un nesso di adeguatezza e proporzione tra le misure adottate e la qualità e natura degli eventi, la previsione di adeguate forme di leale collaborazione e di concertazione nella fase di attuazione e organizzazione delle attività di protezione civile (art. 5, comma 4bis, del decretolegge 343/2001), nonché la fissazione di precisi limiti, di tempo e di contenuto, all’attività del Commissario delegato.

4.2.2 Ciò premesso quanto alla latitudine espansiva del potere emergenziale con riferimento alla pratica "invasione" e/o "erosione" che quest’ultimo è suscettibile di indurre rispetto ad un’area ordinariamente presidiata dal riconoscimento di attribuzioni proprie dell’autonomia regionale, diretto interesse ai fini della delibazione della presente controversia – segnatamente, con riferimento alle censure in proposito dedotte dalla parte ricorrente – va annesso alla individuazione dell’ampiezza dell’apprezzamento al quale è demandata l’individuazione dei relativi presupposti.

La giurisprudenza amministrativa è, invero, concorde nel ritenere che la deliberazione dello stato di emergenza implichi l’esercizio di un’amplissima potestà discrezionale che "trova un limite solo nell’effettiva esistenza di una situazione di fatto da cui derivi un pericolo in atto o possa derivare un pericolo all’integrità delle persone ovvero ai beni, agli insediamenti e all’ambiente e nella sua ragionevolezza, oltre che evidentemente nella impossibilità di poter altrimenti fronteggiare la situazione" (Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 2000 n. 2361; cfr. anche Cons. St, sez. VI, 8 marzo 2006 n. 1270).

Con riguardo a situazione emergenziale per certi versi assimilabile a quella ora in esame, è stato, poi, affermato che "la congestione della mobilità di una metropoli può legittimamente essere assunta a presupposto per la dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina di un Commissario straordinario, poiché l’art. 2, lett. c) l. 24 febbraio 1992, n. 225 prevede, quali presupposti a tale scopo, non solo calamità naturali ma anche "altri eventi’, non delimitati né definiti tipologicamente, purché "per intensità" ed estensione non possano essere fronteggiati con mezzi ordinari" (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 4 febbraio 2005, n. 244; in termini, T.A.R. Lazio, sez. I, 2 marzo 2009 n. 2134).

Può senz’altro convenirsi sull’assunto che il complesso normativo ex lege 225 si fondi, essenzialmente, su un criterio oggettivo, rappresentato dall’esistenza di una situazione che necessiti di interventi straordinari, indipendentemente:

– dalla causa che l’abbia determinata

– e dall’eventualità che si tratti di una situazione già consolidatasi, quand’anche a carattere endemico

essendo ormai acquisito che il potere di ordinanza extra ordinem può essere legittimamente esercitato anche in presenza di una situazione di fatto da tempo insorta (cfr. Cons. Stato, sez. IV, decisione n. 2795/2005).

Merita attenzione, con particolare riferimento al profilo di interesse da ultimo affrontato (emergenzialità dichiarabile anche a fronte di situazioni ampiamente cronicizzate) l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato (sentenza della Sezione VI 28 gennaio 2011 n. 654) a fronte della questione – certamente risalente – delle modalità idonee ad affrontare i guasti provocati agli edifici del centro storico di Venezia dal moto ondoso indotto dalle imbarcazioni transitanti per i canali della città lagunare.

In tale pronunzia – taluni passaggi della quale meritano di essere integralmente riportati – viene affermato che "il fenomeno del moto ondoso provocato dalle imbarcazioni a motore… non irragionevolmente appare riconducibile all’ampio ed innominato novero degli "altri eventi", equiparabili a quelli calamitosi o catastrofici, che a norma dell’art. 2, per intensità ed estensione, vanno fronteggiati con mezzi e poteri più efficaci di quelli, evidentemente inidonei, ordinari, e che perciò legittimano la dichiarazione dello stato di emergenza dell’art. 5", in quanto "l’effetto dannoso sulla consistenza materiale di Venezia del moto ondoso da traffico lagunare, proprio perché costituisce per quella realtà un problema grave quanto cronico, rappresenta una situazione di fatto che, posta in relazione agli specialissimi pregio, configurazione e fragilità dell’eccezionale città lagunare, invera la necessità prevista dalla legge e legittima l’adozione di misure e regolamentazioni, anche generali, extra ordinem per fronteggiare congruamente il pericolo all’integrità dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente".

In tal senso – e tale affermazione assume particolare rilevanza ai fini della delibazione della questione in esame – "anche un fenomeno negativo persistente e non adeguatamente fronteggiato con i mezzi amministrativi ordinari… può, per l’ormai indifferibile urgenza del provvedere, dare effettivamente luogo ad una necessità tale da richiedere l’eccezionale ricorso ai poteri straordinari in questione".

A tale riguardo, il Giudice d’appello ha ritenuto di asseverare tale convincimento richiamandosi all’orientamento – del quale si è dato in precedenza conto – secondo il quale "la deliberazione dello stato di emergenza… esprime l’esercizio di un’amplissima potestà discrezionale, il cui limite sta nell’effettiva esistenza di una situazione di fatto da cui derivi, o possa derivare, un pericolo all’integrità delle persone, o ai beni o agli insediamenti e all’ambiente, oltre nella sua ragionevolezza e nell’impossibilità di poter altrimenti fronteggiare la situazione".

Né, d’altro canto, "il fatto che non si tratti di situazione nuova ed imprevedibile… è di per sé d’ostacolo al ricorso al detto potere, poiché ciò che rileva non è la circostanza, estrinseca, che il pericolo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero ad un evento nuovo ed imprevedibile, ma la sussistenza della necessità e dell’urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi da tutelare, a prescindere sia dalla prevedibilità che dalla stessa imputabilità all’Amministrazione o a terzi della situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere (Cons. Stato, V, 9 novembre 1998 n. 1585)".

In estrema sintesi, la pronunzia in rassegna si pone, coerentemente, nell’alveo del consolidato insegnamento giurisprudenziale, laddove il fondamento dell’esercitabilità del potere extra ordinem di che trattasi viene individuato con "essenziale riguardo all’oggettiva ricorrenza di una situazione di pericolo non fronteggiabile adeguatamente e tempestivamente con misure ordinarie (Cons. Stato, V, 2 dicembre 2002, n. 6624)"; con l’ulteriore precisazione che, se "la valutazione circa la sussistenza di tali presupposti è… ampiamente discrezionale", essa può formare "oggetto di sindacato in sede giurisdizionale in presenza di profili di evidente arbitrarietà e irragionevolezza".

