T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 27-12-2011, n. 10238

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 27 gennaio 2011 e depositato il 5 febbraio 2011, la società G. S.p.A., con sede in Lucca, in persona del legale rappresentante protempore, ha impugnato il provvedimento in epigrafe meglio specificato.

Giova premettere che:

– G. S.p.A. è società a partecipazione pubblica integrale, affidataria del servizio idrico integrato dell’ambito territoriale ottimale (A.T.O.) n. 1 – Toscana Nord dal 1° gennaio 2005, per convenzione stipulata con l’Autorità di ambito in data 22 dicembre 2004;

– con segnalazione pervenuta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato il 25 marzo 2010, un utente lamentava che la società G. S.p.A. continuava a includere nelle fatture emesse per il pagamento del servizio idrico integrato la quota di tariffa relativa ai servizi di depurazione, non dovuta a seguito della declaratoria d’incostituzionalità degli artt. 14 comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 e 155 comma 1 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, come pronunciata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 335 del 15 ottobre 2008;

– con nota del 1° giugno 2010 l’Autorità comunicava l’avvio del procedimento istruttorio n. PS5804, inteso all’accertamento della eventuale violazione degli artt. 20, 24 e 25 lettera a) del Codice del Consumo;

– acquisite informazioni e memorie e svolta l’audizione dei rappresentanti di G. S.p.A., con nota dell’8 ottobre 2010 l’Autorità comunicava la conclusione della fase istruttoria;

– in esito all’acquisizione di ulteriore memoria presentata dalla società G. S.p.A., con il provvedimento n.. P21796, di cui alla deliberazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato assunta nell’adunanza del 10 novembre 2010, è stata dichiarata pratica commerciale scorretta e aggressiva, ai sensi degli artt. 20, 24 e 25 lettera a) del Codice del Consumo, la richiesta da parte di G. S.p.A. del pagamento della tariffa di depurazione per le utenze che non fruiscono di servizi di depurazione anche dopo la pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 335 del 15 ottobre 2008, con irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a Euro 60.000,00.

Con il ricorso in epigrafe sono state dedotte, in sintesi, le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 20, 24 e 25 del codice del consumo. Violazione e falsa applicazione degli artt. 147156 del d.lgs. n. 152/2006 e del d.m. 1 agosto 2006. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti, difetto d’istruttoria, difetto di motivazione

Sotto un primo profilo, l’Autorità ha ritenuto, in modo affatto erroneo, che dalla data della sentenza della Corte Costituzionale fossero obbligatori e dovuti, ex se, la decurtazione della tariffa per la quota relativa ai servizi di depurazione e il rimborso delle relative somme già antecedentemente incassate: in effetti soltanto con l’art. 8 sexies del d.l. n. 208/2008, convertito nella legge n. 13/2009, e a seguito dell’emanazione del decreto ministeriale attuativo 30 settembre 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l’8 febbraio 2010, tali obblighi sono divenuti operativi, onde la condotta sanzionata avrebbe estensione temporale, al limite, di pochi mesi (dal febbraio al novembre del 2010, quando G. S.p.A. ha avviato i rimborsi a conguaglio).

Sotto altro aspetto, la condotta contestata non integra alcuna pratica commerciale scorretta, in senso proprio ed effettivo, non essendosi tradotta in azioni o omissioni ingannevoli volte alla promozione, vendita o fornitura del servizio, in omissioni di natura informativa, né in minacce relative alla sospensione del servizio o al distacco dei contatori per il mancato pagamento delle somme fatturate.

A più forte ragione, e per le stesse considerazioni, la condotta non può essere qualificata come pratica commerciale aggressiva, non essendosi esplicata alcuna coercizione o indebito condizionamento sugli utenti, rispetto ai quali il ritardo nel rimborso della quota tariffaria (pari mediamente a 37 euro annui) ha prodotto danno di pochi centesimi di euro, corrispondente ai soli interessi corrispettivi.

Non sussiste nemmeno la violazione dei canoni di ordinaria diligenza esigibili dal gestore del servizio idrico integrato, in particolare con riferimento agli obblighi di rilevazione e censimento delle utenze stabiliti dalla convenzione di affidamento del servizio, rispetto ai quali l’unica autorità competente ad accertarne l’inadempimento è non già l’A.G.C.M. sebbene l’Autorità d’ambito, e/o, per gli aspetti più generali, il Comitato nazionale per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche (Co.Vi.R.I.).

