Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-05-2012, n. 8729 Affitto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al tribunale di Salerno, sez. spec. agraria, S. T. assumeva che con contratto del 15.7.1995 essa, in una a M.M., aveva concluso un contratto di affitto agrario di alcuni fondi di M.L. in agro di (OMISSIS); che, autorizzate dal M., avevano effettuato opere di miglioramento agrario, con contributo pubblico in conto capitale pari al 50-75% della spesa; che M.M. aveva esercitato il recesso dal contratto il 15.8.1998; che il 26.11.1998 M.L. concludeva un secondo contratto di affitto con la sola S.T.; che la clausola n. 8 di questo secondo contratto prevedeva che eventuali miglioramenti agrari non davano diritto ad alcuna remunerazione per aumento di valore del fondo; che nel 1999 vi fu un consistente movimento franoso nel terreno, con inagibilità delle strutture edilizie ivi esistenti; che aveva essa affittuaria presentato alla Comunità montana richiesta di autorizzazione per ripristino del fondo, in parte poi finanziato dalla p.a. a fondo perduto; che essa ricorrente, avendo anticipato delle spese in precedenza, non aveva pagato il canone relativamente all’annata agraria 2003/4; che il Tribunale di Salerno, sez. spec. agr., aveva dichiarato la risoluzione del contratto e dichiarato improponibile la riconvenzionale in merito ai miglioramenti ed alle spese effettuate di essa S.; che era stato effettuato un accertamento tecnico preventivo per la determinazione e quantificazione dei miglioramenti.

La ricorrente S. nell’attuale giudizio chiedeva quindi che il convenuto M.L. fosse condannato al pagamento del 50% dei miglioramenti eseguiti durante il primo contratto ed il 100% di quelli eseguiti durante il secondo contratto, previa declaratoria di nullità della clausola n. 8 del secondo contratto, con riduzione del canone di affitto previsto dal contratto del 1998 in L. 28 milioni, tenendo conto del mancato godimento per la frana.

Si costituiva e resisteva M.L..

Il tribunale di Salerno rigettava la domanda.

Proponeva appello S.T., che chiedeva l’accoglimento della domanda.

Resisteva l’appellato, che proponeva appello incidentale, in relazione al punto che la domanda di indennità per miglioramenti doveva essere dichiarata inammissibile per formazione di precedente giudicato, costituito dalla sentenza del Tribunale di Salerno di improponibilità delle domande riconvenzionali della S..

La corte di appello, sez. spec. agr., con sentenza depositata il 27.2.2008, rigettava entrambi gli appelli.

Riteneva la corte di appello, decidendo sull’appello incidentale, che la precedente sentenza del tribunale di Salerno, statuendo sulla improponibilità della domanda, non poteva formare giudicato sul merito.

Quanto alle domande della S., riteneva la corte che l’accertamento tecnico preventivo era nullo nella sola parte in cui esprimeva valutazioni ed assumeva prove documentali; che nessuna indennità andava concessa in relazione ai miglioramenti relativi al primo contratto non essendo provati gli esborsi effettuati e dovendo non computarsi i finanziamenti pubblici; che la clausola n. 8 relativa al secondo contratto di rinunzia all’indennità per miglioramenti era valida perchè stipulata davanti alle associazioni di categoria L. n. 203 del 1982, ex art. 45; che per le stesse ragioni andavano rigettate le domande di rimborso delle spese in eccedenza rispetto alle somme erogate; che neppure doveva effettuarsi la riduzione del canone per diminuzione di godimento del fondo e dei fabbricati rurali per la frana per carenza di corrispettività e per mancanza di prove in merito all’intervallo temporale di ridotto godimento ed alle conseguenze negative effettivamente patite.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione S. T., che ha anche presentato memoria.

Resiste con controricorso M.L., che ha anche proposto ricorso incidentale.

Motivi della decisione

1.Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi.

Con il primo motivo del ricorso principale il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 421 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta il ricorrente il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza per avere da una parte dichiarato la nullità della c.t.u. e dall’altra ritenuto che tale c.t.u. ed i documenti ad essa allegati erano entrati a far parte del materiale probatorio suscettibile di esame, nonchè per avere immotivatamente ritenuto che tale consulenza fosse nulla per eccesso dai quesiti.