4.3 Le indicazioni come sopra riportate persuadono il Collegio dell’esigenza di sottoporre a rinnovata riflessione l’individuazione dei presupposti legittimanti la declaratoria dello stato emergenziale, nei casi in cui – come appunto nel quadro della vicenda oggetto di odierno esame – la situazione da affrontare non sia connotata da intrinseco carattere di eccezionalità e/o imprevedibilità (coniugabile, ovviamente, con l’indifferibilità e l’urgenza del provvedere, tali da non consentire il proficuo impiego di mezzi "ordinari"): ma, piuttosto, presenti risalente quanto consolidata configurazione, sì da integrare la presenza di un quadro fattuale di riferimento avente compiuta definizione quanto:

– alla cognizione dimensionale dello stesso (e delle ricadute dal medesimo indotte su interessi meritevoli di tutela, vieppiù ove direttamente presidiati da paradigmi di diretto riferimento costituzionale)

– nonché al complesso di interventi "ordinari" eventualmente già definiti e/o posti in essere al fine di "risolvere" le indotte problematiche.

4.3.1 Nel contesto identificativo come sopra tratteggiato appare inserirsi, con paradigmatica evidenza, la vicenda legata alla realizzazione di un arteria viaria – identificabile con la cd. "Pedemontana Veneta" – preordinata a risolvere problemi di fluidità della circolazione veicolare privata e commerciale in un’area del NordEst veneto particolarmente caratterizzata da un’intensa presenza antropica e da un’articolata diffusione del tessuto produttivo e commerciale.

La necessità di realizzare un asse che congiungesse le città sorte ai piedi delle Prealpi venete è, invero, sorta fin dagli anni Settanta, quando lo sviluppo socioeconomicoindustriale dell’area pedemontana ha manifestato una crescente richiesta di mobilità.

Negli anni Novanta, la situazione ha assunto carattere di criticità a causa della progressiva urbanizzazione della campagna veneta e dell’aumento del traffico sull’autostrada Serenissima.

Nel febbraio del 1990, la Pedemontana Veneta veniva inserita nel Piano Regionale dei Trasporti della Regione Veneto.

Con Legge 23 dicembre 1998 n. 448 (Legge finanziaria per l’anno 1999; art. 50, comma 1, lett. g), si stabiliva che, a valere sulle risorse per la prosecuzione degli interventi per il sistema autostradale previsti dall’articolo 3, comma 1, della legge 3 agosto 1998, n. 295, "la somma di lire 40 miliardi quale limite di impegno quindicennale è riservata per la costruzione dell’autostrada Pedemontana Veneta con priorità relativamente al tratto dall’autostrada A31 tra Dueville (Vicenza) e Thiene (Vicenza) all’autostrada A27, tra Treviso e Spresiano (Treviso)"; ulteriormente precisandosi che "la costruzione deve assicurare il massimo riuso dei sedimi stradali esistenti e dei corridoi già previsti dagli strumenti urbanistici nonché il massimo servizio, anche attraverso l’apertura di tratti alla libera percorrenza del traffico locale per assicurare la massima compatibilità dell’opera con i territori attraversati".

Nella Legge finanziaria per l’anno 2001 veniva, poi, prevista la possibilità di realizzare la Pedemontana non come autostrada ma come superstrada.

L’art. 145, comma 75, della Legge 23 dicembre 2000 n. 388 ha, infatti, stabilito che "l’infrastruttura di cui all’articolo 50, comma 1, lettera g), secondo periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, può essere realizzata anche come superstrada. In tal caso sono applicabili, ai sensi dell’articolo 21, comma 3, della legge 24 novembre 2000, n. 340, il pedaggiamento e la concessione di costruzione e gestione, ferme restando le procedure stabilite dall’articolo 10 della legge 17 maggio 1999, n. 144. Ai fini dell’esercizio dell’opzione di cui al presente comma e della valutazione delle alternative progettuali, finanziarie e gestionali, di sostenibilità ambientale e di efficienza di servizio al territorio, il Ministero dei lavori pubblici conclude entro il 31 marzo 2001 una conferenza di servizi con il Ministero dell’ambiente, la regione Veneto, gli enti locali e gli altri enti e soggetti pubblici interessati. Trascorso il termine predetto senza che sia stabilita la realizzazione di una superstrada a pedaggio, riprende la procedura di cui all’articolo 10 della legge 17 maggio 1999, n. 144".

Quest’ultima, tenutasi nel marzo del 2001, orientava la scelta nel senso della realizzazione di una Superstrada a pedaggio, anziché di un autostrada.

Con delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001 la Pedemontana Veneta veniva, poi, inserita nel novero degli interventi strategici di preminente interesse nazionale.

Nel quadro del complesso iter procedimentale preordinato alla realizzazione dell’infrastruttura viaria in discorso, va rammentato come Pedemontana Veneta S.p.A. (costituita da Autostrade per l’Italia, Autostrada BresciaPadova, Autovie Venete, Banca Antonveneta, Unicredit e San Paolo) abbia presentato alla Regione Veneto una proposta di progetto preliminare, al quale faceva seguito la pubblicazione sul B.U.R. di un avviso preordinato alla presentazione, da parte dei soggetti eventualmente interessati, di proposte concorrenti.

Con delibera giuntale del 7 maggio 2004, l’Amministrazione regionale veneta nominava una Commissione istruttoria per l’esame della proposta e per il successivo parere del Nucleo di Verifica e Validazione.

All’espressione dell’avviso da parte dell’organismo come sopra costituito, faceva seguito il riconoscimento di interesse pubblico in ordine alla proposta di Pedemontana Veneta S.p.A. (delibera di Giunta Regionale n. 3858 del 3 dicembre 2004).

In osservanza delle prescrizioni dettate dalla legge 20 agosto 2002 n. 190 (rammentandosi, in proposito, l’intervenuto inserimento dell’infrastruttura nel novero delle opere di interesse strategico), veniva dato avvio alla valutazione di impatto ambientale del progetto, veicolata in primo luogo dall’espressione di un parere ad opera della competente Commissione regionale; e, quindi, dal coinvolgimento dei Ministeri per i Beni e le Attività Culturali e dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Entrambe le suindicate Amministrazioni statali rassegnavano parere favorevole, ancorché condizionato a prescrizioni: in proposito dovendosi segnalare come l’Amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali abbia posto in evidenza talune lacunosità progettuali, segnatamente per quanto concerne la presenza dei valori culturali presenti nel territorio.

Interveniva, quindi, l’approvazione del progetto preliminare da parte del C.I.P.E. (deliberazione del 29 marzo 2006), anche questa accompagnata da numerose prescrizioni.

A seguito dell’approvazione del progetto preliminare, la Regione Veneto indiceva la procedura ristretta di project financing per la progettazione, realizzazione e gestione della Superstrada, al fine dell’individuazione degli eventuali competitori.

Il Consorzio S.I.S., in esito a quanto sopra, veniva dichiarato aggiudicatario provvisorio; e, a seguito di approvazione del piano economicofinanziario, aggiudicatario definitivo.

