Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-12-2011, n. 6863

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La dottoressa S. B. ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso da lei proposto avverso il giudizio di inidoneità espresso sulle prove scritte dalla stessa sostenuto nel concorso a 230 posti di notaio indetto dal Ministero della Giustizia in data 10 luglio 2006.

A sostegno dell’appello, l’istante ha dedotto: error in judicando in relazione alla violazione e falsa applicazione del r.d. 14 novembre 1926, nr. 1953, come modificato dal r.d. 22 dicembre 1932, nr. 1728, e da ultimo dal decreto legislativo 24 aprile 2006, nr. 166; violazione della legge 7 agosto 1990, nr. 241; violazione dell’art. 97 Cost.; irragionevolezza e illogicità evidente (in relazione alla reiezione delle doglianze formulate avverso il giudizio di inidoneità espresso in ordine alla seconda prova scritta della candidata, relativa all’atto societario, nonché alla congruità e ragionevolezza dei criteri di valutazione fissati dalla Commissione).

Inoltre, nell’appello sono state riproposte come segue le censure di primo grado ritenute non correttamente valutate dal T.A.R.:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. nr. 166 del 2006; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità; violazione e falsa applicazione della legge nr. 241 del 1990;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. nr. 166 del 2006; violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 7, del d.lgs. nr. 166 del 2006; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà carenza di motivazione, confusione e perplessità; violazione della legge nr. 241 del 1990;

3) violazione e falsa applicazione sotto altro profilo degli artt. 10 e 11 del d.lgs. nr. 166 del 2006; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare perplessità e confusione dell’azione amministrativa, sviamento di potere, illogicità e ingiustizia manifeste; violazione e falsa applicazione della legge nr. 241 del 1990.

Si è costituito il Ministero della Giustizia, opponendosi all’accoglimento dell’appello e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.

All’udienza del 29 novembre 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. L’odierna appellante, dottoressa S. B., ha partecipato al concorso a 230 posti di notaio indetto dal Ministero della Giustizia con bando del 10 luglio 2006, venendo dichiarata inidonea all’esito della correzione del secondo elaborato delle prove scritte (atto societario), ai sensi del comma 7 dell’art. 11 del decreto legislativo 24 aprile 2006, nr. 166.

Con la sentenza oggetto della presente impugnazione, il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso proposto dalla candidata avverso i richiamati esiti concorsuali.

2. Ciò premesso, l’appello è fondato e pertanto meritevole di accoglimento per le ragioni di seguito esposte.

3. In via del tutto preliminare, non è fuori luogo evidenziare che non possono essere prese in esame le doglianze (alle pagg. 34 segg. dell’appello) con le quali sono pedissequamente riproposti i motivi del ricorso di primo grado, sulla base di un’asserita non corretta loro valutazione da parte del T.A.R.

Infatti, contrariamente a quanto sembra ritenere la parte istante, l’effetto devolutivo dell’appello non esclude affatto l’obbligo dell’appellante (oggi positivamente affermato all’art. 101, comma 1, cod. proc. amm.) di indicare nell’appello le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata, con la conseguente inammissibilità di una mera riproduzione delle doglianze articolate nel ricorso introduttivo del giudizio.

Pertanto, l’appello oggi all’esame può essere esaminato solo nella parte in cui effettivamente sviluppa censure avverso le statuizioni del primo giudice.

4. Venendo dunque all’esame dei motivi d’impugnazione, giova premettere che il concorso che qui interessa è stato il primo a svolgersi in applicazione dell’innovativa disciplina introdotta dal già citato d.lgs. nr. 166 del 2006, il quale – tra l’altro – all’art. 11 prevede due distinte modalità con le quali ciascuna delle sottocommissioni incaricate della correzione degli scritti può pervenire a un giudizio di non idoneità: in generale, ciò avviene all’esito della lettura dei tre elaborati relativi alle prove scritte (comma 2), ma il predetto giudizio negativo può essere espresso anche all’esito della lettura del primo o del secondo elaborato (e, quindi, omettendo di completare la lettura delle tre prove), qualora da tale lettura emergano "nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla commissione" (comma 7).

Nel caso di specie, la Commissione ha preliminarmente proceduto, ai sensi dell’art. 10 dello stesso decreto, a stabilire sia i criteri generali per la valutazione delle prove scritte sia quelli specifici per l’individuazione delle ipotesi di nullità o di grave insufficienza suscettibili di determinare l’immediata esclusione ai sensi del ricordato comma 7.

