Cass. civ. VI – 1, Sent., 01-06-2012, n. 8898 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto in data 8 febbraio 2010, la Corte d’appello di L’Aquila ha rigettato la domanda di equa riparazione proposta da L.C. C. ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, sul rilievo che la durata del processo penale, cui si riferiva l’istanza, a partire dalla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari sino alla decisione della Corte di cassazione, risulta pari a sei anni e tre mesi, ed è quindi in linea con i parametri CEDU. Per la cassazione del decreto della Corte d’appello il L.C. ha proposto ricorso, con atto notificato il 10 maggio 2010, sulla base di un motivo.

L’Amministrazione ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Il collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza.

Con l’unico motivo, il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il motivo è infondato.

Il decreto impugnato – nel giudicare ragionevole, nei tre gradi di giudizio, la durata del processo penale, protrattasi per sei anni e tre mesi – non si è discostato dai parametri tendenzialmente fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (tre anni per il giudizio di primo grado, due per il giudizio di appello ed uno di cassazione) (Cass., Sez. 1, 5 dicembre 2011, n. 25955), avendo il giudice del merito – con una valutazione ancorata alla ordinaria complessità di quel processo presupposto – ritenuto non rilevante il modesto superamento di detta soglia complessiva di appena tre mesi.

D’altra parte, è erronea la prospettiva del ricorrente di considerare isolatamente la fase dell’appello, atteso che la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 delinea in modo unitario il diritto all’equa riparazione, e correlativamente l’azione con cui il diritto è fatto valere, senza autorizzare frazionamenti o scissioni con riferimento a vicende o fasi del processo: pertanto, benchè sia possibile individuare degli standard di durata media ragionevole per ogni fase del processo, si deve sempre procedere ad una valutazione complessiva, anche quando il processo si è articolato in gradi e fasi, e questo può fare escludere, come nella specie, la sussistenza del diritto all’indennizzo, qualora il termine di ragionevole durata di una fase risulti violato, senza però che lo sia stato quello concernente l’intera durata del processo, nelle due fasi di merito e di legittimità.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, in base al principio di soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dall’Amministrazione controricorrente, che liquida in Euro 565,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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