Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-11-2011) 22-11-2011, n. 43051

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe la Corte di assise di appello di Cagliari confermava la sentenza in data 13.2.2010 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Oristano, nella parte in cui, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato C. L. colpevole del delitto di omicidio volontario, commesso pugnalando, il (OMISSIS), con un coltello all’addome M. S. e così provocandone la morte sopravvenuta il (OMISSIS).

In parziale riforma della sentenza di primo grado la Corte di assise di appello riconosceva al C. le circostanze attenuanti generiche e riduceva la pena a quattordici anni di reclusione.

A ragione della decisione, respinte le eccezioni procedurali, richiamava:

– le risultanze processuali relative alla scoperta del corpo del M., trovato verso le 20,45, da alcuni compaesani in terra che perdeva abbondantemente sangue da una gravissima ferita all’addome e portato urgentemente in ospedale, in condizioni definite "disperate";

– le dichiarazioni immediatamente raccolte del M., che aveva affermato di non sapere chi lo avesse accoltellato: all’evidente scopo, si osservava, di proteggere un amico;

– le considerazioni del consulente medico del Pubblico ministero, evidenziando che nella relazione erano trascritti interi passi delle cartelle cliniche ed erano allegate le fotografie della ferita;

– le dichiarazioni dei testi che indicavano il C. come amico e accompagnatore abituale della vittima e che avevano permesso di individuarlo come la persona che aveva trascorso parte della giornata e della serata assieme al M. (testi Ma., R.), che avevano riferito che quel giorno C. portava con sè un coltello tipo "pattadese", che avevano ricostruito la personalità del morto come facile all’offesa, se ebro (teste V.);

– le parziali ammissioni del C. sul fatto che aveva trascorso alcune ore con il M. e le contraddizioni in cui era incorso allorchè aveva, invece, tentato di avvalorare la tesi che al momento del delitto era però altrove;

– i risultati degli accertamenti tecnici disposti dal Pubblico ministero sugli indumenti indossati dal C. il giorno dell’aggressione, e, in particolare, sulla maglia, che presentava uno strappo e sulla quale erano state repertate tracce ematiche riconducibili per profilo genetico alla vittima, nonchè l’assenza di spiegazioni da parte del C. su tali dati;

– la tumefazione e la ferita riscontrate sul volto del C. la stessa sera dell’aggressione e le contraddizioni tra le spiegazioni date dall’imputato e quelle fornite dal fratello L. in ordine alla causa di dette lesioni, e le contraddizioni tra quanto dichiarato da C.L. rispetto a quello che secondo il teste F. aveva a lui riferito;

– il fallimento dell’alibi che aveva tentato di fornire all’imputato il fratello L., vuoi per la diversità dell’orario riferito dal teste F., vuoi per le intrinseche contraddizioni in cui era incorso il dichiarante vuoi per il loro contrasto, allorchè aveva preteso di datare l’incontro con il fratello in base a quello dei film trasmesso in televisione, con i palinsesti televisivi, vuoi infine per i contrasti esistenti anche tra le versioni dei due fratelli.

2. Ricorre l’imputato a mezzo del difensore, avvocato Anna Maria Uras, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata.

2.1. Con il primo motivo denunzia l’inutilizzabilità la relazione redatta il 9.7.2009 dai dott. D., sulla quale si fondava (in via esclusiva, sembra si intenda sostenere) l’accertamento del nesso eziologico tra la ferita e la morte. Causa della inutilizzabilità della relazione sarebbe stata la circostanza che essa era stata redatta sulla scorta di documenti (cartelle cliniche) depositate dal Pubblico ministero tardivamente (dopo l’ordinanza di ammissione del rito abbreviato) e per tale ragione già stralciate e restituite al Pubblico ministero dal Giudice dell’udienza preliminare con ordinanza del 18.2.2010. Dalla inutilizzabilità delle cartelle cliniche sarebbe discesa dunque l’inutilizzabilità della relazione tecnica, che, nonostante riportasse alcuni stralci delle cartelle, aveva nel caso in esame consistenza meramente valutativa, non descrivendo esaustivamente nè i tre interventi chirurgici nè quanto accaduto durante la degenza.

2.2. Con il secondo motivo denunzia l’inutilizzabilità:

(a) delle dichiarazioni rese da C.L. il 12.6.2009, richiamate e recepite nel verbale del 30.6.2009, in quanto (al pari di quelle del 29.4.2009, dichiarate inutilizzabili) non precedute dagli avvisi di cui all’art. 199 c.p.p., comma 2; la volontà del testimone di confermare quanto già dichiarato non poteva, d’altro canto, sanare il vizio, giacchè la sanatoria ex art. 183 c.p.p. è rimessa esclusivamente alle parti processuali;

(b) delle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso dell’interrogatorio del 30.6.2009, giacchè nel corso dello stesso il Pubblico ministero ripetutamente aveva contestato al C. le dichiarazioni assunte il 28.4.2009, inutilizzabili ai sensi dell’art. 63 c.p.p., comma 2 perchè a quel tempo il C. già doveva ritenersi indagato.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare, sotto ogni aspetto inammissibile.

