Cass. civ. VI – 1, Sent., 01-06-2012, n. 8913 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto in data 21 dicembre 2009, la Corte d’appello di L’Aquila ha rigettato la domanda di equa riparazione proposta da M. M. ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, sul rilievo che la durata del processo penale, cui si riferiva l’istanza, a partire dalla denuncia-querela nei suoi confronti del 22 luglio 2003 sino alla sentenza d’appello del 14 novembre 2008, risulta pari a circa cinque anni, ed è quindi in linea con i parametri CEDU per il primo ed il secondo grado del giudizio di merito.

Per la cassazione del decreto della Corte d’appello il M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 3 febbraio 2011, sulla base di tre motivi.

L’Amministrazione non ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Il collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza.

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dalla effettiva e ragionevole durata del processo presupposto. Il processo è durato, non cinque anni, ma cinque anni, quattro mesi e sette giorni; inoltre in primo grado, dinanzi al giudice di pace, si sono tenute 15 udienze, la maggior parte delle quali ad avviso del ricorrente inutili; inoltre nel caso di specie il processo non era complesso, ma semplicissimo ("l’azione oggetto del procedimento erano delle parole pronunciate in una telefonata alla questura e quindi registrate, talchè era sufficiente ascoltare la registrazione autentica – non quella manipolata versata in atti – per mettere la parola fine ad un procedimento davanti al giudice di pace che per sua natura è snello e veloce").

Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, dell’art. 3 Cost. e dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Sarebbe sbagliato proporre fcout court un cumulo automatico tra il primo ed il secondo grado, essendo il M., in precarie condizioni psicofisiche, rimasto "invischiato per ben cinque anni per il solo primo grado in una vicenda giudiziaria che avrebbe dovuto risolversi in un paio di udienze".

Il terzo motivo prospetta, ancora, violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6 della CEDU. La sostanziale carenza di motivazione del decreto impugnato non consentirebbe di chiarire, ad avviso del ricorrente, perchè la Corte territoriale abbia comunque ritenuto di non riparare il periodo comunque eccedente quello ritenuto di ragionevole durata.

I motivi – i quali possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione – sono infondati.

Il decreto impugnato – nel giudicare ragionevole, nei due gradi di giudizio, la durata del processo penale, protrattosi per poco più di cinque anni – non solo offre una sintetica, ma sufficiente motivazione, idonea a dar conto dei criteri in base ai quali la Corte territoriale ha fondato il proprio convincimento, ma neppure si è discostato dai parametri tendenzialmente fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (tre anni per il giudizio di primo grado e due per il giudizio di appello) (Cass., Sez. 1^, 5 dicembre 2011, n. 25955), avendo il giudice del merito – con una valutazione ancorata alla ordinaria complessità di quel processo presupposto – sostanzialmente ritenuto non rilevante il modesto superamento di detta soglia complessiva di appena quattro mesi e sette giorni.

D’altra parte, è erronea la prospettiva del ricorrente di considerare isolatamente il giudizio di primo grado, atteso che la L. n. 89 del 2001, art. 2, delinea in modo unitario il diritto all’equa riparazione, e correlativamente l’azione con cui il diritto è fatto valere, senza autorizzare frazionamenti o scissioni con riferimento a vicende o fasi del processo: pertanto, benchè sia possibile individuare degli standard di durata media ragionevole per ogni fase del processo, si deve sempre procedere ad una valutazione complessiva, anche quando il processo si è articolato in gradi e fasi e questo può fare escludere, come nella specie, la sussistenza del diritto, qualora il termine di ragionevole durata di una fase risulti violato, senza però che lo sia stato quello concernente l’intera durata del processo, nelle due fasi di merito.

Per il resto il ricorso, là dove prospetta il carattere "semplicissimo" del processo de quo, sollecita una – inammissibile in questa sede – revisione del giudizio di fatto, compiuto con logico e motivato apprezzamento dal decreto impugnato.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’Amministrazione svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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