Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-10-2011) 22-11-2011, n. 43076 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di Treviso, in funzione di giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 11 marzo 2010, veniva rigettata la sua domanda volta all’applicazione della disciplina di favore di cui all’art. 671 c.p.p., comma 1, in relazione a 4 sentenze di condanna pronunciate da varie istanze giudiziarie in relazione a condotte riconducibili a reati contro il patrimonio (rapina e ricettazione, sequestro di persona in due casi ed associazione per delinquere in un caso) reati consumati tra il dicembre 2006 ed il febbraio 2007, propone ricorso per cassazione P.M., assistito dal difensore di fiducia, che ne denuncia l’illegittimità per violazione dell’art. 81 c.p. e per illogicità della motivazione.

Lamenta, in particolare, la difesa ricorrente che il giudice del merito non avrebbe adeguatamente valutato la sussistenza, nel caso in esame, di tutti i criteri individuati dalla giurisprudenza di legittimità per riconoscere nel concreto la sussistenza del disegno unitario e della relativa volontà e che, illogicamente, risultano valutate le acquisizioni processuali pur favorevoli all’accoglimento della istanza rigettata.

2. Il P.G. in sede depositava requisitoria scritta, motivatamente concludendo per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

3. Il ricorso è fondato.

3.1 Giova prendere le mosse, ribadendola, dal l’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1^, 12.05.2006, n. 35797) secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità (cfr., per tutte, Cass., Sez. 2^, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. 1^, 15.11.2000/31.1.2001, Barresi). La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatolo attesa la minore capacità a delìnquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anzicchè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo, ed il loro l’accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni.

Detto accertamento, infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.

3.2 Tanto premesso sul piano dei principi, non può non rilevarsi che il giudice di merito non abbia fatto di essi puntuale applicazione e che il provvedimento impugnato non appare articolato logicamente, li giudice a quo infatti ha negato il vincolo della continuazione tra i reati dedotti al suo esame pur in presenza di condotte consumate nel giro di tre mesi, analoghe nelle modalità e nella rilevanza penale, con l’argomento secondo il quale nella fattispecie l’istante non avrebbe provato l’intento volitivo unitario dell’agente.

L’insegnamento del giudice di legittimità è però, come innanzi illustrato, nel senso che l’intento volitivo, in quanto rientrante nell’intimo sentire della persona, può e deve essere logicamente dedotto da fattori significativi esterni, quali appunto, il tempo ravvicinato delle condotte, la loro omogeneità, la identità ovvero l’omogeneità dei reati, criteri questi evocati dal giudice a quo ma poi apoditticamente negati nella loro sintomaticità in favore di una ritenuta scelta di vita del ricorrente, anch’essa apoditticamente affermata in assenza di congrua esemplificazione motiva sul punto.

4. Alla stregua delle esposte considerazioni l’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio al GIP del Tribunale di Treviso per nuovo esame della vicenda proposta.

P.Q.M.

la Corte, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al GIP del Tribunale di Treviso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *