Cass. civ. VI – 1, Sent., 01-06-2012, n. 8900 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.A. ha chiesto alla Corte d’appello di Torino il riconoscimento dell’equa riparazione per la irragionevole durata di un processo penale svoltosi a suo carico dinanzi agli uffici giudiziari del distretto della Corte d’appello di Genova per reati di corruzione, falso, turbativa di pubblici incanti ed altri, dai quali era stato assolto con sentenza della Corte d’appello di Genova in data 4 settembre 2003, passata in giudicato il 31 novembre 2003.

L’adita Corte d’appello ha accolto parzialmente la domanda con decreto del 3 dicembre 2009.

La Corte di Torino, determinata in otto anni la durata ragionevole del processo presupposto, ha ritenuto che al ricorrente dovesse essere riconosciuto, per i sette anni ed un mese di ritardo, un indennizzo pari ad Euro 8.700,00, oltre interessi dalla data del decreto al saldo. L’Amministrazione convenuta è stata altresì condannata al pagamento delle spese processuali.

Per la cassazione di questo decreto il F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 3 giugno 2010, sulla base di un motivo, illustrato con memoria, cui non ha resistito, con controricorso, l’intimata Amministrazione.

Motivi della decisione

Il collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza.

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 117 Cost., nonchè vizio di motivazione, là dove il decreto impugnato ha limitato il diritto all’indennizzo alla sola parte del processo penale ritenuta eccedente il termine ragionevole di otto anni.

Il motivo è infondato. In tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, la legge nazionale impone di correlare il ristoro al solo periodo di durata irragionevole del processo e non all’intera durata dello stesso; tale modalità di calcolo non tocca la complessiva attitudine della legge citata ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e, pertanto, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana con la ratifica della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione medesima ( art. 111 Cost., comma 2, nel testo fissato dalla Legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2) (Cass., Sez. 1, 19 novembre 2007, n. 23844).

Quanto, poi, alla misura dell’equo indennizzo, la liquidazione operata è conforme ai precedenti di questa Corte, essendosi stabilito che, ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1.000,00 per quelli successivi (Sez. 6-1, 30 luglio 2010, n. 17922).

Il ricorso è rigettato.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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