Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-07-2011) 21-11-2011, n. 42922

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 28.6.2010, la corte di assise di appello di Palermo ha confermato la sentenza 30.9.2009, emessa dal Gup del tribunale della stessa sede, con la quale B.E. è stato condannato, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, subvalenti all’aggravante dei motivi abietti e rutili, e della diminuente del rito , alla pena di nove anni e quattro mesi di reclusione e all’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici, con interdizione legale durante l’esecuzione della pena.

Il B. è accusato del delitto di omicidio preterintenzionale di N.D.S., perchè, afferrandole i capelli, sbattendole più volte la testa contro il muro, dandole ripetuti calci alla testa, schiacciandole lo stomaco, salendovi sopra con i piedi, le cagionava la morte, con l’aggravante dei motivi abietti e futili, per aver commesso il fatto, reagendo alle critiche della donna per la qualità del cibo da lui comprato con il denaro di quest’ultima e alla sua richiesta di restituzione.

Il difensore ha presentato ricorso per violazione di legge, in riferimento all’art. 577 c.p., comma 1, n. 4, per vizio di motivazione: il giudice ha affermato in maniera apodittica che va applicata l’aggravante senza ancorare la circostanza ai requisiti richiesti dai numerosi pronunciamenti di legittimità, in quanto ha giustificato la decisione con la fama di persona violenta ed irascibile, acquisita nel quartiere (OMISSIS), anche tra gli Italiani che popolano il quartiere.

Secondo il ricorrente, sì tratta di un personalissimo convincimento del giudice collegiale, in quanto negli atti non vi è alcuna prova che possa suffragare questo giudizio. La corte non indica quali fonti o testimonianze diano fondamento all’affermazione del carattere violento e irascibile dell’imputato, tanto più che sia gli operatori della comunità di (OMISSIS), che si occupavano della distribuzione dei cibi, sia i testi oculari D.G. e D. non hanno mai fatto una simile affermazione. La motivazione è inoltre contraddittoria, perchè, da un lato l’imputato è stato ritenuto meritevole delle attenuanti generiche, per l’incensuratezza, il buon comportamento processuale e, soprattutto, per la prognosi positiva fatta dal giudice di primo grado in relazione al suo comportamento nell’ambiente sociale in cui viveva; dall’altro, viene descritto come soggetto malvagio e privo di quel minimo di morale, tale da poterlo inibire da compiere gesti così violenti i giudici del gravame si sono poi limitati a riconoscere la prevalenza dell’aggravante senza legittimare questa gradazione della pena con effettivo riscontro motivazionale sulle risultanze processuali.

Altra carenza motivazionale riguarda la mancata spiegazione della discrasia tra la testimonianza di Ga., nella parte in cui narra di aver appreso dalla vittima di essere stata colpita dall’imputato, e la testimonianza di G. che ha escluso che la vittima abbia parlato con il Ga.. Inoltre, nell’analisi del fatto i giudici hanno omesso di contestualizzare la condotta criminosa nelle condizioni di vita del B. e hanno motivato la sussistenza dell’aggravante in base alla dichiarazione del teste Be. sulle ripetute violenza fisiche perpetrate sulla vittima.

Tale ancoramento motivazionale è illogico. Comunque, se avessero tenuto conto del contesto emerso nel processo, i giudici avrebbero ritenuto l’azione delittuosa dell’imputato non come impulso del tutto banale, ma come il gesto di una persona che viveva in condizioni del tutto disperate, laddove anche il semplice rifiuto della vittima di mangiare quel poco di riso che era riuscito a comprare poteva essere causa di reazione violenta comprensibile, anche se assolutamente non giustificabile.

Il ricorso non merita accoglimento La sussistenza dell’aggravante dei motivi abietti e futili è stata confermata dalla corte di merito, a conclusione di un completo esame dei fatti e di una loro razionale valutazione.