Con nota del 30 ottobre 2007, la Regione interpellava il promotore al fine di verificare se quest’ultimo intendesse avvalersi del previsto diritto di prelazione al fine di aggiudicarsi il project financing alle condizioni offerte da S.I.S.

In esito al favorevole riscontro offerto alla proposta di cui sopra, si innestava un contenzioso in sede giurisdizionale concluso con la sentenza del Consiglio di Stato 17 giugno 2009 n. 3944, nella quale veniva accolto l’appello interposto da Consorzio stabile S.I.S. – Itinere Infraestructuras S.A. avverso la sentenza n. 3592 del 19 novembre 2008 resa dalla Sezione I del T.A.R. Veneto.

Si perveniva, quindi, all’affidamento in concessione della progettazione, realizzazione e gestione dell’infrastruttura, da parte della Regione veneta, ai suindicati appellanti (30 giugno 2009).

4.3.2 Come sopra diacronicamente esposta l’articolata consecuzione di vicende che ha connotato il travagliato percorso realizzativo dell’opera viaria in questione, di seguito all’atto da ultimo indicato è intervenuto il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 luglio 2009, recante "Dichiarazione dello stato d’emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio dei comuni di Treviso e Vicenza".

In esso si dà atto:

– della "una grave situazione emergenziale" determinatasi "a causa della congestione del traffico automobilistico e dei mezzi pesanti circolante nel sistema viario a servizio dei comuni di Treviso e Vicenza";

– dell’"eccessivo volume di traffico che si registra giornalmente nella predetta area", suscettibile di determinare "una situazione di rischio ambientale nonché di grave pericolo per la salute fisica e psichica dei cittadini";

– della suscettibilità "di ulteriore aggravamento" della "sopra descritta situazione di rischio e pericolo, "anche in considerazione del fatto che il territorio dei comuni di Treviso e Vicenza è uno dei più produttivi della regione Veneto con numerosissime aziende ivi insediatesi";

– della affermata inidoneità delle "misure e (de)gli interventi attuabili in via ordinaria" ad "affrontare l’emergenza, per cui tale situazione di pericolo deve essere fronteggiata con mezzi e poteri straordinari, senza l’adozione dei quali le condizioni di vita dei cittadini non potrebbero che peggiorare irrimediabilmente";

– della "necessità di consentire l’espletamento di tutte le iniziative di carattere straordinario e derogatorio finalizzate alla riorganizzazione del sistema viario a servizio della sopra descritta area";

per l’effetto ravvisandosi, nella fattispecie, "le condizioni previste dalla normativa vigente per la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell’art. 5, comma 1, della citata legge n. 225/1992".

3.4 I presupposti per la dichiarazione dello stato emergenziale – sopra riportati – rivelano insufficiente spessore motivazionale, sì da indurre a ritenere priva di dimostrato conforto giustificativo l’adozione del decreto presidenziale in rassegna.

In disparte le generiche considerazioni in ordine alla congestione del traffico veicolare ed alle potenzialità pregiudizievoli da quest’ultima indotte sulla salute delle comunità insediate nell’area, il decreto di che trattasi non reca alcuna compiuta esplicitazione delle ragioni che hanno determinato la Pubblica Autorità – successivamente all’intervenuto affidamento in concessione della progettazione e realizzazione dell’opera – alla dichiarazione dello stato di emergenza.

È ben vero che, come si è dato precedentemente conto, la Pedemontana Veneta ha sofferto un particolarmente complesso iter gestazionale, tale da collocare l’affidamento di che trattasi in ambito temporale significativamente espanso rispetto all’emersione dell’esigenza di dotare l’area di una infrastruttura alternativa agli esistenti percorsi viari.

Ed è altrettanto vero che l’intero compendio territoriale interessato dall’attraversamento della Pedemontana è, come pure precedentemente posto in evidenza, caratterizzato da una consistente antropizzazione e da una articolata presenza di realtà produttive e commerciali.

Se, peraltro, la configurazione degli elementi da ultimo indicati rivela datata collocazione temporale (in quanto considerati già all’epoca del primo intervento legislativo del 1998; e, successivamente, adeguatamente emersi in sede di inclusione dell’infrastruttura nel novero delle opere di rilevanza strategica), la dichiarazione dello stato emergenziale non fornisce adeguata contezza in ordine alla (evidentemente sopravvenuta) emersione di considerazioni ulteriori in ordine all’aggravamento della situazione alla quale l’opera è preordinata a fornire rimedio.

Si è dato, invero, precedentemente conto della presenza di un orientamento giurisprudenziale che ha escluso – sia pure con motivazioni non sempre persuasive – che anche la pregressa insorgenza di una situazione potenzialmente emergenziale infici, ex se riguardata, la dichiarazione di cui all’art. 5 della legge 225, quand’anche quest’ultima si collochi in ambito temporale significativamente successivo al manifestarsi delle circostanze a tal fine rilevanti.

Se è pur vero che, almeno in linea di principio, anche la sola immanenza del contesto potenzialmente emergenziale è astrattamente suscettibile di eccitare l’esercizio dei poteri eccezionali di che trattasi, non può tuttavia il Collegio omettere di sottolineare come lo hiatus temporale che venga a caratterizzare l’insorgenza e/o l’ingravescenza dell’emergenza rispetto al decreto presidenziale meriti (ed anzi, imponga) un rincarato onere motivazionale, che dia – adeguatamente, quanto compiutamente – conto della presenza di sopravvenienze (ovvero, di altri elementi equipollenti, quanto alla considerazione dell’interesse pubblico la cui realizzazione si intenda promuovere) tali da veicolare l’indifferibilità ed urgenza del provvedere.

Tali considerazioni trovano adeguato fondamento nell’attitudine della declaratoria dello stato emergenziale, per espressa contemplazione legislativa, a sterilizzare l’operatività di significativi complessi normativi di rango primario, ponendo in un ambito evidentemente parentetico anche le previste modalità di tutela delle posizioni giuridiche soggettive, con riveniente compressione e/o sacrificio di queste ultime (e, con esse, sia pur derivativamente, dei paradigmi costituzionali che ne costituiscono fondamento).

Deve pertanto ritenersi che l’esercizio dell’eccezionale potere in discorso, proprio in ragione della particolare pervasività delle ricadute indotte dalla derogabilità di (talora significativamente estesi) complessi normativi di rango primario, non possa legittimamente sottrarsi all’ostensione di un apparato motivazionale che, fuori dall’effusione di stereotipate enunciazioni, dia dimostratamente conto della effettiva consistenza della situazione emergenziale, riguardata con riferimento:

– sia agli interessi suscettibili di essere compromessi

– che alla inidoneità degli "ordinari" mezzi (e, con essi, della presupposta configurazione normativi degli interventi) al fine di promuoverne la soluzione.

In tal senso, si rivela appieno inadeguata la mera enunciazione di circostanze giustificative che, segnatamente laddove l’emergenza sia temporalmente risalente, non consentono di apprezzare – come appunto nel caso di specie – l’attualità dell’interesse pubblico all’esercizio del potere extra ordinem.

