Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-06-2012, n. 8871 Apparenza del diritto Pagamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – A seguito di ricorso del 13 gennaio 1994 di C. F., titolare dell’omonima impresa individuale, il Presidente del Tribunale di Siracusa, con decreto n. 477/94 del 23 marzo 1994, notificato il 31 marzo 1994, ingiunse al Comune di Siracusa di pagare al F. la somma di L. 881.019.579 – oltre gli interessi successivi al 30 agosto 1993 sulla somma di L. 554.597.136, nella misura di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 35 e gli interessi legali dalla data del deposito del ricorso sulla somma di L. 326.422.443 -, a titolo di corrispettivo del contratto di appalto, avente ad oggetto i lavori di pavimentazione e di sistemazione dei marciapiedi sul (OMISSIS).

Con citazione del 19 aprile 1994, il Comune di Siracusa convenne il F. dinanzi al Tribunale di Siracusa per l’udienza del 28 giugno 1994, opponendosi al decreto e deducendo che le somme ingiunte erano state tutte regolarmente pagate in varie date, sulla base di precise disposizioni al riguardo impartite dallo stesso F. o direttamente ovvero tramite il suo procuratore, A.A..

In particolare, il Comune deduceva che le somme ingiunte erano state pagate mediante versamenti sul conto corrente (OMISSIS) intrattenuto presso il Banco di Sicilia che, quale tesoriere del Comune, aveva comunicato essere intestato al F..

Tanto dedotto, il Comune concluse chiedendo: in via principale, il rigetto dell’opposizione; in via subordinata, l’autorizzazione a chiamare in causa il Banco di Sicilia ed A.A., per essere dagli stessi manlevato in caso di soccombenza.

Il Comune iscrisse la causa a ruolo in data 26 aprile 1994.

Costituitosi all’udienza di comparizione del 29 giugno 1994, il F. contestò l’efficacia liberatoria dei predetti pagamenti, deducendo in particolare che, all’inizio dei lavori oggetto d’appalto, egli credeva di essere contitolare del conto corrente, mentre successivamente si era accorto che in realtà così non era.

Il F., pertanto, concluse chiedendo: in via preliminare, l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Banco di Sicilia e di A.A., ai quali la causa era comune; nel merito, il rigetto dell’opposizione; in via riconvenzionale, la condanna del Comune di Siracusa al risarcimento dei danni per il mancato incasso delle somme portate dal decreto ingiuntivo; sempre in via riconvenzionale, la condanna del Comune di Siracusa, del Banco di Sicilia e dell’ A. al pagamento della somma di L. 881.019.579, oltre al risarcimento dei danni.

1.1. – All’udienza del 25 gennaio 1995, l’Avv. P.L., nella qualità di procuratore speciale del F., dichiarò di disconoscere la paternità della sottoscrizione nonchè della formula di accredito sul c/c (OMISSIS) tenuto presso il Banco di Sicilia Agenzia n. (OMISSIS) di Siracusa, apposta in calce alle fatture emesse dalla ditta mandante portanti i numeri …".

Con ordinanza del 2 febbraio 1995, il Giudice istruttore autorizzò il Comune di Siracusa a chiamare in giudizio il Banco di Sicilia e l’ A., rinviando per la comparizione all’udienza del 18 ottobre 1995.

All’udienza del 18 ottobre 1995, il procuratore del F. produsse atto di citazione per integrazione del contraddittorio notificato al Banco di Sicilia ed all’ A..

Costituitosi, il Banco di Sicilia contestò la validità dell’atto di citazione del F. per integrazione del contraddittorio, in quanto lo stesso non era stato previamente autorizzato dal G.I. alla chiamata in causa, e chiese, nel merito, la reiezione della domanda del F., in quanto aveva eseguito regolarmente in favore di quest’ultimo i pagamenti per conto del Comune di Siracusa secondo le cogenti disposizioni dell’Ente locale.

A seguito di richiesta del Comune di Siracusa, di ulteriore termine per chiamare in garanzia il Banco di Sicilia e l’ A., il G.I., con ordinanza del 23 ottobre 1995, dispose l’intervento del Banco di Sicilia e dell’ A., ritenendo opportuno che il processo si svolgesse anche nei confronti degli stessi, ai quali la causa era comune. All’udienza del 24 aprile 1996, entrambi i convenuti in garanzia contestarono la ritualità dell’ordinanza e la legittimità della chiamata in garanzia, dal diritto alla quale il Comune di Siracusa era ormai decaduto.

Ammesso ed assunto l’interrogatorio formale dell’ A. deferito dal Comune di Siracusa ed esperita istruzione documentale, il Tribunale di Siracusa, con sentenza n. 207/05 del 22 dicembre 2005:

dichiarò nulla la chiamata in garanzia del Banco di Sicilia e di A.A. effettuata dal Comune di Siracusa; dichiarò altresì inammissibile la chiamata in giudizio degli stessi da parte del F., estromettendo i medesimi dal giudizio; dichiarò inoltre inammissibili le domande riconvenzionali proposte dal F. nei confronti del Comune e dei terzi estromessi; in accoglimento dell’opposizione proposta dal Comune, annullò il decreto ingiuntivo opposto.

2. – Tale sentenza fu impugnata con appello principale dal F. dinanzi alla Corte d’Appello di Catania. Il Comune di Siracusa ed A.A., nel resistere all’appello principale, proposero altresì appello incidentale. Il Banco di Sicilia chiese la reiezione dell’appello principale del F..

La Corte adita, con la sentenza n. 399/10 del 27 aprile 2010, rigettò l’appello principale del F., confermando integralmente la sentenza impugnata e, dichiarati assorbiti gli appelli incidentali, rigettò la domanda del Comune di Siracusa nei confronti del F., di condanna ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ..

In particolare, per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte ha motivato la decisione nel modo che segue.

A) I Giudici dell’appello hanno prioritariamente esaminato e deciso, per ragioni d’ordine logico, i motivi dell’appello principale concernenti i rapporti tra il F. ed il Comune di Siracusa, posti a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo e dell’atto di opposizione.

A1) Quanto al motivo d’appello – con il quale il F. aveva ribadito l’irrituale acquisizione al processo delle fatture prodotte dal Comune di Siracusa, in quanto questo avrebbe dovuto espressamente indicare tali documenti nell’atto di citazione "offrendoli formalmente in comunicazione" alle altre parti, ovvero depositarli dopo la costituzione in giudizio, comunicando il relativo elenco alle altre parti nelle forme stabilite dall’art. 170 cod. proc. civ. -, esso è stato respinto, in quanto: a) nell’atto di citazione in opposizione, il Comune aveva indicato espressamente e dettagliatamente detti documenti, riservandone il deposito in giudizio; b) non v’era alcuna contestazione sulla circostanza che i documenti erano stati depositati dal Comune, unitamente al proprio fascicolo, al momento dell’iscrizione della causa a ruolo, circostanza del resto accertata dal Giudice di primo grado in ordine alla quale non era stata formulata alcuna specifica censura; c) la ritualità della produzione era confermata dall’orientamento delle sezioni unite della Corte di cassazione (viene richiamata la sentenza n. 4759 del 1988), che riserva l’ottemperanza alle formalità previste dall’art. 87 disp. att. cod. proc. civ. alla diversa fattispecie dei documenti prodotti dopo la costituzione in giudizio, mentre per quelli prodotti al momento della costituzione – come nella specie – è sufficiente l’inserimento nel fascicolo depositato in tale sede.

A2) Quanto al motivo d’appello – con il quale il F. aveva ribadito la tempestività del disconoscimento formale delle fatture prodotte, non nell’udienza di prima comparizione del 29 giugno 1994 o nella comparsa di risposta ma, nella successiva udienza del 25 gennaio 1995 -, esso è stato respinto, in quanto – posto che la produzione di detti documenti era stata effettuata dal Comune di Siracusa all’atto della sua costituzione in giudizio – il loro disconoscimento avrebbe dovuto essere formalizzato dal F. o nella comparsa di risposta, ovvero con apposita deduzione nel verbale dell’udienza di prima comparizione.

A3) Correttamente, pertanto, il primo Giudice ha deciso la causa sulla base delle fatture e dei mandati prodotti dal Comune di Siracusa dalle quali era emerso che il F. aveva autorizzato il Comune ad emettere i relativi mandati accreditando l’importo sul conto corrente acceso presso il Banco di Sicilia Agenzia (OMISSIS), n. (OMISSIS) intestato ad A.A. e con delega in capo allo stesso F.. … Ed invero, dato per accertato e pacifico agli atti di causa che tale modalità di pagamento era quella usualmente richiesta dal F., non solo per il contratto d’appalto oggetto di questa causa, ma anche per altri contratti che la sua impresa aveva in essere con il Comune di Siracusa; che detto conto, intestato al genero del F., A.A., procuratore dello stesso in virtù di atto in possesso del Comune e mai revocato, recava la delega per operare su di esso dello stesso F.; che nessun rilievo o contestazione erano stati mossi per diversi anni dal creditore, non appare revocabile in dubbio che il Comune, quale solvens, era in buona fede nel momento in cui ha dato le relative disposizioni con conseguente applicazione anche per detti pagamenti dell’art. 1189 c.c..

