Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La Corte di appello di Bologna, con sentenza in data 25.3. 2010, confermava la sentenza del Tribunale di Bologna, in data 24/3/2005 che dichiarava C.S., A.G. e S. A. colpevoli dei reati di rapina pluriaggravata e sequestro di persona, riqualificando il fatto contestato a S.A. al capo a) dell’imputazione quale concorso nel delitto di rapina aggravata (e non ricettazione, come qualificato dal Tribunale).
Confermava, nei confronti di C.S. e A.G. le pene di anni sette di reclusione e Euro 2000 di multa ciascuno, con le conseguenti sanzioni accessorie e nei confronti di S. A. la pena di anni due, mesi sei di reclusione Euro 1000 di multa.
Proponevano ricorso per cassazione i difensori di tutti gli imputati.
Il difensore di A.G. e C.S. eccepiva i seguenti motivi:
a) violazione di legge e difetto di motivazione avendo la Corte di appello confermato, apoditticamente, le motivazioni del primo giudice, omettendo di trattare in maniera critica e puntuale le doglianze formulate; rilevava, con riferimento alla posizione di C.S., trattarsi di connivenza non punibile, in assenza di elementi che dimostrassero un contributo morale o materiale alla commissione del reato di rapina;
b) violazione di legge e difetto di motivazione, con riferimento alla posizione di A.G., mancando elementi sufficienti per ritenere la sussistenza del concorso materiale nel reato di rapina in difetto del volontario rafforzamento del contributo ideologico o, quanto meno, dell’incidenza sul determinismo psicologico dell’autore del reato, ritenendo viziata la motivazione della Corte d’appello in ordine al riconoscimento della responsabilità per rapina anzichè per ricettazione;
c) violazione di legge e difetto di motivazione per non aver riconosciuto le attenuanti generiche, lamentando anche l’eccessiva quantificazione della pena.
Il difensore di S.A. deduceva i seguenti motivi: a) vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di responsabilità in relazione al reato di rapina aggravata, in mancanza di prova di un preventivo consenso, non necessario da parte di un semplice magazziniere, non essendo visibile l’autista del camion all’interno del capannone, legato e imbavagliato nella parte posteriore della cabina dell’automezzo adibita a dormitorio;
b) violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, essendo stato il ricorrente ritenuto colpevole di ricettazione, ossia di reato diverso sotto il profilo della condotta, rispetto all’originaria imputazione di rapina. Con memoria il difensore del predetto imputato eccepiva la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per violazione dell’art. 6, p. 3, lett. a) e b) della CEDU e conseguente violazione dell’art. 597 c.p.p., comma 3 e art. 521 c.p.p., con riferimento alla violazione del contraddicono e del diritto di difesa avendo potuto contestare per la prima volta la diversa qualificazione giuridica del fatto da ricettazione a rapina solo con il ricorso per cassazione, perdendo una fase di merito.
Motivi della decisione
1) I ricorsi di C.S. e A.G. sono manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili.
I ricorrenti, infatti, propongono solo censure di merito, ad una sentenza motivata in modo esaustivo, logico e non contraddittorio e che presenta una valutazione corretta delle risultanze processuali.
Va anche osservato che l’omesso esame di un motivo di appello da parte della Corte di merito non da luogo a un difetto di motivazione rilevante a norma dell’art. 606 cod. proc. pen., nè determina incompletezza della motivazione della sentenza allorchè, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso perchè incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonchè con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima.
Secondo il disposto dell’art. 597 c.p.p., comma 1, l’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione nel procedimento (limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti). Pertanto il giudice d’appello deve tenere presente, dandovi risposta in motivazione, quali sono state le doglianze dell’appellante in ordine ai punti (o capi art. 581, comma 1, lett. e) investiti dal gravame, ma non è tenuto ad indagare su tutte le argomentazioni elencate in sostegno dell’appello quando esse siano incompatibili con le spiegazioni svolte nella motivazione, poichè in tal modo quelle argomentazioni si intendono assorbite e respinte dalle spiegazioni fornite dal giudice di secondo grado.
(Sez. 1, Sentenza n. 1778 del 21/12/1992 Ud. (dep. 23/02/1993) Rv.
194804).
La Corte territoriale ha, invero, a solo titolo di esempio, ben evidenziato che non è logicamente credibile che la rapina sia stata organizzata senza avere la preventiva certezza in ordine alla possibilità e al luogo di scarico, ritenendo non plausibile, dal punto di vista logico, che il fantomatico A. di (OMISSIS) abbia telefonato solo dopo la rapina, alle cinque di mattina, per chiedere di poter effettuare lo scarico della merce in quanto, nonostante il preventivo generico accordo, non poteva essere certo, a quell’ora, di reperire l’ A. e che costui potesse organizzare rapidamente un’operazione di scarico che richiedeva la presenza di numerose persone; inoltre evidenziava come la predisposizione del luogo dello scarico della merce era elemento fondamentale del piano criminoso, come dimostra l’immediato trasporto del mezzo nel capannone, senza soste intermedie.
Da tale premessa logica la Corte, confermando, sul punto, le valutazioni del Tribunale, ne desume che A.G. deve essere stato avvisato necessariamente prima delle esecuzione della rapina, essendosi, quindi, messo a "disposizione" per lo scarico della merce, partecipando alla fase direttiva e organizzativa della rapina anche per il solo fatto dell’offerta di disponibilità sua e del capannone, escludendo che possa trattarsi di un ricettatore, riconoscendo il ruolo di concorrente nei reati presupposti programmati.