In ogni caso G. S.p.A. si è attenuta alle indicazioni fornite con varie deliberazioni dell’Autorità d’ambito territoriale ottimale, avviando il censimento delle utenze non servite dai servizi di depurazione e concludendolo nei tempi tecnici strettamente necessari; né essa poteva far luogo, prima di aver completato il censimento, alla modifica delle modalità di fatturazione e all’esecuzione dei rimborsi, mediante conguagli "straordinari" diversi dal conguaglio di fine anno, per ragioni tecnicoorganizzative obiettive.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del codice del consumo. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione.

La sanzione pecuniaria irrogata non è ragguagliata né alla personalità del responsabile della violazione (società a capitale pubblico integrale tenuta all’osservanza delle indicazioni dell’Autorità d’ambito territoriale ottimale), né alla gravità e durata della violazione (da rapportare a pochi mesi, o al massimo ad un anno), né alle condizioni economiche della società (che pur registrando un fatturato annuo di circa 60 milioni di euro, consegue ricavi affatto modesti, pari a Euro 20.000,00 nel 2008 e Euro 66.000,00 nel 2009).

Costituitasi in giudizio, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con memoria difensiva depositata il 13 giugno 2011, ha dedotto, a sua volta, l’infondatezza del ricorso: in sintesi l’Avvocatura dello Stato ha ribadito che G. S.p.A., che avrebbe dovuto completare il censimento delle utenze sin dal 2007, non aveva provveduto a defalcare le fatture dalla quota tariffaria non dovuta nemmeno con riferimento alle utenze sicuramente non fruenti del servizio di depurazione.

A tali rilievi ha replicato G. S.p.A. con memoria depositata il 24 giugno 2011.

All’udienza pubblica del 6 luglio 2011 il ricorso è stato discusso e deciso.

Motivi della decisione

1.) Il ricorso in epigrafe è fondato limitatamente alle censure dedotte con il secondo motivo, in relazione alla misura della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata, onde deve essere accolto ai soli fini della rideterminazione della medesima nei sensi più avanti precisati.

1.1) Giova premettere un sia pur sintetico quadro di riferimento normativo.

L’art. 14 comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (istitutiva del servizio idrico integrato) sin dal testo originario stabiliva che:

"La quota di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi".

Il successivo art. 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179, ferma tale previsione, modificava la disposizione precisando le modalità di determinazione dei relativi proventi e prevedendone la destinazione vincolata ad un fondo, a disposizione dei soggetti gestori del servizio idrico integrato, da utilizzare per l’attuazione del piano di ciascun ambito territoriale ottimale.

Il d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (codice dell’ambiente), nell’abrogare e riformulare le disposizioni della legge n. 36/1994, all’art. 155 comma 1 stabiliva che:

"Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell’articolo 154, a un fondo vincolato intestato all’Autorità d’ambito, che lo mette a disposizione del gestore per l’attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d’ambito. La tariffa non è dovuta se l’utente è dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell’Autorità d’ambito"

La Corte Costituzionale, con sentenza 10 ottobre 2008, n. 335, dichiarava l’illegittimità costituzionale sia dell’art. 14 comma 1 della legge n. 26/1994, come modificato dall’art. 28 della legge n. 179/2002, sia, in via consequenziale, dell’art. 155 comma 1 del d.lgs. n. 152/2006, con riferimento all’obbligo dell’utente di provvedere al pagamento della quota della tariffa del servizio idrico integrato per servizi di depurazione in effetti non fruiti (per non essere l’utente allacciato a pubbliche fognature servite da impianti depurativi o perché questi erano inesistenti o temporaneamente inattivi), sul rilievo della violazione dell’art. 3 Cost., ossia della disparità di trattamento, in funzione dell’assoggettamento ad una obbligazione di natura contrattuale -tale qualificandosi la tariffa del servizio idrico integrato- in difetto della corrispettiva fornitura dello specifico servizio di depurazione.