A4) Quanto al motivo d’appello – con il quale il F. aveva ribadito che, secondo il disposto del D.P.R. 19 giugno 1979, n. 421, art. 17, comma 1, lett. a), (Coordinamento delle disposizioni regolanti la contabilità delle province e dei comuni con le disposizioni di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 468, e di cui alla L. 19 maggio 1976, n. 335) , per il quale I comuni e le province possono disporre, su richiesta scritta dei creditori e con espressa annotazione sui titoli, che i mandati di pagamento siano estinti dall’Istututo di credito incaricato del servizio di tesoreria con una delle seguenti modalità: a) accreditamento in conto corrente bancario o postale, intestato al creditore, il conto corrente deve essere intestato al creditore, con la conseguenza che il comune non è liberato se, come nella specie, paga su un conto di cui il creditore non è titolare -, esso è stato respinto, in quanto la disposizione non impedisce l’utilizzazione di modalità di pagamento diverse su indicazione dello stesso creditore, come avvenuto nella specie (viene richiamata la sentenza della Corte di cassazione n. 26623 del 2008).

A5) Quanto ai motivi d’appello – con il quale il F. aveva criticato la decisione di primo grado, nella parte in cui aveva dichiarato inammissibili le domande riconvenzionali dallo stesso proposte nei confronti sia del Comune di Siracusa, sia del Banco di Sicilia e di A.A. -, i Giudici a quibus: a) con riferimento alla domanda riconvenzionale proposta nei confronti del Comune di Siracusa – diversamente dal Giudice di primo grado che aveva dichiarato inammissibile la domanda sulla base del principio che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo solo l’opponente (nella specie, il Comune di Siracusa) può proporre domande riconvenzionali e non anche l’opposto che così facendo incorrerebbe nel divieto di proporre domande nuove -, hanno respinto nel merito la domanda, sulla base delle argomentazioni di merito svolte in precedenza (cfr., supra, sub A3), ritenendo che nella fattispecie si applica la disciplina previgente alla riforma del 1990 e il Comune non aveva eccepito la "novità" della domanda; b) con riferimento alle domande riconvenzionali proposte nei confronti del Banco di Sicilia e di A.A., hanno ritenuto, conformemente al Giudice di primo grado, inammissibili tali domande, in quanto – sui concorrenti rilievi che: il G.I., a seguito di istanza del Comune di Siracusa di chiamata in garanzia del Banco di Sicilia e di A. A., e di richiesta di intervento degli stessi ai sensi dell’art. 107 cod. proc. civ., formulata dal F., con ordinanza dei 2 febbraio 1995, aveva autorizzato soltanto il Comune alla chiamata in garanzia, ritenendo altresì che non sussistessero i presupposti per disporre il richiesto intervento ai sensi dell’art. 107 cod. proc. civ.; ciononostante, in mancanza di tempestiva chiamata in garanzia del Comune di Siracusa, il F. aveva citato per integrazione del contraddittorio i predetti soggetti – la chiamata in garanzia ad opera di quest’ultimo non era stata preventivamente autorizzata, ai sensi dell’art. 269 cod. proc. civ., dal G.I. il quale, anzi, aveva espressamente ritenuto insussistenti i presupposti di cui all’art. 107 c.p.c.; c) al riguardo, hanno ritenuto corretta la decisione del Giudice di primo grado, nella parte in cui aveva revocato l’ordinanza del G.I. in data 23 ottobre 1995 – con la quale era stato disposto l’intervento, per comunanza di causa, del Banco di Sicilia e dell’ A. -, sia perchè questi ultimi erano già costituiti in giudizio, sia soprattutto perchè in tal modo era stata disposta una irrituale rimessione in termini del Comune di Siracusa, il quale non aveva provveduto tempestivamente alla chiamata in garanzia autorizzata dal G.I. B) Detta soluzione della controversia preclude a questa Corte l’esame di tutti i motivi d’appello incidentale proposti dagli appellati subordinatamente all’accoglimento dell’appello incidentale recte:

principale ad eccezione, ovviamente, di quelli relativi al regolamento delle spese processuali compensate integralmente tra tutte le parti dal primo Giudice. Ritiene questa Corte di dover confermare tale compensazione in quanto correttamente ed equamente motivata dal primo Giudice, in applicazione della previgente disposizione processuale, dalla complessità della vicenda e dalla peculiarità delle questioni trattate.

C) … va rigettata la domanda formulata dal Comune di Siracusa …, di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c., non avendo il Comune nè fornito nè allegato alcuna prova e sull’an e sul quantum della pretesa.

3. – Avverso tale sentenza F.C. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo otto motivi di censura.

Resiste, con controricorso, il Comune di Siracusa, che ha anche proposto ricorso incidentale fondato su un motivo, cui resiste, con controricorso, il F..

Resistono altresì, con controricorso, il Banco di Sicilia s.p.a. ed A.A., il quale ha anche proposto – in via subordinata – ricorso incidentale fondato su un motivo, cui resiste, con controricorso, il F..

Tutte le parti hanno depositato memoria.

4. – All’esito dell’odierna udienza di discussione, il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale del Comune di Siracusa e per l’assorbimento del ricorso incidentale di A.A..

Motivi della decisione

1. – Con il primo (con cui deduce: Sulla violazione degli artt. 163 e 165 c.p.c. nella formulazione antecedente al 30/4/1995 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) e con il secondo motivo (con cui deduce: Sulla insufficienza della sentenza su un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) – i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, il ricorrente principale critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2, lettere A1 e A2), sostenendo che: a) contrariamente a quanto affermato dai Giudici dell’appello, il Comune di Siracusa, nell’atto di citazione in opposizione, non ha affatto indicato specificamente i documenti offerti in comunicazione, limitandosi soltanto a riservarsi di produrli in giudizio, ciò in violazione dell’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 5; b) inoltre, i Giudici a quibus, a prescindere dalla precedente censura, hanno omesso di rilevare il fatto decisivo che il Comune di Siracusa, nell’atto di citazione aveva indicato – non già le fatture poste a base del decreto ingiuntivo, ma – i mandati di pagamento emessi dal Banco di Sicilia in favore del F.; c) conseguentemente, il disconoscimento della paternità della sottoscrizione nonchè della formula di accredito sul c/c (OMISSIS) tenuto presso il Banco di Sicilia Agenzia n. (OMISSIS) di Siracusa, apposta in calce alle fatture emesse dalla ditta mandante portanti i numeri …, effettuato all’udienza del 25 gennaio 1995, sarebbe tempestivo.

Con il terzo (con cui deduce: Sulla conseguente violazione dell’art. 1188 c.c. in combinato disposto con l’art. 216 c.p.c. e l’art. 2691 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), con il quarto (con cui deduce: Sulla falsa applicazione e violazione dell’art. 1189 c.c. in combinato disposto con il D.P.R. n. 421 del 1919, art. 11 e D.P.R. n. 84 del 1978, artt. 21-23 in vigore all’epoca in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), con il quinto motivo (con cui deduce: Sulla erroneità di tale decisione su un punto determinante della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) e con il sesto motivo (con cui deduce: Sulla violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 421 del 1919, art. 11 in combinato disposto con l’art. 1189 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) – i quali possono essere del pari esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, il ricorrente principale critica ancora la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2, lettere A3 e A4), sostenendo che: a) dal momento che il disconoscimento della sottoscrizione delle fatture è stato tempestivo e che esso non è stato seguito dall’istanza della loro verificazione da parte del Comune di Siracusa, contrariamente a quanto affermato dai Giudici dell’appello, manca la prova – a carico del Comune di Siracusa, ai sensi dell’art. 1188 cod. civ. – che il F. avesse autorizzato il Comune a pagare le fatture mediante accredito sul conto corrente intestato all’ A.; b) tutte le circostanze sottolineate dai Giudici a quibus, per fondare l’efficacia liberatoria del pagamento in quanto eseguito in buona fede dal debitore Comune di Siracusa al creditore apparente ai sensi dell’art. 1189 cod. civ., sarebbero superate dal rilievo che il D.P.R. n. 421 del 1979, artt. 17, 21 e 22 esigono che ogni pagamento si riferisca ad un titolo specifico e ad una indicazione di pagare su un conto corrente intestato al creditore, con conseguente divieto di accreditare il pagamento su conto corrente intestato a persona diversa del creditore; c) inoltre, l’affermata buona fede del Comune di Siracusa sarebbe contrastata dai concorrenti rilievi che l’autorizzazione al pagamento per l’appalto in questione si riferiva, in realtà, ad altro contratto d’appalto (avente ad oggetto l’Anello idrico di Via (OMISSIS), relativamente al quale il F. agiva quale appaltatore in associazione temporanea con l’impresa dell’ A.), che la delega del F. ad operare sul conto corrente intestato all’ A. non comporta automaticamente la legittimazione del primo a trattenere per sè le somme accreditate, e che la procura conferita dal F. all’ A. non prova di per se sola – in mancanza della specificazione che il pagamento in questione era stato effettuato in forza di tale procura – la buona fede del Comune.

Con il settimo motivo (con cui deduce: Sulla falsa applicazione al caso di specie dell’art. 269 c.p.c. e sulla conseguente violazione degli artt. 107 e 210 c.p.c. in combinato disposto nella formulazione anteriore alla L. 26 novembre 1990, n. 353, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), il ricorrente principale critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2, lettera A5), sostenendo che i Giudici dell’appello hanno illegittimamente dichiarato inammissibile le domande riconvenzionali proposte nei confronti del Comune di Siracusa, del Banco di Sicilia e di A.A. sull’erroneo presupposto che il F. non fosse stato debitamente autorizzato dal G.I. a chiamare in causa i predetti soggetti: infatti, lo stesso ricorrente aveva autonomamente convenuto in giudizio i medesimi soggetti con atto del 2 giugno 1995 e, successivamente, il G.I., con l’ordinanza del 23 ottobre 1995, nel dichiarare la causa comune al Banco di Sicilia ed all’ A. e nell’ordinarne l’intervento, aveva "ratificato" tale chiamata in garanzia già effettuata da F., prevista dall’art. 106 c.p.c..

