Cassazione civile anno 2005 n. 1071 Ricorso incidentale Risoluzione del contratto per inadempimento Valutazione delle prove

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con atto notificato il 17/9/1990 la X X s.n.c. conveniva in giudizio la X X X X esponendo: che essa attrice aveva acquistato dalla convenuta una partita di 25 pannelli in abete naturale, tipo 3-S qualità B/C al prezzo di scellini austriaci 220 al mq. pari a complessivi scellini 45.100; che essa X X, ricevuta la merce, l’aveva rivenduta al prezzo di L. 8.092.350 alla ditta Pozzo la quale, con lettera 6/12/1989 aveva lamentato che i pannelli consegnati, assoggettati a trattamento di verniciatura, avevano presentato screpolature lungo le superfici; che essa istante aveva provveduto a denunciare i detti vizi alla X X X X. La società attrice chiedeva quindi dichiararsi la risoluzione del contratto stipulato con la convenuta e la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni.
La convenuta, costituitasi, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice italiano e, nel merito, l’infondatezza della domanda.
Con sentenza 6581/94 della Corte di Cassazione a S.U. veniva dichiarata la giurisdizione del giudice italiano.
Riassunta la causa l’adito tribunale di Bolzano. con sentenza 30/3/1999. accoglieva la domanda della società attrice.
Avverso la detta sentenza la soccombente proponeva gravame al quale resisteva l’appellata.
Con sentenza 6/11/2000 la corte di appello di Trento, in riforma dell’impugnata decisione, rigettava la domanda proposta dalla X X. La corte di merito osservava: che era meritevole di accoglimento l’assorbente motivo di gravame con il quale l’appellante aveva sostenuto che le imperfezioni riscontrate ai pannelli in questione non erano tali da rendere la merce inidonea all’uso previsto e a diminuirne il valore in modo apprezzabile si da far scattare la garanzia ex articolo 1490 c.c.; che, come messo in evidenza dal c.t.u. X, i pannelli del tipo di quelli in questione andavano inquadrati nelle classi A, B, C e in quelle intermedie A/B e B/C; che, applicando i criteri utili per l’inquadramento nelle dette classi, poteva affermarsi che la X X aveva ordinato ed accettato pannelli della classe intermedia B/C e, quindi, di qualità per la quale la presenza di microfessurazioni doveva ritenersi connaturata e permessa; che la X X non aveva mai dedotto di aver richiesto la fornitura di merce superiore; che. come riferito dal teste X X, l’amministratore della X X nello scegliere i pannelli aveva optato per una qualità meno pregiata e più economica, senza far conoscere la destinazione della merce alla produzione di arredi interni: che i pannelli erano stati acquistati al prezzo di L. 22.000 al mq. inferiore a quello di L. 25.000 al mq. indicato dal c.t.u. per pannelli senza le imperfezioni riscontrate; che secondo il c.t.u. il valore reale dei pannelli in questione era di L. 15.000 al mq.; che. anche a voler accettare tale valutazione. la circostanza non era rilevante ben potendo la X X aver accettato, in piena autonomia contrattuale, un prezzo non conveniente; che la X X, non avendo dimostrato di aver ricevuto merce priva di qualità richieste, non poteva far ricadere sulla X X X le pretese contro di essa avanzate dalla ditta Pozzo.
La cassazione della sentenza della corte di appello di Trento è stata chiesta dalla X X s.n.c. con ricorso affidato ad un solo motivo. La X X X ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato sorretto da un unico motivo illustrato da memoria.

Motivi della decisione
Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti a norma dell’articolo 335 c.p.c..
