Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole
Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 27 del 22-6-2011
Sentenza
nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli artt. 15 e 27 della
legge della Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al
bilancio di previsione per l’anno finanziario 2010 e disposizioni
finanziarie), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con
ricorso notificato il 1°-5 ottobre 2010, depositato in cancelleria il
6 ottobre 2010 ed iscritto al n. 101 del registro ricorsi 2010.
Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;
Udito nell’udienza pubblica del 5 aprile 2011 il Giudice relatore
Alfio Finocchiaro;
Uditi l’avvocato dello Stato per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l’avvocato per la Regione
Piemonte.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato alla Regione Piemonte il 1° ottobre
2010, e depositato presso la cancelleria della Corte costituzionale
il 6 ottobre 2010 (reg. ric. n. 101 del 2010), il Presidente del
Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimita’
costituzionale in via principale degli artt. 15 e 27 della legge
della Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al bilancio
di previsione per l’anno finanziario 2010 e disposizioni
finanziarie), per violazione, rispettivamente, dell’art. 117, secondo
comma, lettera s), e dell’art. 117, primo, secondo, lettere e) ed s),
e terzo comma, della Costituzione.
2. – Il ricorrente espone che l’art. 15, intitolato «Modifiche
della legge regionale n. 56/1977», inserisce dopo l’art. 16 di
quest’ultima legge (legge Regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56,
Tutela ed uso del suolo), l’art. 16-bis, censurabile per quanto
disposto dai commi 2 e 3.
2.1. – In particolare, il comma 2 della nuova disposizione
prevede che, nel caso di adozione da parte del Consiglio comunale di
un Piano di alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare,
qualora la Regione non esprima il proprio dissenso entro 90 giorni
dalla ricezione della deliberazione comunale e della relativa
completa documentazione, le modificazioni dello strumento urbanistico
generale vigente, ivi contenute, si intendono approvate.
Il comma 3 del medesimo articolo prevede che nel caso di
modificazioni relative a terreni non edificati, qualunque sia la
destinazione dello strumento urbanistico generale vigente, la
deliberazione comunale di adozione del Piano delle alienazioni e
valorizzazioni del patrimonio immobiliare, dopo la pubblicazione e le
eventuali osservazioni, deve essere trasmessa alla Regione e alla
Provincia interessata per l’approvazione, tramite Conferenza dei
Servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti legge 7 agosto 1990, n.
241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi), della relativa
variante urbanistica.
2.2. – Il Piano comunale di alienazione e valorizzazione del
patrimonio immobiliare, rivestendo dunque una rilevanza urbanistica
con il conseguente possibile impatto sul territorio, ricade nel campo
di applicazione della vigente normativa sulla Valutazione Ambientale
Strategica di Piani e Programmi (VAS), disciplinata dall’art. 6,
commi da 2 a 3-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Norme in materia ambientale) e, pertanto, deve essere sottoposto
almeno alla verifica di assoggettabilita’ a VAS di cui all’art. 12,
comma 6, del medesimo decreto legislativo. Inoltre, nel caso in cui
le previsioni del Piano comunale di alienazione e valorizzazione del
patrimonio immobiliare comportino modifiche sostanziali al Piano
urbanistico comunale, tali da avere conseguenze ambientali rilevanti,
e’ necessario attivare la procedura di VAS.
La mancata sottoposizione, da parte della normativa regionale sui
Piani comunali di alienazione e valorizzazione del patrimonio
immobiliare, alla disciplina sulla VAS, presenterebbe profili di
illegittimita’ costituzionale in quanto recherebbe disposizioni
difformi dalla normativa statale di riferimento, afferente alla
materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui
all’art. 117, comma 2, lettera s), per la quale lo Stato ha
competenza legislativa esclusiva.
3. – Secondo il ricorrente, poi, l’art. 27, recante «moratoria
delle procedure relative a impianti fotovoltaici non integrati»,
prevede la sospensione sine die delle procedure autorizzative in
corso o attivate successivamente all’entrata in vigore della legge
regionale medesima, relative ad impianti fotovoltaici non integrati
da realizzare su terreni ricompresi nelle aree di esclusione di cui
al paragrafo 3.3 dell’allegato alla Deliberazione della Giunta
regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221.
