Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-05-2012, n. 8727

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza n. 548/2005 il Tribunale di Roma respingeva l’opposizione proposta da Program Service avverso un decreto ingiuntivo con cui le era stato ingiunto di pagare in favore di G.G. la somma di Euro 9.915,97 oltre accessori a titolo di corrispettivo per la locazione, dall’agosto 1999 al giugno 2002, di un box metallico sito in territorio di (OMISSIS), al cui interno erano alloggiati apparati tecnici e i tralicci per le antenne di trasmissioni radiotelevisive.

Nella propria opposizione la Program Service aveva chiesto la revoca del decreto ingiuntivo per inesistenza del credito vantato dal G. in quanto il terreno, su cui poggiava il box metallico, era già oggetto di un rapporto di locazione con la I.D.A. srl;

quest’ultima aveva peraltro proposto intervento volontario sia ad adiuvandum la Program Service sia al fine di ottenere da parte del G. il rilascio dell’area, salvo a rinunciare successivamente all’intervento proposto contro il G.. Con la sentenza sopra indicata l’intervento della IDA veniva dichiarato inammissibile dal Tribunale per tardività. Avverso tale decisione la I.D.A. srl e la Program Service srl proponevano appelli separati, rispettivamente in via principale e incidentale, ed in esito al giudizio, la Corte di Appello di Roma respingeva entrambe le impugnazioni con sentenza depositata in data 5 febbraio 2009.

Avverso la detta sentenza la I.D.A. srl ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, distinti in vari sub motivi, illustrato da memoria difensiva.

Motivi della decisione

Con la prima doglianza, deducendo la violazione dell’art. 360, n. 5, per omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello omesso ogni motivazione in ordine alla qualificazione del box metallico come bene immobile non ancorato al suolo nè urbano, trovandosi su un’area, quella di (OMISSIS), sita sulla vetta di una montagna, assolutamente distante dai centri abitati. E ciò, benchè con il primo sub-motivo, su cui la Corte non si è assolutamente pronunciata, essa appellante avesse dedotto la violazione ed errata applicazione dell’art. 447 bis c.p.c., e la sua inapplicabilità nella fattispecie, avuto specifico riguardo alla qualificazione del bene locato come bene mobile extra- urbano.

Inoltre – e tale rilievo sostanzia il secondo sub- motivo, articolato sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 447 bis, 419 e 268 c.p.c. – la Corte di merito, avendo erroneamente applicato la norma di cui all’art. 447 bis c.p.c., ad una fattispecie cui, al contrario andava mantenuto il rito ordinario, aveva conseguentemente sbagliato dichiarando inammissibile l’intervento di essa I.D.A. sulla base dell’errata premessa che l’intervento andasse svolto ai sensi dell’art. 419 c.p.c., e non invece dell’art. 268 c.p.c..

Sia l’uno che l’altro sub-motivo di doglianza, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, non colgono nel segno. Ciò, con la opportuna puntualizzazione che il secondo dei sub motivi, investendo più specificamente la pretesa erroneità della declaratoria di inammissibilità dell’intervento in giudizio della attuale ricorrente, presenta un profilo indubbiamente assorbente sia sul piano logico che giuridico.

A riguardo, vale la pena di osservare che, secondo il consolidatissinno orientamento di questa Corte, ai fini dell’applicabilità della L. n. 392 del 1978, occorre tener presente che, in tema di locazione di immobile, la qualifica rispettivamente di "urbano" e di "rustico" non è collegata alla ubicazione dello stesso, bensì alla natura dell’attività che in esso si svolge, vale a dire, alla sua destinazione, e cioè, nel primo caso, alla destinazione ad uso abitativo, commerciale, professionale, industriale o artigianale (come nella specie) e, nel secondo caso, al servizio del fondo agricolo, senza che rilevi la sua eventuale ubicazione al di fuori della cinta cittadina (cfr ex multis Cass. n. 5871/82, Cass. n. 697/84, Cass. n. 6344/85, Cass. n. 2775/86, Cass. n. 4157/99).