Anche l’esame dei tabulati telefonici dei coimputati T., A.G. e C.S., oltre a confermare l’elevato numero di telefonate nella notte della rapina tra le medesime utenze, ha rilevato la presenza dei predetti lungo il percorso del camion dal luogo della rapina a quello dello scarico della merce.
Con riferimento alla posizione di C.S., che ha tentato di fuggire all’arrivo dei militari, la Corte territoriale ha ritenuto inverosimile la giustificazione data della sua presenza nel deposito, avendo affermato che ivi si sarebbe recato per acquistare dei pantaloni, mentre nel capannone non vi era traccia di tale genere di abbigliamento trovandosi solo generi alimentari provento di altro reato, nè vi erano pantaloni tra i beni che costituivano il carico del camion sottratto.
2) Manifestamente infondate appaiono le censure sul diniego delle attenuanti generiche e sull’entità della pena inflitta relativamente a A.G. e C.S., avendo i giudici di merito correttamente valutato i criteri di cui all’art. 133 c.p., evidenziando i numerosi precedenti penali di entrambi gli imputati (il C. tre precedenti per rapina delle quali una per concorso in sequestro di persona, l’ A. cinque furti, una ricettazione e un episodio di bancarotta fraudolenta), le modalità della condotta, con sequestro della conducente del camion in tempo di notte imbavagliato e legato, l’intensità del dolo che ha richiesto una preordinazione e un’articolata organizzazione con una determinazione a delinquere, senza segnali di resipiscenza.
Questa suprema Corte ha, d’altronde, più volte affermato che ai fini dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen., il Giudice deve riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 c.p., ma non è necessario, a tale fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento. (Si veda ad esempio Sez. 2, Sentenza n. 2285 del 11/1072004 Ud. – dep. 25/01/2005 – Rv. 230691).
Inoltre, sempre secondo i principi di questa Corte – condivisi dal Collegio – ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione delle circostanze, ritenute di preponderante rilievo. Lo stesso discorso vale, naturalmente, per l’individuazione, da parte del Giudice, della pena da irrogare. La determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra, infatti, nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 c.p.. (Sez 4, sentenza nr. 41702 del 20/09/2004 Ud – dep. 26/10/2004 – Rv. 230278).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
3) Il ricorso di S.A. è infondato.
I giudici di appello hanno anche, con motivazione logica, ritenuta la responsabilità di S.A. nel delitto di rapina (rimanendo così assorbito il motivo di ricorso relativo alla violazione del principio di correlazione tra accuse sentenza – peraltro correttamente escluso dalla Corte territoriale (pag. 13 e 14) essendo stato ritenuto, dal Tribunale colpevole di ricettazione, ossia di reato diverso sotto il profilo della condotta, rispetto all’originaria imputazione di rapina, confermata, invece, dalla Corte territoriale), rilevando la non credibilità delle dichiarazioni dell’imputato relative alla riteneva liceità dell’attività della ditta dell’ A., essendo, invece, il magazzino adibito unicamente alla ricezione di merce provento di reato; essendo il S. l’unico dipendente della ditta, la Corte di merito ritiene inverosimile che A.G. abbia assunto un ignaro S. senza prospettargli l’effettiva attività svolta, pensando che lo stesso potesse non rendersene conto, stante la presenza nel magazzino solo di carrelli elevatori e di merce provenuto di altri reati.
Il S. ha partecipato personalmente all’attività di scarico del camion e non appare illogica la valutazione della Corte che ha ritenuto provato che lo stesso fosse stato coinvolto anche nella fase di programmazione della rapina e del sequestro di persona non potendosi correre il rischio, da parte degli autori della rapina, che un individuo che ignorava la gravità dei fatti e la presenza di un soggetto sequestrato a bordo del camion, mettesse a rischio il buon fine dell’impresa delittuosa, non accettando di partecipare all’azione delittuosa, magari spaventandosi di fronte alla gravità dei reati.
Quindi, non appare apodittica o illogica la motivazione della Corte che ha ritenuto che anche il S. Sicilia fosse stato preavvertito per tempo dall’ A. partecipando, quale concorrente morale, alla rapina e al sequestro di persona.
Questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che in tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di Cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno; ed invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico in sè compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza in sè e per sè considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi a cui essa è "geneticamente" informata, ancorchè questi siano ipoteticamente sostituibili da altri. (Si veda fra le tante Sez. Un. Sentenza. 00012 del 23/06/2000 – UD. 31/05/2000 – RV. 216260, Imp. Jakani).
Ne si ravvisa alcuna violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, con riferimento alla Convenzione dei Diritti dell’Uomo citata, essendo stato, peraltro, originariamente contestato al S. il reato di concorso in rapina, per il quale lo stesso è stato poi effettivamente condannato dalla Corte d’Appello e non essendovi stata alcuna immutabilità del fatto da parte della Corte di merito, essendo sempre possibile la riqualificazione del medesimo fatto da parte del giudice di appello.
Nella fattispecie non si è verificata, quindi, alcuna violazione del contraddittorio o del diritto di difesa, essendo rimasta identica la condotta sviluppatasi in un ben determinato arco temporale.
Conclusivamente il ricorso di S.A. va rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di C.S. e A.G. e rigetta quello di S.A.; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e il C. e l’ A. inoltre al versamento della somma di Euro mille ciascuno alla Cassa delle ammende.
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