2. In relazione al primo motivo (con cui si ripropone l’eccezione d’inutilizzabilità della consulenza tecnica sull’eziologia della morte per l’inutilizzabilità delle cartelle cliniche sulle quali la stessa si fondava) deve osservarsi che già la sentenza impugnata esaurientemente osservava che:

– il pubblico ministero aveva dato immediatamente incarico al consulente, poichè le condizioni della vittima erano apparse fin dall’inizio disperate e tali da portare con notevole probabilità a morte; e in effetti, alla prima visita, il consulente aveva trovato il M. in stato di coma, intubato e collegato alle apparecchiature che lo monitoravano;

– la consulenza tecnica medico-legale del 9 luglio 2009 era stata tempestivamente depositata; ciò che era invece tardivamente depositato era il supplemento di perizia con le allegate cartelle cliniche; e poichè alla acquisizione di queste si era opposta la difesa, le cartelle non erano in atti a causa dell’opposizione manifestata dalla difesa alla loro acquisizione tardiva; la denunziata impossibilità di controllare de visu le cartelle, dipendeva dunque soltanto dall’atteggiamento ostruzionistico del difensore;

– l’elaborato del consulente tecnico riportava, tuttavia, in corsivo e fra virgolette, decine di righe testualmente copiate dalle cartelle cliniche, tra cui, in particolare, tutta l’anamnesi patologica prossima, il contenuto degli esami strumentali, il diario clinico, gli interventi chirurgici eseguiti; alla consulenza del 9 luglio 2009 era inoltre ritualmente allegata, sin dall’inizio, la fotografia eseguita dal chirurgo ospedaliero prima di effettuare il primo intervento, ed essa mostrava il M., secondo quanto riferisce la sentenza impugnata: "completamente eviscerato, squartato come un animale, con tutti i visceri all’esterno dell’addome e che coprivano) quasi metà del corpo".

Non può dunque che condividersi la conclusione cui sono pervenuti i giudici di merito, allorchè hanno, anzitutto, rilevato che le cartelle cliniche erano rese conoscibili attraverso la loro trascrizione nella consulenza, e che la fedeltà di tale trascrizione non era stata mai contestata dalla difesa.

D’altronde, in base a quanto plausibilmente osservato dai giudici del merito, sarebbe bastata la sola fotografìa delle lesioni infette alla vittima a dimostrare l’eziologia del decesso. E sulla documentazione fotografica il ricorso nulla obietta.

3. Manifestamente infondate – oltre che, per quanto si dirà, generiche -sono anche le censure sviluppate nel secondo motivo, che reitera le eccezioni d’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall’imputato il 30.6.2009 e di quelle rese fratello lo stesso giorno.

3.1. Come ha già correttamente, anche in relazione a tali aspetti, osservato la Corte di assise di appello, l’eventuale inutilizzabilità dei precedenti esami dell’imputato e di suo fratello, in vista dei quali non sarebbero stati dati ai dichiaranti gli avvertimenti in tesi dovuti, comunque non ridonderebbe nell’inutilizzabilità degli esami successivi, in cui le dichiarazioni sono state ritualmente assunte e mediante i quali i contenuti dichiarativi sono stati riprodotti e ripetuti, in piena libertà e dopo avere ricevuto ogni avviso, dall’imputato e dal teste suo congiunto.

3.2. Del tutto impertinente è, quindi, il riferimento all’art. 183 cod. proc. pen., non venendo in rilievo nelle ipotesi considerate alcuna sanatoria, ma una semplice, formale, riedizione delle prove dichiarative mediante nuova audizione delle fonti, che ripetendo i contenuti delle precedenti dichiarazioni conferiscono alle stesse forma processuale pienamente utilizzabile.

3.3. Deve per altro aggiungersi che, come anticipato, le censure mancano di qualsivoglia spiegazione sulla rilevanza, a fini difensivi, della eccepita inutilizzabilità.

A fronte di un compendio probatorio saldamente fondato su molti altri decisivi elementi (basterà ricordare, tra gli ulteriori elementi d’accusa evidenziati in fatto, le lacerazioni e le tracce ematiche, riferibili alla vittima, trovate sulla maglia di C.L.), le dichiarazioni dell’imputato e di suo fratello sono richiamate nella sentenza impugnata soltanto al fine di contestarne l’attendibilità in relazione alle giustificazioni che per esse si tentava di dare alle ferite al volto dell’imputato e alla sua presenza altrove all’ora del delitto. Dunque, se le dichiarazioni fossero inutilizzabili, invece di giustificazioni inattendibili vi sarebbe assenza di giustificazioni, con risultato equivalente, se non deteriore, quanto a resistenza degli elementi a carico.

4. Il ricorso va per conseguenza dichiarato inammissibile e all’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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