3.1. – La disposizione impugnata eccederebbe la competenza della
Regione, invadendo quella statale in materia di tutela della
concorrenza e ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e)
ed s), nonche’ in materia di «produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., e
cio’ per contrasto con la normativa statale di principio in materia
di fonti rinnovabili, dettata dal decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla
promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell’elettricita’), oltre che con le
norme internazionali (Protocollo di Kyoto) e comunitarie (art. 3
della Direttiva 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE, Direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato
interno dell’elettricita’), e dunque anche con violazione dell’art.
117, primo comma, Cost.
Osserva il ricorrente che il bilanciamento tra le esigenze
connesse alla produzione di energia e gli interessi, variamente
modulati, rilevanti in questo ambito, impone una prima ponderazione
concertata in ossequio al principio di leale cooperazione, al fine di
consentire alle Regioni ed agli enti locali di contribuire alla
compiuta definizione di adeguate forme di contemperamento di tali
esigenze. Una volta raggiunto tale equilibrio, con la formulazione
delle linee guida, ogni Regione potra’ adeguare i criteri cosi’
definiti alle specifiche caratteristiche dei rispettivi contesti
territoriali.
La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di
energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nonche’ gli
interventi di modifica e le opere connesse, sono soggetti ad una
autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o altro soggetto
istituzionale delegato dalla Regione (art. 12, comma 3), a seguito di
un procedimento unico al quale partecipano tutte le Amministrazioni
interessate, nel termine massimo di centottanta giorni (comma 4).
L’indicazione di tale termine deve qualificarsi quale principio
fondamentale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia», in quanto questa disposizione risulta
ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della
celerita’ garantendo, in modo uniforme sull’intero territorio
nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimento
autorizzativo.
In definitiva, la norma impugnata, nella parte in cui sospende
fino all’adozione del provvedimento regionale di recepimento delle
linee guida nazionali, le procedure autorizzative pendenti (in corso
o attivate dopo l’entrata in vigore della legge regionale) per la
realizzazione degli impianti fotovoltaici non integrati, si porrebbe
in contrasto con i suddetti principi, essendo evidente che la
sospensione del procedimento di autorizzazione incide sul rispetto
del termine massimo di conclusione del procedimento.
4. – Si e’ costituita in giudizio la Regione Piemonte, chiedendo
dichiararsi l’infondatezza del ricorso del Presidente del Consiglio
dei ministri.
4.1. – Riguardo alla prima censura la Regione osserva che nel
giudizio di costituzionalita’ dell’art. 58, commi 1 e 2, del decreto
legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito
nella legge 6 agosto 2008, n. 133, promosso da essa e da altre
Regioni nella parte in cui tale normativa prevedeva che la delibera
del Consiglio comunale che approva il Piano delle alienazioni
immobiliari costituisce variante automatica, la Corte costituzionale
ne ha dichiarata, con sentenza n. 340 del 2009, l’illegittimita’ per
violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.: stabilendo 1’effetto di
variante ed escludendo che la variante stessa debba essere sottoposta
a verifiche di conformita’, con l’eccezione dei casi previsti
nell’ultima parte della disposizione (la quale pure contempla
percentuali volumetriche e termini specifici), la disciplina non era
semplicemente finalizzata a prescrivere criteri ed obiettivi, ma si
risolveva in una normativa dettagliata che non lascia spazi
d’intervento al legislatore regionale.
Dando esecuzione alla citata pronuncia, la Regione Piemonte si e’
limitata a regolamentare l’istituto del Piano di alienazione e
valorizzazione del patrimonio immobiliare degli enti locali
nell’ambito delle proprie competenze come delineate anche dalla
sentenza citata. Se nella normativa non si cita l’istituto della VAS
(cosi’ come non se ne parlava nella norma statale di riferimento),
non e’ certo per derogare ad esso. Bensi’ si da’ per scontata (senza
necessita’ di un richiamo espresso) l’applicazione di norme (statali
e regionali) in vigore da molti anni.
La legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40 (Disposizioni
concernenti la compatibilita’ ambientale e le procedure di
valutazione), del resto, unitamente alle successive disposizioni
attuative, obbliga il proponente la variante alla procedura di
verifica e di valutazione a seconda dei casi. In particolare, con
delibera di Giunta Regionale 9 giugno 2008 n. 12-8931 avente ad
oggetto proprio l’applicazione del d.lgs. n. 152 del 2006 (ed in
particolare i «primi indirizzi operativi per l’applicazione delle
procedure in materia di valutazione ambientale strategica di piani e
programmi»), sono state individuate le tipologie di varianti ai piani
da sottoporre a valutazione ambientale o a preventiva verifica di
assoggettabilita’ a valutazione, sulla base delle caratteristiche del
territorio interessato o della variante in oggetto.
Ad avviso della Regione, non si vede come tale normativa possa
intendersi implicitamente abrogata o derogata da una norma successiva
che, semplicemente, in attuazione di una norma statale parzialmente
dichiarata incostituzionale, prevede una procedura di variante
semplificata al fine di consentire la valorizzazione dell’immobile da
parte dell’Amministrazione pubblica.
4.2. – Riguardo alla seconda censura, la Regione osserva che
l’art. 27 della legge regionale n. 18 del 2010, stabilendo una
moratoria delle procedure relative ad impianti fotovoltaici non
integrati da realizzare su terreni ricompresi nelle aree di
esclusione di cui al paragrafo 3.3 dell’allegato alla deliberazione
della Giunta Regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221, persegue lo
scopo di salvaguardare alcune parti del territorio piemontese dalla
proliferazione incontrollata e pregiudizievole degli impianti
fotovoltaici c.d. «a terra», ossia non integrati.
Tale tipologia di impianti, benche’ alimentati da fonte
energetica rinnovabile, per sua natura implica rilevanti impatti di
carattere ambientale e di consumo del territorio, e non puo’ essere
quindi essere sottratta a tempo indeterminato al principio di
individuazione delle aree non idonee alla loro localizzazione,
sancito dal d.lgs. n. 387 del 2003, solo in virtu’ del fatto che non
sono state finora approvate, a distanza di sette anni dall’entrata in
vigore dello stesso, le linee guida nazionali dirette a disciplinare
lo svolgimento del procedimento unico per il conseguimento
dell’autorizzazione.
Solo a partire dal 2009, il Ministero dello sviluppo economico,
al fine di procedere alla stesura delle linee guida, ha costituito
specifici tavoli di lavoro che hanno visto la partecipazione di
rappresentanti dei Ministeri coinvolti e di alcune Regioni, tra le
quali il Piemonte. Dopo la sua elaborazione, lo schema di linee guida
e’ stato oggetto di confronti tecnici in molteplici sedute
interregionali fino ad essere poi esaminato nella seduta tecnica
della Conferenza unificata svoltasi il 22 febbraio 2010 e da ultimo
licenziato in quella del 15 aprile 2010. In attesa delle linee guida,
si ravvisa la necessita’ di porre temporaneamente un freno alla
realizzazione indiscriminata degli impianti fotovoltaici a terra,
sospendendo le procedure autorizzative in corso relativamente ad
impianti da realizzare sui terreni ricompresi in determinate aree,
fino al recepimento regionale delle linee guida nazionali.
Tale situazione di stallo ha costretto la Regione a individuare
uno strumento che consenta temporaneamente di salvaguardare alcuni
siti da interventi i cui effetti, pur pregevoli sotto il profilo
dell’utilizzo delle fonti rinnovabili, avrebbero come inevitabile
risvolto la compromissione di aree ricomprese nelle aree di
esclusione o di repulsione indicate al paragrafo 3.3 della Relazione
programmatica dell’energia approvata dalla deliberazione della Giunta
regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221.
Va puntualizzato che la suddetta Relazione Programmatica quale
«atto propedeutico all’aggiornamento del Piano energetico ambientale
Regionale approvato con deliberazione del Consiglio Regionale 3
febbraio 2004, n. 351-3642», individua i criteri di localizzazione
degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la cui
portata e’ stata specificata da apposita Circolare regionale
interpretativa del 29 marzo 2010.
Anche alla luce delle emanande linee guida nazionali per la
disciplina del procedimento di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del
2003, la Circolare ha precisato che le indicazioni della Relazione
Programmatica sull’energia non possono che intendersi al momento
quali primi indirizzi volti ad orientare le valutazioni degli Enti
locali piemontesi nell’espressione degli atti di rispettiva
competenza nell’ambito di procedimenti autorizzatori e/o di
valutazione di impatto ambientale.
