Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-05-2012, n. 8730 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.F., premesso di aver stipulato il 21.12.1999 con C.L. alla presenza delle rappresentanze di categoria un contratto di affitto agrario di un fondo rustico sito in località (OMISSIS) della durata di 6 anni, per un canone di affitto annuo di Euro 6.507,356, da versarsi anticipatamente ogni anno entro il 10 novembre, a pena di immediata risoluzione del contratto, conveniva davanti alla Sez. Spec. Agraria del Tribunale di Rovigo l’affittuario assumendo il mancato pagamento dell’ultima rata di canone e facendo presente di aver comunicato la risoluzione del contratto, per l’avveramento della clausola risolutiva espressa, con raccomandata del 7.12.2004, ottenendo poi il pagamento della somma di Euro 2.871,53. L’attore chiedeva che il C. fosse condannato al rilascio immediato del terreno ed al pagamento di un’indennità di occupazione.

Il tribunale rigettava la domanda sul rilievo che il Servizio riscossione dei tributi aveva effettuato il pignoramento presso il C., quale terzo debitore del canone dovuto al B., e che solo in data 16.12.2004 il C. era in grado di pagare il residuo dell’espropriazione presso terzi in favore del B., come appunto era avvenuto il 22.1.2005.

La Corte di appello di Venezia, sez. spec. Agraria, adita dall’attore, rigettava l’appello, ribadendo che la clausola risolutiva espressa operava solo in relazione al mancato pagamento di un’intera rata annuale di canone; che nella fattispecie, detratto quanto pignorato dal Servizio riscossione tributi ed a questi pagato quale terzo pignorato, residuava la somma di Euro 2781,53, pagata, seppure tardivamente.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’attore.

Resiste con controricorso C.L., che ha anche proposto ricorso incidentale.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza poichè la corte territoriale è incorsa in errore di fatto in ordine al momento (erroneamente ritenuto tempestivo) in cui il conduttore ha pagato la somma di Euro 6.373,04, che è avvenuto solo in data 16.12.2004 in favore del Servizio della riscossione tributi, allorchè esso conduttore aveva già ricevuto la raccomandata di risoluzione del contratto.

2. Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis.

In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. S.U. 1.10.2007, n. 20603; Cass. 18.7.2007, n. 16002).

Nella fattispecie manca sia la chiara indicazione del fatto controverso, sia, soprattutto, il momento di sintesi.

3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1456 c.c., in ordine alla responsabilità per colpa del debitore. – violazione del principio della colpa presunta di cui all’art. 1218 c.c. – violazione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto.

Assume il ricorrente che il conduttore fin dal 27.11.2003 conosceva il provvedimento di assegnazione della somma al servizio di riscossione tributi, mentre effettuò il pagamento solo il 16.12.2004 e versò il residuo canone di Euro 2871,53 in data 22.1.2005 ad esso attore, ciò in violazione del principio di responsabilità per colpa presunta del debitore ex art. 1218 c.c., ed in violazione dei principi in tema di clausola risolutiva espressa.

4. Il motivo è infondato.

La clausola risolutiva espressa non può essere ricondotta tra quelle che sanciscono limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, aggravando la condizione di uno dei contraenti, perchè la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto è insita nel contratto stesso e tale clausola non fa che rafforzare detta facoltà ed accelerare la risoluzione, avendo le parti anticipatamente valutato l’importanza di un determinato inadempimento, e quindi eliminato la necessità di un’indagine "ad hoc" avuto riguardo all’interesse dell’altra parte. Ciò non esclude che un inadempimento della controparte successivo alla stipulazione del contratto e non collegato a quello sancito dalla clausola risolutiva espressa non possa portare il giudice a considerare paralizzata l’efficacia della clausola stessa (n. 20818 del 26/09/2006).

Infatti la stipulazione di una clausola risolutiva espressa non significa che il contratto possa essere risolto solo nei casi espressamente previsti dalle parti, rimanendo fermo il principio per cui ogni inadempimento di non scarsa rilevanza può giustificare la risoluzione del contratto, con l’unica differenza che, per i casi già previsti dalle parti nella clausola risolutiva espressa, la gravità dell’inadempimento non deve essere valutata dal giudice (4369 del 16/05/1997).

5. Nella fattispecie la corte di merito ha rilevato che la clausola risolutiva espressa prevista nel contratto era relativa solo al mancato intero pagamento del canone annuale, mentre nella fattispecie il mancato pagamento atteneva solo alla somma residua del canone annuale pari ad Euro 2781,53.

Il ritardato pagamento di questa somma residua, quindi, non costituendo più una delle ipotesi di operatività della clausola risolutiva, correttamente doveva essere valutato dal giudice di merito ai fini della gravità. Avendo il giudice accertato che tale somma era stata "seppure tardivamente, versata una volta che C. aveva assolto definitivamente il suo obbligo di versare parte del suo debito verso il B. all’ufficio riscossione tributi" e quindi, sia pure implicitamente escluso la gravità di tale inadempimento, correttamente ha rigettato l’appello.

6. Con l’unico motivo di ricorso incidentale C.L. lamenta la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver la corte di appello disposto la compensazione delle spese del giudizio di appello per giusti motivi, senza specificare gli stessi.

7. Il motivo è infondato.

La corte di merito ha, infatti, motivato la compensazione delle spese per l’esistenza di giusti motivi individuati nella "controvertibilità delle questioni trattate", mentre il ricorrente non censura la sentenza sul punto per vizio motivazionale di tali ragioni di compensazione ex art. 360 c.p.c., n. 5. 8. Vanno quindi rigettati entrambi i ricorsi. Stante la reciproca soccombenza, vanno compensate le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta.

Compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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