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: "Se il giudice possa, nel giudizio agrario, svoltosi con il rito del lavoro, avvalersi, al fine di accertare la verità materiale, anche di eventuali elementi acquisiti dal ctu in eccedenza al mandato ricevuto per superare eventuale incertezza sui fatti costitutivi dei diritti in contestazione quando tale relazione sia stata regolarmente acquisita al processo". 2.1. Il motivo è inammissibile per mancato rispetto dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie per essere stata la sentenza impugnata pubblicata anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69.

Secondo l’art. 366-bis c.p.c., i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea giustificare la decisione.

Il quesito di cui all’art. 366-bis c.p.c., rappresentando la congiunzione fra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, non può esaurirsi nella mera enunciazione di una regola astratta, ma deve presentare uno specifico collegamento con la fattispecie concreta, nel senso che deve raccordare la prima alla seconda ed alla decisione impugnata, di cui deve indicare la discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto, essendo evidente che una medesima affermazione può essere esatta in relazione a determinati presupposti ed errata rispetto ad altri. Deve pertanto ritenersi inammissibile il ricorso che contenga quesiti di carattere generale ed astratto, privi di qualunque indicazione sul tipo della controversia, sugli argomenti addotti dal giudice "a quo" e sulle ragioni per le quali non dovrebbero essere condivisi ( Cass. civ., Sez. Unite, 14/01/2009, n. 565).

Segnatamente nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. S.U. 1.10.2007, n. 20603; Cass. 18.7.2007, n. 16002).

Nella fattispecie la formulazione del quesito non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c., poichè , anzitutto, esso non è conferente con la ratio decidendi, trascurando di esaminare che la sentenza impugnata ha ritenuto che i documenti in questione sono stati ritualmente versati nel presente giudizio in uno al ricorso introduttivo di primo grado e che – per tale via – sono stati ricondotti nello schema ordinario del processo civile.

Inoltre tale quesito, in relazione alle censure in diritto risulta astratto.

3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè la violazione della L. n. 203 del 1982, artt. 116 e 16 e 17.

Il ricorrente censura l’impugnata sentenza sia perchè ha ritenuto che mancasse la prova in merito ai miglioramenti relativi al primo contratto, sia perchè ha erroneamente affermato che i finanziamenti pubblici per realizzare le opere andavano in ogni caso non computati nell’indennità. 4. Anche questo motivo è inammissibile per mancato rispetto del disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., poichè non è formulato alcun quesito di diritto nè vi è una specifica parte destinata alla chiara indicazione del fatto controverso ed all’illustrazione delle ragioni che rendono inidonea la motivazione a giustificare la decisione con un momento di sintesi, omologo del quesito di diritto (cfr. Cass. S.U. 16.11.2007, n. 23730) . 5. Per ragioni di sviluppo argomentativo va ora esaminato il quarto motivo di ricorso. Con esso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 2003 del 1982, artt. 17 e 45, ed art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo ovvero erronea interpretazione del contratto di affitto del 1998, in particolare della clausola n. 8, sotto il profilo di difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Assume la ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata ha statuito che sia valida una rinunzia per un diritto non ancora sorto ed entrato nel patrimonio dell’affittuario; che la sentenza impugnata non ha effettuato una corretta interpretazione della clausola, attribuendo ad essa valenza determinante nella conclusione del contratto e che tale clausola è affetta da nullità assoluta perchè subordinata a futuri eventuali diritti previsti da norme inderogabili ed avente un oggetto indeterminato.

6.1. Il motivo è infondato.

Come emerge dal ricorso (p. 40), la clausola n. 8 del secondo contratto prevedeva che: "l’affittuaria potrà eseguire …….. eventuali opere di miglioramento fondiario….. senza tuttavia richiedere al termine del contratto, una remunerazione per una eventuale maggiorazione di valore fondiario….".

La clausola in sè non sembra contenere una rinunzia ad un diritto futuro, come ritenuto dalla sentenza impugnata e dalla ricorrente, ma solo una pattuizione, inserita nell’ambito del sinallagma contrattuale, per cui il diritto di indennità L. n. 203 del 1982, ex art. 17, non sorge.

6.2. Tuttavia, anche a voler ritenere che la rinunzia preventiva ad un diritto ancora non sorto in fondo incide sul momento genetico del diritto rinunziato (Cass. 12548/1998), e che quindi sussista l’equazione tra "rinunzia preventiva ad un diritto" e "pattuizione che un diritto non sorga pure in presenza delle condizioni legittimanti", va osservato che non ogni rinunzia preventiva ad un diritto futuro e non ancora entrato nel patrimonio del rinunziante è nulla, ma solo quella che urti contro principi di ordine pubblico ovvero contro la causa stessa del contratto ovvero che sia vietata da norme inderogabili.