Ed è appena il caso di osservare che all’interno del box erano alloggiati le apparecchiature tecniche di trasmissione e i tralicci per le antenne, ai fini dell’irradiazione del proprio segnale da parte di emittenti radiotelevisive.

Ne deriva l’assoluta infondatezza della ragione di censura, con cui la ricorrente ha dedotto che la Corte, erroneamente applicando la norma di cui all’art. 447 bis c.p.c., ad una fattispecie cui, al contrario andava mantenuto il rito ordinario, avrebbe conseguentemente sbagliato dichiarando inammissibile l’intervento di essa I.D.A. sulla base della premessa che l’intervento andasse svolto ai sensi dell’art. 419 c.p.c., e non invece dell’art. 268 c.p.c.. Ed è appena il caso di ribadire come la ritenuta infondatezza di tale subdoglianza abbia carattere assorbente rispetto alle ulteriori censure mosse dalla ricorrente, evidenziandone l’assoluta inammissibilità della partecipazione al giudizio. Ad ogni modo, al di là della accennata considerazione, è comunque inammissibile l’altro sub motivo, di cui alla prima doglianza, in quanto, come ha già avuto modo di statuire questa Corte (Cass. n. 5444/06, n. 1701/06, n. 27387/05) il vizio di "omessa pronuncia" è ontologicamente diverso da quello previsto dall’art. 360 c.p.c, n. 5 di "omessa motivazione su un punto decisivo della controversia" atteso che il primo (integrante un difetto di attività del giudice, quindi un error in procedendo, produttivo della nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4) si verifica quando l’omesso esame concerne direttamente una domanda ovvero un’eccezione introdotta in causa (e, pertanto, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costituitivi della domanda di appello), mentre nel secondo (costituente un vizio propriamente della decisione adottata) l’attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su di un’eccezione, ovverosia su uno dei fatti principali della controversia. Ed invero, il vizio di "omessa motivazione su un punto decisivo della controversia", presuppone (Cass. n. 4201/06, n. 3190/06, n. 1755/06) che il giudice abbia preso in considerazione la questione oggetto della domanda o dell’eccezione e l’abbia risolta, anche se senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la sua decisione. La premessa torna utile perchè la ricorrente in questa sede avrebbe dovuto dedurre la violazione da parte della Corte territoriale del disposto dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e non già il vizio di omessa motivazione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, onde l’inammissibilità della ragione di censura proposta, perchè, deducendo il vizio motivazionale, ha in realtà erroneamente individuato la categoria logico-giuridica del vizio deducibile in questa sede che, al contrario, se correttamente individuato, avrebbe potuto invece portare all’utile controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione. Ugualmente, non coglie nel segno la seconda doglianza, in nessuno dei suoi profili, il primo, fondato sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 1571 c.c. e art. 112 c.p.c., il secondo, fondato sull’illogica ed insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Ed invero "alla data in cui il G. stipulava il contratto con la Program Service, ossia il 28.1.99, il bene si trovava già nella detenzione qualificata della conduttrice e da anni ormai (dal 1991)", così scrive la ricorrente aggiungendo che il giudice del merito non aveva svolto alcuna indagine in tal senso, trascurando che il G. non aveva mai avuto la disponibilità materiale del box nè aveva effettuato il trasferimento del bene in favore della Program Service in quanto lo stesso le era stato già trasferito in detenzione qualificata (ossia locazione) dall’I.D.A..

La censura, oltre che inammissibile per taluni aspetti, è altresì infondata. A riguardo, mette conto di rilevare che la Corte di merito ha motivato le ragioni della sua decisione sulla base dei seguenti rilievi di fatto: 1) risultava documentato che tra il G. e la Program Service, in data 2.7.1999,era stato stipulato un contratto di locazione avente ad oggetto un box metallico, senza opere murarie, che sarebbe stato adibito ad uso di ricovero di macchinari ed attrezzature per la attività di trasmissione radiofonica 2) era pacifico che il G. mise a disposizione della conduttrice il box e che questa ne usufruì per il periodo in relazione al quale le fu richiesto il pagamento del canone contrattuale. Ora, le eccezioni sollevate dalla conduttrice Program Service non riguardavano la proprietà del box in capo al G. ma le pretese avanzate dall’I.D.A. e dal Comune sulla proprietà dell’area su cui era situato il box, circostanze queste assolutamente diverse dalla proprietà e dalla disponibilità del bene locato.

Tutto ciò premesso e considerato, a parte il fatto che la motivazione della sentenza appare assolutamente ben articolata, coerente nè presenta traccia del mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, con la conseguente infondatezza del vizio motivazionale dedotto, si deve rilevare che la questione, afferente alla pretesa assenza di disponibilità del box in capo al G., non solo è assolutamente nuova, e come tale, inammissibile ma risulta altresì infondata, alla luce degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito, oltre che apparire logicamente incongruente, non comprendendosi per quale bizzarra ragione la Program Service avrebbe dovuto stipulare nel 1999 un contratto di locazione, avente ad oggetto il godimento del box, con il G., avendo già la disponibilità giuridica e di fatto del medesimo box trasmessale sin dal 1991 dalla I.D.A. Nè meritano censura alcuna le considerazioni, poste dalla Corte a base della decisione impugnata, ove si consideri che il rapporto che nasce dal contratto di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha natura personale, con la conseguenza che chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederlo in locazione (Cass. n. 9493/07). Ne deriva che la relativa legittimazione è riconoscibile anche in capo al detentore di fatto, a meno che la detenzione non sia stata acquistata illecitamente circostanza neppure allegata nel caso di specie – senza che, per assumere la qualità di locatore, sia necessario che il soggetto sia proprietario o titolare di altro diritto reale sul bene locato.

Quanto all’ultima doglianza, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art. 14 c.p.c., art. 6, comma 5 D.M. Giustizia 1994-2004- tariffe forensi, art. 112 c.p.c., nonchè per vizio motivazionale, va osservato che essa è conclusivamente accompagnata dal seguente quesito: "Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se la questione relativa alla determinazione del valore della controversia ai sensi dell’art. 14 c.p.c., in relazione alla domanda svolta dalla I.D.A. srl debba essere considerata in relazione all’indeterminabilità della domanda e doveva comportare l’applicazione dell’art. 6 comma 5 Tariffe Forensi 1994-2004 in relazione allo scaglione da Euro 25.000 a Euro 52.0000 da parte della Corte d’Appello in riforma della sentenza del Tribunale".

La censura è inammissibile sia perchè, con riferimento al profilo del vizio motivazionale, manca del tutto il momento di sintesi sia perchè, con riferimento al profilo attinente alla dedotta violazione di legge; il quesito di diritto non soddisfa le prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.. Ed invero, costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui l’ammissibilità del motivo di impugnazione è condizionata alla formulazione di un quesito, compiuta ed autosufficiente, dalla cui risoluzione scaturisce necessariamente il segno della decisione (Sez. Un. 28054/08) e che deve escludersi che il quesito possa essere integrato dalla Corte attraverso un’interpretazione della motivazione (Cass. 14986/09). Nel caso di specie, il quesito formulato, non presenta i requisiti indicati non consistendo in un interrogativo che contenga, sia pure sintetizzandola, l’indicazione della questione di diritto controversa e la formulazione del diverso principio di diritto rispetto a quello che è alla base del provvedimento impugnato, di cui la ricorrente, in relazione al caso concreto, chiede l’applicazione, in modo da circoscrivere l’oggetto della pronuncia nei limiti di un accoglimento o di rigetto del quesito stesso (Sez.Un. n. 23732/07, n. 20360 e n. 36/07). Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato, senza che occorra provvedere sulle spese in quanto la parte vittoriosa, non essendosi costituita, non ne ha sopportate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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