Se è vero che, soprattutto negli ultimi anni, la superfetazione della decretazione d’urgenza ha indotto un’evidente espansione del concetto stesso di "straordinarietà" dell’intervento (in molti casi atteggiantesi quale "ordinaria" modalità di attuazione dell’azione pubblica), va invece rimarcato come la necessità di riaffermazione dell’"ordinario" quadro normativo ordinamentale imponga di ricondurre l’impiego di tale strumento in un ambito di effettiva, quanto comprovabile, eccezionalità: sì da scongiurare la praticabilità di surrettizie scorciatoie esclusivamente preordinate a garantire l’inosservanza della legge, laddove quest’ultima venga "sterilizzata" dalla consentita derogabilità alle disposizioni di rango primario.

Se, a tale riguardo, non può esimersi il Collegio dal formulare l’auspicio che competente Pubblica Autorità promani un forte segnale di discontinuità quanto all’uso intensivo – quanto, frequentemente, inappropriato – della decretazione d’urgenza, il proposto thema decidendum impone di ribadire la constatata inadeguatezza motivazionale del decreto presidenziale del 31 agosto 2009, laddove – pur a fronte della precedente inclusione dell’opera nel novero degli interventi rilevanza strategica (alla quale accede una ben delineata configurazione degli snodi preordinati alla realizzazione dell’infrastruttura, con ricadute anche di carattere processuale volte ad accelerare la definizione delle controversie eventualmente insorte) e del successivo affidamento in concessione della progettazione, realizzazione e gestione della Pedemontana, nondimeno è stato deciso – invero, sorprendentemente – di presidiare il prosieguo del percorso realizzativo con un intervento commissariale ex lege 225/1992.

Le ricadute in termini di compressione della tempistica veicolate dalla decretazione d’urgenza non sono, invero configurabili, ove poste a confronto con le "ordinarie" modalità procedimentali bypassate dal decreto all’esame: mentre è con sicurezza individuabile l’ampio compendio di normazione primaria che la combinazione del decreto del 31 luglio e della successiva ordinanza presidenziale del 15 agosto 2009 ha reso suscettibile di derogabilità.

Nel rinviare alle considerazioni infra esposte la disamina della problematica concernente la latitudine espansiva dell’esercizio del potere derogatorio – e, con essa, l’individuazione delle coordinate di legittima attuazione dello stesso – deve fin da ora escludersi che l’apparato motivazionale in premessa esposto ne decreto del 31 luglio inidoneamente giustifichi il ricorso ad un intervento emergenziale.

5. La riscontrata fondatezza dei profili di censura con i quali è stata contestata la legittimità della dichiarazione dello stato di emergenza e la conseguente nomina dell’organismo commissariale delegato ben consente di prescindere dall’esame dei rimanenti argomenti di doglianza, atteso che le determinazioni aventi a presupposto e fondamento la declaratoria della situazione emergenziale rimangono inevitabilmente travolte dalla caducazione dell’atto medesimo.

Non intende tuttavia il Collegio sottrarsi all’esame di un ulteriore – e rilevante – punto del proposto thema decidendum, rappresentato dal corretto inalvea mento del potere derogatorio conferito con le ordinanze di che trattasi.

5.1 Con OPCM 15 agosto 2009 n. 3802 (recante "Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio delle province di Treviso e Vicenza") si disponeva (art. 1, comma 1) la nomina dell’ing. Silvano Vernizzi nella qualità di Commissario delegato per l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nell’area interessata dalla realizzazione della Superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta.

Tale organismo veniva, altresì, investito delle attribuzioni preordinate al "compimento di tutte le iniziative finalizzate alla sollecita realizzazione delle opere di cui al comma 1", con attribuzione del potere di "adottare, in sostituzione dei soggetti competenti in via ordinaria, gli atti e i provvedimenti occorrenti alla urgente realizzazione delle opere" (art. 1, comma 2).

Il successivo art. 2 stabiliva che:

– "il commissario delegato provvede, anche in deroga alle previsioni della delibera CIPE di approvazione del progetto preliminare n. 96 del 29 marzo 2006, a dettare le prescrizioni necessarie alla più sollecita progettazione e realizzazione delle opere" (comma 1);

– "il commissario delegato provvede, con le modalità di cui al comma 3, alla approvazione del progetto definitivo dell’opera. L’approvazione del progetto definitivo sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di organi statali, regionali, provinciali e comunali, costituisce ove occorra, variante agli strumenti urbanistici e comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, in deroga all’art. 98, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, salva l’applicazione dell’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001 e successive modifiche ed integrazioni, anche prima dell’espletamento delle procedure espropriative, che si svolgeranno con i termini di legge ridotti della metà" (comma 2);

– "ai fini di cui al comma 2, il commissario delegato acquisisce, prima della approvazione, le proposte e le osservazioni degli enti gestori dei servizi interferenti, convocando, ove necessario, apposita Conferenza dei servizi, che dovrà comunque concludersi nel termine di trenta giorni dalla sua apertura. Il comitato di cui all’art. 4, comma 4, in tali casi integrato con due membri nominati, entro venti giorni dalla richiesta del commissario delegato, uno dal Ministero dell’ambiente e la tutela del territorio e del mare ed uno dal Ministero per i beni e le attività culturali, provvede alla istruttoria del progetto definitivo e formula al commissario delegato le eventuali proposte di adeguamento o varianti migliorative in sostituzione delle attività istruttorie della Conferenza dei servizi di cui all’art. 166 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163" (comma 3);

– "il progetto esecutivo dell’opera e le eventuali varianti in corso d’opera sono approvati dal commissario delegato, sentito il comitato di cui all’art. 4, comma 4; l’approvazione del commissario delegato sostituisce ogni diverso provvedimento ed autorizza l’immediata consegna dei lavori" (comma 4).

Merita poi attenzione anche l’art. 3, comma 1, lett. c), dell’OPCM in rassegna, con il quale il Commissario delegato, nel quadro del compimento delle iniziative previste dalla presente ordinanza, viene autorizzato – ove ritenuto indispensabile – a "derogare, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004" ad un complesso di disposizioni analiticamente individuate, fra le quali vengono annoverate le seguenti previsioni:

"Decreto Legislativo 16 aprile 2006 n. 163, e successive modificazioni ed integrazioni, parte I, titolo I, articoli 6, 7, 8, 11 e 12; parte II, titolo I, art. 30; capi II, III e IV, articoli 34, 36, 37, 42, 49, 50, 53, 55, 56, 57, 62, 63, 65, 66, 67, 68, 70, 75, 76, 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 93, 95, 96, 97, 98, 111, 118 e 120, titolo II, articoli da 121 a 125, titolo III, articoli da 126 a 194; parte IV, articoli da 239 a 246; parte V, art. 253 e disposizioni regionali in materia di pubblici appalti; disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 e del decreto ministeriale 19 aprile 2000, n. 145, strettamente collegate all’applicazione delle suindicate norme, nonché, una volta entrati in vigore, regolamenti e capitolati di cui all’art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 163, per la parte attuativa ed integrativa delle suindicate norme".

