Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 31-05-2012, n. 8691

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di L’Aquila, confermando la sentenza impugnata, ha rigettato la domanda di V.B., ex dipendente del Ministero dell’industria, commercio e artigianato, transitato ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 50 alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di L’Aquila, a seguito della soppressione degli uffici metrici provinciali, tendente ad ottenere la riliquidazione della indennità di anzianità sulla base della retribuzione percepita al termine del rapporto di lavoro con la Camera di commercio, considerata, ai fini del calcolo, anche l’anzianità di servizio maturata presso l’ente di provenienza (considerata, cioè, la complessiva anzianità maturata presso il Ministero e presso la Camera di commercio). A tale conclusione la Corte territoriale è pervenuta osservando che, sulla base della normativa vigente in tema di indennità di anzianità per il personale interessato ai processi di mobilità ( L. n. 554 del 1988, art. 6; artt. 12, 13 e 16 del regolamento di attuazione), deve ritenersi che le norme che disciplinano il trattamento di fine rapporto presso l’ente di destinazione possano trovare applicazione solo dal momento del trasferimento del dipendente presso quest’ultimo ente, mentre per il periodo precedente debbono continuare ad applicarsi le norme vigenti presso l’ente di provenienza, sicchè solo in base a queste ultime deve essere calcolata l’indennità di anzianità per il periodo pregresso.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione V.B. affidandosi a due motivo di ricorso cui resiste con controricorso la Camera di commercio.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente, devono essere respinte le deduzioni svolte dalla Camera di commercio in ordine alla inammissibilità del ricorso per difetto di formulazione dei quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c.. Va rilevato, infatti, che i quesiti formulati cumulativamente alla fine dell’esposizione dei motivi di ricorso si riducono sostanzialmente ad un unico quesito concernente l’applicabilità o meno al personale già appartenente agli uffici metrici provinciali del Ministero dell’industria, e transitato nei ruoli delle camere di commercio in forza del D.P.C.M. 6 luglio 1999, della regola della infrazionabilità dell’anzianità ai fini della liquidazione dell’indennità dovuta al termine del rapporto di lavoro. E poichè anche i motivi di impugnazione devono ritenersi strettamente connessi tra loro, in quanto la censura relativa al primo motivo, di violazione della suddetta regola di infrazionabilità del trattamento di fine rapporto, va necessariamente verificata alla luce della specifica disciplina legale stabilita per il personale statale interessato a processi di mobilità, e così alla stregua dell’interpretazione di tale disciplina, che è oggetto delle censure di cui al secondo motivo di ricorso, non sembra al Collegio che la formulazione del quesito di diritto venga meno, nel caso in esame, alla finalità cui assolve il quesito stesso, che è sostanzialmente quella di consentire al giudice di legittimità l’immediata individuazione, in primo luogo, della questione sulla quale è chiamato in concreto a pronunciarsi e a esercitare la propria funzione nomofilattica, oltre che della rilevanza e della decisività della sua soluzione rispetto alla controversia (cfr. ex plurimis Cass. n. 5779/2010).

1.- Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 2120 c.c., con riferimento alla L. n. 554 del 1988, art. 6, comma 4 e del D.P.R. n. 104 del 1993, artt. 12 e 13, contenente le norme di attuazione delle disposizioni di cui alla suddetta L. n. 544 del 1988, art. 6, concernenti il regime pensionistico e previdenziale del personale statale trasferito a seguito dei processi di mobilità. Sostiene il ricorrente che, aderendo alla tesi interpretativa sostenuta dalla Camera di commercio di L’Aquila, la Corte territoriale avrebbe sostanzialmente violato il principio di infrazionabilità dell’indennità di anzianità stabilito dall’art. 2120 c.c., con riferimento alle norme sopra indicate.

2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 104 del 1993, art. 12, comma 1, art. 13 e segg. della L. n. 554 del 1988, art. 6, nn. 3 e 4 nonchè vizio di motivazione, sostenendo che la corretta interpretazione delle norme indicate avrebbe dovuto condurre la Corte territoriale a ritenere errata la liquidazione dell’indennità di anzianità operata dalla Camera di commercio, la quale avrebbe dovuto operare il relativo calcolo secondo i criteri vigenti, al momento della cessazione del rapporto di lavoro del V., per i dipendenti delle camere di commercio, e quindi in base alla retribuzione in godimento a tale momento, moltiplicata per i 28 anni di servizio unitariamente considerati, ancorchè prestati (o riscattati) in buona parte presso il Ministero e solo per gli ultimi quattro anni presso la Camera di commercio.