Le argomentazioni svolte dalla Presidenza del Consiglio dei
ministri a proposito della violazione del termine per la conclusione
del procedimento, starebbero proprio a dimostrare come tale norma non
possa che essere intesa «a regime». In caso contrario, le Regioni
sarebbero ristrette tra l’inerzia ministeriale nella stesura delle
linee guida e il termine di centottanta giorni per concludere i
procedimenti autorizzativi in assenza delle medesime linee guida.
Questo lasso di tempo puo’ di fatto compromettere il territorio
neutralizzando l’esito finale delle linee guida e le competenze
stesse delle Regioni che, quanto alla produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell’energia, in una con il governo del
territorio e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali,
rientrano nelle materie di legislazione concorrente.
5. – Nell’imminenza dell’udienza, la Regione Piemonte ha fatto
pervenire alla Corte copia delle delibera di Giunta Regionale 14
dicembre 2010, n. 3-1183, in cui, preso atto dell’approvazione delle
linee guida nazionali, con decreto ministeriale 10 settembre 2010,
pur in attesa dell’assegnazione alle Regioni delle rispettive quote
minime di produzione di energia da fonti rinnovabili, vengono
individuati siti ed aree non idonei all’installazione di impianti
fotovoltaici «a terra», e si dispone la cessazione del regime di
sospensione di cui all’art. 27 delle legge regionale n. 18 del 2010.
5.1. – Successivamente la Regione ha fatto pervenire nota con cui
preannuncia che in data 4 aprile 2011, il Consiglio regionale avrebbe
promulgato un testo legislativo di modifica dell’art. 16-bis della
legge regionale n. 56 del 1977, nel senso di aggiungere un comma
4-bis, con cui si specifica che «le modificazioni allo strumento
urbanistico generale, di cui al presente articolo sono soggette alla
fase di verifica di assoggettabilita’ alla valutazione ambientale
strategica». La stessa legge sarebbe entrata in vigore il giorno
stesso della pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione.
Dal che la difesa regionale ha inferito la cessazione della materia
del contendere, o comunque il venir meno dell’interesse da parte
dello Stato a coltivare la prima questione di legittimita’
costituzionale.
5.2. – Nel corso dell’udienza la Regione ha depositato copia del
Bollettino Ufficiale Regione Piemonte n. 13 del 31 marzo 2011 recante
Legge regionale 29 marzo 2011, n. 3 (Modifica all’art. 16-bis della
legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 – Tutela ed uso del suolo).
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della
legittimita’ costituzionale degli artt. 15 e 27 della legge della
Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al bilancio di
previsione per l’anno finanziario 2010 e disposizioni finanziarie).
1.1. – Osserva il ricorrente che l’art. 15, della legge della
Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al bilancio di
previsione per l’anno finanziario 2010 e disposizioni finanziarie),
intitolato «Modifiche della legge regionale n. 56/1977», inserisce,
dopo l’art. 16 di quest’ultima (legge Regione Piemonte 5 dicembre
1977, n. 56, Tutela ed uso del suolo), l’art. 16-bis, che regola la
procedura di approvazione del Piano di alienazione e valorizzazione
del patrimonio immobiliare. Il comma 2 prevede che nel caso di
adozione del piano da parte del Consiglio comunale, le modificazioni
dello strumento urbanistico generale, ivi contenute, si intendono
approvate qualora la Regione non esprima il proprio dissenso entro
novanta giorni dalla ricezione della deliberazione comunale e della
relativa completa documentazione; nel caso che il piano apporti
modificazioni riguardo al regime dei terreni non edificati, quale che
ne sia la destinazione urbanistica, e’ necessaria l’approvazione
della variante tramite la Conferenza dei Servizi, e, a tal fine, in
base al comma 3, la deliberazione di adozione del piano deve essere
trasmessa alla Regione e alla Provincia interessata.
Il Piano comunale di alienazione e valorizzazione del patrimonio
immobiliare, rivestendo dunque una rilevanza urbanistica con il
conseguente possibile impatto sul territorio, ricadrebbe nel campo di
applicazione della vigente normativa sulla Valutazione Ambientale
Strategica di Piani e Programmi (VAS) disciplinata dall’art. 6, commi
da 2 a 3-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale) e pertanto dovrebbe essere sottoposto almeno alla
verifica di assoggettabilita’ a VAS di cui all’art. 12, comma 6, del
medesimo decreto legislativo. Inoltre nel caso in cui le previsioni
dello stesso Piano comportino modifiche sostanziali al Piano
urbanistico comunale, tali da avere conseguenze ambientali rilevanti,
sarebbe necessario attivare la procedura di VAS.
La mancata sottoposizione, da parte della normativa regionale sui
Piani comunali di alienazione e valorizzazione del patrimonio
immobiliare, alla disciplina sulla VAS, presenterebbe dunque profili
di illegittimita’ costituzionale recando disposizioni difformi dalla
normativa statale di riferimento, afferente alla materia della
«tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, comma
2, lettera s), per la quale lo Stato ha competenza legislativa
esclusiva.
1.2. – Secondo la difesa della Regione Piemonte, la norma
impugnata regolerebbe gli effetti urbanistici della approvazione del
Piano delle alienazioni e valorizzazioni, e non citando l’istituto
della VAS, non avrebbe certo inteso derogare alla sua applicazione,
imponendosi al contrario un’interpretazione logica che da’ per
scontata (senza necessita’ di espresso richiamo) l’applicazione delle
norme statali e regionali, che quella valutazione impongono.
Nelle more del giudizio di costituzionalita’ risulta, peraltro,
promulgata dal Presidente della Giunta regionale la legge regionale
29 marzo 2011, n. 3 (Modifica all’art. 16-bis della legge regionale 5
dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo), pubblicata sul
Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 13 del 31 marzo 2011,
con cui si e’ aggiunto un comma 4-bis all’art. 16-bis: la norma
specifica ora che «le modificazioni allo strumento urbanistico
generale, di cui al presente articolo sono soggette alla fase di
verifica di assoggettabilita’ alla valutazione ambientale
strategica».
1.3. – La modifica apportata, da parte della legge regionale n. 3
del 2011, alla citata disposizione, ha determinato la cessazione
della materia del contendere sul ricorso dello Stato avverso l’art.
16-bis della legge n. 18 del 2010, anche in considerazione della
circostanza – desumibile dal tenore della difesa della Regione in
ordine alla prassi amministrativa seguita, non contraddetta dal
ricorrente, secondo cui la verifica di assoggettabilita’ andava
comunque compiuta – che la norma impugnata non ha comunque
determinato medio tempore approvazione di Piani di alienazioni e
valorizzazioni senza preventiva sottoposizione a VAS.
2. – Il ricorrente impugna anche l’art. 27 della legge della
Regione Piemonte n. 18 del 2010, recante il titolo «Moratoria delle
procedure relative a impianti fotovoltaici non integrati», che
sospende le procedure autorizzative in corso o attivate
successivamente all’entrata in vigore della legge regionale medesima,
relative ad impianti fotovoltaici non integrati, da realizzare su
terreni ricompresi in determinate aree di pregio ambientale,
individuate dalla Giunta regionale.
La previsione della legge regionale eccederebbe la competenza
della Regione, invadendo quella statale in materia di tutela della
concorrenza e ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e)
ed s), e violando la normativa di principio statale in materia di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di
cui all’art. 117, terzo comma, Cost., oltre che le norme
internazionali e comunitarie con conseguente violazione anche del
primo comma dell’art. 117 Cost., essendo evidente – ad avviso del
ricorrente – che la sospensione del procedimento di autorizzazione
incide sul rispetto del termine massimo di conclusione del
procedimento, fissato in centottanta giorni dall’art. 12, comma 4,
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricita’), che e’ ispirato alle regole della semplificazione
amministrativa e della celerita’, e garantisce in modo uniforme
sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine
definito del procedimento autorizzativo.
2.1. – La difesa regionale replica che la moratoria delle
procedure di autorizzazione degli impianti fotovoltaici non integrati
agli edifici, da realizzare su terreni ricompresi nelle aree di
esclusione di cui al paragrafo 3.3 dell’allegato alla deliberazione
della Giunta Regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221, persegue lo
scopo di salvaguardare alcune parti del territorio piemontese dalla
proliferazione incontrollata e pregiudizievole di tali impianti, che
implicano rilevanti impatti di carattere ambientale e di consumo del
territorio, in attesa delle linee guida nazionali, atteso che a
distanza di sette anni dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 387 del
2003, delle linee guida, dirette a disciplinare lo svolgimento del
procedimento unico per il conseguimento dell’autorizzazione, non sono
state emanate.