5.2. Ciò posto, parte ricorrente si duole – fra l’altro – che la determinazione commissariale approvativa del progetto definitivo abbia disatteso le indicazioni promananti dalla delibera del CIPE n. 96/2006 (soprattutto, con riferimento al recepimento della variante n. 11 al SIA – Studio di Impatto Ambientale): in particolare sostenendosi che, a fronte delle raccomandazioni nell’atto da ultimo indicato contenute, la definizione di un elaborato progettuale che da esse si discosti avrebbe dovuto imporre l’obbligatoria attuazione della previsione dettata dall’art. 185 del D.Lgs. 163/2006.

Il comma 4 dell’articolo di legge da ultimo citato, in particolare, prevede che la Commissione speciale VIA:

– debba comunicare ai Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, entro trenta giorni dalla data di presentazione del progetto definitivo da parte del soggetto proponente, eventuali difformità tra questo e il progetto preliminare (lett. a);

– e venga, ulteriormente, chiamata ad esprimere al predetto Ministero, entro sessanta giorni da tale presentazione, il proprio parere sulla ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del provvedimento di compatibilità ambientale e sull’esatto adempimento dei contenuti e delle prescrizioni di cui al decreto di compatibilità ambientale (lett. b).

Sarebbe stata omessa, ad avviso di parte ricorrente, proprio la descritta procedura del cd. "giudizio di ottemperanza": ovvero la valutazione, come sopra rimessa alla Commissione VIA, in ordine al "rispetto", da parte del progetto definitivo, delle prescrizioni riguardanti la compatibilità ambientale: denunciandosi come, nella fattispecie, la determinazione commissariale avrebbe disatteso le prescrizioni CIPE e, con esse, le raccomandazioni riguardanti lo svolgimento in trincea dello sviluppo viario della SPV nel tratto di pertinenza della ricorrente Amministrazione.

5.3 Tali censure meritano accoglimento, nei limiti infra indicati.

5.3.1 È ben vero che la prescrizione di cui all’art. 185 del D.Lgs. 163/2006 – della quale parte ricorrente lamenta la violazione – risulta espressamente ricompresa nel novero delle disposizioni alle quali l’art. 4 dell’O.P.C.M. 3802/2009 consente all’organo commissariale di derogare, in presenza dei presupposti (indispensabilità della deroga; rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e della direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004) ivi indicati.

Ma è altrettanto vero che la previsione della derogabilità di norme dell’ordinamento – astrattamente ed in via generale contemplata nell’ordinanza presidenziale che conferisca il pur eccezionale potere ad un organismo commissariale – impone che le riveniente attuazione della potestà di escludere l’applicabilità di fonti normative primarie debba essere accompagnata dall’ostensione di congruo apparato motivazionale che dia conto:

– non soltanto della specifica individuazione delle prescrizioni (evidentemente comprese nel novero di quelle dall’O.P.C.M. di conferimento del relativo potere espressamente indicate), in ordine alle quali venga, concretamente, esercitata la deroga;

– ma, soprattutto, delle sottese ragioni (e, con esse, del rapporto di stretta strumentalità che intercorre fra l’esercizio del potere di deroga e l’attuazione degli interventi in vista della quale il potere stesso è stato conferito), nel quadro di quel carattere di ineludibile correlazione funzionale che la stessa Ordinanza presidenziale evidentemente presuppone laddove stabilisce che il potere de quo può trovare compiuta attuazione "ove ritenuto indispensabile".

La giustificazione del potere derogatorio sostanziatosi nella pretermessa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 185 del D.Lgs. 163/2006 non si rivela, nel caso di specie, assistita da alcun conforto motivazionale e/o giustificativo asseverante la rilevata presenza di presupposti elementi e/o circostanze a tale fine rilevanti: per l’effetto dovendosi dare atto, sotto il profilo all’esame, della chiara fondatezza delle censure dalla parte ricorrente dedotte.

5.3.2 In tal senso, invero, milita il costante orientamento in materia espresso dalla Sezione: che merita, anche ai fini della delibazione della presente controversia, di essere con convinzione ribadito.

È stato, in proposito, costantemente sostenuto che l’esercizio dei poteri derogatori di cui all’art. 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992 n. 225 necessita di congrua esplicitazione motivazionale, da parte del Commissario delegato, con puntuale riferimento alle norme alla quale si sia inteso derogare ed alle ragioni della deroga, non essendo sufficiente un mero richiamo per relationem all’ordinanza presidenziale che abbia, invero con carattere di generalità (e perciò stesso meritevole di puntualizzazione giustificativa all’atto dell’adozione del provvedimento applicativo), previsto la derogabilità di norme di legge (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2008 n. 3276).

La valutazione della legittimità dell’operato posto in essere dall’Organo commissariale viene, conseguentemente, a transitare attraverso un duplice vaglio di legittimità, consistente:

– da un lato, nella verifica dell’estrema urgenza nel provvedere;

– e, per altro verso, nella ostensione di un idoneo apparato motivazionale con il quale venga fornita congrua emersione alle relative ragioni.

Le considerazioni sopra sinteticamente riportate, esplicitate con sentenza della Sezione I del T.A.R. del Lazio 18 febbraio 2009 n. 1656, sono state riprese e sviluppate con successiva decisione 27 ottobre 2010 n. 33034, con la quale:

– è stato ribadito che, "in materia di legislazione c.d. emergenziale, la Sezione ha… più volte chiarito quale sia il rapporto esistente tra potere di deroga al quadro normativo primario e provvedimenti attuativi emessi dal soggetto delegato";

– e sottolineato, in particolare, che "risulta evidente dalla lettura dell’art. 5 che i provvedimenti che devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare sono, appunto, le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti adottate nella fase di attuazione degli interventi, vale a dire gli atti da emanarsi da parte del commissario delegato".

Prosegue la decisione in rassegna osservando che "non appare… dubbio che il contenuto delle citate ordinanze presidenziali non riguarda, ex se considerato, l’attuazione degli interventi di emergenza: e ciò in quanto queste ultime si inquadrano, piuttosto, "nell’ambito del comma 4 dell’art. 5 della legge 225/1992, essendo il relativo contenuto interamente diretto a delegare le funzioni ad un commissario individuando i tempi e le modalità dello svolgimento dell’incarico".

Ne consegue che le ordinanze in questione, nello stabilire che il Commissario, nell’espletamento dell’incarico al medesimo delegato, può adottare provvedimenti in deroga alla vigente normativa, non sono dirette ad ottemperare a quanto prescritto dal comma 5 dell’art. 5 della legge 225/1992: quanto, diversamente, ad adempiere all’esigenza di "indicare il contenuto della delega dell’incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio", di cui al precedente comma 4.