Il d.l. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito con modificazioni nella legge 27 febbraio 2009, n. 13, all’art. 8 sexies stabiliva, quindi, per quanto qui interessa, che:

– "Gli oneri relativi alle attività di progettazione e di realizzazione o completamento degli impianti di depurazione, nonché quelli relativi ai connessi investimenti, come espressamente individuati e programmati dai piani d’ambito, costituiscono una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato che concorre alla determinazione del corrispettivo dovuto dall’utente. Detta componente è pertanto dovuta al gestore dall’utenza, nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, a decorrere dall’avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione, purché alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati" (comma 1);

– "In attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008, i gestori del servizio idrico integrato provvedono anche in forma rateizzata, entro il termine massimo di cinque anni, a decorrere dal 1° ottobre 2009, alla restituzione della quota di tariffa non dovuta riferita all’esercizio del servizio di depurazione. Nei casi di cui al secondo periodo del comma 1, dall’importo da restituire vanno dedotti gli oneri derivati dalle attività di progettazione, di realizzazione o di completamento avviate. L’importo da restituire è individuato, entro duecentodieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, dalle rispettive Autorità d’ambito" (comma 2);

"Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, su proposta del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare stabilisce con propri decreti i criteri ed i parametri per l’attuazione, coerentemente con le previsioni dell’allegato al decreto del Ministro dei lavori pubblici, d’intesa con il Ministro dell’ambiente, 1° agosto 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del 16 ottobre 1996, tenute presenti le particolari condizioni dei soggetti non allacciati che provvedono autonomamente alla depurazione dei propri scarichi e l’eventuale impatto ambientale, di quanto previsto dal comma 2, nonché le informazioni minime che devono essere periodicamente fornite agli utenti dai singoli gestori in ordine al programma per la realizzazione, il completamento, l’adeguamento e l’attivazione degli impianti di depurazione previsto dal rispettivo Piano d’ambito, nonché al suo grado di progressiva attuazione, e le relative forme di pubblicità, ivi inclusa l’indicazione all’interno della bolletta" (comma 4).

Il decreto ministeriale 30 settembre 2009 n. 43569, in attuazione della disposizione da ultimo richiamata, ha quindi dettato la normativa regolamentare concernente le modalità di rimborso della quota di tariffa non dovuta e i correlativi e strumentali obblighi dei gestori.

In particolare, per quanto qui interessa, l’ambito applicativo del decreto, e quindi sia gli obblighi strumentali dei gestori che le modalità di restituzione, è stato circoscritto ai soli utenti allacciati a pubbliche fognature, anche qualora provvedano autonomamente alla depurazione degli scarichi (art. 1 comma 5)

L’esclusione dall’ambito applicativo del decreto degli utenti non allacciati a pubbliche fognature e quindi muniti di autonomi sistemi depurativi (art. 1 comma 4) rende evidente che per questa categoria d’utenti si è ritenuta direttamente e immediatamente applicabile la disciplina legislativa di cui all’art. 8 sexies del d.l. n. 208/2008, convertito nella legge n. 13/2009.

1.2) Così ricostruito l’ambito di riferimento normativo, deve altresì rilevarsi che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 335 del 2008, sui gestori del servizio idrico integrato gravavano due distinti obblighi:

a) la sospensione della fatturazione della quota tariffaria riferita ai servizi di depurazione, nei confronti di utenti che non usufruivano del servizio, ossia:

– degli utenti non allacciati a pubbliche fognature;

– degli utenti allacciati a pubbliche fognature che non recapitavano in assoluto in impianti depurativi o che recapitavano in impianti depurativi non funzionanti;

b) la restituzione (rimborso) delle somme riferite alla quota tariffaria già versate dai suddetti utenti.

L’art. 8 sexies consentiva la conservazione della quota tariffaria per il servizio di depurazione soltanto "…a decorrere dall’avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione, purché alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati" (comma 1).

Al di fuori di tale circoscritta ipotesi, è del tutto evidente che i gestori del servizio idrico integrato non potevano continuare a includere nelle fatture la quota della tariffa riferita ai servizi di depurazione.

Soltanto per la restituzione (rimborso) delle somme corrispondenti alla quota tariffaria già versate dagli utenti il successivo comma 2 dell’art. 8 sexies ne stabiliva una temporalizzazione, con la possibilità di rateizzazione nel massimo di cinque anni decorrenti dal 1° ottobre 2009, rinviando per le specifiche modalità al decreto ministeriale.