6.3. In merito alla rinunzia all’indennità per miglioramenti L. n. 203 del 1982, ex art. 17, è vero che gli unici due precedenti di questa Corte (n. 2316/2007 e 1873/2000)citati dalla sentenza impugnata non coprono la fattispecie in esame, poichè si riferiscono ad ipotesi in cui il diritto all’indennità era già entrato nel patrimonio dell’affittuario, per essere stata realizzata l’opera di miglioramento e la rinunzia interveniva successivamente.

La prima sentenza n. 1873 del 18/02/2000 tuttavia osservava in motivazione che la L. n. 203 del 1982, art. 17, comma 2, per un verso nella sua prima parte, stabilisce che l’affittuario che ha eseguito opere di miglioramento, addizioni e trasformazioni ha diritto alla relativa indennità quale risultante al momento della cessazione del rapporto, per altro verso la seconda parte della norma medesima dispone che "le parti possono convenire la, corresponsione di tali indennità anche prima della cessazione del rapporto".

Riteneva la detta sentenza che il significato ermeneutico di quest’ultima disposizione non può non comprendere anche la possibilità di rinunciare all’indennità spettante per i miglioramenti anteriormente – ovvero nel corso o all’inizio dello stesso – alla cessazione del rapporto, in quanto facente parte comunque della regolamentazione della "corresponsione" dell’indennità. 6.4. Ritiene questa Corte che vada affermata la validità della rinunzia preventiva all’indennità per i miglioramenti fondiari L. n. 203 del 1982, ex art. 17, purchè essa sia effettuata nell’ambito di accordi stipulati a norma dell’art. 45 stessa legge, con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali. In mancanza di tale procedimento, la rinunzia preventiva è nulla, poichè essa è diretta a regolamentare un diritto dell’affittuario in maniera diversa da quella fissata dalla L. n. 203 del 1982, art. 17. 6.5. La L. n. 203 del 1982, art. 45, ha sostituito dalla L. 11 febbraio 1971, n. 11, art. 23, comma 3, per cui quest’ultimo nel testo vigente così recita: "Le rinunce e le transazioni, che hanno per oggetto diritti dell’affittuario derivanti dalla presente legge e da ogni altra legge, nazionale o regionale, non sono valide.

L’impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza nei termini stabiliti dall’art. 2113 cod. civ.. Sono validi tra le parti, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari, gli accordi, anche non aventi natura transattiva, stipulati tra le parti stesse in materia di contratti agrari con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, e le transazioni stipulate avanti al giudice competente.

Nelle province di Trento e di Bolzano l’assistenza può essere prestata anche dalle organizzazioni professionali agricole provinciali". 6.6. Nella fattispecie la rinunzia preventiva all’indennità per miglioramenti è affetta da nullità solo in quanto mira ad eludere un diritto previsto dalla L. n. 203 del 1982, in favore dell’affittuario, senza che sia prevista la possibilità di deroga convenzionale (se non quella assunta con le forme dell’art. 45 cit.).

Nei confronti di diritti ancora non sorti o maturati previsti dalla legge in favore dell’affittuario la preventiva disposizione comporta la nullità dell’atto, poichè essa è diretta a regolamentare gli effetti del rapporto di affitto in maniera diversa da quella fissata dalle norme di legge (Cfr. in tema di rapporto di lavoro: Cass. n. 12561 del 26/05/2006; Cass. n. 13834/2001).

6.7. Non può, invece ravvisarsi una nullità della rinunzia ai miglioramenti perchè contraria a principi di ordine pubblico o alla causa del contratto.

Infatti in tema di disposizioni generali relativi alla locazione, previsti dal capo 6^, sez. 5^ del libro quarto del codice civile, che, giusto quanto si legge nella relazione del Guardasigilli ed è pacifico in giurisprudenza e dottrina, domina le successive sezioni, in quanto queste non contengono se non integrazioni, deroghe o adattamenti suggeriti dalla particolare natura dell’oggetto del contratto, l’art. 1592 c.c., espressamente prevede che "il conduttore non ha diritto a indennità per miglioramenti apportati alla cosa locata", salvo particolari disposizioni di legge o usi.

Ciò significa che la mancanza, anche genetica, di un diritto all’indennità per i miglioramenti apportati dal conduttore alla cosa locata non urta contro principi di ordine pubblico o contro la causa della locazione.