Il Presidente del Consiglio delimita, in tal modo, il campo del potere di deroga alla legislazione vigente, indicando il novero delle disposizioni di rango primario e/o subprimario alla quali il Commissario può derogare, nei limiti strettamente necessari alla realizzazione degli interventi.

In altri termini, se all’O.P.C.M. è rimessa (esclusivamente) la perimetrazione dell’ambito espansivo dell’eventuale esercizio del potere di deroga, il provvedimento che in concreto provvede a "commisurare" siffatta consentita derogabilità alla normativa vigente è individuabile, con carattere di univocità, nell’atto commissariale con il quale tale potere sia stato, concretamente, esercitato.

Né potrebbe essere diversamente, atteso che la deroga è – come si è visto – ricongiunta alla realizzazione degli interventi (affidata al Commissario delegato) da un nesso di ineludibile strumentalità: di talché la pur consentita "disapplicazione" di norme dell’ordinamento deve trovare in siffatta finalità univoco, quanto obbligato, riferimento.

Deve, conseguentemente, affermarsi (rectius: ribadirsi, alla luce del conforme orientamento interpretativo del quale si è dato conto) che la possibilità di deroga alla legislazione vigente si atteggia quale misura estrema, pur nell’ambito di una situazione intrinsecamente emergenziale: con la conseguenza che, affinché l’eccezionale potere di deroga possa considerarsi esercitato nell’ambito dei suddetti limiti (e possa dirsi scongiurato "qualsiasi pericolo di alterazione del sistema delle fonti": cfr. Corte Costituzionale, 514 aprile 1995 n. 127), è imprescindibile che l’autorità amministrativa si faccia carico ex ante di individuare le principali norme che, applicabili in via ordinaria, pregiudicherebbero invece l’attuazione degli interventi di emergenza.

5.3.3 L’onere di motivazione (art. 5, comma 5, della legge) di cui il Commissario deve principalmente farsi carico è, in definitiva, quello diretto ad evidenziare il nesso di strumentalità necessaria tra l’esercizio del potere di deroga e l’attuazione degli interventi.

Nell’osservare come, anche con più recente pronunzia (1° febbraio 2011 n. 906) la Sezione abbia avuto modo di confermare che, qualora l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri autorizzi il Commissario a derogare a norme di legge:

– non solo "l’interpretazione deve essere esclusivamente letterale, limitata cioè alle norme espressamente ed inequivocabilmente indicate, e non può essere di tipo sistematico, volta cioè ad includere, sebbene in ragione di prospettazioni plausibili, anche norme non specificamente richiamate";

– ma che, ulteriormente, "l’esercizio dei poteri derogatori di cui all’art. 5 l. 225/1992 necessita in ogni caso di congrua motivazione, da parte del Commissario delegato, con puntuale riferimento alle norme alle quali si intende derogare ed alle ragioni della deroga, non essendo sufficiente un mero richiamo ob relationem alle ordinanze presidenziali che hanno previsto la derogabilità di norme di legge"

appieno rileva – con inevitabile assorbimento dei rimanenti motivi di gravame – la fondatezza delle censure dedotte con i due primi argomenti di doglianza.

5.3.4 Non si rivelano, ex adverso, condivisibili le argomentazioni sul punto esplicitate dalla difesa erariale (cfr. memoria dell’Avvocatura Generale dello Stato, depositata in giudizio il 5 gennaio 2011), laddove si sostiene che la procedura nella vicenda seguita dall’organo commissariale "trova la propria ratio nelle stesse motivazioni che giustificano l’emergenza e che risponde quindi ad un pubblico interesse più qualificato in quanto non si esaurisce nel pubblico interesse a realizzare l’opera ma nel realizzarla contenendo i tempi pur nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico".

In particolare, lo specifico obbligo motivazionale i cui contenuti (in ordine alle compiute ragioni individuative dell’esercizio del pur consentito potere di deroga ed all’estensione dello stesso) sono stati in precedenza tratteggiati, non può ritenersi assolto – diversamente rispetto a quanto argomentato dall’Avvocatura – con il mero richiamo al conferimento al Presidente del Consiglio dei Ministri (ex art. 5 della legge 225/1992) del "potere di predefinire l’ambito normativo derogabile, con facoltà di delegare detto potere in sede di attuazione ad un commissario delegato".

Né vale eccepire – come ulteriormente argomentato dalla difesa erariale – che l’OPCM 3082/2009 sia insuscettibile di critica nell’ambito della presente controversia, in ragione del risalente spirare del termine decadenziale per la sottoposizione dell’ordinanza stessa a sindacato giurisdizionale: e ciò in quanto:

– non soltanto la rilevata illegittimità della determinazione commissariale di approvazione del progetto definitivo, in parte qua, consegue (non già alle previsioni dettate dall’Ordinanza presidenziale; quanto, piuttosto,) al non corretto "governo" di esse fatte dal Commissario delegato, limitatamente alla riscontrata elusione dell’obbligo motivazionale a corredo dell’individuazione delle disposizioni oggetto di specifica e concreta deroga;

– ma, ulteriormente – laddove le doglianze vengano intese come riferite "anche" alla presupposta OPCM 3802/2009 – deve farsi necessariamente riferimento al momento di "attualizzazione" dell’interesse in capo alla parte ricorrente, che va individuato con riguardo all’adozione della determinazione commissariale 10 del 20 settembre 2010, nella parte in cui la modificazione al precedente elaborato progettuale non è transitata attraverso lo svolgimento dell’iter procedimentale previsto e disciplinato dall’art. 185 del D.Lgs. 163/2006.

4.3.5 Non apprezzabile si rivela, poi, la considerazione – parimenti esposta dall’Avvocatura di Stato – secondo cui la prevista presenza di un "comitato tecnicoscientifico" (del quale, ai sensi dell’art. 4, comma 4, dell’OPCM 3802/2009, il Commissario delegato si avvale "per la valutazione dei progetti, nonché per garantire il necessario supporto tecnico alle attività che devono essere eseguite per il superamento dell’emergenza) renderebbe, di fatto, inessenziale l’osservanza della prescrizione di cui al citato art. 185 del D.Lgs. 163/2006 (peraltro esclusa dalla contemplata derogabilità della disposizione indicata).

Nel richiamarsi, quanto al profilo di analisi da ultimo indicato, a quanto precedentemente osservato, rileva il Collegio che la composizione di tale comitato (alla stregua di quanto previsto al comma 3 dell’art. 2 della citata Ordinanza) è integrata – ai fini dell’approvazione definitiva del progetto dell’opera – con "due membri nominati… dal Ministero dell’ambiente e la tutela del territorio e del mare e… dal Ministero per i beni e le attività culturali": a tale organismo risultando rimessa l’istruttoria del progetto definitivo e la formulazione al Commissario delegato delle eventuali proposte di adeguamento o varianti migliorative in sostituzione delle attività istruttorie della Conferenza dei servizi di cui all’art. 166 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163.

