Cass. civ. VI – 1, Sent., 01-06-2012, n. 8899 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.R. ha chiesto alla Corte d’appello di Ancona il riconoscimento dell’equa riparazione per la irragionevole durata di un processo penale a suo carico per il delitto di ricettazione, svoltosi dinanzi al Tribunale di Rimini.

L’adita Corte d’appello ha accolto parzialmente la domanda con decreto del 16 marzo 2010.

Rilevato che la decorrenza del processo presupposto prendeva data dalla chiusura, il 24 aprile 2003, delle indagini preliminari, essendo stato questo il primo atto con cui l’indagato è venuto a conoscenza delle indagini a suo carico, e che il processo, di complessità normale, era stato definito in primo grado con la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per intervenuta prescrizione, depositata il 19 aprile 2008; determinata in tre anni la durata ragionevole del processo presupposto e detratti cinque mesi dovuti all’astensione dalle udienze degli avvocati; la Corte d’appello ha ritenuto che al ricorrente dovesse essere riconosciuto un indennizzo pari ad Euro 1.200,00, oltre interessi dalla pronuncia al saldo, sulla base di un importo annuo pari ad Euro 800,00 per anno di ritardo. L’Amministrazione convenuta è stata altresì condannata, nella misura del 50%, al pagamento delle spese processuali, liquidate, nell’intero, in complessivi Euro 500,00 per diritti ed Euro 800,00 per onorari.

Per la cassazione di questo decreto il B. ha proposto ricorso, sulla base di un motivo, cui ha resistito, con controricorso, l’intimata Amministrazione.

Motivi della decisione

Il collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza.

Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo di essere venuto a conoscenza delle indagini a suo carico molto tempo prima della data del 24 aprile 2003. Il ricorrente rileva che in data 18 marzo 1999 venne redatto, ad opera dei carabinieri di Rimini, un verbale di sommarie informazioni rese dal B.; e che in data 3 maggio 1999 venne redatto verbale di sommarie informazioni rese da S. Z., il quale faceva "palese riferimento alla persona dell’odierno ricorrente". Viene altresì contestata la detrazione dei cinque mesi dovuta all’astensione dalle udienze degli avvocati: il giudice del processo a quo, infatti, non aveva motivo di disporre un rinvio così a lungo termine, mentre avrebbe potuto differire il processo ad un’udienza più prossima. Infine, si lamenta l’insufficienza dell’importo liquidato per anno di ritardo e la compensazione tra le parti della metà delle spese di lite.

Il motivo è infondato.

Non coglie nel segno la doglianza in ordine al dies a quo nella valutazione della durata del processo presupposto. La Corte d’appello si è infatti attenuta al principio secondo cui, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, nella valutazione della durata di un procedimento penale, il tempo occorso per le indagini preliminari può essere computato solo a partire dal momento in cui l’indagato abbia avuto la concreta notizia della sua pendenza, solo da tale conoscenza sorgendo la fonte d’ansia e patema suscettibile di riparazione. Non costituisce conoscenza delle indagini a carico del B. il fatto che questi sia stato assunto a sommarie informazioni raccolte dalla polizia giudiziaria in assenza di difensore e senza che gli sia stato contestato alcunchè, nè la circostanza che una persona informata dei fatti, nel corso di una deposizione resa ai carabinieri, abbia fatto il nome dello stesso B..

Del pari infondata è la censura contro quella parte del decreto che ha detratto cinque mesi di ritardo, dovuti all’astensione dalle udienze degli avvocati. Difatti, il ritardo corrispondente all’arco temporale del rinvio disposto a seguito dell’astensione degli avvocati dalla udienza non è attribuibile a violazioni di sistema, e non può, pertanto, essere ascritto a disfunzioni della organizzazione giudiziaria (Cass., Sez. 1, 30 dicembre 2005, n. 29000; Cass., Sez. 1, 19 luglio 2010, n. 16838).

Quanto alla misura dell’equo indennizzo, la liquidazione operata è conforme ai precedenti di questa Corte, essendosi stabilito che, ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1.000,00 per quelli successivi (Sez. 6-1, 30 luglio 2010, n. 17922).

Infine, il riconoscimento da parte del giudice di merito di un importo a titolo di equa riparazione (Euro 1.200,00) di gran lunga inferiore a quello domandato (Euro 10.500,00), giustifica la parziale compensazione delle spese processuali.

Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Ministero controricorrente, che liquida in Euro 425,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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