Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-05-2012, n. 8725 Inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte di appello di Lecce ha confermato la risoluzione del contratto di locazione di un locale adibito a bar, contratto intercorso fra Ro.Ro., locatrice, e R.B., conduttrice, per inadempimento della conduttrice all’obbligo assunto con il contratto di locazione di stipulare un contratto di assicurazione del locale contro i rischi di incendio, atti vandalici, scoppio o distruzione, nonchè contro la responsabilità civile, per il massimale non inferiore ad Euro 500.000,00, e con indennizzo vincolato in favore della locatrice.

La R. aveva bensì stipulato il contratto, ma con massimale di Euro 40.000,00, senza copertura dei rischi da scoppio, distruzione e atti vandalici e senza vincolare l’indennizzo in favore della locatrice.

La Corte di appello ha ritenuto che l’inadempimento sia stato sufficientemente grave da giustificare la risoluzione del contratto.

La R. propone tre motivi di ricorso per cassazione. Resiste la Ro. con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1369 cod. civ., art. 1891 e di altre norme del codice civile, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, la ricorrente addebita alla Corte di appello di avere erroneamente interpretato sia il contratto di locazione, che non avrebbe posto a suo carico l’obbligo di concludere un contratto di assicurazione "per conto di chi spetta" (nella specie, per conto della locatrice), ma solo di stipularlo a beneficio della locatrice e dei terzi danneggiati; di avere male interpretato il contratto medesimo, il cui art. 68 include la proprietaria del locale fra i beneficiari del diritto all’indennizzo, così realizzando lo scopo perseguito dalla locatrice; di avere trascurato di considerare che essa ha stipulato l’assicurazione per un massimale addirittura superiore ad Euro 500.000,00, cioè per un massimale di Euro 550.000,00, salvo che per il rischio di furto il cui massimale non può essere superiore al valore dell’immobile, che nella specie è di Euro 40.000,00; che erroneamente la Corte ha ritenuto che la polizza non coprisse i rischi da scoppio, distruzione, atti vandalici, che sono invece compresi.

2.- Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 1455 cod. civ., arrt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ., per avere la Corte di appello ritenuto che le difformità della polizza di assicurazione costituissero inadempimento sufficientemente grave da giustificare la risoluzione del contratto.

3.- Entrambi i motivi sono inammissibili sotto più di un profilo.

In primo luogo la ricorrente denuncia l’erronea interpretazione del contratto, senza indicare quale sia il preciso tenore delle clausole oggetto di contestazione; senza dare atto di avere prodotto il contratto medesimo, nè se esso sia stato comunque acquisito al giudizio; senza specificare come il relativo documento sia contrassegnato e dove sia reperibile fra gli altri atti e documenti di causa, come prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 6, con riguardo agli atti ed ai documenti su cui il ricorso si fonda (Cass. civ. 31 ottobre 2007 n. 23019; Cass. civ. Sez. 3, 17 luglio 2008 n. 19766; Cass. civ. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547, Cass. civ. Sez. Lav, 7 febbraio 2011 n. 2966, fra le tante; e da ultimo Cass. civ. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726, quanto alla necessità della specifica indicazione del luogo in cui il documento si trova).

In secondo luogo entrambi i motivi mettono in questione accertamenti in fatto della Corte di appello circa la conformità o meno della polizza a quanto disposto con il contratto di locazione e circa l’importanza dell’inadempimento, accertamenti che non sono suscettibili di riesame in sede di legittimità, ove risultino correttamente motivati.

Le censure della ricorrente investono il merito della decisione; non mettono in evidenza nè illogicità od incongruenze interne al ragionamento in base al quale la Corte di appello è pervenuta alla sua decisione; nè violazioni di specifiche norme in tema di interpretazione dei contratti, al di là del formale richiamo delle norme stesse nell’intestazione del motivo.

4.- Il ricorso deve essere rigettato.

5.- Le spese del presente: giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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