Se il letterale tenore delle disposizioni sopra riportate induce a ritenere che l’ambito di operatività del Comitato di che trattasi operi esclusivamente all’interno dello svolgimento della fase istruttoria (nel quadro della quale quest’ultimo è chiamato allo svolgimento delle attività strumentali richieste dalla procedente Autorità commissariale), va escluso che alla previsione di cui al combinato disposto degli artt. 4, comma 4 e 2, comma 3, dell’OPCM 3802/2009 possa riconoscersi attitudine "sostituiva" rispetto a quanto stabilito dal comma 4, lett. b), dell’art. 185 del D.Lgs. 163/2006: e, con esso, alle attribuzioni – ivi contemplate – rimesse alle Commissione speciale VIA.

In altri termini – ferma la già riscontrata carenza motivazionale che inficia l’atto gravato, quanto all’esercizio del potere derogatorio astrattamente contemplato dall’OPCM 3802/2009 – si dimostra inapprezzabile la presenza di alcun profilo di succedaneità nelle funzioni rispettivamente previste per i due organismi in rassegna: per l’effetto dovendosi escludere la concludenza delle argomentazioni sul punto esplicitate dalla difesa erariale.

5.4 Da ultimo, non può omettere il Collegio di darsi carico – quanto alla problematica all’esame – di riaffermare la persistente persuasività dell’orientamento della Sezione, per come sopra esposto, anche alla luce di un recentissimo intervento giurisprudenziale della Sezione IV del Consiglio di Stato.

Tale esigenza consegue alla rilevanza assunta dalla problematica che si avrà cura di illustrare in seguito sul sottoposto thema decidendum.

La costruzione logica sulla quale si è fondato il percorso argomentativo precedentemente esposto trova, infatti, fondamento nell’orientamento – nella presente circostanza convintamente ribadito – del carattere tassativo del potere derogatorio scaturente dall’esercizio della attribuzioni di cui alla legge 225/1992: e, con esso, della insuscettibilità della potestà di che trattasi a formare oggetto di letture estensive e/o variamente espansive suscettibili di veicolare una (ex ante) indeterminabile delimitazione del corpo normativo sul quale sono destinate ad incidere le ricadute della (pur) consentita derogabilità alle fonti primarie dell’ordinamento.

5.4.1 Con sentenza 28 ottobre 2011 n. 5799, il Giudice d’appello – in sede di decisione di una questione involgente l’esercizio del potere derogatorio di cui all’art. 5 della legge 225/1992 (nella fattispecie, veicolato dall’esigenza di prevedere interventi a fronte di un "grande evento", per il quale la disciplina emergenziale trova applicazione ai sensi del comma 5 dell’art. 5bis del decreto legge 7 settembre 2001 n. 343, convertito, con modificazioni, in legge 9 novembre 2001 n. 401) ha, in sintesi, affermato i seguenti principi:

– se il contenuto prescrittivo delle ordinanze commissariali in deroga, in quanto autorizzate da norma primaria "eccezionale", è di "stretta interpretazione" (ex art. 14 disp. prel. cod. civ.), non potendosene consentire (interpretazioni e quindi) applicazioni, al di là dei casi strettamente contemplati, ciò non comporta l’obbligo di "interpretazione letterale" in quanto la legge, nell’autorizzare il potere in deroga alla normativa primaria, proprio per la non preventivabile definizione dei presupposti che potranno rendere necessario il potere di ordinanza in deroga, non pone alcuna limitazione, per materia o contenuto, alle disposizioni derogabili, limitandosi ad affermare il rispetto "dei principi dell’ordinamento giuridico". Ne consegue che, se è del tutto ragionevole una delimitazione della "libertà di contenuto" dell’ordinanza, è altrettanto evidente che questo non può essere convertito nel suo opposto, e cioè in un contenuto rigidamente predefinito, la cui previsione sarebbe irragionevole proprio in relazione gli stessi presupposti che sorreggono l’eccezionalità dell’intervento;

– non è consentita una "interpretazione analogica" delle norme eccezionali, mentre invece è ammesso che stesse possano essere interpretate estensivamente. Infatti, nel caso della cd. interpretazione analogica (art. 12, comma 2 preleggi), in realtà si applica una norma ad un caso che si riconosce come escluso dal suo campo di applicazione, ma che tuttavia abbisogna di una disciplina che l’interprete deve rinvenire nell’ordinamento giuridico. Nel caso, invece, dell’interpretazione estensiva si estende il significato di un termine o di una locuzione oltre il suo significato letterale più immediato, al fine di ricavare dalla disposizione il contenuto normativo genuino che è in essa presente. Appare, dunque, del tutto ragionevole che la locuzione "norma di stretta interpretazione", tipicamente utilizzata per le norme eccezionali, debba essere intesa come escludente la interpretazione analogica, ma, al tempo stesso, essa non è tale da impedire che l’interprete (e comunque chi di essa debba fare applicazione) ricerchi il più genuino e congruo significato normativo scaturente dalla disposizione, anche attraverso il "significato proprio delle parole secondo la connessione di esse" e "l’intenzione del legislatore".

5.4.2 All’orientamento del giudice d’appello, per come esplicitato nella pronunzia in rassegna, accede il superamento del principio di letteralità, tassatività e rigidità che, nell’ermeneutica finora consultabile, hanno perdurantemente connotato l’esercitabilità del potere di che trattasi.

Lo stesso Consiglio di Stato, del resto (cfr. sez. IV, 29 luglio 2008 n. 3726) aveva sostenuto che "le ordinanze del Presidente del Consiglio, nel conferire i poteri delegati al commissario, forniscono l’indicazione delle norme di legge derogabili"; e, laddove l’attuazione del potere derogatorio venga demandata, "in un secondo momento all’organo commissariale, con propri provvedimenti", l’esplicazione di siffatto "schema "bifasico" postula che l’organo commissariale non possa, "per evidenti ragioni, derogare a norme diverse e ulteriori da quelle indicate nell’ordinanza presidenziale dalla quale egli deriva i poteri"; soggiungendo, ulteriormente, che coordinata indefettibile di legittimità è rappresentata dalla "puntuale indicazione delle principali norme da derogare e delle ragioni che giustificano la deroga nei singoli casi".

