Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-07-2011) 21-11-2011, n. 42914

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 10.6.2010, la corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza 13.6.08 del Gip del tribunale della stessa sede, nei confronti di B.F., ha modificato la qualificazione del fatto di cui al capo A della rubrica, commesso l'(OMISSIS), originariamente qualificato ex art. 609 bis c.p. e ha ritenuto che integrasse i reati ex artt. 610, 527 e 660 c.p..

Ha confermato la qualificazione giuridica ex art. 660 c.p. dei fatti commessi fino al (OMISSIS), nonchè le attenuanti generiche, la diminuente del vizio parziale di mente e la riduzione del rito, ha rideterminato la pena in due mesi, venti giorni di reclusione; ha confermato nel resto l’impugnata sentenza, in riferimento all’affermazione di responsabilità in ordine al reato di resistenza a p.u.(capo B) e la condanna a due mesi e venti giorni di reclusione, nonchè la misura di sicurezza del ricovero in una casa di cura per sei mesi.. L’imputato ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. impossibilità di comprendere il computo della pena del capo A);

vizio di legge in riferimento all’applicazione del concorso formale ex art. 81 c.p. e alla mancata applicazione dell’art. 63 c.p., comma 2, stante il concorso delle circostanze generiche e del vizio parziale di mente, carenza di motivazione; eccessività della pena per il capo A).

2. violazione di legge in riferimento alla determinazione della pena di cui all’art. 527 c.p. ed erronea qualificazione giuridica del fatto, che va qualificato ex art. 527 c.p., comma 3 (ipotesi colposa) o, in subordine, ex art. 726 c.p. (atti contrari alla pubblica decenza). In quest’ultimo caso, va dichiarata la estinzione per prescrizione. Il toccamento dei genitali è avvenuto accidentalmente ed è stato causato dal modo scomposto di muoversi, in relazione alla malattia mentale determinata dall’infortunio sul lavoro.

3. violazione dell’art. 162 bis c.p. e art. 141 bis c.p.: a seguito della qualificazione del fatto ex art. 660 c.p. andava accolta l’istanza di oblazione formulata dalla difesa in sede di conclusioni nella camera di consiglio della corte di appello. In subordine, il reato va dichiarato estinto per prescrizione.

4. violazione dell’art. 521 c.p.p. ed esclusione del reato di violenza privata: il capo di imputazione è formulato erroneamente, in quanto vi sono raccolti in un solo episodio del (OMISSIS) fatti avvenuti in tre giorni diversi e il fatto del tentativo del bacio alla donna, avvenuto il primo marzo e quindi il (OMISSIS) non sarebbe avvenuto alcun fatto qualificabile come violenza privata.

5. violazione di legge in riferimento alla pena inflitta per il reato di resistenza e alla mancata applicazione della continuazione ai reati sub A e B. La determinazione della pena per il reato sub B è stata effettuata senza tener conto dell’attenuante ex art. 62 bis c.p. e della diminuente ex art. 89 c.p., posto che i fatti sono stati commessi nell’ambito di un unico disegno criminoso.

6. vizio di motivazione sul mantenimento della misura di sicurezza: a seguito della diminuita pericolosità sociale ,che ha determinato una diminuzione della pena, non è giustificato il mantenimento della misura di sicurezza, fondata sulla pericolosità sociale.

7. vizio di motivazione in riferimento alla mancata sostituzione con la libertà vigilata ex art. 219 c.p..

8. vizio di motivazione in riferimento alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, giustificata dalla concessione delle attenuanti generiche e della diminuente ex art. 89 c.p..

Il ricorso merita parziale accoglimento limitatamente alla richiesta di derubricazione del fatto qualificato ex art. 527 c.p. nel reato ex art. 726 c.p..

Infatti la ricostruzione del comportamento del ricorrente non consente di inquadrarlo in manifestazione di concupiscenza e libido erotico, rendendo più conforme alle risultanze processuali la sua qualifica come condotta lesiva della riservatezza, della compostezza e della civile convivenza sia pure nell’ambito della sfera della sessualità.

Gli altri motivi sono invece infondati.