1.3) Orbene, nel caso di specie, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato non ha censurato, quale pratica commerciale scorretta e aggressiva, il mancato rimborso o restituzione delle somme corrispondenti alla quota tariffaria relativa al servizio di depurazione, sebbene e precisamente quella consistente "…nell’aver richiesto, contrariamente a quanto previsto dalla legge, il pagamento della tariffa di depurazione anche in relazione alle utenze idriche non servite da impianti di depurazione" (par. 62 della deliberazione del 10 novembre 2010).

Come precisato nel paragrafo 64 della deliberazione:

"…le evidenze raccolte nel corso del procedimento dimostrano che il professionista ha iniziato a esentare gli utenti che non usufruiscono del servizio depurazione dal pagamento della relativa tariffa solo nella fatturazione di settembre 2010, salvo qualche eccezione e, dunque, a distanza di quasi due anni dalla pubblicazione della decisione della Consulta e che, a tutt’oggi, le somme indebitamente percepite dalla fatturazione successiva alla pubblicazione della sentenza non sono state ancora rimborsate".

Il riferimento al rimborso pur contenuto diffusamente nella deliberazione, per quanto possa avere una qualche portata confusiva, non può valere a introdurre una modifica alla condotta contestata che, secondo quanto desumibile dal provvedimento, resta circoscritta proprio e precisamente alla mancata esclusione dalla fatturazione della quota tariffaria relativa ai servizi di depurazione.

Infatti, come ancora precisato nel paragrafo 65 la società G. (oltre a non aver predisposto un sistema di rilevamento e aggiornamento dei dati che consentisse di individuare le utenze non servite da impianti di depurazione) "…"non ha neanche realizzato un sistema di fatturazione idoneo ad evitare che gli utenti fossero destinatari di richieste di pagamento in realtà non dovute".

Nel successivo paragrafo 70 l’Autorità ha rilevato, inoltre, che:

"…la stessa Autorità d’Ambito con propria delibera del 16 dicembre 2008 ha disposto che la società G. a partire dalla fatturazione immediatamente successiva alla sentenza della Corte Costituzionale n. 335/08 non avrebbe dovuto fatturare la quota di tariffa relativa alla depurazione agli utenti che rientrano nella casistica prevista dalla sentenza, concedendo alla società un termine di due mesi per completare il censimento degli utenti rientranti nella casistica prevista dalla sentenza e prevedendo che la stessa avrebbe dovuto procedere al rimborso degli utenti "appena i dati fossero stati disponibili "".

E ancora nel paragrafo 75 l’Autorità ha osservato che:

"In particolare, le evidenze istruttorie dimostrano che il professionista ha continuato a richiedere la tariffa di depurazione ad un elevato numero di utenze esentabili site nei Comuni montani -circa 11.000- nonostante avesse già nell’aprile 2009 appurato che le stesse non erano servite da impianti di depurazione o da impianti temporaneamente inattivi".

2.) Alla stregua delle osservazioni che precedono, risultano infondate le censure dedotte nel primo motivo di ricorso.

Sotto un primo aspetto, infatti, la esclusione della fatturazione della quota tariffaria relativa ai servizi di depurazione era doverosa quantomeno dall’entrata in vigore della legge n. 13 del 2009, di conversione del d.l. n. 208 del 2008 (ossia dal 1° marzo 2009, giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione nella G.U.R.I. n. 49 del 28 febbraio 2009), poiché almeno da tale data era chiaramente enucleabile la distinzione chiarita sub 1.2) tra la sospensione della fatturazione della quota tariffaria non dovuta e la restituzione delle somme già versate dagli utenti.

Con riferimento, poi, alla qualificazione della condotta del gestore del servizio idrico integrato -consistita nella mancata esclusione dalla fatturazione della quota tariffaria non dovuta e quindi nella prosecuzione del suo incasso, quale pratica commerciale, non può dubitarsi che si tratti di comportamento commissivo, e quindi di azione afferente alla fornitura del servizio idrico integrato, svolta da professionista nell’erogazione di una prestazione di natura commerciale.

Sotto tale aspetto appaiono pienamente condivisibili i rilievi contenuti nella deliberazione impugnata (parr. 61 e 62) che richiamano la natura di attività commerciale delle prestazioni inerenti al servizio idrico integrato sull’esatto e inconfutabile rilievo che la stessa tariffa del servizio non ha natura tributaria ma costituisce "corrispettivo di diritto privato" di fonte contrattuale (il contratto di utenza).