Merita di riportare un intero passo della decisione in rassegna, laddove i giudici di Palazzo Spada hanno affermato – con orientamento che, ora, sembra superato dalla più recente decisione 5799/2011 – che il complesso argomentativo come sopra riportato "è del tutto coerente con la consolidata giurisprudenza, anche costituzionale, in materia di ordinanze di urgenza: laddove, come noto, muovendo dalla necessità di circoscrivere al massimo l’operatività della deroga, si prevede che i provvedimenti che la attuano, oltre a dover trovare fondamento in una espressa disposizione di legge e a dover essere necessariamente limitati quanto a efficacia temporale, debbano anche essere puntualmente motivati sotto il profilo della proporzione tra la deroga attuata e la situazione di fatto che la impone (in altri termini, occorre dimostrare che la deroga sia effettivamente limitata, nel tempo e nello spazio, allo stretto indispensabile a far fronte alla situazione di necessità e urgenza da cui scaturisce)".

Va ulteriormente rimarcato come anche la giurisprudenza costituzionale si muova nel segno dell’orientamento rispetto al quale il Collegio intende manifestare ribadita, quanto ancor più convinta, adesione.

Valga, al riguardo, la fondamentale pronunzia della Consulta 14 aprile 1995 n. 127, nella quale vengono sottolineati:

– "il carattere eccezionale del potere di deroga della normativa primaria, conferito ad autorità amministrative munite di poteri di ordinanza, sulla base di specifica autorizzazione legislativa";

– il carattere temporalmente delimitato della deroga stessa, insuscettibile di essere assimilato ad "abrogazione o modifica di norme vigenti" (cfr. sentenze Corte Costituzionale nn. 201 del 1987, 4 del 1977, 26 del 1961 e 8 del 1956);

– il corollario per cui "proprio il carattere eccezionale dell’autorizzazione legislativa implica, invero, che i poteri degli organi amministrativi siano ben definiti nel contenuto, nei tempi, nelle modalità di esercizio (sent. n. 418 del 1992)";

– l’esclusa incidenza, a livello di impatto derogatorio, del potere di ordinanza relativamente a "settori dell’ordinamento menzionati con approssimatività, senza che sia specificato il nesso di strumentalità tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consente la temporanea sospensione".

5.4.3 Le coordinate ermeneutiche delle quali si è dato precedentemente conto, unitamente alla ribadita – quanto convinta – adesione all’orientamento della Sezione in precedenza più volte confermato, inducono, conclusivamente, ad escludere che la (pur) consentita derogabilità a disposizioni di formazione primaria possa veicolare, in capo alle ordinanze presidenziali assunte ai sensi della legge 225/1992, l’esercitabilità di un potere espansivo che, indotta dalla estensiva interpretabilità dei corpi normativi suscettibili di essere incisi, possa prescindere dalla tassativa (e, quindi, insuperabile) espressa indicazione delle disposizioni oggetto di parentetica vigenza.

Altrimenti opinandosi – ed è questa, ad avviso del Collegio, l’insidia maggiormente pervasiva proposta all’attenzione dall’opzione ermeneutica percorsa con la citata sentenza 5799/2011 – verrebbe ad introdursi un potere derogatorio idoneo, in quanto ex ante non predeterminabile né rigidamente predeterminato, a prevalere sull’ordine della gerarchia delle fonti per effetto di una sistematica interpretativa di carattere estensivo.

Demandare all’interprete (ma, in primo luogo, proprio all’Autorità amministrativa competente) la verifica dell’ambito espansivo del potere derogatorio attraverso la ricerca del "più genuino e congruo significato normativo scaturente dalla disposizione, anche attraverso il "significato proprio delle parole secondo la connessione di esse" e "l’intenzione del legislatore" (così come indicato nell’anzidetta pronunzia di secondo grado), con ogni evidenza rende percorribili itinerari ermeneutici che, in quanto disancorati dalla rigidità del parametro di riferimento, inducono un’attitudine indefinitamente ampliativa dello stesso principio derogatorio, contraddicendo la stessa ratio sottesa al conferimento di poteri extra ordinem.

Né, diversamente, il possibile conseguimento di "risultati insoddisfacenti, se non paradossali" rivenienti da una "interpretazione delle norme eccezionali… di tipo strettamente letterale", dimostra rincarata perniciosità rispetto ai vincoli che, sempre secondo la decisione in rassegna, l’interprete si troverebbe a fronteggiare "innanzi alla possibilità di altre, anche più plausibili interpretazioni, che lo stesso interprete ritiene tuttavia essergli precluse dal limite di stretta interpretazione, inteso come interpretazione puramente letterale".

Se le conseguenze come sopra paventate dal Giudice d’appello trovano agevole rimedio in una più attenta e sorvegliata individuazione della latitudine espansiva del potere derogatorio (imponendosi, conseguentemente, un’accurata ricognizione ex ante del complesso normativo suscettibile di essere da esso eccezionalmente inciso), deve decisamente confutarsi che la lacunosa o incongrua esplicitazione della disciplina derogabile possa, ex post, trovare inappropriati puntelli (e, con essi, ampliati ambiti di operatività) sulla base di un’operazione ermeneutica in ordine alla cui manifesta insidiosità – per il sistema di gerarchia delle fonti; e, più in generale, per la convintamente ribadita esigenza di ferma riaffermazione dei principi dello Stato di diritto – il Collegio non intende ulteriormente soffermarsi.

6. A conclusione dell’articolato percorso motivazionale in precedenza esposto, va dato atto – nei limiti sopra indicati – dell’illegittimità:

– del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2009, concernente la dichiarazione dello stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio dei comuni di Treviso e Vicenza;

– dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3802 del 15 agosto 2009 – G.U. n. 193 del 21 agosto 2009, concernente disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio delle province di Treviso e Vicenza.

Alla riscontrata illegittimità degli atti sopra indicati accede la derivata invalidità:

– non soltanto delle proroghe successivamente disposte con riferimento alla delega di poteri nei confronti dell’organismo commissariale;

– ma anche – sempre in via derivata – delle conseguenziali determinazioni assunte dal Commissario delegato, nei limiti, ovviamente, degli atti dalla parte ricorrente assoggettati a rituale impugnazione.

Le spese di lite, in favore della parte ricorrente, vanno poste a carico delle parti soccombenti, giusta la liquidazione di cui in dispositivo; ravvisandosi, peraltro, la presenza di giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese anzidette rispetto alla Amministrazione provinciale di Treviso (interventrice ad adiuvandum della parte ricorrente).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) così dispone in ordine al ricorso indicato in epigrafe:

– ACCOGLIE, nei limiti e nei termini di cui in motivazione, il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, in tali limiti e termini annulla gli atti indicati al punto 5. della motivazione stessa;

– CONDANNA la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella persona del Presidente del Consiglio p.t., al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente, in ragione di complessivi Euro 2.000,00 (euro duemila/00);

– CONDANNA altresì la Regione del Veneto, nella persona del Presidente p.t. della Giunta Regionale e S.P.V. s.r.l., in persona del legale rappresentante, al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente, in ragione di Euro 1.000,00 (euro mille/00) per ciascuna delle anzidette parti;

– COMPENSA le spese di lite con riferimento alla Provincia di Treviso.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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