Correttamente il giudice di appello ha ritenuto che l’ulteriore condotta, dell’1.3.07, di cui al capo A) sia da qualificare a norma anche degli artt. 610 e 660 c.p., in quanto è risultato che la B. è stata costretta a tollerare il non desiderato bacio sulla guancia e le petulanti richieste dell’imputato dirette ad ottenere che sedesse presso di lui. Nessuna violazione è rivenibile ex art. 521 c.p.p., in quanto non vi è stata alcuna immutazione del fatto sul piano storico, in relazione agli elementi strutturali (condotta, evento, nesso di causalità). Pertanto correttamente il giudice ha provveduto a nuova, qualificazione del medesimo fatto contestato, sia pure frazionato nel modo suindicato. E’ rimasta invece correttamente immutata la definizione giuridica, ex art. 660 c.p., degli ulteriori comportamenti tenuti fino al 3.3.07.

Il calcolo della pena è stato esattamente compiuto, in relazione ai reati, ex artt. 660, 726 e 610 c.p., di cui al capo A: la sanzione è stata fissata, partendo dalla pena base, (correttamente determinata ex art. 133 c.p.) per il più grave reato di violenza privata; è stata diminuita, in applicazione dell’art. 63 c.p., comma 2, tenendo conto delle attenuanti generiche e delle diminuenti; è stato infine correttamente applicato l’aumento per la continuazione.

L’estensione di quest’ultimo istituto al reato di cui al capo B (resistenza e pubblico ufficiale), al di là dell’assenza della relativa doglianza nelle argomentazioni in sede di appello, è comunque incompatibile con la completa autonomia e la totale diversità, nella genesi e nelle vittime, dei due reati. Nei confronti della determinazione della pena di 2 mesi e 20 giorni di reclusione, in ordine al reato di resistenza, il cui minimo edittale è di 6 mesi di reclusione, non risulta alcuna consistente argomentazione critica, circa le modalità di esercizio, nei limiti di legge, del potere discrezionale del giudice di merito, riconosciuto dall’art. 132 c.p..

Sulla doglianza per la mancata oblazione, concernente il reato di molestie, va rilevata l’omissione della specifica indicazione della tempestiva richiesta di derubricazione, in vista dell’accesso alla causa estintiva, nonchè dei dati della richiesta presentata in sede di appello. Comunque, nel caso di specie, acquista particolare incidenza, ai fini della valutazione negativa della legittimità dell’istanza, l’assenza di procura speciale, da considerare inderogabilmente necessaria, in considerazione delle particolare limitazioni economiche e mentali dell’interessato. Questa particolare connotazione del caso in esame non consente l’adeguamento all’orientamento interpretativo di cui a S.U. n. 47923/09.

In ogni caso, i termini di prescrizione non sono maturati per alcuno dei reati commessi dal ricorrente.

Sulle doglianze relative alla motivazione in ordine alla misura di sicurezza, va rilevato che la sentenza della corte di appello, sia pure in assenza di specifico motivo di impugnazione, ha dato ampia giustificazione all’applicazione del ricovero per sei mesi del B. in una casa di cura. La corte territoriale ha razionalmente richiamato le attendibili conclusioni della indagine psichiatrica, secondo cui questi è persona che necessita di cure continue, in assenza delle quali permane l’accertata pericolosità sociale.

L’incensuratezza dell’imputato, da sola, non consente una prognosi favorevole per i suoi futuri comportamenti, a causa di questa pericolosità, confermata anche da accertati comportamenti pregressi del B., nei confronti di altra donna, nello stesso tipo di esercizio pubblico, legittimante l’attribuzione di evidente incapacità di costante autocontrollo. La nuova qualificazione del fatto, a norma dell’art. 726 c.p., comporta, quanto al reato sub A), la riduzione dell’aumento della sanzione a titolo di continuazione, tenuto conto della diminuzione per il rito, nella misura di otto giorni di reclusione, con rideterminazione della pena in due mesi e 12 giorni di reclusione.

P.Q.M.

Qualificato il fatto rubricato come violazione dell’art. 527 c.p. come reato di cui all’art. 726 c.p., ridetermina la pena inflitta al ricorrente in mesi due giorni 12 di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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