3.- Tali motivi, che, come già detto, vanno trattati congiuntamente in quanto connessi, devono ritenersi fondati alla luce dei principi recentemente espressi da questa Corte, in fattispecie identiche a quella in esame – cfr. Cass. 16476/2009 e, da ultimo, Cass. n. 24616/2011 -, secondo cui "in tema di mobilità dei dipendenti tra enti pubblici, la L. 29 dicembre 1988, n. 554, art. 6, comma 4, nel disporre che per il computo del trattamento di fine rapporto deve considerarsi la complessiva anzianità utile facendo salvo il maggior trattamento eventualmente spettante all’atto del trasferimento, enuncia implicitamente la regola dell’applicabilità, all’intero rapporto, della disciplina dell’ente di destinazione, poichè solo in tal modo è ipotizzabile un’eccedenza quanto al trattamento calcolato, al momento del trasferimento, sulla base dell’anzianità determinata secondo l’ordinamento preesistente". 4.- Nelle citate sentenze questa Corte ha evidenziato che il tenore letterale della L. n. 554 del 1988, art. 6, comma 4, (secondo cui "l’indennità di anzianità o il corrispondente trattamento di fine servizio compete al personale interessato ai processi di mobilità, considerando la complessiva anzianità utile ai fini dell’indennità di anzianità o di fine rapporto e facendo salvo il maggior trattamento eventualmente spettante all’atto del trasferimento"), avuto riguardo in particolare all’inciso finale, rende insostenibile l’interpretazione secondo cui la liquidazione finale dell’indennità di anzianità, trattamento di fine: rapporto, etc. dovrebbe essere operata, separatamente, con i criteri vigenti presso l’ente di provenienza per l’anzianità maturata fino al momento del trasferimento e con quelli propri dell’ente di destinazione per il periodo successivo.

5.- Nel disporre la salvezza del "maggior trattamento eventualmente spettante all’atto del trasferimento", la legge istituisce, infatti, un raffronto tra due entità che non possono che essere distinte. Di tali due entità è chiaramente indicata la prima, che è quella risultante dall’applicazione della precedente disciplina al momento del trasferimento e che potrebbe essere, secondo l’ipotesi formulata dalla norma, maggiore dell’altra.

6.- E’ evidente che questa seconda entità non può essere la stessa indennità di buonuscita ipoteticamente spettante al momento del trasferimento secondo le norme preesistenti; e ciò neppure assumendo a base del relativo calcolo la retribuzione in godimento al termine del rapporto di lavoro, così come ritenuto dalla Corte costituzionale con sentenza del 9 marzo 1989 n. 164, a proposito del contenuto della L. 23 dicembre 1975, n. 698, art. 9, comma 2, come modificato con la L. 1 agosto 1977, n. 563, art. 5, nel dichiarare non fondate le questioni di costituzionalità di tale norma sollevate in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., art. 42 Cost., comma 3 e art. 97 Cost..

7.- Tale ultima retribuzione non potrebbe, infatti, mai essere inferiore a quella in atto al momento del trasferimento, in forza di quanto disposto, con riguardo ai processi di mobilità dei dipendenti pubblici, dal D.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, art. 5, comma 2, sicchè il secondo dei calcoli indicati non potrebbe mai condurre ad un risultato peggiorativo rispetto al primo.

8.- Non resta, pertanto, che ritenere che l’eventuale trattamento spettante al momento del trasferimento possa essere migliorativo unicamente rispetto al trattamento relativo al medesimo periodo calcolato con criteri diversi da quelli dell’ente di provenienza e, quindi, necessariamente, con quelli dell’ente di destinazione, che, se meno favorevoli rispetto a quelli vigenti al momento del trasferimento, comportano per legge la salvezza dei precedenti fino a tale momento. Ne consegue che poichè è ipotizzabile una eccedenza, quanto al trattamento calcolato al momento del trasferimento secondo l’ordinamento preesistente, unicamente applicando all’intero trattamento dovuto al termine del rapporto, come richiamato dall’art. 16 del regolamento di attuazione della legge ( D.P.R. 22 marzo 1993, n. 104), la disciplina dell’ente di destinazione, la regola implicitamente stabilita alla stregua della norma di legge in esame è rappresentata proprio dalla applicabilità di quest’ultima disciplina per l’intera anzianità di servizio maturata presso le due amministrazioni.