La sentenza fonda il riconoscimento dell’aggravante su testimonianze, sulla cui credibilità non è stata formulata alcuna convincente censura; tali prove dichiarative riguardano il dato storico da cui è partito il litigio tra l’imputato e la vittima : la veemente reazione di dissenso della donna rispetto alla qualità del cibo che il B. le aveva portato, dopo averlo acquistato con il denaro della medesima.

Il teste G. ha narrato gli atti di violenza immediatamente compiuti dal B. sul corpo della donna, minato da gravi patologie, ampiamente note ai conoscenti. Questi atti hanno avuto una progressione in termini di brutalità, che non si è arrestata pur dinanzi ai chiari segni che andavano a marcare sul corpo della vittima. Da questa manifestazione di estesa e prolungata violenza e dalla spinta emotiva che è stata individuata alla sua base, i giudici sono stati in grado di ricavare dati conoscitivi da cui immediatamente hanno tratto una valutazione nettamente negativa sulla personalità del suo autore. Questo convincimento sulla elevata capacità di aggressore dell’imputato in danno dell’altrui incolumità fisica e sulla sua specifica proiezione sulla persona della sua compagna ha trovato conferma nelle dichiarazioni di specifica fonte, la cui ampia credibilità è stata chiaramente delineata dalla sentenza. In essa si da atto che si tratta del Be.Do., detto (OMISSIS), descritto come vecchio saggio della comunità ghanese ,che conosceva la donna da diversi anni e che le aveva fatto "da padre". Il teste ha narrato che questi atti di violenza del B. avevano un carattere di abitualità – come da lui constatato nei precedenti ricoveri ospedalieri – e che la stessa donna,prima di perdere conoscenza, aveva accusato l’imputato dell’ultima aggressione,definendolo "quel diavolo". Alle dichiarazioni di questa fonte conoscitiva è stata accreditata dai giudici la massima e prevalente credibilità. In questo preciso quadro dell’antecedente storico e psichico della condotta in esame, si colloca la furiosa reazione dell’imputato dinanzi alle critiche della vittima: l’uomo ,dinanzi a uno stimolo verbale a cui comunemente si reagisce con altre parole, ha trovato il pretesto per dare sfogo alla sua criminale ferocia,portando la sua abituale violenza a conseguenze irrimediabili. Con estrema aderenza alle risultanze processuali, la corte ha poi rilevato che la macroscopica sproporzione tra l’irrisorio stimolo e la disumana reazione è stata percepita, stigmatizzata e respinta dall’ambiente di emarginati e di poveri in cui avevano fino ad allora vissuto tutti i protagonisti di questa vicenda. Lo sgomento, il dissenso , la condanna morale degli abitanti in quel territorio sono stati espressi e portati a conoscenza dai testi ai giudici, che razionalmente hanno affermato l’abnormità del comportamento del B., la sua estraneità alle norme della difficile e dolorosa convivenza all’interno del misero quartiere palermitano. Estremamente efficace è l’espressione della sentenza, laddove rileva che l’imputato ha agito in quel modo seguendo una pratica comportamentale specificamente propria, ma non della comunità ghanese (non già perche così fan tutti).

Il riconoscimento delle aggravanti di questo spessore ha condotto la corte territoriale a confermare in maniera incensurabile il giudizio di comparazione, all’esito del quale è stata data ad esse prevalenza, rispetto alle attenuanti generiche. E’ stato razionalmente osservato che le modalità e circostanze dei fatti, non occasionali e non sporadici, la durata della violenza, esplicatasi con un irrilevante antecedente psichico e in un macroscopico divario di forze fisiche, hanno logicamente indotto a tener conto, ai fini della commisurazione della pena, esclusivamente della contestata aggravante ex art. 61 c.p., n. 1.

Deve quindi concludersi che il motivo del ricorso, presentato come diretto a censurare una violazione di legge, si è rivelato incentrato su critiche – infondate o inconsistenti – alla coerenza logica della motivazione, in relazione alla sussistenza di quest’aggravante e al conseguente giudizio di comparazione : le argomentazioni dei giudici sono sul punto assolutamente fedeli alle risultanze processuali e rispecchiano una loro valutazione improntata a lineare razionalità. Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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