Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-12-2011, n. 6818 Sanzioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per il Molise accoglieva il ricorso n. 324 del 2001 proposto dal signor R. A. D. – all’epoca ispettore capo della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Isernia – avverso il provvedimento del Capo della Polizia n. 333C/4748/I del 29 gennaio 2001 (notificatogli l’11 maggio 2001), con il quale gli era stata inflitta la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di un trentesimo di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo.

La sanzione disciplinare è stata irrogata poiché il dipendente, durante una riunione del consiglio provinciale di disciplina svoltasi il 5 giungo 2000 presso la Questura di Campobasso per la trattazione di un procedimento disciplinare promosso nei suoi confronti, si era alzato e allontanato dalla riunione senza essere stato a ciò autorizzato, dopo aver dichiarato "…io sottoscritto da questo momento in poi non riconosco nessun procedimento disciplinare instaurato durante la sospensione cautelare per fatti commessi nel corso della sottoposizione alla sospensione stessa, e pertanto non presenzierò più alle riunioni del Consiglio Provinciale di Disciplina…." (v. così testualmente, il verbale di riunione).

A fondamento della sanzione, l’Amministrazione ha rilevato che l’appellato ha tenuto "nella circostanza un comportamento contrario alle ordinarie e comuni regole di educazione", con un "gesto che ha evidenziato inequivocabilmente disinteresse e disprezzo per i componenti della commissione, sminuendone la funzione istituzionale in quel momento svolta". (v. così, testualmente, il provvedimento impugnato in primo grado).

L’adito T.a.r. accoglieva il ricorso sulla base del rilievo che il comportamento contestato al ricorrente costituiva espressione dell’esercizio del diritto di difesa nell’ambito di un procedimento disciplinare, ritenendo il provvedimento viziato da violazione dell’art. 24 Cost. e da eccesso di potere per travisamento dei fatti, pervenendo dunque al suo annullamento a spese interamente compensate fra le parti.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’Amministrazione soccombente, deducendo che il TAR avrebbe erroneamente valutato i fatti, poiché la sanzione disciplinare, contrariamente a quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, non sarebbe stata irrogata in relazione alla difesa formulata nell’ambito del pregresso procedimento disciplinare, ma in quanto l’allontanamento non autorizzato dalla riunione del consiglio di disciplina integrava un comportamento irriguardoso e scorretto nei confronti dei superiori gerarchici e componenti del consiglio.

Il Ministero chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, il rigetto del ricorso in primo grado.

3. Sebbene ritualmente evocato in giudizio, l’appellato non si è costituito nel presente grado.

4. All’udienza pubblica del 22 novembre 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

5. L’appello è infondato.

All’odierno appellato è stata inflitta la sanzione pecuniaria nella misura sopra indicata in applicazione degli artt. 3, comma 1, n. 3) (mancanza di correttezza nel comportamento, sanzionata col richiamo scritto), e 4, comma 2, n. 1) (recidiva in una mancanza punibile con il richiamo scritto, sanzionata con la pena pecuniaria), del d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, poiché egli si è allontanato "senza autorizzazionè dalla seduta del consiglio disciplinare convocata per trattare un procedimento disciplinare a suo carico, dopo aver esposto la proprio tesi difensiva della non assoggettabilità di un dipendente già sospeso dal servizio a un procedimento disciplinare per fatti commessi durante il periodo di sospensione, così incorrendo, ad avviso dell’Amministrazione, nel citato illecito di comportamento scorretto.

L’art. 20 d.P.R. n. 737 del 1981, disciplinante i procedimenti dinanzi al consiglio centrale o provinciale di disciplina, prevede che il segretario, appena terminata la prima riunione volta all’esame degli atti da parte dei componenti del consiglio, alla nomina del relatore e alla fissazione della seduta per la trattazione orale del procedimento disciplinare, notifichi per iscritto all’incolpato "che dovrà presentarsi al consiglio di disciplina nel giorno e nell’ora fissati, avvertendolo che ha facoltà di prendere visione degli atti dell’inchiesta o di chiederne copia entro dieci giorni e di farsi assistere da un difensore appartenente all’Amministrazione della pubblica sicurezza, comunicandone il nominativo entro tre giorni; lo avverte inoltre che, se non si presenterà, né darà notizia di essere legittimamente impedito, si procederà in sua assenza" (v. così, testualmente, la citata disposizione normativa).

Orbene, posto che con ciò l’eventuale assenza dell’incolpato dalla partecipazione al procedimento disciplinare è configurata quale condotta inidonea ad influire sull’ulteriore corso del procedimento, di per sé lecita e non sanzionata, osserva il Collegio, con argomento a fortiori, che deve ritenersi lecito anche il comportamento dell’incolpato, il quale, presentatosi alla riunione del consiglio di disciplina, nel corso della stessa se ne allontani "senza autorizzazione’.

In applicazione del fondamentale principio del diritto di difesa, che nel suo nucleo essenziale informa anche i procedimenti disciplinari amministrativi promossi nei confronti di dipendenti pubblici, qualora ne possano derivare sanzioni che incidono su beni, quale il mantenimento del rapporto di servizio o di lavoro o il diritto alla retribuzione, che hanno rilievo costituzionale (v. sul punto, per tutte, Corte Cost. n. 182 del 2008), deve, invero, ritenersi rimesso alla facoltà del dipendente dell’Amministrazione di pubblica sicurezza sottoposto a procedimento disciplinare di scegliere la propria strategia difensiva anche sotto il profilo della partecipazione o meno (oppure della partecipazione anche solo parziale) alla seduta del consiglio di disciplina fissata per la trattazione dell’illecito contestatogli, sicché il comportamento ascritto all’odierno ricorrente sub specie di infrazione disciplinare è scriminato dall’esercizio del diritto di difesa dallo stesso esercitato nell’ambito del procedimento cui nell’occasione era sottoposto.

Nel caso di specie, poi, l’allontanamento dall’udienza disciplinare era intrinsecamente coerente con la tesi difensiva propugnata dall’incolpato circa la sua non assoggettabilità a procedimento disciplinare per fatti commessi durante la fase di sospensione cautelare dal rapporto d’impiego; tesi che, a prescindere dalla sua fondatezza o meno, costituisce ad ogni modo espressione dell’enunciato diritto fondamentale di difesa, nella specie esercitato dall’odierno appellato senza trasmodare in comportamenti scorretti, quali sconvenienti frasi o gesti, nei confronti dei superiori gerarchici e componenti del consiglio di disciplina.

Per le esposte ragioni l’appello è da respingere, con conseguente conferma dell’impugnata sentenza.

6. Nulla è dato statuire sulle spese del grado, non essendosi l’appellato vittorioso costituito in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 8790 del 2006), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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