Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-06-2012, n. 8868 Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 17.12.2010, ha parzialmente accolto l’opposizione alla stima proposta da E. A.R., proprietaria di un terreno sito nel territorio del Comune di Orta di Atella, individuato al CT alla particella 5091, della complessiva estensione di mq. 36.885, sottoposto ad esproprio dal Comune per la minor consistenza di mq. 9.000.

La Corte territoriale, affermata la natura edificabile del suolo, ritenuta corretta la valutazione operata dal ctu ed escluso che la parziale ablazione avesse determinato una diminuzione di valore del fondo residuo, ha ordinato all’ente convenuto di depositare presso la Cassa DD.PP., in favore dell’attrice, Euro 1.260.000,00 a titolo di indennità di esproprio ed Euro 8.766,33 a titolo di indennità di occupazione. Il Comune di Orta di Atella ha impugnato la sentenza con ricorso per cassazione affidato a due motivi.

A.E.R. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, illustrato da memoria, cui il Comune ha a sua volta replicato con controricorso.

Motivi della decisione

1) Nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., A. E.R. ha eccepito la nullità della procura rilasciata dal sindaco del Comune di Orta di Atella a margine del ricorso, perchè generica e priva di espresso riferimento al giudizio. L’eccezione è infondata e deve essere respinta.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il mandato, anche non datato, apposto in calce o a margine del ricorso (o del controricorso) per cassazione è per sua natura speciale, giacchè tale collocazione rivela uno specifico collegamento tra la procura ed il giudizio di legittimità (fra molte, da ultimo, Cass. nn. 25317/010, 26504/09).

2) Con il primo motivo di ricorso, il Comune, denunciando violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis lamenta che la Corte di merito abbia posto a fondamento della decisione l’errato accertamento compiuto dal ctu, il quale avrebbe ritenuto il terreno – caratterizzato da edificabilità legale – edificarle in fatto.

Osserva che la porzione espropriata (già facente parte della particella 5091, che, nel piano di fabbricazione vigente sino al 3.2.99, ricadeva per il 50% in zona urbana di completamento (UC1), per altra parte in zona VA1 (attrezzature integrate) e, per altra parte ancora, era destinata a strada nel P.R.G. vigente alla data dell’esproprio era interamente classificata come zona per attrezzature pubbliche, ovvero destinata a standards (parcheggio, verde attrezzato, centro sociale e scuola materna), sulla quale era consentita solo una limitata e specifica edificazione, diversa da quella delle zone circostanti, della quale si sarebbe dovuto tener conto nella determinazione del suo valore venale.

Il motivo va dichiarato inammissibile.

La Corte territoriale, lungi dall’affermare l’edificabilità in fatto del terreno di cui si controverte in giudizio, ne ha accertato l’edificabilità legale, proprio sulla scorta delle risultanze degli strumenti di pianificazione urbanistica adottati dal ricorrente. Il giudice ha infatti osservato che l’area espropriata ricadeva, in origine, in un più vasto appezzamento di terreno che andava ritenuto edificabile, siccome classificato, nel programma di fabbricazione approvato dal Comune di Orta di Atella il 9.5.73, in parte in zona UC1 di completamento ed in parte in zona VA (area per attrezzature integrate) e strada di progetto, che, essendo poste a servizio della residua zona urbana, risentivano della stessa natura di quest’ultima;

ha quindi rilevato che la successiva, specifica destinazione della porzione di terreno in contestazione a zona S (attrezzature standard di progetto), intervenuta a seguito di approvazione del P.R.G. del 29.3.98, confermato sul punto dalla variante del 28.2.2000, insistendo su di una superficie che era comunque rimasta all’interno di una zona interamente edificarle, non aveva avuto carattere conformativo, ma andava considerata quale vincolo preordinato all’esproprio, del quale non poteva tenersi conto ai fini della stima.

Il Comune, anzichè criticare tale ultimo accertamento, sul quale, contestualmente, si fonda sta l’affermazione della perdurante natura edificarle della porzione espropriata sia l’attribuzione alla stessa di un valore di mercato corrispondente a quello della zona (a destinazione UC1, di completamento) nel quale è inserita, si è limitato a richiamare alcuni precedenti di questa Corte (che peraltro contrastano con la tesi da esso stesso sostenuta, della – sia pur ridotta – potenzialità edificatoria del terreno) senza preoccuparsi di chiarire in qual modo e per quali ragioni siano confacenti al caso di specie.