Inoltre, come già accennato, l’odierna appellante è stata esclusa dalla procedura in applicazione proprio del ricordato comma 7, e segnatamente all’esito della lettura del secondo elaborato, relativo all’atto di diritto societario.

5. Tutto ciò premesso e precisato, prima di esaminare le ragioni che inducono la Sezione a formulare un giudizio di fondatezza dell’appello, è opportuno rilevare che non possono essere condivise le più generali doglianze formulate nello stesso in ordine ai criteri di valutazione seguiti nella specie ed alla loro fissazione da parte della Commissione esaminatrice.

Al riguardo, giova richiamare il pacifico indirizzo giurisprudenziale secondo cui nei pubblici concorsi la predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove è connotata da un’ampia discrezionalità, per cui i criteri adottati sfuggono al sindacato giurisdizionale, salvi i casi di manifesta illogicità e irrazionalità (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 23 agosto 2010, nr. 5905; Cons. Stato, sez. IV, 11 maggio 2009, nr. 2880; Cons. Stato, sez. IV, 6 maggio 2004, nr. 2798; id., 8 febbraio 2000, nr. 679).

Da tale consolidato orientamento la Sezione non ravvisa ragione per discostarsi, non risultando decisive in tal senso le pur pregevolmente argomentate tesi sviluppate nell’odierno appello.

In particolare, quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza nr. 14893 del 21 giugno 2010, richiamata da parte appellante, non contraddice affatto i generali principi testé richiamati in ordine alla riserva all’amministrazione procedente delle valutazioni squisitamente tecnicodiscrezionali ricomprese nelle procedure concorsuali, ed ai conseguenti limiti al relativo sindacato giurisdizionale; dette valutazioni, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell’elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio), e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà ictu oculi rilevabile (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez.. IV, 3 dicembre 2010, nr. 8504; id., 29 febbraio 2008, nr. 774; id., 22 gennaio 2007, nr. 179).

Con riguardo alla determinazione dei criteri di correzione delle prove per il concorso che qui occupa, la Commissione esaminatrice vi ha proceduto nella seduta dell’8 novembre 2007, procedendo dapprima a individuare come segue le ipotesi di immediata esclusione ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.lgs. nr. 166 del 2006: "…non si procederà alla lettura del secondo o del terzo elaborato, dichiarando non idoneo il candidato:

– in caso di nullità, comprese quelle formali, a meno che dal complessivo esame dell’intero elaborato si evinca inequivocabilmente che tali nullità derivino da errori materiali;

– nel caso in cui l’elaborato presenti una delle seguenti gravi insufficienze e precisamente:

– – travisamento della traccia o contraddittorietà tra le soluzioni adottate o le soluzioni medesime e le relative motivazioni;

– – gravi errori di diritto nella scelta delle soluzioni e/o nell’illustrazione delle parti teoriche;

– – totale mancanza delle ragioni giustificative della soluzione adottata e/o delle argomentazioni giuridiche a supporto dei ragionamenti svolti nell’elaborato;

– – gravi carenze della parte teorica anche per omessa trattazione di punti significativi della stessa;

– – evidente inidoneità nell’analisi e nella risoluzione dei problemi e/o dei temi posti nella traccia;

– – gravi errori di grammatica e/o di sintassi".

Di poi, si è proceduto alla fissazione dei più generali criteri di correzione delle prove, stabilendo che per ciascuna questione evocata da esse la valutazione sarebbe stata condotta tenendo conto:

– della "rispondenza al contenuto della traccia";

– della "aderenza ai principi e alle norme dell’ordinamento giuridico vigente nonché alle tecniche redazionali".

Il primo giudice ha ritenuto complessivamente adeguati e ragionevoli i criteri così stabiliti, sia pure evidenziando che più logico sarebbe stato forse procedere prima alla fissazione dei parametri generali di valutazione e quindi, all’interno di essi, all’individuazione delle ipotesilimite suscettibili di indurre l’applicazione del comma 7 del più volte citato art. 11: ciò anche perché queste ultime risultano differire dalle prime soltanto per intensità e gravità, nel senso che un medesimo errore può o meno portare all’immediata esclusione del candidato a seconda della sua incidenza qualitativa nell’economia generale dell’elaborato.