Con l’unico motivo del ricorso principale la X X s.n.c. denuncia vizi di motivazione deducendo che. come era pacifico e non contestato, essa società ricorrente aveva ordinato merce della qualità B/C ed aveva poi rivenduto alla Pozzo la stessa merce con la stessa qualificazione. La corte di appello ha richiamato la relazione del c.t.u. X nella parte in cui il consulente, descrivendo le peculiarità delle singole classi di pannelli, aveva affermato che quelli della classe C. quanto alle fessurazioni, non richiederebbero "specifiche particolarità o qualità". La corte di merito è incorsa in un evidente errore di motivazione sorvolando sulle ulteriori circostanze prospettate nella stessa relazione del c.t.u.. La descrizione e la classificazione delle singole categorie di materiale contenute nella detta relazione riguardano infatti la qualità e gli eventuali vizi del materiale usato e non anche gli eventuali vizi della lavorazione. Sta di fatto che secondo il c.t.u. le fessurazioni accertate sono ascrivibili ad una "probabile non corretta lavorazione". La sentenza impugnata, pur richiamandosi alla relazione del c.t.u.. ignora il fatto che il consulente aveva descritto uno dei vizi riscontarti dichiarando espressamente: "questo è un difetto che non rientra nella gamma di quelli tollerati nella categoria richiesta e nemmeno per scelte inferiori, in quanto sono fessurazioni che non seguono il senso della venatura", Di fronte ad un responso così chiaro e specifico risulta manifesta la contraddittorietà della motivazione adottata dalla corte di appello a sostegno della propria tesi. Ciò a maggior ragione ove si consideri che il c.t.u. aveva precisato che "per i difetti indicati e descritti…..i pannelli non sono assolutamente idonei all’uso a cui erano destinati".
La Corte rileva l’inammissibilità (sotto alcuni aspetti) e l’infondatezza (sotto altri profili ) delle dette censure che. pur se titolate come vizi di motivazione, si risolvono essenzialmente nella prospettazione di una diversa analisi del merito della causa, inammissibile in sede di legittimità, nonchè nella pretesa di contrastare il risultato dell’attività svolta dalla corte di appello nell’esercizio dei compiti alla stessa affidati e del suo potere discrezionale di apprezzamento dei fatti e delle risultanze istruttorie, con particolare riferimento alla valutazione della relazione del nominato c.t.u..
Trattasi di attività il cui espletamento costituisce prerogativa del giudice del merito. La motivazione di quest’ultimo al riguardo non è sindacabile in sede di legittimità se come nella specie sufficiente ed esente da vizi logici e da errori di diritto: il sindacato di legittimità è sul punto limitato al riscontro estrinseco della presenza di una congrua ed esauriente motivazione che consenta di individuare le ragioni della decisione e l’iter argomentativo seguito nell’impugnata sentenza. Spetta infatti solo al giudice del merito individuare la fonte del proprio convincimento e valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dar prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova. Nè per ottemperare all’obbligo della motivazione il giudice di merito è tenuto a prendere in esame tutte le risultanze istruttorie e a confutare ogni argomentazione prospettata dalle parti essendo sufficiente che egli indichi gli elementi sui quali fonda il suo convincimento e dovendosi ritenere per implicito disattesi tutti gli altri rilievi e fatti che. sebbene non specificamente menzionati, siano incompatibili con la decisione adottata.
Parimenti si ha motivazione insufficiente nell’ipotesi di obiettiva deficienza del criterio logico che ha indotto il giudice del merito alla formulazione del proprio convincimento ovvero di mancanza di criteri idonei a sorreggere e ad individuare con chiarezza la "ratio decidendi". ma non anche quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte sul valore o sul significato attribuito dal giudice di merito agli elementi delibati, vale a dire l’apprezzamento dei fatti e delle circostanze effettuato secondo i compiti propri di esso giudice di merito.
Nel caso in esame non è ravvisante il lamentato difetto di motivazione.