Del pari esatte sono le considerazioni addotte dall’Autorità in ordine alla qualificazione come aggressiva della pratica commerciale, di cui al paragrafo 90, come di seguito riportate:

"la natura del servizio idrico integrato quale servizio essenziale gestito in regime di monopolio locale e in conseguenza, l’obbligo del consumatore a contrarre con il professionista e l’impossibilità di recedere dal relativo rapporto contrattuale, rappresentano circostanza idonee a obbligare il consumatore medio al pagamento di quanto richiesto o, comunque, ad esercitare una pressione sul consumatore medio tale da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, in quanto il consumatore è a conoscenza del fatto che una eventuale morosità può comportare il distacco della fornitura idrica".

E’ indubitabile, infatti, che l’utenteconsumatore, a fronte della inclusione nella fattura della quota tariffaria relativa al servizio idrico integrato, conglobata nel totale del corrispettivo, non poteva assumere altro comportamento se non il pagamento dell’intera somma dovuta, non potendo ovviamente defalcare la quota non dovuta se non esponendosi ad azioni legali e comunque al rischio della sospensione del servizio di acquedotto.

I rilievi svolti dall’Autorità in ordine al ritardo col quale il gestore del servizio idrico integrato, in violazione degli obblighi rivenienti dalla convenzione di affidamento del servizio e/o dei termini successivamente fissati dall’Autorità d’ambito territoriale ottimale, ha provveduto alla ricognizione e censimento delle utenze non allacciate a impianti di pubblica fognatura o seppure allacciate non fruenti del servizio di depurazione, non integrano -poi- una arbitraria valutazione della violazione degli obblighi gravanti sul medesimo gestore usurpativa delle specifiche competenze di vigilanza assegnate all’Autorità d’ambito e/o al Comitato nazionale per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche.

In effetti l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in relazione al tenore delle controdeduzioni della società G. S.p.A., si è limitata a evidenziare che esse non valevano ad escludere la configurabilità di una pratica commerciale scorretta e aggressiva poiché le difficoltà organizzative relative alla ricognizione delle utenze non fruenti dei servizi di depurazione erano riconducibili a carenze gestionali proprie della predetta società.

Né può omettersi di ribadire che, secondo quanto esattamente osservato dall’Autorità, il gestore del servizio idrico non ha sospeso la fatturazione della quota tariffaria non dovuta nemmeno con riferimento alle utenze "…esentabili site nei Comuni montani -circa 11.000- nonostante avesse già nell’aprile 2009 appurato che le stesse non erano servite da impianti di depurazione o da impianti temporaneamente inattivi" (par. 75).

Da ultimo deve convenirsi con l’Autorità in ordine all’inconferenza e inconsistenza degli assunti difensivi relativi a difficoltà di esclusione dalla fatturazione al di fuori del sistema dei conguagli di fine anno, poiché quest’ultimo attiene semmai al profilo del rimborso delle somme già incassate (mediate compensazione), non anche alla possibilità di eliminare la quota tariffaria non dovuta con le opportune implementazioni dei software gestionali della fatturazione.

3.) Sono invece fondate le censure dedotte con il secondo motivo di ricorso in ordine alla misura della sanzione irrogata, e ciò sia con riferimento alla durata della pratica commerciale scorretta, il cui arco temporale deve essere calibrato dal marzo 2009 al dicembre 2010, sia in relazione alla natura del gestore del servizio (società a partecipazione pubblica integrale) e all’ammontare, assai contenuto, dei ricavi (pari a soli Euro 66.000,00 nel 2009), nonché alla modestia del pregiudizio economico cagionato a ciascun utente, effettivamente riconducibile alla temporanea indisponibilità delle somme versate, pari a circa 54 euro annui al netto dell’IVA, e quindi agli interessi corrispettivi dovuti al momento della restituzione.

Alla stregua delle osservazioni che precedono, la sanzione amministrativa pecuniaria può essere quindi ridotta ad Euro 30.000,00 (trentamila/00).

4.) In relazione all’accoglimento solo parziale del ricorso, sussistono giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese e onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sede di Roma – Sezione Prima così provvede sul ricorso in epigrafe n. 1029 del 2011:

1) accoglie il ricorso in parte, limitatamente al secondo motivo di ricorso, e lo respinge nel resto, e per l’effetto ridetermina in Euro 30.000,00 (trentamila/00) l’importo della sanzione amministrativa pecuniaria;

2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese e onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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