Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-12-2011, n. 6847 Riscatto di posizioni assicurative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. R. S., odierno appellato, ha intrattenuto con l’Università degli Studi di Napoli Federico II e con l’Azienda Policlinico della predetta università un rapporto che l’amministrazione ha sempre qualificato come rapporto di collaborazione libero professionale esterna, senza alcun vincolo, né alcuna convenzione.

L’interessato agiva pertanto per ottenere l’accertamento della natura di pubblico impiego di fatto dell’attività medico assistenziale svolta nonché il diritto al pagamento, ai sensi dell’articolo 2126 Cod. civ., di tutte le differenze retributive maturate, ed al trattamento assicurativo, assistenziale e previdenziale, con la conseguente condanna delle amministrazioni resistenti, ciascuna per i periodi di competenza, al pagamento di tutti i relativi contributi, anche in favore degli enti di competenza.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Napoli, con la sentenza 10 febbraio 2005, n. 2525 anche alla luce delle decisioni dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 29 febbraio 1992, nn. 1 e 2 e 5 marzo 1992, nn. 5 e 6 ha prioritariamente affermato che la domanda di accertamento del rapporto di pubblico impiego o, in via gradata, del rapporto di lavoro subordinato di pubblico impiego di fatto, intercorso tra le convenute amministrazioni e il ricorrente, deve interpretarsi come meramente propedeutica alla successiva domanda di condanna ai sensi dell’articolo 2126 Cod. civ. (ferma l’inammissibilità di una domanda di conversione del rapporto o di stabilizzazioneinstaurazione di esso come rapporto di impiego di ruolo).

Per il resto la domanda è stata reputata meritevole di accoglimento limitatamente alla regolarizzazione della posizione previdenziale, assicurativa e assistenziale degli istanti. Ne è conseguito l’accoglimento del ricorso con conseguente condanna delle amministrazioni, ciascuna per il proprio periodo di competenza, a richiedere in favore dell’istante l’iscrizione ad un ente previdenziale per il periodo relativo al ricorrente.

2. Con successivo ricorso per ottemperanza rivolto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, l’interessato ha lamentato che la ricostruzione della posizione previdenziale non fosse stata integralmente soddisfatta, in quanto non gli era stato consentito il riscatto del periodo di studi universitari e di specializzazione, secondo i parametri di retribuzione erogata alla data di instaurazione del rapporto.

Il Tribunale amministrativo regionale adito, con la sentenza in epigrafe, ha accolto il ricorso, osservando che, anche a mente delle richiamate decisioni dell’Adunanza Plenaria:

a) il rapporto di lavoro di fatto è comunque esistito, sia pure in violazione di un divieto assoluto, con collegamento ad esigenze reali, sicché da esso non possono che scaturire tutte le conseguenze retributive e previdenziali connesse derivanti dall’applicabilità dell’art. 2126 Cod. civ.;

b) non si fa questione della possibilità che, a seguito del riconoscimento dei diritti previdenziali, il ricorrente possa proporre il riscatto del periodo di laurea, ma a quali condizioni sia subordinato detto riscatto: in particolare, se avendo riguardo alla retribuzione in corso al momento della domanda presentata dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ha riconosciuto la costituzione del rapporto di impiego di fatto, o a quella percepita nell’epoca, anteriore, in cui la domanda di riscatto avrebbe potuto essere presentata;

c) quando il rapporto si svolga, in base alla configurazione formale che ad esso hanno dato le parti, sulla base di schemi diversi da quelli del lavoro subordinato (tanto da portare a seguito del riconoscimento di un rapporto subordinato di fatto alla condanna dell’ente alla costituzione della posizione previdenziale), così come non appare corretto parlare di morosità da parte dell’ente datore di lavoro (il quale ovviamente verserà i relativi contributi non mese per mese, ma a posteriori, in unica soluzione), così non può ritenersi intempestivamente esercitata la facoltà di riscatto del periodo legale del corso di laurea, ove la si faccia valere al momento in cui si è avuta la certezza giuridica della configurazione del rapporto stesso.

Per l’effetto, il Tribunale amministrativo regionale ha dichiarato il diritto del ricorrente a porre in essere tutti gli adempimenti per il riscatto del periodo del corso legale di laurea, prendendo come parametro di riferimento la retribuzione in godimento al momento in cui è stata rinnovata per la prima volta la convenzione con l’Università.

Il Tribunale amministrativo regionale ha invece respinto l’ulteriore domanda di riscatto alle medesime condizioni degli anni di specializzazione.

3. Contro tale decisione ha proposto appello l’Amministrazione, osservando che il giudicato non prevedeva anche il riscatto degli anni del corso di laurea, riscatto che non rientra nel novero delle prestazioni previdenziali, e che non è mai stato chiesto con il ricorso su cui è intervenuto il giudicato. Tale riscatto compete a chi è immesso in ruolo, mentre nella specie il rapporto di lavoro era di mero fatto, senza possibilità di immissione in ruolo.

4. La causa è stata assunta in decisione il 15 novembre 2011.

Il Collegio ritiene l’appello fondato, anche alla luce della decisione assunta recentemente dalla Sezione con la sentenza 23 febbraio 2011, n. 1142.

Il giudicato, formatosi sulla sentenza 10 febbraio 2005, n. 2525 ha riconosciuto l’esistenza di un rapporto di lavoro svolto di fatto e in assenza dei relativi presupposti di ordine giuridico, accogliendo la domanda finalizzata alla regolarizzazione della posizione previdenziale, assicurativa ed assistenziale degli istanti.

Dal giudicato non discende l’obbligo di consentire anche il riscatto degli anni del corso legale di laurea sulla base della retribuzione iniziale.

Tale obbligo non è espressamente previsto e non può desumersi implicitamente, atteso che il giudicato non affronta affatto la questione della retribuzione da assumere a parametro di riferimento, né quella della stessa possibilità di ammettere il riscatto, quando l’attività lavorativa sia stata svolta in assenza dei relativi presupposti di ordine giuridico.

Pertanto, sulla base della circostanza che il giudicato riconosca il diritto alla tutela previdenziale, potrà anche essere chiesto il riscatto: ma avuto riguardo alla retribuzione in corso al momento della domanda, o all’ultima retribuzione, e non già avuto riguardo alla prima retribuzione.

In conclusione l’appello va accolto, sicché, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.

Sussistono sufficienti ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti le spese dell’attuale fase di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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