2.2. – La questione e’ fondata.
2.3. – La normativa internazionale, quella comunitaria, e quella
nazionale, manifestano ampio favor per le fonti energetiche
rinnovabili, nel senso di porre le condizioni per la massima
diffusione dei relativi impianti. In ambito nazionale, la normativa
comunitaria e’ stata recepita dal decreto legislativo n. 387 del
2003, il cui art. 12 enuncia i principi fondamentali della materia,
di potesta’ legislativa concorrente, della «produzione, trasporto e
distribuzione di energia», cui le Regioni sono vincolate (sentenze
nn. 124, 168, 332 e 366 del 2010). Pur non potendosi trascurare la
rilevanza che, in relazione agli impianti che utilizzano fonti
rinnovabili, riveste la tutela dell’ambiente e del paesaggio, il
bilanciamento tra le esigenze connesse alla produzione di energia e
gli interessi ambientali impone una preventiva ponderazione
concertata in ossequio al principio di leale cooperazione, che il
citato art. 12 rimette all’emanazione delle linee guida, con decreto
del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con
la Conferenza unificata.
Solo in base alla formulazione delle linee guida, ogni Regione
potra’ adeguare i criteri cosi’ definiti alle specifiche
caratteristiche dei rispettivi contesti territoriali, non essendo nel
frattempo consentito porre limiti di edificabilita’ degli impianti di
produzione di energia da fonti rinnovabili, su determinate zone del
territorio regionale (sentenze nn. 166 e 382 del 2009; nn. 119 e 344
del 2010; n. 44 del 2011), e nemmeno sospendere le procedure
autorizzative per la realizzazione degli impianti di produzione di
energia da fonti rinnovabili in determinate parti del territorio
regionale, fino all’approvazione delle linee guida nazionali
(sentenze n. 364 del 2006, n. 382 del 2009, nn. 124 e 168 del 2010).
E’ evidente che, prevedendo la sospensione dei procedimenti in
corso al momento della sua entrata in vigore, e di quelli che saranno
iniziati in seguito, la legge regionale ha l’effetto di procrastinare
per un periodo di tempo indeterminato il rilascio della relativa
autorizzazione, cosi’ contravvenendo alla norma di principio (art.
12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003), che, ispirata alle regole
della semplificazione amministrativa e della celerita’, e volta a
garantire, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, le
regole del procedimento autorizzativo, fissa in centottanta giorni il
termine per la conclusione del procedimento.
L’impossibilita’, da parte delle Regioni, di interferire sulla
procedura autorizzatoria, facendone dipendere la durata dai tempi di
emanazione delle linee guida nazionali, rende poi irrilevante che
queste ultime siano state adottate, con decreto ministeriale 10
settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti
alimentati da fonti rinnovabili) (sentenze n. 344 del 2010 e n. 67
del 2011), e che le Regioni vi si siano adeguate.
D’altro canto il regime autorizzatorio configurato dall’art. 6
del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della
direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti
rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.), successivamente intervenuto, che
ha ratificato le disposizioni delle Linee guida, ivi compresa la
possibilita’, per le Regioni, di estendere la soglia di applicazione
della procedura semplificata agli impianti di potenza nominale fino
ad 1 MW elettrico, ha ovviamente applicazione a decorrere dalla sua
entrata in vigore (29 marzo 2011).
L’art. 27 della legge regionale n. 31 del 2010 e’, dunque,
costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo
comma, Cost., in quanto in contrasto con il principio fondamentale
fissato dall’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003.
L’accoglimento di tale questione comporta l’assorbimento della
censura formulata con riferimento all’art. 117, primo e secondo
comma, lettere e) ed s), Cost.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 27 della legge
della Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al bilancio
di previsione per l’anno finanziario 2010 e disposizioni
finanziarie);
Dichiara cessata la materia del contendere relativamente alla
questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 15 della legge
della Regione Piemonte n. 18 del 2010, proposta, in riferimento
all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in
epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’8 giugno 2011.
Il Presidente: Maddalena
Il redattore: Finocchiaro
Il cancelliere: Melatti
Depositata in Cancelleria il 15 giugno 2011.
Il direttore della cancelleria: Melatti
Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.