Deve perciò concludersi che, a parte l’insanabile contraddizione insita nel sostenere che un’area destinata esclusivamente alla costruzione di attrezzature pubbliche ha natura edificabile, ed a parte il rilievo che ciò che il ricorrente sembra imputare alla Corte di merito non è di aver violato il disposto della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis ma di aver trascurato una circostanza di fatto influente esclusivamente sulla stima, la censura non investe le ragioni della decisione e risulta, in definitiva, carente di motivi rientranti nel paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. (Cass. n. 17125/07).

3) Col secondo motivo, il Comune, denunciando vizi di omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza impugnata, lamenta la genericità e l’approssimazione dell’indagine – fondata sia sul criterio sintetico-comparativo sia su quello analitico-condotta dal ctu (le cui conclusioni sono state integralmente recepite dalla Corte territoriale) per accertare il valore di mercato del suolo espropriato. Osserva che il tecnico non ha considerato che nella dichiarazione ICI il terreno era classificato dalla proprietaria come agricolo ed assume che, assai più correttamente, al fine di determinare l’ammontare delle indennità dovute alla A., esso si era servito di una serie di atti pubblici di trasferimento aventi ad oggetto suoli omogenei. Sostiene, ancora, che il consulente avrebbe errato nell’incrementare del 3% il valore stimato, nel calcolare il reddito dominicale rivalutato, nel non applicare la riduzione del 40% e nel calcolare l’indennità di occupazione legittima.

Il motivo deve essere respinto.

Il ricorrente sembra ignorare che il Giudice delle Leggi, con la sentenza n. 348 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, commi 1 e 2 convertito con modificazioni, dalla L. n. 359 del 1992.

Pertanto, dal giorno successivo alla pubblicazione di tale sentenza, non è più possibile applicare il meccanismo riduttivo previsto dalle norme predette per la liquidazione delle indennità, le quali vanno commisurate al valore venale del bene, o ai sensi dell’attuale testo del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 così come modificato dalla L n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, ovvero (nei casi in cui la procedura espropriativa sia soggetta al regime giuridico anteriore all’entrata in vigore del T.U. sugli espropri) ai sensi della L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 29. Ne consegue la palese infondatezza delle censure con le quali il Comune denuncia l’errata o la mancata applicazione dei parametri di liquidazione dell’indennità (reddito dominicale rivalutato, riduzione del 40%) contemplati dalle disposizioni dichiarate incostituzionali.

Per il resto, il motivo si rivela inammissibile, perchè privo del requisito dell’autosufficienza, sia perchè non chiarisce se le contestazioni rivolte alla ctu siano state sollevate nel corso del giudizio di merito, sia perchè non precisa se i documenti dei quali il consulente (e la Corte territoriale) non avrebbero tenuto conto (atti di compravendita di suoli aventi caratteristiche similari a quello espropriato, dichiarazione ICI) siano stati tempestivamente prodotti in quei giudizio, sia, infine, perchè non richiama il contenuto dei documenti (certificato catastale, verbale di immissione in possesso) dai quali dovrebbero desumersi gli errori di calcolo compiuti dal ctu, nè si cura di specificare se essi siano rintracciabili all’interno del fascicoli di parte o d’ufficio.

4) Inammissibile, infine, è anche l’unico motivo di ricorso incidentale con il quale l’ A., deducendo vizio di motivazione, lamenta che la Corte territoriale abbia respinto la domanda di liquidazione di una maggiore indennità a titolo di perdita di valore del fondo residuo.

La Corte territoriale ha rilevato che, a fondamento della propria pretesa, l’ A. aveva dedotto una circostanza (l’avere il terreno perso l’accesso carrabile dalla via (OMISSIS)) che non trovava riscontro nè nelle planimetrie allegate agli atti nè nella relazione integrativa del ctu: tale accertamento risulta solo genericamente contraddetto dalla ricorrente incidentale, che non si è curata di precisare quali siano le risultanze processuali non valutate (o malamente valutate) dal giudice del merito decisive per giungere ad una diversa definizione della questione di fatto controversa.

La parziale, reciproca soccombenza delle parti, giustifica la compensazione delle spese nella misura di un terzo. I rimanenti due terzi vanno posti a carico del Comune di Orta di Atella e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio nella misura di un terzo e condanna il Comune di Orta di Atella al pagamento in favore di A.E.R. dei rimanenti due terzi, che liquida in Euro 8200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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