Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-07-2011) 21-11-2011, n. 42944 Associazione per delinquere Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza, emessa il 14.12.2010, ex art. 309 c.p.p., il tribunale di Catanzaro ha annullato l’ordinanza 23.10.2010 del Gip del medesimo tribunale, applicativa della misura della custodia cautelare a P.F., limitatamente ai reati di cui al capo 16 e al capo 36 della provvisoria incolpazione; ha confermato nel resto l’ordinanza emessa in ordine ai reati D.P.R. n. 309 del 1990, ex artt. 74 e 73.

Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge, in riferimento agli artt. 309, 149 e 178 c.p.p.: il P. ha nominato l’avv. Barillà Davide quale difensore di fiducia, che lo ha assistito, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, svoltosi in rogatoria, dinanzi al Gip del tribunale di Reggio Calabria.

Il 6.12.2010, l’avv. Barillà ha depositato presso la cancelleria del tribunale di Reggio Calabria richiesta di riesame. La data dell’udienza del 14.12.2010 è stata comunicata telefonicamente al difensore, con conferma ex art. 149 c.p.p., comma 5 al destinatario, mediante telegramma, consegnato il 13.12.2010, cioè il giorno precedente la data dell’udienza camerale; è stato quindi violato il disposto dell’art. 309 c.p.p., comma 8, che fissa il termine dell’avviso almeno tre giorni prima.

Le dichiarazioni del P. sono state rese al tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, senza che sia stato dato avviso al difensore di fiducia e in assenza del difensore di ufficio, avvisato e non comparso.

2. violazione di legge, in riferimento all’art. 273 c.p.p., D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74: il tribunale del riesame si sofferma sulle linee generali dell’ipotesi del delitto associativo e sulle indagini svolte in merito, ma non indica quale siano stati il ruolo e il contributo allo sviluppo e consolidamento dell’associazione riferibili al P.. Il Gip ha attribuito all’indagato la qualifica di "grossista" del sodalizio facente capo a B. D., ma i contatti tra i due risultano dalle intercettazioni telefoniche e dal complesso delle indagini della polizia giudiziaria del tutto sporadici. Sono state utilizzate le dichiarazioni dell’ A.P., che dovrebbe risultare indagato per il reato ex art. 73 del D.P.R. e quindi interrogato con le garanzie ex artt. 63 e 64 c.p.p., in assenza delle quali le dichiarazioni sono inutilizzabili.

Va poi rilevato, quanto al fatto di cui al capo 26 del 3.7.2008, che è stato prodotto il certificato di detenzione, attestante la sua presenza nella casa circondariale di Reggio Calabria dal primo luglio al 4 agosto. Per eludere il problema, il tribunale fa regredire il fatto al marzo precedente.

Indagini difensive hanno poi accertato che il P. ha conosciuto B.D. il 14.5.2007, nell’ambito di rapporti umani, nati tra le due famiglie, ma il tribunale ignora il risultato di questa indagine.

Ad avviso del ricorrente risulta dimostrata solo una trattativa con il B. e su questo dato è impossibile fondare l’accusa di partecipazione ad associazione criminosa.

Quanto ai singoli capi di imputazione, il ricorrente sostiene che mancano i gravi di indizi di colpevolezza, in quanto sul reato sub 13, i contatti con B.G. sono di natura amicale e le intercettazioni dimostrano che nelle conversazioni nessun riferimento, nemmeno allusivo, è fatto a sostanze stupefacenti. La conversazione è finalizzata a un incontro tra i due e solo grazie a deduzioni, tratte da altre conversazioni e da tabulati dell’utenza dell’indagato, il giudice arriva alla conclusione che una partita di droga è stata fornita dal P., all’inizio del (OMISSIS), ai soggetti rom di via (OMISSIS), ignorando così le argomentazioni difensive sull’insufficienza del tabulato, quale unico riscontro. Altre deduzioni e altri accostamenti tra telefonate dei primi giorni di (OMISSIS) portano a concludere per una vendita di stupefacente;

sul reato sub 24 il materiale è scarno e insufficiente per la dimostrazione della sussistenza di indizi di colpevolezza;

sul reato sub 26 è stata dimostrato lo stato di detenzione.

3. violazione di legge in riferimento all’art. 274 c.p.p., D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74: non vi è pericolo di inquinamento delle prove, costituite solo da intercettazioni telefoniche; non vi è pericolo di fuga, in quanto da subito è stato arrestato; non vi è pericolo di reiterazione del reato.

Le doglianze di carattere processuale sono infondate. La notifica dell’avviso ex art. 309 c.p.p., comma 8 si è perfezionata al momento della comunicazione telefonica, essendo l’invio del telegramma finalizzato solo a verificare la serietà della comunicazione orale (Cass. 12.12.1990, in Cass. pen. 1992, 713). Pertanto il termine di tre giorni è stato rispettato. In merito all’altra doglianza, va rilevato che, qualora le dichiarazioni del detenuto al tribunale di sorveglianza siano rese in assenza del difensore di fiducia non preventivamente avvisato (l’avviso è stato notificato al difensore d’ufficio), non sussiste nullità ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 179 c.p.p., comma 1, in quanto l’invito "ad audiendum", ai sensi dell’art. 127 c.p.p. non è assimilabile a un interrogatorio ovvero a un esame, bensì alla richiesta di rilasciare spontanee dichiarazioni nell’ambito della procedura camerale, che non prevede il diritto del difensore a essere presente e, pertanto, l’omesso avviso non comporta alcuna nullità, (sez. 6, n. 19297 del 4.4.06, rv 23431).

Quanto alle doglianze sulla base indiziaria ex art. 273 c.p.p., legittimante la misura di coercizione personale, va preliminarmente rilevato che in ordine ai reati D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, i giudici di merito hanno descritto l’accertamento di fatti, attraverso le conversazioni intercettate, che razionalmente sono stati ritenuti dimostrativi della sussistenza di indizi concernenti la vendita di sostanza stupefacente, da parte del P., a B. G., considerato uno dei vertici dell’associazione criminosa.

Quanto al reato sub 13, l’ordinanza del tribunale del riesame rievoca e collega una serie di telefonate tra il B. a il P. (indicato con i nomi F., C., F.), tutte funzionali a creare le premesse per la consegna di una cosa (cocaina) presso l’abitazione del B., il 17.3.2008. In questo intreccio di telefonate si inserì anche la madre di quest’ultimo, Ab.Fr., dalla cui voce è emersa anche l’indicazione di una somma pagata per il quantitativo della cosa. In questa compravendita è stata accertato anche il coinvolgimento di A. P. – un tossicodipendente incaricato occasionalmente di verificare la qualità della droga acquistata dal B. -, il quale ha confermato il suo ruolo di assaggiatore della cocaina e ha effettuato un riconoscimento fotografico, attraverso il quale ha individuato nel P. uno dei due soggetti che effettuarono la consegna.

La rilevanza accusatoria delle dichiarazioni dell’ A. è stata convincentemente affermata dal tribunale del riesame, a fronte delle critiche della difesa, sotto due profili:

a) l’erroneità del tempo del fatto ((OMISSIS), invece di (OMISSIS)) non ne infirma l’attendibilità, ma ne conferma la natura spontanea e non precostituita;

b) va esclusa, per l’ A., in relazione alle dichiarazioni rese nell’ interrogatorio, la qualità di persona indagata, ai fini delle garanzie e dei limiti di utilizzabilità, ex artt. 63 e 64 c.p.p.. E’ conforme alle risultanze processuali la considerazione del tribunale, secondo cui i risultati investigativi raccolti fino al 6.3.09, lo presentavano come soggetto gravato di sospetti (quale assaggiatore di droga, al fine di ottenere dal suo pusher un compenso in termini di cocaina per uso personale), ma non raggiunto da gravi e precisi indizi, tali da consentire la formulazione di una determinata ipotesi di reato.

Quanto ai reati sub 24 e 26, i giudici di merito hanno ugualmente descritto e intrecciato telefonate del B.G., il cui contenuto è stato correttamente interpretato, secondo una razionale valutazione, insuscettibile di sindacato in sede di giudizio di legittimità, come dimostrativo di altri due acquisti di sostanza stupefacente (denominata anche sabbia, nel secondo episodio) dal P. ( F.), quale commerciante all’ingrosso del mercato nero delle droghe. Sotto il profilo della connotazione criminosa della sua condotta, emergente da queste risultanze processuali, non è stato sufficientemente delineato un suo ruolo di fornitore, tale da poter configurare la sua appartenenza alla struttura delinquenziale creata e resa operativa dai soggetti etnicamente omogenei, installati nell’area Sud di Catanzaro. Gli episodi di compravendita non consentono di individuare nell’attività del P. le caratteristiche di costanza, continuità, immediatezza della canalizzazione della sostanza nel sistema distributivo del gruppo B., tali da far ritenere che il fornitore abbia agito con la volontà e la consapevolezza di operare quale aderente alla organizzazione criminale. Non risulta essere stato creato tra venditore e acquirente un rapporto di condizionante prevalenza o di decisiva unicità, tale da far ritenere che il primo, più che per il proprio arricchimento, abbia gestito il canale di cocaina e di altre sostanze, per il rafforzamento dell’ associazione di narcotraffico. Nè la disponibilità del venditore a procacciare la merce può da sola equivalere a un segno inequivoco della sua partecipazione all’impalcatura dell’illecito gruppo commerciale: tale caratteristica è connaturata in ogni protagonista dell’economia distributiva.

La dimensione e il numero delle vendite di sostanza stupefacente mettono comunque in luce come queste condotte siano indicative di una stabilizzata scelta trasgressiva. L’attualità di questa scelta non dipende dalla data di consumazione dei vari reati di narcotraffico in esame, ma dalla radicalità di questa presenza operativa nel criminoso sistema distributivo, la cui proiezione nel futuro non è smentita da alcuna concreta argomentazione difensiva. La condotta di commerciante all’ingrosso denuncia le ingenti risorse finanziarie investite e l’alto livello di profitto che ne può derivare; questi dati assurgono a circostanze indicative della ricorrenza, attuale e concreta, del pericolo della reiterazione di analoghe condotte di commercio.

E’ quindi assolutamente conforme ai risultati delle indagini e alla loro razionale valutazione la prognosi negativa, ex art. 274 c.p.p., lett. c), sui futuri comportamenti del P., espressa nell’ordinanza impugnata. Il tribunale ha logicamente ritenuto che alle esigenze di prevenzione speciale può farsi fronte soltanto con la più gravosa limitazione della libertà del P., in virtù di queste collaudate capacità criminali, il cui spessore è aggravato dalle precedenti condanne per i delitti di sequestro di persona, tentata estorsione, detenzione illegale di armi e munizioni.

Pertanto l’ordinanza del tribunale del riesame va annullata limitatamente al reato associativo, con rinvio per nuovo esame al tribunale di Catanzaro. Nel resto, l’ordinanza va confermata. La cancelleria effettuerà gli adempimenti di rito.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al tribunale di Catanzaro per nuovo esame, limitatamente al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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