Con l’ottavo motivo (con cui deduce: Sulla violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione a domande espressamente formulate dalla parte, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), il ricorrente principale critica infine la sentenza impugnata, in quanto avrebbe omesso di pronunciare e/o di motivare su una serie di domande volte a dimostrare che taluni mandati di pagamento non erano stati accreditati sul più volte menzionato conto corrente intrattenuto presso il Banco di Sicilia, ma versati in contanti a mani dell’ A., accertamento questo che, se effettuato, avrebbe consentito di escludere che i mandati fossero stati pagati al F..

2. – Con l’unico motivo, il ricorrente incidentale Comune di Siracusa critica la sentenza impugnata, nella parte in cui ha respinto la domanda di risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., sostenendo che la prova dei danni è data dalla stessa motivazione delle sentenze di primo e di secondo grado, ove risulta che il corrispettivo dell’appalto era stato puntualmente pagato.

3. – Con l’unico motivo (con cui deduce: Violazione e falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 645 c.p.c.), il ricorrente incidentale A.A. critica la sentenza impugnata, nella parte in cui ha rigettato nel merito la domanda riconvenzionale proposta nei suoi confronti anzichè ribadirne l’inammissibilità, sostenendo che sia prima che dopo la riforma del 1990 all’opposto in sede monitoria era preclusa la formulazione di domanda riconvenzionale.

4. – Il ricorso principale non merita accoglimento.

4.1. – I primi due motivi sono infondati.

La Corte di Catania (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2, lettere Al e A2) ha affermato, in punto di fatto – senza che al riguardo siano state formulate specifiche censure -, che le fatture poste a base del richiesto ed ottenuto (dal F.) decreto ingiuntivo, nonchè i mandati di pagamento emessi dal Comune di Siracusa sono stati indicati espressamente e dettagliatamente dal Comune nell’atto di citazione in opposizione a detto decreto ingiuntivo, ed inoltre che tali documenti sono stati comunque prodotti dallo stesso Comune all’atto dell’iscrizione della causa a ruolo in data 26 giugno 1994, conformemente a quanto stabilito dall’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 5, e dell’art. 165 c.p.c., comma 1.

E’, dunque, evidente che a tale fattispecie processuale si applica, non – come invece sostiene il F. – l’art. 87 disp. att. cod. proc. civ., che concerne la diversa fattispecie della produzione dei documenti offerti in comunicazione dalle parti dopo la costituzione, ma, come hanno esattamente rilevato i Giudici a quibus, il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 4759 del 1988: principio secondo cui, al fine della produzione di documenti, in primo grado od in appello, le modalità previste dall’art. 87 disp. att. cod. proc. civ. (produzione in udienza, ovvero deposito in cancelleria con comunicazione alle altre parti) riguardano i documenti offerti in comunicazione dopo la costituzione in giudizio, mentre per quelli offerti all’atto della costituzione è sufficiente l’inserimento nel fascicolo depositato in tale sede (artt. 165 e 347 cod. proc. civ.), che è appunto quanto avvenuto nella specie.

Da detto accertamento in punto di fatto – in particolare, che le fatture emesse dal F., recanti in calce l’annotazione di quest’ultimo sulle modalità del loro pagamento mediante accredito sul più volte menzionato conto corrente intrattenuto presso il Banco di Sicilia, furono prodotte dal Comune di Siracusa all’atto della sua costituzione in giudizio in data 26 giugno 1994 – discende anche la giustezza della decisione impugnata circa l’intempestività del disconoscimento di tali scritture, in quanto effettuata dal F. nel verbale d’udienza del 25 gennaio 1995, anzichè nella comparsa di risposta o nel verbale d’udienza del 29 giugno 1994 (udienza di comparizione). Infatti, l’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2, secondo cui la scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta se la parte comparsa non la disconosce nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione, deve intendersi in senso strettamente cronologico, senza che assuma alcun rilievo il fatto che in tale udienza non sia stata espletata alcuna attività processuale (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 29909 del 2008 e 6187 del 2009).

Dallo stesso accertamento in punto di fatto discende, infine, che la tesi del F. – secondo la quale dette fatture sarebbero state inutilizzabili sul piano probatorio, in quanto il Comune di Siracusa non aveva formulato", ai sensi dell’art. 216 c.p.c., comma 1, istanza di verificazione delle scritture "disconosciute" – è palesemente infondata, perchè, una volta affermata l’intempestività del disconoscimento e dunque la sua inefficacia, l’omessa proposizione dell’istanza di verificazione da parte del Comune di Siracusa resta del tutto irrilevante.

4.2. – Le censure formulate dal ricorrente principale alla sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2, lettere A3 e A4) con i motivi dal terzo al sesto sono in parte infondate ed in parte inammissibili.

Quanto alla censura – con la quale il F. sostiene che, siccome il disconoscimento delle fatture è stato tempestivo e che esso non è stato seguito dall’istanza della loro verificazione da parte del Comune di Siracusa, manca la prova, gravante sul Comune di Siracusa ai sensi dell’art. 1188 cod. civ., che egli avesse autorizzato il Comune a pagare dette fatture mediante accredito sul conto corrente intestato all’ A. -, la stessa è palesemente infondata, perchè muove dall’erroneo presupposto, escluso con la reiezione dei primi due motivi del ricorso, della tempestività dell’effettuato disconoscimento delle fatture medesime.

Quanto poi alla censura – secondo la quale tutte le circostanze, evidenziate dai Giudici dell’appello per fondare l’efficacia liberatoria del pagamento perchè eseguito in buona fede dal debitore Comune di Siracusa al creditore apparente, ai sensi dell’art. 1189 cod. civ., sarebbero superate dal rilievo che il D.P.R. n. 421 del 1979, artt. 17, 21 e 22 esigono che ogni pagamento si riferisca ad un titolo specifico e ad una indicazione di pagare su un conto corrente intestato al creditore, con conseguente divieto di accreditare il pagamento su conto corrente intestato a persona diversa del creditore -, la stessa è smentita dal principio di diritto enunciato da questa Corte con la sentenza n. 26623 del 2008, pronunciata in una controversia tra le stesse parti, avente ad oggetto un diverso contratto d’appalto.

Infatti, il D.P.R. 19 giugno 1979, n. 421, art. 17, comma 1, lett. a), (Coordinamento delle disposizioni regolanti la contabilità delle province e dei comuni con le disposizioni di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 468, e di cui alla L. 19 maggio 1976, n. 335), applicabile alla specie ratione temporis – per il quale I comuni e le province possono disporre, su richiesta scritta dei creditori e con espressa annotazione sui titoli, che i mandati di pagamento siano estinti dall’istituto di credito incaricato del servizio di tesoreria con una delle seguenti modalità: a) accreditamento in conto corrente bancario o postale, intestato al creditore – non impediva l’utilizzazione di altre e diverse modalità di pagamento, laddove richieste dal creditore (come poi espressamente previsto sia dal D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, art. 29, comma 2, lett. h, sia dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 185, comma 2, lett. h), con la conseguenza che, ove il comune abbia disposto il pagamento tramite mandato intestato al creditore e recante, in adesione alla richiesta scritta di questi, l’annotazione di accredito su un conto corrente bancario di cui il beneficiario sia, non intestatario ma, delegato ad operare in nome del correntista, come avvenuto nella specie, deve ritenersi che l’ente comunale sia liberato, non essendo peraltro neppure ipotizzabile un potere di sindacato da parte del tesoriere dell’ente locale, in fase di esecuzione del pagamento. Tale principio di diritto – che il Collegio condivide – non è stato specificamente criticato dal ricorrente principale, essendosi questi limitato a contrapporvi la su riferita diversa ed apodittica tesi difensiva.

Quanto infine alle censure – con le quali si contesta l’affermata buona fede del Comune di Siracusa sulla base dei concorrenti rilievi che: l’autorizzazione al pagamento per l’appalto in questione si riferiva, in realtà, ad altro contratto d’appalto (avente ad oggetto l’Anello idrico di Via (OMISSIS), relativamente al quale il F. agiva quale appaltatore in associazione temporanea con l’impresa dell’ A.); la delega del F. ad operare sul conto corrente intestato all’ A. non comporta automaticamente la legittimazione di quest’ultimo a trattenere per sè le somme accreditate, e la procura conferita dal F. all’ A. non prova di per se sola, in mancanza della specificazione che il pagamento in questione era stato effettuato in forza di tale procura, la buona fede del Comune -, le stesse sono inammissibili.

Al riguardo, deve premettersi che la Corte di Catania è pervenuta all’applicazione dell’art. 1189 c.c., comma 1, – a norma, del quale Il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche è liberato se prova di essere stato in buona fede – sulla base delle concorrenti circostanze che la modalità di pagamento seguita nella specie (accredito dell’importo sul conto corrente acceso presso il Banco di Sicilia Agenzia (OMISSIS), n. (OMISSIS), intestato all’ A. e con delega in capo al F.) era quella usualmente richiesta dal F., non solo per il contratto d’appalto oggetto di questa causa, ma anche per altri contratti che la sua impresa aveva in essere con il Comune di Siracusa, che detto conto, intestato al genero del F., A.A., procuratore dello stesso in virtù di atto in possesso del Comune e mai revocato, recava la delega per operare su di esso dello stesso F., e che nessun rilievo o contestazione erano stati mossi per diversi anni dal creditore.

E’ noto che, in relazione alla norma di cui al menzionato art. 1189 c.c., comma 1, il principio dell’apparenza del diritto, che mira alla tutela della buona fede dei terzi, trova applicazione quando concorrono le due condizioni costituite dallo stato di fatto non corrispondente alla situazione di diritto e dal convincimento del terzo, derivante da errore scusabile, che lo stato di fatto rispecchi la realtà giuridica. Pertanto, per l’applicazione di tale principio, occorre procedere all’indagine, da compiersi caso per caso, non solo sulla buona fede del terzo, ma anche sulla ragionevolezza dell’affidamento, che perciò non può essere invocato da chi versi in una situazione di colpa (riconducibile alla negligenza) per aver trascurato l’obbligo, derivante dalla stessa legge oltre che dall’osservanza delle norme di comune prudenza, di accertarsi della realtà delle cose, facilmente controllabile, e per essersi affidato alla mera apparenza. E’ evidente che la suddetta indagine si risolve, perciò, in una mera quaestio facti, le cui conclusioni non sono censurabili nel giudizio di legittimità ove si fondino su argomentazioni logiche e prive di contraddizioni (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 20906 del 2005 e 24696 del 2009).

E’ sufficiente rileggere i su riportati rilievi della Corte di Catania, per concludere che le concorrenti circostanze – costituite appunto: dalla procura generale, conferita dal F. all’ A. e mai revocata in possesso del Comune di Siracusa, dall’annotazione specifica del F. in calce alle fatture circa la modalità del loro pagamento, puntualmente seguita dal Banco di Sicilia anche nella specie come già ripetutamente nel passato, e dalla mancanza di qualsiasi contestazione del F. circa tale modalità di pagamento per diversi anni – conducono univocamente alla conclusione della ragionevolezza dell’affidamento del Comune di Siracusa e dell’affermata buona fede dello stesso nell’esecuzione del pagamento de quo, tramite il Banco di Sicilia, con la modalità usualmente seguita.

Tutto ciò premesso, le censure in esame sono, come già accennato, inammissibili.

Quanto al rilievo che l’autorizzazione al pagamento per l’appalto in questione si riferiva, in realtà, ad altro contratto d’appalto (avente ad oggetto l’Anello idrico di Via (OMISSIS), relativamente al quale il F. agiva quale appaltatore in associazione temporanea con l’impresa dell’ A.), la stessa Corte di Catania ha precisato – con affermazione non censurata – che Nell’atto di opposizione alla fine della pag. 2 e a pag. 3 per un mero errore materiale si fa riferimento ai lavori relativi alla pavimentazione e ai marciapiedi di (OMISSIS) ma trattasi di mera svista perchè la documentazione in atti si riferisce al rifacimento e manutenzione della pista e delle pedane di atletica leggera nel campo scuola "(OMISSIS)", sicchè lo stesso rilievo è totalmente privo di corrispondenza con l’oggetto dell’appalto della presente causa.

Quanto al rilievo che la delega del F. ad operare sul conto corrente intestato all’ A. non avrebbe comportato automaticamente la legittimazione di quest’ultimo a trattenere per sè le somme accreditate, lo stesso è inammissibile, sia perchè introduce una questione del tutto nuova, qual è la denunciata appropriazione di parte del pagamento asseritamente operata dall’ A., sia perchè tale eventuale appropriazione non influisce comunque sulla correttezza del pagamento del Comune di Siracusa tramite il Banco di Sicilia.

Quanto al rilievo che la procura conferita dal F. all’ A. non proverebbe di per se sola – in mancanza della specificazione che il pagamento in questione era stato effettuato in forza di tale procura – la buona fede del Comune, lo stesso è inammissibile, perchè i Giudici a quibus hanno fondato il convincimento circa la sussistenza della buona fede del Comune non soltanto sull’esistenza di detta procura generale, peraltro mai revocata, ma anche sulle altre circostanze dianzi specificate.

In ogni caso, le censure in esame, complessivamente considerate, sono in realtà volte a sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove acquisite e valutate dai Giudici del merito, notoriamente preclusa in sede di giudizio di legittimità. 4.3. – Per dichiarare privo di fondamento il settimo motivo del ricorso principale, è sufficiente richiamare il costante orientamento di questa Corte, secondo cui nell’ordinario giudizio di cognizione, che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, solo l’opponente, in via generale, nella sua posizione sostanziale di convenuto, può proporre domande riconvenzionali, ma non anche l’opposto che, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può formulare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, potendo a tale principio logicamente derogarsi solo quando, per effetto di una domanda riconvenzionale formulata dall’opponente, la parte opposta si venga a trovare a sua volta in una posizione processuale di convenuto, cui perciò non può essere negato il diritto di difesa rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione (eventuale) di una cosiddetta reconventio reconventionis (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 21245 del 2006 e 8077 del 2007; si veda anche la sentenza delle sezioni unite n. 26128 del 2010).

