Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-12-2011, n. 6866 Concorsi notarili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La dottoressa S. V. ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso da lei proposto avverso la declaratoria di non idoneità alle prove orali del concorso a 200 posti di notaio indetto con determina dirigenziale del 10 febbraio 1999, conseguente a nuova correzione delle prove scritte imposta da precedente statuizione giurisdizionale.

A sostegno dell’appello, l’istante ha dedotto:

1) nullità ex art. 21 septies della legge 7 agosto 1990, nr. 241, e s.m.i. per difetto di attribuzioni e/o eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare per difetto di potere; contraddittorietà al giudicato; violazione dei principi costituzionali che regolano il potere giurisdizionale e l’attività amministrativa: violazione del principio di buon andamento e di affidamento nell’azione della p.a. di cui all’art. 97 Cost. e violazione del principio del giusto procedimento; violazione della collegialità ed eccesso di potere per illegittima composizione della Commissione giudicatrice; difetto di motivazione (per avere la Commissione proceduto a nuova correzione di tutte e tre le prove scritte anziché solo della seconda e della terza di esse, come prescritto dal decisum giurisdizionale);

2) eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare per difetto di motivazione per mancata indicazione dei criteri di valutazione seguiti; violazione dei principi di trasparenza, imparzialità, obiettività e ragionevolezza; disparità di trattamento; omessa e contraddittoria motivazione; erronea, contraddittoria e illogica valutazione; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; contraddittorietà con la sentenza del T.A.R. del Lazio nr. 13974 del 2007 e con il giudicato di cui alla sentenza del T.A.R. di Salerno nr. 231 del 2006 (non avendo la Commissione, prima della nuova correzione, provveduto a stabilire i criteri di valutazione).

Si è costituito il Ministero della Giustizia, opponendosi all’accoglimento del gravame e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.

All’udienza del 29 novembre 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. L’odierna appellante, dottoressa S. V., ha partecipato al concorso per l’assegnazione di 200 posti di notaio indetto dal Ministero della Giustizia con bando del 10 dicembre 1999.

Essendo stata giudicata non idonea all’esito della correzione delle prove scritte, ha proposto ricorso dinanzi alla Sezione staccata di Salerno del T.A.R. della Campania, la quale ha accolto la sue doglianze con una sentenza (nr. 231 del 2006) nella quale è stato considerato illegittimo il giudizio di insufficienza espresso sul primo elaborato (atto mortis causa) che aveva determinato l’immediata declaratoria di inidoneità ai sensi dell’art. 22 del r.d. 22 dicembre 1932, nr. 1728, e pertanto si è disposto procedersi a correzione anche degli altri due elaborati.

Tale nuova correzione ha dato luogo a un nuovo giudizio di inidoneità, ancora impugnato dall’interessata stavolta dinanzi al T.A.R. del Lazio, mentre l’appello proposto dall’Amministrazione avverso la sentenza del giudice salernitano è stato dichiarato inammissibile da questo Consiglio di Stato, per carenza di interesse (dec. nr. 1241 del 2008).

Anche la nuova impugnazione proposta dall’odierna esponente, peraltro, è stata accolta dal T.A.R. capitolino con sentenza nr. 13974 del 2007.

Dell’ulteriore rinnovazione delle operazioni di correzione degli scritti, atteso il lungo tempo trascorso, è stata incaricata la Commissione esaminatrice del concorso medio tempore indetto con bando del 10 luglio 2006, la quale è pervenuta a nuovo giudizio di inidoneità, ancora una volta impugnato dalla candidata dinanzi al T.A.R. del Lazio.

Quest’ultimo, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, ha respinto il ricorso reputando stavolta le operazioni di correzione immuni dai vizi lamentati.

2. Tanto premesso, l’appello si appalesa infondato e va conseguentemente respinto.

3. Col primo motivo di impugnazione, l’istante lamenta l’illegittimità dell’operato della Commissione che ha proceduto alla nuova correzione, per avere la stessa riesaminato e corretto tutte e tre le prove scritte, anziché solo la seconda e la terza di esse, come imposto dalla sentenza del T.A.R. di Salerno; aggiunge anche che a nulla rileverebbe il fatto che per il primo elaborato (atto mortis causa) le sia stato attribuito il medesimo punteggio di cui alla prima correzione, in quanto la Commissione difettava in assoluto del potere di procedere a nuovo esame di detto elaborato.

La Sezione reputa la doglianza manifestamente erronea e infondata.

E difatti, come correttamente ritenuto dal primo giudice, la nuova correzione oggetto del presente giudizio era conseguente non già all’originario annullamento disposto dal T.A.R. di Salerno, ma a quello successivo di cui alla sentenza nr. 13974 del 2007 del T.A.R. del Lazio il quale, investito appunto della legittimità delle operazioni di rinnovo della correzione seguite all’annullamento disposto dal giudice salernitano, le aveva caducate integralmente.