Questa Sezione condivide l’avviso del giudice di prime cure, dovendo respingersi le censure formulate nell’appello; in particolare, se appare certamente ragionevole l’esigenza, espressa dalla Suprema Corte nella pronuncia sopra citata, di una formulazione quanto più analitica e puntuale dei criteri di giudizio (anche per far sì che gli eventuali giudizi di inidoneità, ancorché sintetici, siano comprensibili proprio alla luce di una loro lettura in "combinato disposto" con i criteri stessi), costituisce un ingiustificato salto logico la pretesa che l’odierna appellante ne trae, a che i criteri siano sempre e comunque "calibrati" in ragione delle tracce delle prove concorsuali, e quindi contemplino le specifiche soluzioni ammissibili e non ammissibili alle varie questioni prospettate dalle tracce medesime.

Ciò, da un lato, in quanto i parametri di valutazione devono mantenere una certa flessibilità ed elasticità, non sempre essendo possibile predeterminare a priori la gamma delle soluzioni a ciascuna questione giuridica che potrebbero risultare suscettibili di positiva delibazione; e, per altro verso, perché il concorso per cui è causa non può essere qualificato alla stregua di un insieme di quiz a fronte dei quali la Commissione esaminatrice è chiamata unicamente a verificare l’esattezza delle risposte fornite dai candidati.

D’altra parte, è lo stesso giudice di prime cure a sottolineare – condivisibilmente – come uno degli aspetti decisivi sul giudizio in ordine alle prove d’esame sia la modalità espositiva di esse, almeno al pari della coerenza e correttezza delle prospettazioni giuridiche offerte (e fatti salvi i soli casi di macroscopici e grossolani spropositi).

6. Dell’impostazione di parte istante, però, è certamente condivisibile l’assunto di partenza secondo cui, quali che siano le modalità con le quali la Commissione procede a fissare i criteri di valutazione, l’ipotesi di esclusione immediata di cui al comma 7 dell’art. 11 resta fattispecie eccezionale rispetto a quella di cui al comma 2, in cui il giudizio di inidoneità segue alla correzione di tutti e tre gli elaborati.

Tale rilievo, imponendo con ogni evidenza alla Commissione un onere motivazionale particolarmente puntuale e incisivo nelle ipotesi di cui al ricordato comma 7, risulta decisivo ai fini del giudizio di fondatezza delle doglianze qui riproposte nella prima parte dell’appello.

6.1. Per meglio comprendere le conclusioni della Sezione, giova riportare integralmente la motivazione del giudizio di inidoneità espresso in ordine alla prova di diritto societario dell’odierna appellante:

"Il candidato, travisando la traccia, afferma nella parte motiva che oggetto del conferimento è un "bene futuro’, non tenendo conto di due circostanze: (1) in primo luogo un complesso immobiliare in corso di costruzione ha perfettamente natura di "bene attuale’, sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto il profilo economico; il conferimento dell’immobile in corso di realizzazione è perfettamente coerente con il mutato oggetto sociale, al fine di consentire alla società di intraprendere la nuova attività, mentre il conferimento di un immobile finito si troverebbe in contrasto con l’oggetto sociale (che non prevede l’acquisizione o la gestione di complessi alberghieri); (2) la previsione di una delibera di aumento di capitale con conferimento di bene futuro, inoltre, costituisce un grave errore di diritto, giacché (2.1) non sarebbe possibile determinare la congruità del valore di conferimento, come previsto dalla legge, sulla base di dati non attuali, (2.) né è verosimile ipotizzare una perizia di stima di un bene che ancora non esiste; (3) la parte teorica e quella motiva non vale a superare il grave errore di diritto".

Come emerge con evidenza, le ragioni dell’immediata esclusione della appellante riposano in carenze ed errori ravvisati in relazione a un unico punto della prova de qua, della quale – sempre a fini di migliore comprensione – giova chiarire che trattavasi di delibera relativa a una società di capitali avente a oggetto – fra l’altro, e per quanto qui rileva – "aumento del capitale sociale di euro 500.000 con conferimento (…) di un complesso turistico – alberghiero (…) in corso di realizzazione di pari valore".

6.2. Tanto premesso, l’odierna appellante contesta il giudizio così formulato sulla scorta dei seguenti rilievi:

– non vi sarebbe stato alcun travisamento della traccia, atteso che era quest’ultima a contemplare espressamente che l’aumento di capitale dovesse avvenire mediante conferimento di un bene in corso di realizzazione, e avendo la candidata sufficientemente chiarito di essere consapevole dell’impossibilità di un conferimento di bene futuro;

– la soluzione proposta nell’elaborato (conferimento del complesso in corso di realizzazione accompagnato da perizia di stima) non configurerebbe affatto un conferimento di bene futuro, essendo basata sulla scissione fra il momento della delibera di aumento di capitale, che formava oggetto specifico della traccia, e quello futuro del conferimento, destinato ad avvenire allorché l’immobile fosse stato realizzato;

– inconferente sarebbe il riferimento della Commissione all’oggetto sociale della società (che era, in ipotesi, quello di realizzare complessi alberghieri, e non di gestirli), essendo evidente che l’eventuale completamento in proprio dell’immobile da parte della società avrebbe costituito soltanto legittima miglioria di un bene proprio, e non certo attività inquadrabile nell’oggetto sociale.