Del resto, le censure mosse con il motivo in esame presentano anche consistenti profili di inammissibilità, nella misura in cui con esse non si criticano specificamente le distinte rationes decidendi poste a base della sentenza impugnata.

Infatti, la Corte di Catania: a) ha respinto nel merito la domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni, proposta dal F. nei confronti del Comune di Siracusa, sulla base delle medesime considerazioni svolte per respingere la domanda monitoria dello stesso F., di pagamento del corrispettivo dell’appalto, e tale ratio decidendi non è stata specificamente impugnata dal ricorrente principale; b) ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale di pagamento del corrispettivo dell’appalto, proposta dal medesimo F. nei confronti del Comune, del Banco di Sicilia e dell’ A., perchè l’odierno ricorrente principale aveva illegittimamente integrato il contraddittorio nei confronti del Banco di Sicilia e dell’ A., senza previa autorizzazione del Giudice istruttore, ed anche tale ratio decidendi non è stata specificamente criticata dal F., il quale ha omesso di considerare in particolare sia che l’ordinanza del 23 ottobre 1995 risulta definitivamente revocata a seguito della pronuncia impugnata, sia che la chiamata in causa del Banco di Sicilia e dell’ A., effettuata dal F. senza previa autorizzazione del Giudice istruttore, non è certamente qualificabile come chiamata in garanzia degli stessi, essendo invece strettamente funzionale alla, peraltro inammissibile, proposizione della domanda riconvenzionale di pagamento del corrispettivo dell’appalto nei confronti dei terzi chiamati.

4.4. – L’ottavo motivo del ricorso principale è inammissibile.

Con esso, il ricorrente deduce che la sentenza impugnata avrebbe omesso di pronunciare e/o di motivare su una serie di domande volte a dimostrare che taluni dei mandati di pagamento de quibus non erano stati accreditati sul più volte menzionato conto corrente intrattenuto presso il Banco di Sicilia, ma versati in contanti a mani dell’ A., accertamenti questi che, se effettuati, avrebbe consentito di escludere che i mandati fossero stati pagati al F..

L’inammissibilità del motivo discende dal decisivo rilievo che – una volta respinti i precedenti motivi di ricorso – risulta definitivamente acclarata sia l’efficacia liberatoria dei pagamenti effettuati dal Comune di Siracusa secondo le modalità impartite dallo stesso ricorrente principale, sia l’inammissibilità delle domande riconvenzionali dallo stesso proposte, sicchè il F. non ha più alcun interesse alla denunciata omessa pronuncia e/o motivazione.

5. – il ricorso incidentale proposto dal Comune di Siracusa deve essere respinto.

E’ noto che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la facoltà, concessa dall’art. 96 c.p.c., comma 1, di liquidare d’ufficio il danno da responsabilità aggravata risponde al criterio generale di cui agli art. 1226 e 2056 cod. civ., senza alcuna deroga rispetto all’onere di allegazione degli elementi di fatto idonei a dimostrarne l’effettività, in quanto tale facoltà non trasforma il risarcimento in una pena pecuniaria, nè in un danno punitivo disancorato da qualsiasi esigenza probatoria, restando esso connotato dalla natura riparatoria di un pregiudizio effettivamente sofferto senza assumere invece, carattere sanzionatorio od afflittivo, interpretazione, questa, avvalorata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 12, il quale ha aggiunto un terzo comma all’art. 96 cod. proc. civ., introducendo una vera e propria pena pecuniaria, indipendente sia dalla domanda di parte, sia dalla prova del danno causalmente derivato alla condotta processuale dell’avversario (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 17902 del 2010, 13395 del 2007, 21393 del 2005).

Nella specie, a fronte del decisum della sentenza impugnata – che ha rigettato la domanda formulata dal Comune di Siracusa, di risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., non avendo il Comune nè fornito nè allegato alcuna prova e sull’an e sul quantum della pretesa -, il ricorrente incidentale, anzichè indicare specificamente le prove offerte e non considerate dei danni richiesti, si è invece limitato ad affermare in modo assolutamente generico che la prova dei danni è data dalla stessa motivazione delle sentenze di primo e di secondo grado, ove risulta che il corrispettivo dell’appalto era stato puntualmente pagato.

6. – Il ricorso incidentale proposto – in via subordinata – dall’ A. deve ritenersi assorbito a seguito della reiezione del ricorso principale.

7. – Le spese del presente grado del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

Tuttavia, le spese della causa F. – A. possono essere compensate per intero tra le parti, avuto riguardo alla peculiarità della lite tra gli stessi intercorsa.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale. Rigetta altresì il ricorso incidentale proposto dal Comune di Siracusa. Dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto da A.A.. Condanna il ricorrente principale alle spese nei confronti del Comune di Siracusa e della s.p.a. Banco di Sicilia, che liquida, per ciascuno, in complessivi Euro 10.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge. Compensa per intero le spese tra F.C. ed A.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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