La corte di appello ha proceduto alla disamina della relazione del c.t.u. ritenendo la stessa in buona parte condivisibile. La corte territoriale, come sopra riportato nella parte narrativa che precede, ha precisato – con motivato apprezzamento di merito – che nella propria relazione il c.t.u. aveva messo in evidenza in termini lineari ed intelligibili, i criteri da utilizzare per la classificazione dei pannelli in legno nella varie classi A, B, C, A/B e B/C. Secondo la corte territoriale, applicando i detti criteri, i pannelli richiesti ed accettati dalla X erano da inquadrare nella classe intermedia B/C e presentavano difetti connaturati a tale inquadramento: senza tali difetti, ha chiarito il giudice di secondo grado richiamando quanto riferito dal c.t.u. il prezzo della merce in questione andava fissato in L. 25.000 al mq, mentre la X l’aveva acquistata al prezzo inferiore di L. 22.000 al mq. Accettando, "in piena autonomia contrattuale" un prezzo ritenuto dal c.t.u. non conveniente in considerazione della presenza delle screpolature, in relazione a tale ultimo punto va segnalato che. come è principio pacifico, la c.t.u. quale fonte di prova è liberamente valutabile da) giudice il quale può legittimamente disattendere le valutazioni espresse dal consulente di ufficio attraverso una critica idoneamente e logicamente motivata.
Nella specie la corte di appello è pervenuta alle dette conclusioni attraverso complete argomentazioni, improntate a retti criteri logici e giuridici – nonchè frutto di un’indagine accurata e puntuale delle risultanze di causa con riferimento in particolare alla c.t.u. – ed ha dato conto delle proprie valuta/ioni, circa i riportati accertamenti in fatto, esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento. Alle dette valutazioni la ricorrente contrappone le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, ciò comportando un nuovo autonomo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel giudizio di Cassazione. Dalla motivazione della sentenza impugnata risulta chiaro che la corte di merito, nel porre in evidenza gli elementi probatori favorevoli alle tesi della X X X. ha implicitamente espresso una valutazione negativa delle contrapposte tesi della X.
Sono pertanto insussistenti gli asseriti vizi di motivazione e le dedotte violazioni di legge che presuppongono una ricostruzione dei fatti diversa da quella ineccepibilmente effettuata dal giudice del merito.
In definitiva, poichè resta istituzionalmente preclusa in sede di legittimità ogni possibilità di rivalutazione delle risultanze istruttorie, non può la ricorrente pretendere il riesame del merito sol perchè la valutazione delle accertate circostanze di fatto come operata dalla corte territoriale non collima con le sue aspettative e confutazioni.
Occorre infine evidenziare che le censure e le critiche concernenti l’asserito omesso o errato esame della c.t.u. non sono meritevoli di accoglimento, oltre che per l’incidenza in ambito di apprezzamenti riservati al giudice del merito, anche per la loro genericità in ordine all’asserita erroneità in cui sarebbe incorso il giudice di appello nel l’interpretare e valutare la detta risultanza istruttoria.
Le censure in esame non riportano il contenuto specifico e completo della relazione depositata dal c.t.u. e non forniscono alcun dato valido per ricostruire, sia pur approssimativamente, il senso complessivo ricavabile in base solo ad alcune isolate parti – del ragionamento seguito dal consulente.
Le dette omissioni non consentono di verificare l’incidenza causale e la decisività dei rilievi al riguardo mossi dalla ricorrente.
In proposito è sufficiente ribadire che nel giudizio di legittimità il ricorrente che deduce l’omessa o l’erronea valutazione delle risultanze probatorie ha l’onere (in considerazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione) di specificare il contenuto delle prove mal (o non) esaminate, indicando le ragioni del carattere decisivo dell’asserito errore di valuta/ione solo così è consentito alla corte di cassazione accertare – sulla base esclusivamente delle deduzioni esposte in ricorso e senza la necessità di indagini integrative l’incidenza causale del difetto di motivazione (in quanto omessa. insufficiente o contraddittoria) e la decisività delle prove erroneamente valutate perchè relative a circostanze tali da poter indurre ad una soluzione della controversia diversa da quella adottata. Il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non n mal esaminate siano tali da invalidare l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento si è formato, onde la "ratio decidendi" venga a trovarsi priva di base.