9.- Come evidenziato dalle decisioni sopra indicate, il significato della norma della L. n. 554 del 1988, art. 6, comma 4, emerge, quindi, già dalla interpretazione letterale della norma medesima ed è poi confermato dal regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 22 marzo 1993, n. 104, che, lungi dal porsi in contrasto con la suddetta disposizione, ove interpretata nel senso prospettato dal ricorrente (come sostenuto, invece, dalla resistente nel controricorso), ne ribadisce e ne precisa il contenuto, in particolare con gli artt. 12, 13 e 16. 10.- Secondo il D.P.R. citato, art. 12 dalla data dell’effettiva assunzione o dell’avvenuto trasferimento presso l’ente di destinazione: a) "nei confronti del personale interessato ai processi di mobilità … si applicano … le disposizioni vigenti per i dipendenti dell’Amministrazione o dell’ente" di destinazione "in materia di indennità di anzianità, o del corrispondente trattamento di fine servizio, età"; b) tale personale "è iscritto alla gestione previdenziale dell’Amministrazione o dell’ente di destinazione …";

c) "in ogni caso … cessa l’iscrizione alla gestione previdenziale dell’amministrazione o dell’ente di provenienza ovvero cessano di essere applicabili le disposizioni vigenti presso l’amministrazione o l’ente medesimo in materia di indennità di anzianità o di trattamento di fine rapporto". 11.- A norma del successivo art. 13, "Salvo quanto stabilito dall’art. 17, ai fini dell’acquisizione del diritto e della determinazione dell’ammontare della indennità di anzianità, del trattamento di fine servizio, dell’analogo trattamento comunque denominato o del trattamento di fine rapporto spettante all’atto della cessazione dal servizio in base all’ordinamento vigente presso l’amministrazione o l’ente di destinazione, ai sensi della L. 29 dicembre 1988, n. 554, art. 6, comma 4, in aggiunta all’anzianità relativa al servizio prestato dopo il trasferimento, si computa l’intera anzianità utile già maturata secondo le norme dell’ordinamento vigente presso l’Amministrazione o Ente di provenienza …". 12.- L’art. 16, infine, riprende sostanzialmente la regola di cui all’art. 6, comma 4 della legge.

13.- Come già rimarcato da questa Corte nelle sentenze sopra citate, mentre il tenore dell’art. 12 citato, cui la sentenza impugnata (e la tesi della resistente) finiscono per attribuire portata decisiva al fine dell’interpretazione sostenuta, appare viceversa assumere un significato meramente descrittivo della vicenda successoria, il successivo art. 13 ribadisce con ben più esplicite espressioni la necessità della unitaria considerazione dell’intera anzianità di servizio maturata presso l’ente di provenienza e presso quello di destinazione, non solo ai fini dell’acquisizione del diritto, ma anche "della determinazione dell’ammontare dell’indennità di anzianità, del trattamento di fine servizio, dell’analogo trattamento comunque denominato o del trattamento di fine rapporto spettante all’atto della cessazione dal servizio in base all’ordinamento vigente presso l’amministrazione o l’ente di destinazione", sicchè appare chiaramente ribadita dalla norma in esame la regola secondo la quale il trattamento di fine rapporto (indennità di anzianità, di buonuscita, etc.) spettante al termine del servizio va determinato sulla base dell’ordinamento dell’ente di destinazione, salvo per ciò che concerne le regole di determinazione dell’anzianità di servizio della fase pregressa.

14.- Del resto, anche la salvezza di quanto stabilito dal successivo art. 17 (il quale, per l’ipotesi in cui presso l’ente di destinazione sia applicabile la disciplina del t.f.r. – L. n. 297 del 1982 -, stabilisce il cumulo del trattamento teoricamente spettante all’atto del trasferimento con tale trattamento di fine rapporto), operata in apertura della norma in esame, conferma l’interpretazione qui accolta, in quanto siffatta disposizione sarebbe probabilmente superflua ove la normativa in esame dovesse essere interpretata diversamente, così come indicato nella sentenza impugnata. Quanto, infine, ai dubbi di costituzionalità prospettati dalla resistente anche con la memoria difensiva, va rilevato che, come pure già rimarcato da questa Corte con le sentenze n. 14930/2009 e n. 24616/2011, proprio i principi di eguaglianza e razionalità delle leggi ( art. 3 Cost.), quello del buon andamento della pubblica amministrazione ( art. 97 Cost.) e quello della proporzionalità retributiva ( art. 36 Cost.) consigliano una interpretazione che, come quella qui assunta, eviti il risultato di un congelamento dell’indennità maturata alla data del trasferimento, da ritenere di dubbia rispondenza alla Costituzione in ragione della natura e funzione dell’istituto (cfr. sul tema, fra le altre, Corte cost. sent. n. 164/89, cit.).

15.- Per le suesposte considerazioni, il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Perugia, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese alla Corte d’appello di Perugia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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