Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-12-2011, n. 6859 Magistrati e categorie equiparate

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il prof. avv. G. G., magistrato collocato a riposo per dimissioni a partire dal 29 ottobre 1981, ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso da lui proposto avverso i provvedimenti con i quali il Ministero di Grazia e Giustizia, nel disporre l’erogazione a suo favore dei benefici economici ex art. 5, d.P.R. 28 dicembre 1970, nr. 1080, riconosciutigli a seguito di giudicato, ha altresì stabilito che le somme così erogate per il periodo dal 1 gennaio 1979 al 28 ottobre 1981 nonché per interessi e rivalutazione venissero recuperate ai sensi e con le modalità previste dall’art. 10, comma 2, ultima parte, della legge 6 agosto 1984, nr. 425.

A sostegno dell’impugnazione, l’appellante ha dedotto:

1) violazione e/o erronea applicazione dell’art. 10, comma 2, della legge nr. 425 del 1984 (essendo tale norma applicabile ai soli magistrati in servizio alla data del 1 luglio 1983, mentre l’odierno appellante risultava collocato a riposo in epoca anteriore a tale data);

2) in via subordinata, illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, della legge nr. 425 del 1984; omessa e/o insufficiente valutazione del denunciato profilo (non potendo l’applicazione della norma incidere su situazioni, come quella dell’odierno istante, ormai coperte da giudicato).

Si è costituito l’INPDAP, il quale ha diffusamente argomentato a sostegno dell’infondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.

Alla camera di consiglio del 29 novembre 2011, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, alle parti è stato dato avviso della possibilità di immediata definizione del giudizio nel merito.

Infatti, l’appello è manifestamente infondato.

Ed invero, le questioni evocate nel presente contenzioso, relative all’interpretazione ed all’applicazione del meccanismo perequativo introdotto dal precitato art. 10, comma 2, della legge nr. 425 del 1984, che ha previsto il "riassorbimento" degli incrementi retributivi periodici attribuiti al personale di magistratura, sono state già ampiamente esaminate e delibate dalla giurisprudenza in senso sfavorevole alle tesi oggi esposte dall’appellante.

In particolare è stato evidenziato che, proprio in virtù della finalità perequativa della disposizione in questione, volta a eliminare le disparità retributive esistenti fra gli appartenenti al personale individuato dall’art. 3 della stessa legge nr. 425 del 1984, il predetto meccanismo di riassorbimento si applica anche ai magistrati collocati a riposo prima dell’entrata in vigore della nuova normativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 9 ottobre 2000, nr. 5348) e si estende anche alle situazioni coperte da giudicati formatisi in epoca anteriore a tale data (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 1994, nr. 969).

Da tali approdi giurisprudenziali la Sezione non ravvisa oggi motivo per discostarsi, avendo gli stessi ricevuto anche l’autorevole avallo della Corte Costituzionale (e risultando, pertanto, manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata in via subordinata dalla parte odierna appellante).

E difatti il giudice delle leggi, più volte investito della questione, ha dichiarato il predetto meccanismo conforme alla Costituzione, in quanto nel quadro della generale finalità perequativa perseguita dalla citata legge nr. 425/84, esso "veniva ad eliminare, con il meccanismo graduale proprio del riassorbimento nella progressione economica, esiti privilegiati di trattamento economico riproduttivi di disparità non tollerabili nel quadro di intenti costituzionalmente legittimi della volontà legislativa", non essendo, pertanto, "configurabile nella norma impugnata né lo svuotamento del contenuto economico del giudicato, né l’impiego della funzione legislativa per invadere l’ambito riservato dalla Costituzione all’attività giudiziaria. In realtà, quanto riconosciuto dalla decisione nella specie passata in giudicato verrebbe a sommarsi ai vantaggi che la legge impugnata ha previsto in favore di tutti gli altri magistrati, se non intervenisse un meccanismo di perequazione costituzionalmente corretto" (cfr. Corte Cost., sent. n. 413 del 7 aprile 1988; id., sent. n. 469 del 19 novembre 1992; nello stesso senso anche la sent. 4 luglio 2001, nr. 219).

Alla luce di quanto fin qui esposto, la sentenza impugnata appare dunque del tutto meritevole di conferma.

Peraltro, in considerazione del carattere risalente del ricorso introduttivo del giudizio (avviato in epoca in cui i principi testé richiamati non erano ancora consolidati in giurisprudenza) sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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