Pertanto la disposizione normativa che preveda in determinati casi (come in materia di affitto agrario) tale indennità, costituisce una scelta discrezionale del legislatore, al quale anche è riservato stabilire se ed in quali termini tale norma è derogabile.

6.8. Nella fattispecie di affitto agrario la L. n. 203 del 1982, art. 45 (che ha sostituito il comma 3, art. 23, L. n. 11 del 1971) ha statuito appunto che le parti possono derogare alle norme vigenti in materia di contratti agrari purchè l’accordo, anche non transattivo, avvenga con l’assistenza delle associazioni di categoria.

Tanto è avvenuto nella fattispecie in relazione al secondo contratto (come accertato dal giudice di merito), con la conseguenza che è valida la clausola n. 8 che appunto prevede che non sorga alcun diritto all’indennità in favore dell’ affittuaria per eventuali miglioramenti fondiari.

7. Il terzo motivo di ricorso, con cui la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. 3 maggio 1982, n. 203, artt. 16 e 17, L. n. 392 del 1978, art. 34, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ed il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 5, presenta 2 ragioni di inammissibilità.

Tale motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se l’affittuario coltivatore diretto, che ha realizzato, su autorizzazione del concedente, miglioramenti, addizioni o trasformazioni, ai sensi della L. n. 203 del 1982, art. 16, ha diritto alla data della cessazione del rapporto, sempre che tali opere sussistano ancora all’indennizzo previsto dall’art. 17, comma 2, stessa legge, pari alla differenza tra il valore di mercato del fondo alla data predetta, e quello alla stessa data – ove non fosse stato trasformato – senza onere di dimostrare la spesa sostenuta e di detrarre la quota di eventuale finanziamento pubblico ricevuto" 8.1. Ritiene il collegio che tale quesito non risponda al paradigma normativo di cui all’art. 366 bis c.p.c.. La formulazione del quesito prevista dall’art. 366-bis cod. proc. civ., postula l’enunciazione, ad opera del ricorrente, di un principio di diritto diverso da quello posto a base del provvedimento impugnato e perciò tale da implicare un ribaltamento della decisione adottata dal giudice "a quo" (Cass. 22.6.2007, n. 14682). La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è – infatti – finalizzata a porre il giudice della legittimità in condizione di comprendere, in base alla sola sua lettura, l’errore di diritto asseritamente compiuto e di rispondere al quesito medesimo enunciando una "regula iuris". (Cass. Sez. Unite, 05/02/2008, n. 2658).

Nella fattispecie il quesito prescinde dal tenore della L. n. 203 del 1982, art. 17, nè indica la regola iuris errata applicata al caso concreto dal giudice a quo e quella che dovrebbe essere sostituita.

8.2. In ogni caso sussiste un’ulteriore ragione di inammissibilità del motivo di ricorso in esame.

Il rigetto del quarto motivo comporta l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse del terzo motivo, in quanto il rigetto dell’indennità per i miglioramenti relativi al secondo contratto, si fonda autonomamente sull’esistenza della clausola 8 del contratto, con corretta motivazione giusto quanto detto nel rigettare il quarto motivo di ricorso.

Ciò comporta che risulta privo di interesse accertare se l’interpretazione della L. n. 203 del 1982, art. 17, sia stata correttamente effettuata dal giudice di appello in relazione all’indennità per i miglioramenti del secondo contratto.

8.3. A tal fine va osservato che, in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle "rationes decidendi" rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 24/05/2006, n. 12372; Cass. 16/08/2006, n. 18170; Cass. 29/09/2005, n. 19161).

9. Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente lamenta il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza nel rigetto della domanda subordinata del rimborso delle spese sostenute per la realizzazione delle opere sia durante il primo che il secondo contratto.

10.1. Il motivo è inammissbile.

Anzitutto il motivo in questione non è conforme al disposto dell’art. 366 bis c.p.c., per la mancanza della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria nonchè del momento di sintesi (Cass. S.U. 1.10.2007, n. 20603; Cass. 18.7.2007, n. 16002. 10.2. In ogni caso l’inammissibilità del motivo discende anche dalla richiesta a questa Corte di valutazioni di merito, non rientranti nei suoi poteri.

Il giudice di appello ha ritenuto non provati gli esborsi ed ha ritenuto inammissibile un’articolazione di prove costituende operata dalla S. in appello, con generico riferimento alle circostanze di fatto esposte nelle varie pagine precedenti ovvero un’istanza di c.t.u., che dovrebbe sopperire all’inerzia probatoria colpevole dell’onerata, che doveva essere in grado di provare i pagamenti effettuati.