Quanto sopra appare confermato, contrariamente a quanto assume parte appellante, dalla già citata decisione di questa Sezione nr. 1241 del 2008 nella quale, provvedendosi sull’appello proposto dall’Amministrazione avverso la suindicata decisione del T.A.R. campano, se ne è dichiarata l’inammissibilità per carenza di interesse proprio sulla scorta della nuova correzione disposta (e autonomamente impugnata) che, non essendo accompagnata da alcuna espressa riserva in relazione all’esito del giudizio originario, ha finito per costituire attività nuova destinata a prendere il posto di quella originariamente censurata.

Né ha alcuna rilevanza il fatto che la sentenza del T.A.R. laziale, a differenza di quella precedente del T.A.R. di Salerno, non contenesse espresse statuizioni in ordine al rinnovo delle operazioni di correzione, essendo connaturato ai principi del processo amministrativo il fatto che l’annullamento dei provvedimenti impugnati comporta l’obbligo dell’Amministrazione di rinnovarli in conformità con il decisum giurisdizionale.

Dai rilievi che precedono discende che la pretesa della appellante di ricollegare gli atti di correzione qui impugnati alla sentenza del T.A.R. di Salerno nr. 231 del 2006, anziché a quella nr. 13974 del 2007 del T.A.R. del Lazio, è destituita di giuridico fondamento.

In ogni caso, anche a voler seguire per un istante l’impostazione della parte appellante, è tutt’altro che scontato l’assunto che dalla prima pronuncia discendesse l’obbligo di correggere solo le ultime due prove scritte, e non anche quello di ricorreggere la prima: infatti, da una piana lettura di tale sentenza è dato evincere che il giudizio di insufficienza sull’atto mortis causa era stato determinato da una ritenuta insufficiente motivazione (ciò che, di regola e come innanzi detto, non determina la sostituzione a tale giudizio di un contrario giudizio espresso ope judicis, ma l’obbligo di ripronunciarsi dell’Amministrazione) e che pertanto risultava positivamente affermato l’obbligo di procedere alla correzione "anche degli ulteriori elaborati", con formula che – come emerge, in particolare, dall’uso della congiunzione "anche" – non sembra affatto escludere il potere della Commissione di riesaminare anche il primo elaborato.

Il fatto, poi, che in esecuzione della sentenza nr. 231 del 2006 si sia proceduto a correzione dei soli altri due elaborati è circostanza di fatto che esula dal presente giudizio, e che è in ogni caso superata – come sopra rilevato – dal sopravvenuto annullamento di tali atti per effetto della ricordata sentenza nr. 13974 del 2007.

4. Privo di pregio è anche il secondo motivo d’appello, con il quale la appellante reitera la censura di illegittimità delle nuove operazioni di correzione, per non essere state le stesse precedute dalla nuova determinazione dei criteri di giudizio.

Al riguardo, va anzi tutto rilevato che la nuova attività di valutazione è stata compiuta da Commissione in composizione fisicamente del tutto diversa da quella che aveva originariamente operato, e previa predisposizione di accorgimenti idonei ad assicurare l’anonimato delle tracce della istante (cosa, peraltro, non contestata).

Al di là di ciò, il fatto che sia stata chiamata a pronunciarsi la Commissione esaminatrice nominata per il concorso indetto in data 10 luglio 2006 è presumibilmente dovuto alle difficoltà di riunire la Commissione originaria a causa del lungo tempo trascorso, ma non esclude affatto che le operazioni concretamente poste in essere costituissero un segmento dell’originaria procedura concorsuale indetta nel 1999, come tale "naturalmente" soggetto alle regole, ai parametri e ai criteri di giudizio fissati al principio di essa.

A fronte di ciò ha poco pregio la generica doglianza di mancata predeterminazione dei criteri, essendo evidente che la prosecuzione di un procedimento di valutazione già in corso, anche se a distanza di tempo, non richiede affatto una nuova fissazione di criteri (e, anzi, sarebbe gravemente lesiva della par condicio una fissazione di criteri nuovi e magari diversi da quelli seguiti in precedenza).

Diverse conclusioni si sarebbero potute raggiungere qualora l’istante avesse positivamente affermato (e documentato) l’applicazione di criteri diversi rispetto a quelli seguiti all’epoca per gli altri candidati, ma nulla di tutto ciò si rinviene nelle deduzioni di parte appellante; quest’ultima, anzi, si limita a rilevare in modo generico e apodittico che sarebbe sufficiente una semplice lettura degli elaborati per rendersi conto del loro valore ampiamente al di sopra della sufficienza: con ciò sollecitando un "riesame" giurisdizionale delle operazioni di correzione che non è consentito alla luce dei noti e consolidati indirizzi in tema di limiti al sindacato del giudice in subiecta materia.

5. La peculiarità della vicenda esaminata, comunque connotata da pregresse plurime decisioni favorevoli all’istante, giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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