6.3. A fronte delle deduzioni testé riassunte, la Sezione deve preliminarmente ribadire la necessità di mantenere fermi i noti (e già richiamati) indirizzi in materia di limiti al sindacato giurisdizionale in subiecta materia, che è circoscritto ai soli casi di erroneità o irragionevolezza del giudizio percepibili ictu oculi (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez.. IV, 3 dicembre 2010, nr. 8504; id., 29 febbraio 2008, nr. 774; id., 22 gennaio 2007, nr. 179).

Tuttavia, nel caso di specie ricorre proprio l’ipotesi di una manifesta perspicuità delle censure articolate dalla istante le quali, tenuto conto anche delle già evidenziate ragioni e modalità del giudizio di inidoneità, si appalesano fondate senza necessità di un particolare e opinabile approfondimento delle tematiche evocate dalla prova d’esame in parte qua.

6.4. E, in particolare, risponde al vero che la candidata abbia chiaramente e ripetutamente precisato l’impossibilità giuridica di un conferimento avente a oggetto beni futuri (ciò si rileva, fra l’altro, alle pagg. 13 e 20 dell’elaborato per cui è causa): di modo che, tenuto conto che era la traccia stessa a porre il problema del conferimento avente a oggetto un immobile in corso di edificazione, la Commissione avrebbe potuto e dovuto approfondire il pensiero della candidata, prima di etichettare la soluzione proposta come "grave errore di diritto".

In secondo luogo, la formulazione stessa della traccia, nella parte che qui interessa, era palesemente indirizzata a porre ai candidati il problema di come far entrare nel capitale sociale un immobile già esistente, ma non ancora ultimato: pertanto, ben difficilmente poteva essere qualificata come frutto di "travisamento" la soluzione proposta dalla candidata la quale, muovendo dalla scissione temporale e logica fra il momento della delibera di aumento di capitale e quello del materiale conferimento – essendo dato di comune esperienza che, anche quando il conferimento avviene in denaro, non è necessario che i soci versino materialmente le somme al momento in cui si delibera l’aumento di capitale -, aveva ipotizzato l’immediata delibera di aumento con riserva di conferire il bene nel momento in cui fosse completamente venuto ad esistenza (non dunque conferimento di bene futuro, ma aumento di capitale con conferimento futuro, tenuto conto anche che il valore dello stesso era fissato già dalla traccia nella misura richiesta di euro 500.000,00).

Beninteso, è possibile (e così sembra evincersi dal giudizio formulato sulla prova della appellante) che la Commissione ritenesse più congrua e appropriata altra soluzione, in ipotesi quella consistente nel considerare già esistente in rerum natura l’immobile al grezzo e nell’attribuirgli già in tale stato il valore di euro 500.000,00 senza pregiudizio del valore che avrebbe acquisito al momento dell’ultimazione: ma ciò, se poteva incidere sul punteggio da attribuire alla prova dell’odierna istante, è ben più difficile che autorizzasse a qualificare come frutto di grave errore o di travisamento eventuali soluzioni diverse, in modo da legittimare l’immediata interruzione della correzione ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.lgs. nr. 166 del 2006.

7. Le considerazioni che precedono, alle quali deve necessariamente limitarsi il sindacato di questa Sezione (non essendo in alcun modo consentito, per le ragioni ampiamente sopra richiamate, sovrapporre una valutazione propria a quella – pur ritenuta erronea – della Commissione), sono sufficienti a fondare una decisione di accoglimento del ricorso di primo grado, alla quale dovrà seguire la rinnovazione delle operazioni di correzione: in particolare, ferma restando la valutazione già compiuta sulla prima prova d’esame (in relazione alla quale non sono emersi né sono stati lamentati elementi di criticità), occorrerà ripetere la correzione della prova di diritto societario e successivamente procedere anche all’esame e alla valutazione del terzo elaborato.

Tale attività, in ottemperanza alla presente sentenza, dovrà essere svolta previa adozione di misure e accorgimenti idonei ad assicurare l’anonimato delle prove oggetto di valutazione.

8. Tenuto conto della peculiarità della vicenda esaminata, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado, nei sensi e con gli effetti di cui in motivazione.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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