Le censure mosse dalla ricorrente sono carenti sotto l’indicato aspetto in quanto non riportano il contenuto specifico e completo della relazione del c.t.u. richiamata e posta a base dell’asserito vizio di motivazione: tale omissione non consente di verificare l’incidenza causale e la decisività dei rilievi al riguardo mossi dalla X.
Sotto altro aspetto le censure concernenti gli asseriti errori che sarebbero stati commessi dal giudice di secondo grado nel ricostruire i fatti di causa sono inammissibili risolvendosi nella tesi secondo cui l’impugnata sentenza sarebbe basata su affermazioni contrastanti con gli atti del processo e frutto di errore di percezione o di una svista materiale degli atti di causa. Trattasi all’evidenza della denuncia di travisamento dei fatti contro cui è esperibile il rimedio della revocazione. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, la denuncia di un travisamento di fatto, quando attiene al fatto che sarebbe stato affermato in contrasto con la prova acquisita, costituisce motivo di revocazione e non di ricorso per cassazione importando essa un accertamento di merito non consentito in sede di legittimità (sentenze 30/1/2003 n. 1512; 9/8/2002 n. 12807; 1/6/2002 n. 7965: 1/3/2002 n. 3024; 3/2/2000 n. 1195).
Il ricorso principale è quindi infondato.
Va invece dichiarato inammissibile e non assorbito – il ricorso incidentale condizionato affidato ad un solo motivo con il quale la X X X X lamenta l’errore commesso dalla corte di appello nel non aver accolto la tesi di essa società secondo la quale la X: a) non poteva proporre azione redibitoria sia perchè i pannelli erano stati visionati prima dell’acquisto ed accettati dopo la ricezione, sia perchè le imperfezioni riscontrate erano visibili ad occhio nudo; b) era decaduta dall’azione per non aver denunciato i vizi tempestivamente; c) aveva promosso l’azione oltre il termine perentorio di sei mesi.
Al riguardo va ribadito il principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui presupposto della dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale condizionato conseguente al rigetto del ricorso principale è l’ammissibilità del ricorso incidentale medesimo. Infatti la dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale condizionato, che consegue all’accertamento dell’infondatezza del ricorso principale (condizionante), comporta pur sempre un apprezzamento del merito dell’impugnazione condizionata, il quale, a sua volta, implica l’ammissibilità di questa. Se il ricorso incidentale è invece a priori inammissibile, la subordinazione dell’interesse ad impugnare all’accoglimento, anche parziale, del ricorso principale non vale ad impedire alla Corte di cassazione l’esercizio del suo potere – dovere di accertarne e dichiararne l’inammissibilità, indipendentemente da qualunque eccezione sollevata dalle parti.
Va altresì aggiunto che il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza, cosicchè è inammissibile – per difetto di interesse – il ricorso della parte che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello proposto al solo scopo di risollevare questioni che non sono state decise dal giudice di merito perchè assorbite dall’accoglimento di altra tesi, salva rimanendo la facoltà di riproporle dinanzi al giudice del rinvio in caso di annullamento della sentenza (in tali sensi, tra le tante, sentenze 29/8/2003 n. 12680; 8/8/2002 n. 14382: 16/7/2001 n. 9637; 26/6/2001 n. 8732).
Nella specie il ricorso incidentale riguarda questioni prospettate in motivi di gravame che la corte di merito non ha esaminato avendo espressamente ritenuto di accogliere "l’assorbente" altro motivo di appello relativo all’insussistenza nella specie dei presupposti per "fare scattare la garanzia di cui all’articolo 1490 c.c. invocata dalla X X" (pagine 12 e 13 della sentenza impugnata).
Per la sussistenza di giusti motivi, tenuto anche conto della difformità tra le pronunzie rese nei giudizi di merito, le spese del giudizio di legittimità vanno compensate per intero tra le parti.

P. Q. M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale, compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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