Trattasi di valutazioni di merito che rientrano nei poteri del giudice di appello e che sono insindacabili in questa sede di mero sindacato di legittimità, non presentando un vizio di insufficienza o contraddittorieta di motivazione.

Va, infatti, osservato che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta ai suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne deriva, pertanto, che alla cassazione della sentenza, per vizi della motivazione, si può giungere solo quando tale vizio emerga dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, che si rilevi incompleto, incoerente e illogico, e non già quando il giudice del merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte.

(Cass. S.U. 27/12/1997, n.13045, Cass. 14/02/2003, n.2222; Cass. 25.8.2003, n.12467; Cass. 15.4.2000, n. 4916).

11. Con il sesto motive di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1639 e 1584 c.c., L. n. 11 del 1971, art. 1, art. 360 c.p.c., n. 3, ed il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Lamenta la ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata non ha accolto la domanda di riduzione del canone o risarcimento del danno derivante dalla diminuzione di godimento del fondo per il periodo successivo all’evento franoso del 1999 e fino al ripristino, non considerando nè la c.t.u. nè la documentazione della Comunità montana prodotta ed affermando erroneamente che non sarebbe stata fornita la prova della corrispettività tra l’entità del canone ed i fabbricati rurali interessati dalla frana.

12.1. Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata adotta due rationes decidendo per il rigetto della domanda di riduzione del canone conseguente alla diminuzione di godimento del fondo per sopravvenuta frana.

Anzitutto la sentenza impugnata afferma l’inesistenza di corrispettività tra l’entità del canone e l’analitica conformazione dei beni esistenti sul fondo e colpiti dalla frana.

Tale affermazione urta contro il principio del rispetto dell’equilibrio sinallagmatico tra prestazione e controprestazione.

Tanto in considerazione del fatto che, alla luce dei principi generali dell’ordinamento giuridico, il giudice è chiamato ad operare un controllo sul rispetto dell’equilibrio minimo nel sinallagma contrattuale ed, eventualmente, ad esercitare una funzione correttiva della volontà manifestata dalle parti, come si evince da numerosi istituti codicistici, quali l’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.) l’azione generale di rescissione per lesione (art. 1448 c.c.), la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità (art. 1467 c.c.), il potere conferito al giudice di ridurre l’indennità dovuta per la risoluzione della vendita con riserva di proprietà (art. 1526 c.c.), il potere conferito al giudice di limitare d’ufficio la penale manifestamente eccessiva (art. 1384 c.c.), il principio dell’efficacia retroattiva di cui all’art. 1458 c.c., comma 1, per cui nei contratti caratterizzati da un’esecuzione continuata, come nella specie, in caso di scioglimento, qualora una prestazione già eseguita non sia proporzionale all’altra occorre che, anche attraverso una restituzione parziale, sia ristabilito l’equilibrio sinallagmatico tra prestazioni e controprestazioni, e da istituti non codicistici quali le disposizioni di cui alla L. n. 108 del 1996, volte al ripristino dell’equilibrio contrattuale nei contratti stipulati con gli intermediari finanziari, istituti tutti da leggersi in senso conformativo ai precetti costituzionali, individuati nel dovere di solidarietà nei rapporti intersoggettivi (art. 2 Cost.).

12.2. Segnatamente nelle disposizioni generali in tema di contratto di locazione costituisce espressione del principio del rispetto dell’equilibrio sinallagmatico in fase esecutiva del contratto il principio di cui all’art. 1584 c.c., che prevede una riduzione del corrispettivo in caso di diminuita godibilità del bene per effetto della necessità di opere di ripristino.

Va solo specificato che la norma, per quanto dettata con riferimento a riparazioni che debba eseguire il locatore, si applica anche nel caso in cui tali lavori di ripristino debbano essere effettuati dal conduttore,per accordi negoziali, con la sola particolarità che, in questo caso il conduttore, per il dovere di correttezza e buona fede nella esecuzione dei contratti, è tenuto ad eseguire nel più breve tempo possibile (Cass. 02/11/1992, n. 11856).

Tale principio generale trova applicazione anche in tema di affitto agrario, con la conseguenza che, in presenza di mancato godimento del fondo per dissesti superiori alla normale tollerabilità, il canone va proporzionalmente ridotto in relazione alla durata del ripristino ed all’entità del mancato godimento.

13.1. Fondata è anche la censura del vizio di motivazione che attinge la seconda ratio decidendi, secondo cui la pretesa sarebbe priva di prova in merito a tale riduzione di godimento.

Infatti, nonostante che la domanda della ricorrente si riportasse alla descrizione dei luoghi contenuta nell’accertamento tecnico preventivo per ing. D. con l’indicazione del movimento franoso e della sua estensione (interessante mq. 7000, oltre ai fabbricati rurali) e la ricorrente avesse prodotto e si fosse riportata a documentazione della Comunità montana (espressamente richiamata a pag. 4 9 del ricorso), la sentenza di appello non ha valutato tali elementi probatoria con ciò incorrendo nel lamentato vizio motivazionale.

Poichè gli elementi trascurati dal giudice di merito sono potenzialmente idonei a condurre a diversa decisione, tanto integra il vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5. 13.2. Infatti la decisività richiesta dall’art. 360 c.p.c., n. 5, per integrare il vizio di motivazione è costituita dalla potenziale idoneità di un elemento, risultante dal processo e non sottoposto ad adeguata critica da parte del giudicante, a determinare una decisione diversa, atteso che la decisione deve essere il risultato necessario di un percorso volto ad escludere ogni alternativa e che la motivazione è la descrizione di questa necessità, sia in positivo, attraverso l’esplicitazione degli elementi interni al ragionamento del giudicante, sia in negativo, attraverso la critica di elementi (di natura materiale, logica o processuale) che, rimasti estranei al ragionamento del giudice, sarebbero stati idonei a determinare una decisione diversa da quella adottata (Cass. 02/04/1999, n. 3183).

14. Con il ricorso incidentale il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ed il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza.

Assume il ricorrente incidentale che la sentenza del Tribunale di Salerno, sez. spec. agraria, n. 1740/05, lungi dal limitarsi ad affermare l’improponibilità della domanda riconvenzionale avanzata dalla S. per i miglioramenti, aveva poi nella motivazione riconosciuto l’inesigibilità dell’indennità per la validità della clausola contrattuale n. 8. 15.1. Il suddetto motivo di ricorso, così come proposto, e cioè con riguardo al solo preteso giudicato attinente alla validità della clausola n. 8 del secondo contratto di locazione, deve ritenersi condizionato.

Hanno statuito le S.U. che anche alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, secondo cui fine primario di questo è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita (ove quest’ultima sia possibile) da parte del giudice di merito. Qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione, solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (Cass. S.U. n. 5456 del 06/03/2009).

15.2. Pertanto nella fattispecie, poichè sul punto della validità della clausola contrattuale n. 8 di inesigibilità dell’indennità per miglioramenti, il ricorrente incidentale era stato vittorioso, sia pure con diversa motivazione, e poichè la questione preliminare di merito attiene esclusivamente al preteso giudicato formatosi sul punto della validità di tale clausola, il ricorso incidentale deve ritenersi necessariamente condizionato, poichè altrimenti sarebbe inammissibile per carenza di interesse.

Va, anzi rilevato che già in secondo grado l’impugnazione incidentale era inammissibile, in quanto la parte totalmente vittoriosa in primo grado non può impugnare la sentenza per vedere accolte le proprie ragioni in appello con una diversa (anche se eventualmente più corretta) motivazione, mancando la soccombenza e quindi l’interesse concreto. In relazione alle ragioni disattese o non esaminate dal giudice di primo grado l’appellato, totalmente vittorioso in primo grado, deve limitarsi alla mera riproposizione delle stesse ex art. 346 c.p.c..

15.3. Sennonchè il motivo di ricorso proposto dalla S. in merito alla statuizione del giudice di appello di validità della clausola n. 8 del secondo contratto e di inesigibilità dell’indennità per i miglioramenti (motivo n. 4) è stato rigettato da questa Corte. Sullo specifico punto, unico oggetto del ricorso incidentale, il M. rimane totalmente vittorioso: ciò comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

16. In conclusione, quanto al ricorso principale, va accolto il sesto motivo di ricorso e vanno rigettati i restanti. Va dichiarato assorbito il ricorso incidentale.

Va cassata, in relazione al motivo accolto, l’impugnata sentenza e rinviata la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Salerno, sez. spec. agr., in diversa composizione, che si uniformerà ai principi di diritto di cui al punto 12.2.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Accoglie il sesto motivo del ricorso principale e rigetta i restanti motivi. Dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Cassa, in relazione al motivo accolto, l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese alla Corte di appello di Salerno, sez. spec. Agraria, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *